
In una mossa che segna un netto inasprimento della politica monetaria, la Banca Centrale della Libia (CBL) ha ordinato alle banche commerciali del Paese di innalzare il coefficiente di riserva di liquidità obbligatoria dal 20% ad almeno il 35% del totale delle loro passività di deposito.
Il provvedimento, comunicato ufficialmente oggi, obbliga le banche libiche a trattenere una quota significativamente più elevata di liquidità sotto forma di riserve presso la CBL, riducendo di fatto la quantità di denaro disponibile per prestiti e operazioni sul mercato.
Secondo gli analisti, la decisione rappresenta un tentativo chiaro da parte della Banca Centrale di contenere l’eccesso di liquidità nel sistema finanziario, contrastare le pressioni inflazionistiche e arginare la speculazione valutaria e l’uso improduttivo del credito, in un contesto economico segnato da instabilità e sfiducia nei confronti del dinaro libico.
“Aumentare il coefficiente di riserva significa congelare una quota maggiore dei depositi dei clienti presso la banca centrale”, spiegano gli esperti. “Questo limita la circolazione della moneta nell’economia reale, ma allo stesso tempo rafforza la capacità della CBL di controllare l’offerta di moneta e proteggere la stabilità finanziaria complessiva.”
La mossa giunge in un momento delicato per l’economia libica, colpita da una crescente svalutazione del dinaro, da rialzi nei prezzi di beni di prima necessità e da un contesto politico frammentato che ostacola l’attuazione di riforme strutturali. Recentemente, la stessa CBL ha svalutato il dinaro del 13,3%, suscitando reazioni contrastanti e un’ondata di accuse tra le fazioni politiche e finanziarie del Paese.
Con questa nuova stretta, la CBL mira anche a rassicurare i mercati e gli investitori, dimostrando di voler adottare misure di contenimento dell’instabilità monetaria. Tuttavia, resta da vedere come reagiranno le banche commerciali, molte delle quali già in difficoltà nel soddisfare le esigenze di credito di famiglie e imprese.
La misura, sebbene tecnicamente corretta sul piano macroeconomico, potrebbe rallentare ulteriormente l’accesso al credito in un’economia che fatica a ripartire e che dipende fortemente dai flussi di liquidità per sostenere la domanda interna.
