
(AGENPARL) – gio 19 maggio 2022 Traccia del discorso del Sindaco Jamil Sadegholvaad
Quindici anni sono un periodo lungo per qualsiasi vita.
Gli ultimi 15 anni però sono stati ancora più lunghi. Il mondo è stato teatro di almeno 3 rivoluzioni: tecnologica, economica, sanitaria. Tre cesure con il passato. Smartphone, Subprime, Covid sono le parole nuove che hanno invaso il nostro quotidiano, cambiandoci.
Ogni certezza, individuale e collettiva, è stata ed è messa in discussione. Oggi non abbiamo bene l’idea del futuro che ci aspetta. Che non sia più il mondo del 2007 è evidente. Che non sia stato facile attraversare questi anni altrettanto chiaro. E Rimini li ha attraversati per intero, comunità in cammino.
L’etimologia ci spiega bene la sostanziale differenza tra civitas e urbs. Se la seconda definisce la città come complesso di edifici e mura, civitas (che è etimo di cittadinanza) indica non tanto l’agglomerato urbano ma sottolinea il valore obiettivo dell’esistenza di una comunità.
Il Consiglio comunale di Rimini dichiara ‘cittadino di Rimini’ Sua Eccellenza, Monsignor Francesco Lambiasi, in segno di sincero ringraziamento e nel senso di una originale etimologia.
Francesco è, dal 2007, riminese vero, coerente con l’idea di una Chiesa che definisce il suo compito nella completezza di ‘parte sociale’.
E’ una Chiesa che non si accontenta del pulpito.
La sintesi perfetta la fa Papa Francesco: non ci è concesso guardare la realtà dal balcone, né possiamo rimanere comodamente seduti sul divano a vedere il mondo che passa davanti a noi in Tv.
E’ lì, ben visibile, la coerenza dell’operato di Sua Eccellenza, Monsignor Lambiasi, nella sua stagione riminese. Pastorale, educata, determinata, ostinata. Ci sostiene anche qui l’etimologia: vescovo è colui che veglia.
Conoscete il tag cloud o nuvola di etichette? E’ quel processo per cui di un articolo o un discorso vengono rappresentati con dimensioni differenti i termini più ricorrenti. Ho applicato questo schema a tre ‘discorsi alla città’, pronunciati in anni diversi da Sua Eccellenza Lambiasi durante la festa del patrono cittadino San Gaudenzo.
Nel primo, datato ottobre 2016, i vocaboli con il carattere più evidente, e quindi più frequenti, erano ‘richiedenti asilo’, ‘solidarietà’, ‘ciascuno’, ‘autentici’, ‘accoglienza’. Nel 2020, il messaggio a Rimini evidenziava in particolare le parole ‘buon samaritano’, ‘fraternità’, ‘parola’, ‘bene comune’, ‘politica’.
Nell’ultimo, di pochi mesi fa, spiccavano ‘comunità cristiana’, ‘popolo’, ‘camminare insieme’.
La giusta evoluzione del discorso durante gli anni di un feroce cambiamento di assetti mondiali consolidati (dalla crisi economica al lockdown che ha sconvolto il mondo e le vite) non fa perdere di un millimetro la coerenza del ‘pastore che veglia’ sulla comunità.
Il Vescovo Francesco ha imboccato due direzioni né banali né scontate. Ha riconosciuto, spesso anche in anticipo rispetto alle istituzioni secolari, alcune esperienze, laiche e ‘dal basso’ che hanno segnato un passo in avanti nel consolidamento del tessuto sociale e solidale della comunità riminese (penso, ad esempio, a Casa Don Gallo). Quindi non ha mai smesso per un attimo di sollecitare la politica all’impegno e all’altruismo, da considerare come componenti principali e non accessorie della propria attività o missione.
Spesso don Oreste Benzi diceva: ‘Una Chiesa che non si schiera, si schiera con i più forti’. Non solo la Chiesa ma una società intera che non si schiera, perde il senso vero di se stessa.
In tanti, in troppi, nell’ultimo ventennio hanno preferito salire sul carro della demagogia e del ‘la politica fa schifo’.
Richiamare i valori della tensione al bene comune e a forme di fratellanza e comunanza che superino le strette logiche dell’appartenenza e degli schieramenti partitici è, di converso, la risposta migliore alla ricerca ossessiva, generica e premeditata dello sfascio dell’impegno nella cosa pubblica.
Ho richiamato poco fa la figura di don Oreste Benzi. Trovo personalmente qualcosa più di una coincidenza il ‘passaggio di testimone’ dell’anno 2007 allorché la scomparsa del sacerdote ‘servo di Dio’ avvenne nelle stesse settimane della nomina di Francesco Lambiasi a vescovo della Diocesi Rimini. Una Chiesa aperta, che si definisce nell’incontro, che parte e giunge alla persona, non cercando in essa una impossibile corrispondenza al canone o a un feticcio ideologico ma comprendendola con carità sino in fondo e per questo accettarla anche nei suoi errori. ‘L’uomo non è il suo errore’, scriveva appunto don Oreste.
Con questa cittadinanza onoraria, la comunità riminese desidera ringraziarLa, Vescovo Francesco, con le forme previste dalla cerimonia non solo per il quanto fatto in 15 anni di episcopato a servizio della Chiesa e della fede.
Desidera ringraziarLa per l’eredità e il messaggio che ci dona, che la realtà è miglior se vissuta senza alcun pregiudizio piuttosto che semplicemente guardata dall’alto e giudicata.
Lei, e concludo, non è da oggi cittadino di Rimini. Lo è sempre stato e sempre sarà riminese.
Grazie a nome di tutta la nostra comunità.











