
(AGENPARL) – Tue 27 May 2025 PORTA (PD) – NEGATO L’ASSEGNO DI INCLUSIONE AGLI ITALIANI CHE RIMPATRIANO: LA MIA INTERROGAZIONE
Negare l’Assegno di inclusione (e quindi anche il Supporto pe la formazione e il lavoro) ai nostri emigrati che rientrano in Italia – dopo aver cancellato a partire da quest’anno con un colpo di spugna anche l’indennità di disoccupazione che veniva erogata sin dal lontano 1975 – per ragioni legate esclusivamente a requisiti residenziali, non solo è una aberrazione giuridica ma è anche e soprattutto un ulteriore oltraggio e una ingiustizia contro il mondo dell’emigrazione da parte di questo Governo.
Nella mia interrogazione al Ministro del Lavoro ho evidenziato che sono decine di migliaia i lavoratori italiani iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) i quali rientrano in Italia dopo un periodo di permanenza all’estero e si trovano in una situazione di disoccupazione e di disagio socio-economico.
Come è noto dallo scorso anno è stato istituito l’Assegno di inclusione (ADI) come misura nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso la concessione di un assegno economico e l’avviamento di un percorso di inclusione sociale professionale che teoricamente avrebbe potuto rappresentare un iniziale strumento di inserimento socio-economico e poi lavorativo per un numero consistente di nostri connazionali rientrati dall’estero dopo aver perso il posto di lavoro.
Ho rilevato al Governo che tuttavia e paradossalmente i nostri connazionali iscritti all’AIRE i quali rientrano definitivamente in Italia non possono usufruire dell’ADI perchè il richiedente (e i suoi familiari) al momento della presentazione della domanda, in base al disposto della legge istitutiva, deve essere residente in Italia da almeno cinque anni di cui gli ultimi due in modo continuativo prima della presentazione della domanda. Insomma per limitare la platea degli aventi diritto tra gli extracomunitari, questo Governo penalizza invece soprttutto i nostri emigrati che rimpatriano.
Ho chiesto quindi al Ministero se sia consapevole che né l’Assegno di inclusione né il Supporto per la formazione e il lavoro – i nuovi strumenti post Reddito di cittadinanza – sono accessibili agli italiani che rientrano in quanto i connazionali che rientrano sono ovviamente sprovvisti del requisito di residenza richiesto dalla legge e cioè dei due anni di residenza continuativa in Italia nel periodo immediatamente precedente la presentazione della domanda avendo in questo periodo vissuto all’estero.
Ho chiesto inoltre al Ministro se non ritenga ingiusto e penalizzante per i nostri connazionali che rimpatriano, e ai quali è stato recentemente abrogato il diritto all’indennità di disoccupazione, precludere l’accesso all’ADI anche e soprattutto in considerazione del fatto che subordinare le prestazioni di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale come prima il Reddito di cittadinanza e ora l’Assegno di inclusione (e il Supporto per la formazione ed il lavoro) a specifici requisiti di residenza viola i principi dei Trattati europei e dei relativi regolamenti.
Infine, ho chiesto al Ministro se non ritenga perciò necessario, pena una ennesima procedura di infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea, modificare i requisiti di residenza per l’accesso all’ADI in modo da garantire anche ai nostri connazionali che rimpatriamo e alle loro famiglie il diritto a tale sostegno economico e occupazionale.
ON. FABIO PORTA
CAMERA DEI DEPUTATI
Ufficio: Palazzo Valdina
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