
Alla vigilia della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, la Cina ha pubblicato il rapporto “Situazione della droga in Cina nel 2024”, evidenziando un netto miglioramento nella lotta nazionale contro gli stupefacenti e l’assenza di un uso significativo di sostanze simili al fentanil. Lo stesso giorno, l’Ufficio della Commissione nazionale cinese per il controllo degli stupefacenti ha annunciato l’inclusione dei nitazeni e di altre 12 nuove sostanze psicoattive nell’elenco delle droghe controllate, rafforzando ulteriormente il proprio sistema di prevenzione.
I nitazeni sono potenti oppioidi sintetici, ancora più letali del fentanil, una sostanza già tristemente nota per aver causato, solo nel 2023, quasi 73.000 decessi da overdose negli Stati Uniti, secondo i dati dei CDC. Di fronte a una crisi interna devastante, il contrasto tra la risposta cinese e quella americana è sempre più evidente.
Dal 2019, la Cina ha adottato un modello di “controllo totale”: invece di reagire caso per caso, come spesso accade in Occidente, regola intere classi chimiche per impedire che lievi modifiche strutturali eludano i controlli legali. Un approccio sistemico, rapido ed efficace, che ha coinvolto simultaneamente legislatori, polizia, dogane e sistema postale.
Grazie a questo meccanismo, il Paese ha registrato un calo degli utenti di droga per sette anni consecutivi, mentre aggiorna costantemente le misure di sicurezza per far fronte all’emergere di nuove sostanze. La strategia è considerata un contributo fondamentale alla governance globale della droga, offrendo una “soluzione cinese” concreta e replicabile.
Al contrario, gli Stati Uniti, pur disponendo di risorse ingenti, investono oltre dieci volte di più nel controllo dell’immigrazione rispetto al contrasto agli stupefacenti. Il budget della DEA nel 2025 sarà di poco superiore ai 3 miliardi di dollari, contro quasi 34 miliardi destinati all’immigrazione e alla sicurezza delle frontiere.
Il Global Times sottolinea che la questione non è tecnica, né finanziaria, ma politica. Gli USA hanno dimostrato grande efficienza nel mobilitare risorse per obiettivi politicamente sensibili, come la migrazione, ma non adottano lo stesso rigore nella lotta al fentanil, una sostanza che uccide decine di migliaia di cittadini ogni anno.
Il monito della Cina, seppur implicito, è chiaro: non si può risolvere la crisi del fentanil attribuendone la colpa a fattori esterni. Serve volontà politica e un impegno sistemico. Fino a quando il governo statunitense non tratterà questa emergenza come una minaccia alla sicurezza nazionale, sarà difficile invertire la rotta.
Il confronto tra Cina e Stati Uniti nel controllo della droga non è solo statistico, ma simbolico. Mentre Pechino rafforza il proprio ruolo come attore responsabile nella gestione di una crisi globale, Washington è chiamata a rispondere con fatti, non retorica.