
La segretaria generale del Presidente della Republika Srpska, Jelena Pajić Baštinac, ha denunciato apertamente quella che definisce una “collusione orchestrata” tra la magistratura della Bosnia-Erzegovina, esponenti politici bosniaci e i media federali. Secondo Pajić Baštinac, tali soggetti starebbero conducendo una vera e propria campagna politico-giudiziaria contro Milorad Dodik, attuale Presidente della Republika Srpska.
In un’intervista rilasciata all’agenzia Srna, Pajić Baštinac ha accusato le istituzioni giudiziarie bosniache di “far trapelare informazioni” relative al procedimento di secondo grado in corso contro Dodik, sostenendo che si tratta di una “farsa orchestrata” e che l’esito del processo è noto in anticipo.
Secondo la segretaria, il processo contro Dodik si fonda su un “reato inesistente”, basato su leggi imposte da Christian Schmidt, il cui ruolo di Alto Rappresentante non viene riconosciuto dalla Republika Srpska.
“Un Alto Rappresentante non può imporre leggi. Schmidt non ha alcuna legittimità costituzionale. Le sue azioni illegali hanno generato la crisi più grave dalla firma degli Accordi di Dayton”, ha affermato Pajić Baštinac.
Ha anche sostenuto che il processo è guidato da influenze esterne, citando l’ambasciatore statunitense Michael Murphy e Schmidt come registi di un’operazione volta a neutralizzare politicamente Dodik, considerato un ostacolo alla centralizzazione della Bosnia-Erzegovina.
“La vera posta in gioco è la rimozione di Dodik per agevolare un progetto unitario della Bosnia-Erzegovina. Un’operazione che favorirebbe anche l’opposizione interna, incapace di vincere democraticamente.”
Pajić Baštinac ha richiamato il principio giuridico secondo cui nessun cittadino può essere processato in base a norme non approvate da organi legislativi legittimi, denunciando gravi violazioni del diritto a un giusto processo.
“Questa persecuzione giudiziaria dimostra che la magistratura è tutt’altro che indipendente. Le decisioni sono influenzate da ambasciate e interessi politici. È un uso strumentale della giustizia a fini repressivi.”
La dirigente ha concluso il suo intervento con un appello per una profonda riforma del sistema giudiziario bosniaco, chiedendo il ritorno allo stato di diritto e l’eliminazione dell’ingerenza di funzionari internazionali non eletti.
“L’unica via d’uscita è il dialogo tra rappresentanti eletti dal popolo. Se non si rispetta la volontà degli elettori, la Bosnia-Erzegovina è destinata al collasso.”