
(AGENPARL) – ven 10 gennaio 2025 ETNA | Abitare in zone sicure: lo studio di antropologi e ricercatori
dell’INGV sulla “delocalizzazione selettiva”
Un innovativo studio multidisciplinare analizza la delicata situazione di coloro che abitano e
lavorano in aree soggette a rischi naturali
[Roma, 10 gennaio 2025]
Promuovere la possibilità di costruire abitazioni e attività lontano da zone
situate lungo la faglia sismica dell’Etna e nelle sue immediate vicinanze,
evitando la ricostruzione nelle aree già colpite. Questa la linea adottata dalla
Struttura Commissariale Ricostruzione Area Etnea (SCRAE). La decisione è
motivata dalla ripetuta sismicità dell’area che rende pericoloso ed economicamente
svantaggioso ricostruire nelle zone vulnerabili.
L’inedita strategia di “delocalizzazione selettiva” ha attirato l’attenzione di un
gruppo di ricerca interdisciplinare dell’Università di Catania e dell’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che ha condotto lo studio “Risk
Faults – Relocation, Displacement, and Homemaking on the Slopes of Mount Etna”,
recentemente pubblicato sulla rivista ‘Antropologia Pubblica’.
“Nella notte del 26 dicembre 2018, un terremoto di magnitudo 5.02 ha colpito il fianco
orientale dell’Etna, con epicentro nei pressi dell’abitato di Fleri, nel comune di Zafferana
Etnea (Catania). Nonostante la magnitudo moderata, la ridotta profondità del sisma ha
provocato ingenti danni a case e attività produttive nella fascia orientale etnea”, spiega
Mario Mattia, primo Tecnologo dell’Osservatorio Etneo INGV
L’evento ha riaperto il dibattito sulla ricostruzione: ricostruire “dov’era e com’era” o
optare per soluzioni alternative?
“La ricerca, condotta attraverso metodi tipici degli studi antropologici, ovvero il
dialogo, la raccolta di testimonianze orali e l’osservazione attenta delle emozioni, delle
pratiche, dei gesti dei sopravvissuti, ha evidenziato che la scelta innovativa della SCRAE,
indirizzata verso una strategia di prevenzione definita “delocalizzazione selettiva”, ha
considerato aspetti fondamentali spesso trascurati nelle politiche di ricostruzione postdisastro. Il primo è l’adattamento socio-culturale delle famiglie colpite, che hanno
progressivamente riorganizzato il proprio rapporto con il territorio, riconfigurando gli
orizzonti di senso legati all’abitare in una zona a rischio sismico. Il secondo è
l’importanza della mediazione istituzionale, una mediazione che, nel caso preso in
esame, è stata capace di trovare un punto di incontro tra le esigenze dei cittadini e le
necessità dello Stato. E, infine, l’analisi della leva economica, in quanto la valutazione
dei beni perduti e l’erogazione delle somme necessarie alla ripresa hanno favorito una
sintonizzazione non solo rispetto alle politiche dell’abitare, ma anche rispetto alla
percezione culturale del rischio”, aggiunge Mara Benadusi, docente di Antropologia
presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania.
“Dove ha tremato, tornerà a tremare”, affermava nel ‘700 il naturalista Leclerc de
Buffon.
Gli autori dello studio sottolineano come la “delocalizzazione selettiva” rappresenti
una strategia promettente per affrontare eventi calamitosi ricorrenti come terremoti,
eruzioni vulcaniche, fenomeni bradisismici e alluvioni.
“Al di là degli aspetti economici, la priorità resta la salvaguardia della vita umana.
L’esperienza etnea potrebbe rappresentare un modello replicabile in altre aree del
mondo esposte a rischi naturali ricorrenti”, conclude Mario Mattia.
Il gruppo di ricerca, consapevole della necessità di coinvolgere attivamente le
comunità locali, proseguirà gli studi per sviluppare modelli di delocalizzazione
partecipata e resiliente.
Link allo studio
Link utili:
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)
Università di Catania
Struttura Commissariale Ricostruzione Area Etnea (SCRAE)
Seguono immagini
Foto 1: Evidenza della traccia della faglia responsabile del terremoto del 26 dicembre 2018
(foto: M.Neri)
Foto 2: La casa di uno degli intervistati, devastata dal terremoto del 26 dicembre 2018 (foto:
M. Neri)