
(AGENPARL) – mer 05 giugno 2024 Oprol: progetto messa a dimora 40mila piante di olive e recupero cultivar
autoctone
L’Oprol -Organizzazione Produttori Olivicoli Lucani – sta portando a
termine il progetto di messa a dimora di oltre 40mila piante di olive. Lo
riferisce il presidente Paolo Colonna sottolineando l’impegno a continuare
ad investire nell’olivicoltura nonostante la “fase complicata” che
attraversa il comparto in Basilicata e nel Paese. In queste settimane gli
associati Oprol stanno concludendo gli ultimi impianti olivetati. Grazie ad
un bando Agea del 2022 a sostegno delle filiere, voluto e sostenuto da
Italia Olivicola, l’Organizzazione Professionale, avvalendosi di uno staff
tecnico consolidato e di esperti attraverso una diffusione e capillare
campagna di informazioni prima – dice Colonna – e alla realizzazione dei
progetti poi sta attuando l’importante programma olivicolo. I progetti
riguardano sia nuovi impianti che l’infittimento di quelli esistenti, la
loro manutenzione con potatura. Si tratta impianti che hanno investito a
livello geografico tutti gli areali olivicoli della Basilicata. Inoltre
Oprol, da sempre attenta al tema della biodiversità olivicola lucana, ha
colto l’occasione per riprodurre in vivai specializzati cultivar autoctone
come la “fasola rossa” e la “passita dolce” di Grassano. Prossimo obiettivo
è la realizzazione di un centro stoccaggio e frantoio per la trasformazione
delle olive. Si punta dunque a dare risposte alla vera e propria emergenza
rappresentata dalla sottoutilizzazione e dall’abbandono degli impianti
olivicoli alla quale è necessario porre rimedio, non solo per aumentare la
capacità produttiva nazionale e perseguire la finalità della sovranità
alimentare, ma anche per consentire alla millenaria coltura dell’olivo di
esplicare le diverse funzioni ambientali, territoriali, paesaggistiche,
economiche e sociali.
In proposito, Gennaro Sicolo presidente di Italia Olivicola commenta i
risultati di un’analisi eseguita dalla propria organizzazione che ha
studiato il fenomeno dell’abbandono degli oliveti e della gestione con
pratiche colturali minime e tali da non sfruttare appieno le potenzialità
della coltura. Secondo i dati stimati da Italia Olivicola, ci sono oggi in
Italia almeno 200.000 ettari di oliveti in stato di totale abbandono ed
oltre 300.000 gestiti con pratiche di puro mantenimento e tali da
assicurare produzioni molto basse, con accentuata variabilità da un anno
all’altro e con una scarsa resilienza nei confronti dei fenomeni avversi
come gli eventi climatici e le fitopatie.
La ricognizione di Italia Olivicola ha individuato 4 macro categorie di
impianti:
1. gli oliveti completamente abbandonati e ormai classificati come bosco,
ai sensi del testo unico per le filiere forestali;
2. gli oliveti in stato di abbandono e in transizione verso il bosco;
3. gli oliveti in coltivazione, con metodi produttivi più o meno efficaci,
completi e continuativi, ma non rientranti nei fascicoli aziendali della
PAC;
4. gli oliveti in coltivazione, inseriti nei fascicoli aziendali della PAC,
utilizzati dal conduttore per l’accesso ad una o più delle diverse forme di
sostegno pubblico.
“È arrivato il momento, afferma Gennaro Sicolo, di porre un freno a questa
deriva. Per tale ragione, Italia Olivicola ha scritto agli assessori
all’agricoltura delle Regioni e delle Province autonome italiane chiedendo
di attivare dei tavoli di lavoro mirati, per trovare una soluzione
strutturale, mettendo insieme i diversi strumenti di politica agraria
previsti nell’ambito della PAC e negli interventi regionali e nazionali. Il
fenomeno dell’abbandono olivicolo, ha concluso Sicolo, va affrontato con
progetti su scala territoriale, utilizzando anche il sistema delle piccole
e medie organizzazioni di produttori che in questo modo potrebbero trovare
un’occasione propizia per il rilancio e il consolidamento del loro ruolo
all’interno della filiera”.