[lid] Il 6 settembre 1955, fomentati dal Partito Democratico del primo ministro
Adnan Menderes e dagli imam delle moschee sunnite, decine di migliaia
di musulmani turchi assaltano la minoranza cristiana greco-ortodossa di
Istanbul, allora composta da oltre 200.000 persone, uccidendo una ventina
di cristiani, ferendone decine di donne, saccheggiando e incendiando oltre
4000 abitazioni, 110 alberghi, 27 farmacie, 23 scuole, 21 farmacie e 73
chiese.
La violenza oltre che sulla minoranza romea (romani di lingua greca e
religione ortodossa) si estese anche contro gli altri cristiani: armeni e assiri
e contro la comunità ebraica.
Conseguenza del pogrom fu la diaspora cristiana da Istanbul, riducendo
dal 55 ad oggi la presenza greco-ortodossa di quella che per per oltre 1600
anni si è chiamata Costantinopoli – Nuova Roma ad appena 2.500 persone.
La decantata clemenza e misericordia, di quella che Papa Francesco ha
definito “una religione di Pace” si era già palesata nel secolo scorso,
quando dal 1915 al 1919, i musulmani turchi si erano resi responsabili del
genocidio (Medz Yeghern) e della pulizia etnica degli armeni
dell’Anatolia, che ebbero 1.500.000 (un milione e mezzo) di morti e
centinaia di migliaia di sfollati, e del meno noto genocidio assiro (Seyfo)
che riguardò 750.000 persone, due etnie massacrate unicamente perché di
religione cristiana e, di conseguenza, “infedeli”.
Va ricordato che l’Islam ha un concetto di morale e bene diverso da quello
cristiano e il Corano (2:191) espressamente ordina ai musulmani:
“uccideteli ovunque li incontrate e scacciateli…”
Perché ricordiamo i fatti del ‘55? Non soltanto per non dimenticare il
pericolo che rappresentato per le minoranze cristiane in terra islamica ma
anche per quello potenziale rappresentato dall’invasione islamica in atto
nei paesi a maggioranza cristiana ed anche perché, in questi giorni, si
rischia un nuovo genocidio e pulizia etnica, ad opera degli azeri supportati
da milizie jhaidiste turche, contro le popolazioni di etnia armene e fede
cristiana ortodossa del Nagorno-Karabakh.
Sembra che della sorte degli armeni del Karabakh non interessi a nessuno,
non interessa il Vaticano (il Papa si fa paladino soltanto dei musulmani
rohingya del Myanmar o uiguri della Cina, dimenticando che queste
popolazioni quando hanno avuto governi islamici propri, la prima cosa che
hanno fatto fu di sterminare missionari e convertiti locali al cristianesimo)
e neppure i paesi europei che non riconoscono il governo armeno
karabakho della Repubblica di Artsakh.
Purtroppo la NATO è interessata a mantenere i buoni rapporti con gli Stati
e le Teocrazie islamiche e degli armeni, senza petrolio ed invisi
all’atlantica Turchia, non interessa nulla.
Inoltre la Russia, che fino a ieri si era posta a garante dell’incolumità fisica
delle minoranze cristiane nel mondo islamico e della difesa degli armeni
del Karabakh è impegnata in una guerra fratricida in Ucraina e non può più
garantire quella difesa che fino a ieri ne aveva permesso la sopravvivenza.
L’Italia, non soltanto si è dimenticata di essere l’erede spirituale di Roma,
ma ha rinunciato, in nome della sudditanza atlantica, non soltanto ad avere
una linea diplomatica di pacificatrice tra le parti ma anche a difendere le
minoranze cristiane perseguitate e discriminate del mondo.
Lo dichiara Filippo Ortenzi, Arcivescovo della Chiesa Ortodossa Italiana
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