
Nel pieno della crisi istituzionale in Bosnia-Erzegovina, con Milorad Dodik condannato e destituito dal suo incarico di presidente della Republika Srpska, un interrogativo solleva tensioni nella regione e nell’UE: la Slovenia sta proteggendo Dodik?
Nel numero del 7 agosto, il quotidiano sloveno Delo ha pubblicato un lungo articolo che analizza la posizione ambigua del governo sloveno riguardo alle sanzioni contro Dodik, evidenziando come, a differenza di Stati Uniti, Regno Unito e Germania, Lubiana non abbia ancora preso alcuna misura punitiva nei confronti del leader serbo-bosniaco.
“L’ultimo chiodo nella bara della carriera politica di Dodik: la Slovenia è ancora senza sanzioni”, scrive la giornalista Novica Mihalović, facendo riferimento alla decisione della Commissione elettorale centrale (CIK BiH) di revocare ufficialmente il mandato presidenziale di Dodik, a seguito della condanna a un anno di carcere e a sei anni di interdizione politica.
Nonostante ciò, Lubiana resta tra i pochi Paesi europei che non hanno seguito la linea occidentale sanzionatoria. Questo ha sollevato numerose critiche interne ed esterne, anche perché parte dell’élite economica e politica vicina a Dodik sembrerebbe godere di protezione economica in Slovenia.
Il caso politico diventa sloveno
Secondo Zijad Bećirović, direttore dell’IFIMES, “Dodik è ormai diventato un fattore politico interno in Slovenia”. Bećirović avverte che gli USA potrebbero prendere in considerazione sanzioni anche contro la Slovenia, se il governo di Golob continuerà a mantenere relazioni economiche e politiche ambigue con l’entourage di Dodik.
“Se la Slovenia ha imposto sanzioni a Israele, non si capisce perché non dovrebbe farlo anche a Dodik”, ha affermato, evidenziando un presunto doppio standard.
Secondo analisti regionali, il legame tra Russia e Dodik, e l’intensificazione degli scambi commerciali russo-sloveni, spiegherebbero in parte la reticenza di Lubiana a prendere posizione. La Russia, infatti, sostiene apertamente Dodik e ha perfino chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza ONU sul caso, supportata anche dalla Cina.
La difesa di Dodik e la crisi in RS
Intanto, la situazione in Republika Srpska è esplosiva. Dodik ha reagito alla revoca del mandato con toni provocatori sui social media, definendo la decisione della CEC come “un altro sesso da Sarajevo. L’ultimo”.
Il suo avvocato ha annunciato ricorso alla Corte Costituzionale della BiH, ma se questo non avrà successo, si andrà verso elezioni anticipate entro 90 giorni.
Il Parlamento della RS, a guida SNSD, ha annunciato un referendum per decidere il futuro politico di Dodik, un ulteriore passo che potrebbe alimentare tensioni etniche e istituzionali nel Paese.
Il presidente del Parlamento della RS, Nenad Stevandić, ha difeso Dodik, sostenendo che “nessun altro politico ha mai ricevuto così tanti voti in Bosnia-Erzegovina”.
Conclusione
La mancata reazione della Slovenia mette a nudo un conflitto tra retorica europeista e interessi geopolitici. Se Dodik continuerà a godere di una sponda politica e finanziaria in Slovenia, il rischio è che Lubiana perda credibilità internazionale, mettendo a repentaglio anche i suoi rapporti con Bruxelles e Washington.
La questione ora non è solo bosniaca: Dodik è diventato un problema europeo.