
(AGENPARL) – Thu 26 June 2025 GIOVANI E POST MATURITÀ: ANALISI DELLE LORO SCELTE PERSONALI E PSICOSOCIALI. INTERVISTA A ADELIA LUCATTINI, ORDINARIO DELLA SOCIETÀ PSICOANALITICA ITALIANA
Intervista di Marialuisa Roscino
Il periodo immediatamente successivo alla Maturità rappresenta per molti giovani una fase di transizione cruciale, densa di sfide e opportunità, che comporta importanti scelte personali e psicosociali. Questa fase, spesso definita come “emerging adulthood” (giovane età adulta emergente), si distingue sia dall’adolescenza, che dall’età adulta vera e propria, con bisogni, compiti evolutivi e conflitti peculiari. Per molti diplomati, l’università rappresenta la scelta quasi automatica. Tuttavia, non è sempre una decisione definitiva, e molti diplomati ci ripensano dopo pochi mesi. Questa scelta è influenzata da diversi fattori, tra cui il peso della famiglia, l’orientamento scolastico ricevuto, la qualità delle informazioni disponibili e il contesto socioeconomico di partenza. Ecco allora, un’analisi, delle loro scelte psicosociali fornita al riguardo, in questa intervista, dalla Dott.ssa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association.
Dott.ssa Lucattini, le scelte formative e lavorative post maturità rappresentano un bivio cruciale per molti giovani, cosa può dirci al riguardo?
I numeri ci danno un quadro chiaro della situazione. Subito dopo il diploma, la maggioranza si iscrive all’università, con un ritardo medio nell’ingresso di circa 1–1,5 anni: nel 2024 le iscrizioni sono arrivate con un ritardo medio di un anno e mezzo rispetto alla maturità. I giovani laureati ottengono migliori tassi di impiego rispetto ai soli diplomati, infatti il 75 % vs 60 % di occupazione entro 3 anni dalla laurea. L’occupazione per laureati 25–64 anni nel 2023 era dell’84 %, contro il 73 % dei diplomati.
Secondo uno studio della Cornell University, alcuni giovani entrano direttamente nel mondo del lavoro o in percorsi di formazione professionale (VET). L’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico OECD riporta che nel 2023, il 35 % dei 25‑34enni possiede un titolo VET. L’indagine ISTAT/OECD mostra che, fra 15 e 34 anni, il tasso di occupazione cresce dal 50 % 1–2 anni dopo il diploma e al 73 % dopo 5 anni.
Alcuni giovani scelgono l’anno sabbatico (gap year) Circa il 13,8 % dei maturandi dichiara di considerarlo seriamente, soprattutto dopo la pandemia. Infatti, nel 2024 le partenze all’estero per corsi di lingua, volontariato, lavoro, sono aumentate del 20 %.
Le indagini mostrano che una forte maggioranza dei partecipanti ai gap year ritiene di esserci “molto più sicura” e affronta lo studio con maggiore consapevolezza.
Il gap year non è certamente “tempo perso” ma è un vero e proprio periodo di maturazione.
Da non sottovalutare il fenomeno dei NEET, circa il 26 % dei giovani tra i 16 e 29 anni che non fanno né un percorso di studio né un lavoro o un tirocinio. In sintesi, 1 giovane su 4 resta né occupato né in formazione.
Quali secondo Lei, possono essere, in particolare, le motivazioni delle loro scelte?
Un recente studio dell’American Journal of Community Psychology, le motivazioni psicologiche e sociali di chi sceglie l’Università o formazione post-secondaria, dipende dalla famiglia, dall’ambiente sociale, ma anche dalla formazione e dall’orientamento durante la scuola superiore. I giovani che optano per proseguire gli studi hanno fiducia nella propria capacità di scegliere una professione e una sufficiente autostima nel proprio processo decisionale su uno specifico studio e carriera lavorativa (career decision-making self‑efficacy).
Chi sceglie l’anno sabbatico (gap year) ben pianificato, con obiettivi concreti come studiare una lingua, fare un corso professionalizzante molto specifico come fotografia, videomaking, etc., ha indubbi benefici in termini di crescita personale e benessere psicologico. Mentre un anno non organizzato, vissuto “alla deriva”, favorisce la dispersione scolastica.
Gli studi qualitativi in Finlandia e Australia, pubblicati su Developmental Psychology non hanno rilevato differenze non significative in soddisfazione di vita, aspirazioni o impegno tra chi prende un gap year e chi entra subito all’università. Tuttavia, si osserva un tasso lievemente più alto di abbandono universitario nei primi. Inoltre, chi prende un anno sabbatico ben organizzato, può tornare con maggiore motivazione e avere migliori risultati accademici.
I giovani che scelgono il lavoro sia a tempo pieno o part-time ha benefici tangibili (stipendio, sicurezza finanziaria), psicologici (l’appartenenza ad una struttura e organizzazione) e relazionali (costruzione di una rete sociale).
Uno studio pubblicato su The Journal of Vocational Rehabilitation, dimostra che i giovani che lavorano, incrementano il benessere personale e della propria famiglia, l’efficacia e il buon esito della scelta lavorativa, in temini di durata del lavoro e professionalizzazione successiva. Sottolinea inoltre, che programmi scolastici sono associati a un’occupazione stabile e a un lavoro a tempo pieno, mentre i programmi lavorativi aumentano costantemente la probabilità che i giovani, anche con disabilità, trovino impiego in lavori che offrono benefit aggiuntivi.
Quali sono le motivazioni psicologiche profonde invece dei Neet?
Il termine NEET (Not in Education, Employment or Training), coniato nel Regno Unito, è ora ampiamente utilizzato per riferirsi ai giovani che “non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione”. C’è stata una crescente preoccupazione per questi giovani, dato il suo alto rischio di conseguenze negative, di tipo economico, sanitario, legale e psicosociale. La percentuale di individui di età compresa tra 15 e 29 anni che erano NEET è circa il 14% nei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE, 2024). In questo periodo è vi è un’insorgenza di alcuni disturbi mentali. La relazione tra lo stato di NEET e le malattie mentali è quindi bidirezionale: essere NEET aumenta il rischio di sviluppare disturbi mentali e d’altro canto, divenire NEET può essere la conseguenza di malattie mentali emergenti o preesistenti.
Le ragioni psicologiche profonde possono essere diverse: il ritiro può essere difese contro angosce profonde legate all’identità, alla separazione, alla realizzazione di sé. Possono temere inconsciamente che tentare e fallire confermi una loro presunta inadeguatezza; nei NEET si osserva spesso una fragilità narcisistica per cui non riescono a sostenere l’investimento su di sé nel futuro a causa della difficoltà di interiorizzare un senso stabile di valore personale; alcuni NEET mantengono inconsciamente ideali grandiosi di sé, ereditati o imposti dal contesto sociale o famigliare, che si scontrano con i limiti naturali del mondo reale; in alcuni casi, il NEET può essere coinvolto in un ciclo depressivo inconscio, in cui la passività alimenta il senso di colpa (“non valgo niente”), che rafforza l’inibizione e il ritiro sociale per non sentire il dolore della disillusione.
Essere Neet, ovvero essere nella condizione prolungata “del non fare nulla” può portare, a Suo avviso, come conseguenza disturbi e malattie mentali?
Numerosi studi, tra cui quello pubblicato su Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology, mostrano che i disturbi mentali sono un fattore di rischio nello sviluppo in adolescenza della condizione NEET. Ad esempio, problemi psicologici importanti tra i 12 e i 15 anni sono associati al divenire NEET e all’abbandono scolastico tra i 16 e i 26 anni.
D’altro canto, però la letteratura scientifica conferma che uno stato prolungato “senza fare nulla”, è di per sé causa di depressione e ritiro sociale.
Determinanti per impedire il fenomeno NEET sono la prevenzione precoce, interventi integrati multidisciplinari che coinvolgano anche le famiglie, la scuola e le agenzie di educatone, e supporti psico-sociali (psicoterapia, associazionismo, sport) risultano cruciali per interrompere il circolo vizioso.
Crede sia importante fare una vacanza dopo la maturità, dopo gli esami universitari o il lavoro?
Uno recentissimo studio pubblicato sul British journal of psychiatry open e su Children (Basel) su bambini e adolescenti tra i 5 e i 19 anni, hanno dimostrato una diminuzione del 50 % nei sintomi di ansia e depressione durante le vacanze estive rispetto al periodo scolastico.
Il passaggio da scuola a vacanza agisce come interruttore protettivo, abbassando significativamente l’impatto della fatica e dello stress legato alla scuola.
Per gli studenti universitari, il periodo degli esami è generalmente un momento di notevole stress può innescare disagio psicologico, un periodo di vacanza per ragazzi e adolescenti determina miglioramenti su stress, ansia e depressione), migliora le competenze sociali, le capacità intellettive ed emotive, permette il recupero di attenzione e memoria. Inoltre, da recuperare autostima e sicurezza personale, con effetti ancora più consistenti nei ragazzi provenienti da famiglie con fragilità economica.
In media, quanto dovrebbe durare un periodo di vacanza per i ragazzi?
Una vacanza ideale per essere veramente efficace dovrebbe essere di due settimane, sufficienti per “staccare la spina”, dormire meglio, ridurre stress mentale, metabolico e cardiovascolare. Dopo la ripresa, i benefici permangono per circa sei settimane. Due settimane sono benefiche, poiché permettono di staccare realmente da studio, tecnologia e social media. Secondo lo studio pubblicato su Applied psychology (2025) per un buon recupero psicofisico, è necessaria una pausa anche da internet e dai social, in modo da accelerare il recupero di energie e amplificare la sensazione di benessere.
Dedicarsi a sport e attività fisica immersi nella natura durante il periodo di pausa, aiuta moltissimo in questa direzione.
Indispensabile anche il tempo trascorso con gli amici o con la famiglia, un acceleratore portentoso delle funzioni psico-emotive.
Una vacanza breve, di una settimana, può essere già utile per ritrovare le capacità mentali, ridurre la stanchezza e migliorare riposo e sonno. L’“afterglow” mentale, ovvero la sensazione piacevole che in questo caso perdura circa quattro settimane dopo il rientro.
Un esempio concreto ci è dato dalle ultime dichiarazioni del tennista Carlos Alcaraz, criticato per essere andato in vacanza con la sua famiglia dopo la sconfitta al primo turno a Miami: “è stata la chiave per ripartire”. E infatti, dopo il suo rientro sono arrivate 27 vittorie su 28 competizioni e 4 titoli.
In ogni caso, gli effetti benefici delle vacanze si mantengono solo se sono seguiti da pause regolari e attività rilassanti, se si trova un equilibrio tra studio, riposo, sport e vita sociale, solo così è possibile consolidare il recupero.
Quali consigli si sente di dare loro?
-Non sempre è possibile decidere tutto e subito. C’è chi ci riesce, ma è anche normale non avere le idee chiare subito dopo la maturità;
-Se si decide per un periodo sabbatico, è bene usarlo per studiare lingue straniere, per leggere, fare dei corsi, scambiarsi idee e opinioni in famiglia e con persone che possono essere una guida. La scelta del percorso futuro (università, lavoro, esperienze) talvolta matura durante una pausa;
-Sperimentare, uscendo dalla propria comfort zone, aiuta sempre;
-Fare un lavoretto estivo, partecipare a un campo di volontariato o viaggiare anche con pochi mezzi, può essere formativo quanto un esame;
-Prendersi una pausa di due settimane senza la pressione dello studio o del lavoro, è proprio consigliato. Le vacanze sono necessarie per staccare, stare con gli amici, godersi la famiglia, dedicarsi allo sport e alla scoperta del mondo.
E ai genitori?
-Non incalzare troppo e subito su questioni legate al futuro dei propri figli. Resistere, aspettare ed evitare di chiedere subito “E adesso cosa fai?” evitando in tal modo di sbagliare la tempistica;
-Aiutarli a riflettere sulle loro passioni, conciliando le capacità con i loro desideri;
La paura di non sapere cosa scegliere e di deludere i genitori, può bloccarli più che la scelta stessa;
– Ascoltateli sempre con pazienza e comprensione e parlate con loro con sincerità, garbo e soppesando le parole;
-Accoglieteli se hanno bisogno di prendersi una pausa, aiutandoli a non disperdersi. L’inattività prolungata può minare l’autostima e far perdere la motivazione nello studio e nel lavoro;
-Dopo la maturità o gli esami universitari, è sano che i ragazzi si riposino. Incoraggiate vacanze attive con viaggi, sport, volontariato;
– Fate attenzione a segnali di ritiro, disorientamento, confusione o insonnia. Lunghi periodi passati in camera, un sonno irregolare, apatia o irritabilità possono indicare un disagio psicologico. In questi casi, bisogna parlare apertamente e proporre un confronto con un professionista, psichiatra o psicoanalista.