
Con il crescente interesse verso lo sviluppo urbanistico e turistico lungo la costa libica, una domanda torna ciclicamente nel dibattito pubblico e tra gli operatori del settore: fino a che punto è possibile costruire vicino al mare?
La risposta si trova nella cosiddetta “Legge dei 100 metri”, una norma chiave introdotta per salvaguardare il litorale libico. Secondo la Legge n. 5 del 1969 sulla Pianificazione Urbana delle Città e dei Villaggi, è vietata la costruzione entro 100 metri dalla linea di costa. Questo vincolo è stato successivamente confermato dalla Legge n. 32 del 1977, che ha classificato la fascia costiera come proprietà pubblica destinata all’uso collettivo.
La finalità è duplice: da un lato, proteggere l’ambiente marino e costiero da speculazioni edilizie e danni ecologici; dall’altro, assicurare il diritto di accesso pubblico al mare per tutti i cittadini, impedendo che le spiagge diventino zone private o recintate da iniziative commerciali.
Tuttavia, esiste una limitata eccezione alla regola: possono essere autorizzati progetti pubblici o turistici promossi dallo Stato, a condizione che rispettino rigorosi criteri ambientali e urbanistici.
Oltre al rispetto della legge, la regola dei 100 metri assume un significato simbolico più ampio. Essa incarna una responsabilità collettiva verso la tutela del patrimonio naturale nazionale, in un momento in cui lo sviluppo urbano rischia di mettere a dura prova gli equilibri ecologici e sociali delle aree costiere.
In conclusione, la difesa di questa norma è essenziale per preservare il paesaggio, l’accesso pubblico e l’identità ambientale della Libia, garantendo che le generazioni future possano continuare a godere del mare in modo libero e sostenibile.
