
(AGENPARL) – Tue 24 June 2025 CONFARTIGIANATO IMPRESE SARDEGNA
COMUNICATO STAMPA 24 GIUGNO 2025
CRISI INTERNAZIONALE – Gli artigiani sardi preoccupati per
l’aggravamento dei numerosi conflitti. Giacomo Meloni (Confartigianato
Sardegna): “Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alle tragedie
umane e sociali: lavorare per pace e stabilità. Grave minaccia anche
per l’economia dell’Isola con rallentamento export e aumento costi
energia”.
“Non possiamo restare indifferenti di fronte alla drammatica
escalation di violenza che coinvolge il Medio Oriente e altre aree del
mondo. Il nostro primo pensiero va alle vittime innocenti e alle loro
famiglie, colpite da una spirale di conflitti che sembra non voler
trovare soluzione”.
Con queste parole Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato
Imprese Sardegna, esprime la propria forte preoccupazione per il
deterioramento del quadro geopolitico internazionale.
“Le tensioni non sono solo una tragedia umana e sociale – prosegue
Meloni – ma rappresentano anche una grave minaccia per la tenuta
economica globale e, con essa, per il nostro tessuto produttivo fatto
di micro e piccole imprese. Anche la Sardegna, seppur geograficamente
distante, rischia di subire duri contraccolpi”.
Il focus sull’export dei prodotti sardi verso il Medio Oriente,
realizzato l’anno scorso dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese
Sardegna, su fonte ISTAT, parla di vendite di beni e servizi per oltre
1miliardo e mezzo di euro, equivalenti all’1,39% del valore aggiunto
regionale prodotto, verso gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita,
Israele, Qatar, Kuwait oltre ad altri 12 nazioni. Oltre ai prodotti
della raffinazione, ci sono alimentari e bevande, moda e design,
lapidei e arredamento, sistemi informatici e digitali, macchinari e
impianti i prodotti più venduti molto richiesti per la loro qualità e
originalità.
La Sardegna si colloca al settimo posto della classifica nazionale per
quanto riguarda l’esposizione dell’export alla crisi. In testa ci sono
la Toscana le cui esportazioni di made in Italy in Medio Oriente
rappresentano il 2,95% del valore aggiunto regionale ed ammontano a
3,1 miliardi di euro, pari al 12,6% delle vendite italiane nell’area.
Superano inoltre l’esposizione media nazionale, il Piemonte con il
2,09% (2,6 miliardi di vendite, pari al 10,4%), l’Emilia-Romagna con
il 2,07% (3,1 miliardi di vendite, pari al 12,5% del totale vendite
italiane nell’area), il Veneto con il 2,02% (3,0 miliardi di vendite,
pari al 12,2%), la Lombardia con l’1,91% (prima regione esportatrice
nell’area con 7,1 miliardi di vendite e una quota di 28,5%) ed il
Friuli-Venezia Giulia con l’1,77% (645 milioni di euro di vendite,
pari al 2,6%).
A livello nazionale, Preoccupano i possibili blocchi nello Stretto di
Hormuz, snodo strategico da cui transita oltre un quarto del petrolio
globale via mare e un quinto del GNL. Nel 2025 l’Italia ha importato
attraverso questo canale merci energetiche per 9,6 miliardi di euro,
pari al 14,2% del totale, con una forte esposizione a fornitori come
Arabia Saudita (3,5 miliardi di euro tra petrolio greggio e
raffinato), Iraq (2 miliardi), Emirati Arabi Uniti (0,7 miliardi),
Kuwait (0,6 miliardi) e Qatar (2,5 miliardi di GNL).
l’aggravarsi della crisi in Medio Oriente con l’apertura del conflitto
Israele-Iran, insieme agli scontri tra India e Pakistan e al protrarsi
della guerra tra Russia e Ucraina, ha già innescato un rialzo dei
prezzi delle materie prime energetiche e una crescente incertezza
negli scambi internazionali, ulteriormente esacerbata dalla
prospettiva di una guerra commerciale globale. Per l’Italia, altamente
dipendente dall’import energetico da queste aree, è a rischio la
fragile ripresa dell’export registrata nel primo quadrimestre 2025
(+2,5%).
“Il caro energia – sottolinea il Presidente – si ripercuote in maniera
diretta sui nostri laboratori, officine e microimprese. L’aumento del
prezzo del petrolio e del gas potrebbe costare al nostro PIL fino a
0,2 punti percentuali nel 2026, rallentando investimenti e frenando la
crescita, anche nell’isola”.
Dai dati emerge chiaramente come le esportazioni verso i 25 mercati
interessati dai conflitti – che rappresentano il 9,8% dell’export
totale italiano e il 19,9% di quello extra UE – abbiano già subito un
rallentamento. Nel primo trimestre del 2025 si registra infatti un
calo dello 0,6%, con flessioni significative in Libia, Turchia ed
Egitto, partner storici anche per l’artigianato isolano.
In questi paesi, settori tipici della micro e piccola impresa come
moda, alimentare, gioielleria, mobili e metalli – che rappresentano
circa 20,3 miliardi di euro di export nazionale – stanno già subendo
gli effetti dell’instabilità.
“La Sardegna non è esclusa da questo scenario – rimarca Meloni – molte
delle nostre imprese esportatrici operano proprio nei comparti più
esposti: il rischio è che sforzi e investimenti fatti negli ultimi
anni vadano vanificati da una crisi su cui gli imprenditori non hanno
alcun controllo”.
Il Presidente lancia un appello alle istituzioni nazionali ed europee
affinché si tengano in debita considerazione le conseguenze economiche
di queste crisi sui territori e sulle piccole imprese: “Chiediamo
strumenti rapidi ed efficaci di sostegno, in grado di contenere gli
effetti degli shock internazionali. Serve una politica estera
orientata alla stabilità e alla pace, ma anche una strategia economica
che metta al centro le PMI, che restano il motore dell’economia
regionale e nazionale”. “Le imprese sarde – conclude Meloni – sono
abituate a resistere e reinventarsi, ma senza stabilità e senza un
quadro economico sostenibile sarà sempre più difficile restare
competitivi, mantenere i posti di lavoro e garantire continuità
operativa”.
I dati nazionali.
Nel complesso il rischio geopolitico determinato dai conflitti
interessa un’area che complessivamente include 25 mercati – di cui 17
in Medio Oriente – e nella quale nel 2025 (ultimi dodici mesi a marzo)
il made in Italy vale 61,4 miliardi di euro, pari al 9,8% dell’export
totale e il 19,9% delle esportazioni dei paesi extra Ue. Nel dettaglio
le esportazioni ammontano a 27,1 miliardi in Medio Oriente, a 21,9
miliardi nei tre paesi confinanti di Egitto, Libia a Turchia, 6,6
miliardi tra Russia, Ucraina e Bielorussia e 5,8 miliardi in India e
Pakistan.
Nel complesso dei mercati in esame nel primo trimestre del 2025 si
osserva un ristagno (-0,6%) dell’export, combinazione di diminuzioni
del 14,7% nei paesi confinanti l’area mediorientale di Egitto, Libia e
Turchia e del 10,4% sui paesi interessati dalla guerra russo-ucraina
non sufficientemente compensati dagli aumenti del 13,7% in Medio
Oriente, e del 6,0% in India e Pakistan.
I maggiori mercati del Medio Oriente sono Emirati Arabi Uniti con 8,4
miliardi di euro (+21,5% nel primo trim. 2025 vs +19,4% nel 2024),
Arabia Saudita con 6,4 miliardi (+10,1% nel primo trim. 2025 vs +27,9%
nel 2024), Israele con 3,4 miliardi (+12,0% nel primo trim. 2025 vs
-1,1% nel 2024), Qatar con 2,3 miliardi (-18,3% nel primo trim. 2025
vs -9,4% nel 2024), Kuwait con 1,6 miliardi (+154,2% nel primo trim.
2025 vs -43,2% nel 2024) e Libano con 0,8 miliardi (-4,6% nel primo
trim. 2025 vs -25,1% nel 2024).
Tra i paesi confinanti l’area di crisi mediorientale troviamo la
Turchia con esportazioni per 16,8 miliardi di euro (-17,8% nel primo
trim. 2025 vs +23,9% nel 2024), Egitto con 2,8 miliardi (-0,7% nel
primo trim. 2025 vs -16,6% nel 2024) e Libia con 2,3 miliardi (-5,5%
nel primo trim. 2025 vs +34,2% nel 2024). La guerra alle porte
d’Europa in corso da oltre tre anni interessa Russia con l’export che
vale 4,1 miliardi di euro (-17,1% nel primo trim. 2025 vs -7,2% nel
2024), Ucraina con 2,2 miliardi (+8,3% nel primo trim. 2025 vs +21,9%
nel 2024) e Bielorussia con 0,3 miliardi (-23,2% nel primo trim. 2025
vs +23,7% nel 2024 mentre sul fronte dei conflitti nel continente
asiatico troviamo l’India con 5,3 miliardi (+5,7% nel primo trim. 2025
vs +1,0% nel 2024) e il Pakistan con 0,5 miliardi (+8,7% nel primo
trim. 2025 vs +9,0% nel 2024).
Export di 20,3 miliardi di euro in settori di MPI – I settori con le
maggiori esportazioni nei mercati in esame sono quelli di macchinari e
impianti con 14,3 miliardi di euro nel 2024 (23,2% dell’export nei 25
paesi in esame), altre manifatture con 9,7 miliardi (15,7%),
metallurgia e metalli con 5,1 miliardi (8,2%) e moda con 5 miliardi
(8,2%). Un terzo (33,0%) dell’export nell’area dei 25 paesi del Vicino
Oriente e del Nord Africa è prodotto in settori di micro e piccola
impresa, per un totale di 20,3 miliardi di euro. In questi comparti a
maggiore vocazione di MPI, oltre alla moda troviamo le altre
manifatture, dominate da gioielleria e occhialeria, con 8,4 miliardi
di euro (13,7%), alimentari con 2,8 miliardi (4,6%), prodotti metallo
con 2,5 miliardi (4,1%) e mobili con 1,3 miliardi (2%).
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