
[lid] In diretta streaming il V Congresso Nazionale della UGL Credito, intitolato “Il Futuro inizia Oggi”.
Per tutti coloro che desiderano seguire gli sviluppi del Convegno, è disponibile il link della trasmissione online https://www.youtube.com/watch?v=_JIi6tgc7Jcù
La dichiarazione del Segretario Nazionale, Ennio Occhipinti, ha dato il via a questa importante discussione, mettendo in luce le sfide e le opportunità che il settore bancario sta affrontando e sottolineando l’importanza della tutela dei lavoratori, della partecipazione dei lavoratori nella gestione aziendale e della ricerca di un nuovo modello di relazioni industriali adeguato ai tempi attuali.
«5 anni or sono l’UGL Credito era stata, di fatto, dichiarata fallita.
Il Congresso Nazionale del 2018 sembrava il funerale del Sindacato.
Buona parte dei partecipanti a quel Congresso è migrata verso altri lidi.
Ma molti altri, oggi come allora, sono presenti. A riprova, che nel DNA del nostro gruppo dirigente, la voglia di resistere, di combattere, di tutelare il lavoro e i lavoratori, senza se e senza ma, è più forte di ogni altra avversità.
Sono presenti anche tanti nuovi dirigenti che in questi anni si sono avvicinati alla Sigla, a cui va un sentito ringraziamento ed un caloroso incoraggiamento per il loro impegno profuso nelle Società di appartenenza.
Sono stati 5 anni di lotte, di soddisfazioni, di delusioni, di sconfitte e di vittorie, di nostalgie ma certamente non rimpianti, perché abbiamo operato scelte coraggiose, forse temerarie e che ci hanno consentito non soltanto di resistere ma di crescere e riaffermare un’Organizzazione positiva e propositiva dove i lavoratori trovano risposte ed aiuto concreto.
Dei due Sindacati, del comparto del Credito destinati, a “scomparire” (Sinfub e UGL Credito), anche per colpa di accordi scellerati, con la sola controparte datoriale ABI, che di fatto tentava di estrometterli da tutti i livelli negoziali, è rimasto in piedi solo l’UGL Credito.
Accordi tra privati, su cui ci intratterremo più avanti, che vanno, anche, contro il Dettato Costituzionale.
Ciò nonostante l’UGL Credito è firmataria per titolarità di diversi CCNL, è rappresentativa a pieno titolo nel Comparto delle Banche di Credito Cooperativo, è presente, sia a livello negoziale che di denuncia, anche, nelle Banche ABI (Banca UBAE, Banca Unicredit, Banca Intesa, BNL, Artigiancassa, AST di Accenture, Fintecna etc.) contro cui è spesso costretta ad aprire aspri contenziosi legali.
L’UGL Credito è presente in ADER (Agenzia dell’Entrate e Riscossioni), è presente nel comparto assicurativo, la cui punta di diamante è Alleanza Assicurazione dove oltre il 10% dei dipendenti è iscritto a UGL Credito, è presente in realtà regionali come la Crias di Catania e il Mediocredito del FVG, Società queste che fungono da volano economico per l’imprenditoria locale, è presente in Invitalia e la consociata Infratel, la cui rilevanza e importanza a livello nazionale non necessitano di ulteriori precisazioni, è presente in tante altre importanti realtà che non elenco solo per brevità di tempo e chiedo scusa di ciò, ai rappresentanti presenti.
Questi 5 anni sono stati segnati anche da eventi esterni il sistema:
- la pandemia da Covid 19;
- la guerra Russo/Ucraino;
- le misure adottate per fronteggiarne le relative ricadute.
Eventi che hanno cambiato la Società, gli stili di vita, il lavoro e più lentamente il modo di fare Sindacato.
Anche la guida del Paese da parte di un Governo chiaramente di Centro Destra è un evento da annoverare con l’attenzione che merita da parte di un Sindacato che, pur rivendicando la propria autonomia dalla politica, ha tra i sui valori di riferimento quelli della Destra, quella Sociale intendo e non quella Liberista.
La natura Confederale di UGL nelle sue varie articolazioni ci impone di approfondire, alcune tematiche, pur rimanendo nell’alveo di riferimento della Federazione.
Il c.d. Lavoro Agile e la c.d. Intelligenza Artificiale: con il primo ci siamo abituati a lavorare da casa, vivendo la circostanza quasi come un privilegio, senza considerare l’aggravio di costi indiretti sostenuti dai lavoratori, non ristorati dalle banche che invece hanno ottenuto notevoli risparmi dalla mancata immobilizzazione di sedi, dal non consumo di materie prime (energia elettrica e gas), dalla riduzione dei premi INAIL per la minore incidenza degli infortuni in itinere etc. senza dimenticare che le Banche ABI non riconoscono il buono pasto ai lavoratori in Smart Working risparmiando anche su questo. Ma questo strumento nasconde anche delle insidie, non percepibili nell’immediato e che, se non opportunamente presidiato e normativamente garantito, potrebbe comportare, in un futuro non molto lontano, l’espulsione dal ciclo produttivo di molte risorse. Consideriamo un lavoratore, residente a Palermo, assunto a Milano da un’impresa che ha sedi fisiche solo al nord del Paese. Tra le iniziali condizioni di lavoro, il dipendente ha, anche la possibilità di lavorare in forma agile da Palermo, per questo accetta.
Dopo qualche anno, l’impresa decide di delocalizzare delle attività fuori Nazione e non necessita più di quella risorsa a Palermo (è solo un esempio, possono essere tante le risorse coinvolte). L’impresa pensa alla ricollocazione del lavoratore in una sede fisica, ricordiamo del nord, d’altronde era stato assunto a Milano. Quali tutele avrebbe oggi questo lavoratore? La Naspi sicuro, costi a carico della collettività…e poi?
Mentre con il secondo, l’Intelligenza Artificiale, si tenta sempre più spesso di sostituire il Capitale Umano, ma non a beneficio di tutti, per far stare meglio i lavoratori, ad esempio, riducendo le ore lavorate e/o aumentando le ferie a parità di mantenimento salariale, ma solo per massimizzare i profitti a decremento anche della qualità della vita dei lavoratori stessi. Il rischio di perdita di posti di lavoro è concreto, e a differenza del passato, quando i posti che si perdevano, erano quelli meno professionalizzati, quasi manuali, i cui addetti con opportuno addestramento e adeguata formazione potevano essere riconvertiti, oggi a rischio sono le alte professionalità; ….le notizie della guerra tra Russia e Ucraina ci hanno abituato all’idea dei Droni come forza strategica di combattimento senza piloti. Ma se ciò è possibile, fra qualche tempo, finita la guerra, le industrie che producono droni a scopo bellico li produrranno a scopo civile. In un tempo non molto lontano avremo aerei di linea teleguidati, con dei robottini stile umanoidi, al posto del personale di bordo. Ed ecco cancellate tante altissime professionalità. Già adesso nel quotidiano comunque vediamo metropolitane sfrecciare senza conducente, le casse automatiche dei supermercati etc. Anche i comparti di riferimento della Ns. Federazione dal Bancario all’Assicurativo non sono esenti da rischi, la figura del Cassiere è un ricordo quasi romantico, come l’analisi del merito creditizio per la concessione o il mantenimento di affidamenti è delegata a delle macchine e programmi, “senza anima”, che emettono il “verdetto”, con la simbologia cromatica del semaforo, dettato dai vari criteri di Basilea che si sono succeduti. Guai se esce rosso. Io sarò un soggetto “Vintage” ma ricordo con affetto l’epoca quando un imprenditore stava in cattive acque ed era esposto con le diverse banche del suo territorio, i direttori delle stesse si riunivano per tentare di concordare una strategia per evitare che l’imprenditore saltasse, perché inevitabilmente avrebbero subito danni tutti: dalla complessiva economia locale alla banche stesse.
Oggi invece abbiamo il “bail-in”, abbiamo avuto la commissaria UE alla concorrenza, Vestager, che altro che salvare l’imprenditore, ha impedito al ns. sistema di salvare Banca Tercas, Cari-Ferrara, Banca Marche, Banca Etruria, Cari-Chieti ad altre, perché considerava l’intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd) come aiuto di Stato.
Solo dopo le sentenze, del Tribunale europeo del Lussemburgo prima, e della Corte di Giustizia UE dopo, che hanno sancito la legittimità dell’intervento del Fondo, lo si è potuto utilizzare per il salvataggio della Banca Popolare di Bari e della CariGe.
Su questi temi il Sindacato deve essere molto vigile e pretendere nuove leggi e rivendicare nuovi spazi negoziali e di confronto anche in sostituzione del “romantico” Statuto dei Lavoratori (Legge 300/70) ormai obsoleto.
Il periodo di “confinamento forzato” iniziato nel marzo 2020, ha fatto sì che le Banche accumulassero tanta liquidità a costo zero: i tassi sui depositi erano negativi, e le imprese non investivano per l’incertezza del futuro, che sarebbe durata per oltre 2 anni e, quando s’incominciava a vedere un barlume di ripresa, ecco la guerra Russo Ucraino con tutto ciò che ha comportato: non era ancora iniziata e già si parlava dell’aumento del costo delle materie prime con l’inflazione che ricominciava a ”galoppare” e l’aumento dei Tassi, a raffica, da parte della BCE, come cura.
Le Banche, mentre sui depositi non corrispondevano nulla, o quasi, ad ogni aumento di tasso della BCE, aumentavano i tassi attivi per le Banche e passivi per i mutuatari, sia sui mutui in essere che su quelli da concedere.
Solo dopo che l’attuale Governo ha varato il decreto sugli extraprofitti in alcuni casi le Banche hanno iniziato a remunerare le giacenze sui conti corrente dei clienti, siamo comunque ancora distanti dall’armonizzazione del divario tra i due tassi.
Questa gestione del costo del denaro, da parte delle Banche, ha prodotto effetti negativi, in entrambe i casi:
- l’aumento dei tassi sui mutui e prestiti ha comportato un’economia rallentata, anche se non ancora in fase recessiva, che riguarda, ad onor del vero, l’intera Eurozona. L’esempio della Germania, “la locomotiva d’Europa”, è oltremodo emblematico;
- il mancato allineamento dei tassi sui depositi a favore della clientela ha prodotto da una parte, mancata disponibilità di spesa per i depositanti e dall’altra un minore gettito fiscale.
Noi riteniamo che la tassazione degli extraprofitti sia sacrosanta come corretti e coerenti siano stati gli ulteriori aggiustamenti per escludere, da tale provvedimento, i titoli del debito pubblico e considerare in modo diverso le Banche di Credito Cooperativo e quelle di minori dimensione, che nel momento più critico, nei territori di riferimento, sono state più attente alle esigenze delle famiglie e dell’imprenditoria, soprattutto piccole e medie imprese; quest’ultimo intervento però, com’è congegnato, a quanto è dato da sapere, temiamo abbia deviato di fatto la manovra dall’obiettivo iniziale che riteniamo fosse essenziale per la ripresa.
Inutile sottacerlo, il paradigma bancario è cambiato, i banchieri sono cambiati, non ci sono più i Murè, i Parrillo, i Federico Caffè ed a fronte dello spregiudicato modo di fare “Banca” o meglio dire “Finanza” da parte dei grossi Gruppi Bancari c’è ancora un Baluardo, nel Paese, nei territori, che sono le Banche di Credito Cooperativo e le Banche di piccole medie dimensioni (come la Banca di Piacenza, la Banca Agricola Popolare di Ragusa etc.) che hanno ancora una sensibilità nei confronti delle Famiglie, delle piccole e medie Imprese e anche del proprio personale, un esempio per tutti: il CCNL delle Banche di Credito Cooperativo, firmato da UGL Credito, prevede il riconoscimento del Buono Pasto al lavoratore che svolge il lavoro in modalità Agile il CD S.W abbiamo visto prima come, invece, si comportano le grosse Banche.
Non sono, inoltre, tollerabili, l’ingerenza della BCE e l’atteggiamento dell’ABI.
Queste entità, ergono le barricate per non far tassare i profitti ottenuti senza il benché minimo rischio d’impresa e tacciono sulle scandalose operazioni, attuate dalle Banche di grosse dimensioni, come quella di cedere interi rami d’azienda in uno con i dipendenti addetti, a società terze, all’uopo costituite, che a loro volta delocalizzano le medesime attività in paesi esteri come la Romania un esempio per tutti: la BNL, ormai da anni di proprietà del colosso Francese BNP Paribas, ha ceduto, di recente, interi rami d’azienda, afferenti l’attività creditizia, con un migliaio di lavoratori al seguito, a due società terze all’uopo costituite. Per la prima, c’è stato già il pronunciamento del giudice di merito che ha ritenuto illegittima la cessione ed ha condannato BNL a riassumere i circa 200 lavoratori ceduti mentre per l’altra cessione fatta, la cui cessionaria è AST, una Società all’uopo costituita da Accenture, c’è un progetto già in fase avanzata di delocalizzare le attività in Romania. Cosa accadrà, quando anche in questo caso i giudici ordineranno a BNL di riassumere i circa 500 lavoratori ceduti?
Il Governo e la Politica debbono intervenire, debbono riappropriarsi di un ruolo di indirizzo e di controllo, senza sostituirsi agli organismi all’uopo previsti a livello Europeo e Nazionale, ma salvaguardando l’integrità del Patrimonio nazionale e arginando velleità coloniali nascoste. Se è vero che le Banche sono soggetti privati è altrettanto vero che non gli si può lasciare mano libera in tutte scelte che decidono di attuare, soprattutto quando comportano, di fatto, ricadute sui lavoratori, sullo stato sociale e previdenziale e sull’Economia della Nazione.
Le Banche ABI proverranno a fare cassa anche sugli aumenti contrattuali richiesti per il rinnovo del CCNL scaduto da quasi un anno e, pretenderanno, a fronte dei legittimi aumenti salariali rivendicati, spazi normativi, per gestire le cessioni di rami d’azienda, come quella di cui abbiamo parlato prima, senza il timore delle sentenze contrarie, come fino ad oggi accaduto, ovvero dichiarare l’esubero di personale, quando le sentenze della magistratura le costringono a riassumere i lavoratori ceduti.
Anche il cosiddetto Salario Minimo è un tema da attenzionare: se tale norma fosse in vigore, nelle forme declinate da chi, non le ha attuate, quando poteva, ed oggi invece pretende di farle attuare ad altri, sarebbe oltremodo pericoloso.
Siamo convinti che ABI, con l’avallo della BCE, che come il prezzemolo non manca mai, non avrebbe vergogna a richiederne l’applicazione, magari per i primi anni di servizio dei neoassunti.
Senza considerare, parlo in generale, della pericolosità dal punto di vista socio/previdenziale: perché una legge che rischia di livellare verso il basso i salari, comporta, indirettamente, anche un minore gettito nelle casse dell’INPS con buona pace della riforma delle pensioni e delle varie quote da 100 a 103 di recente memoria.
Al Cnel è stato affidato, dall’attuale Governo, il compito di elaborare un meccanismo perequativo, per quei salari che gridano vendetta agli occhi di Dio, senza compromettere, però, quelli già contrattualizzati, che per definizione sono minimi nell’ambito categoriale.
Da questo incarico al CNEL, dove sono registrati/depositati la stragrande maggioranza dei CCNL applicati in Italia, potrebbe nascere un’ulteriore riflessione: analizzare i Contratti applicati nei relativi comparti produttivi di riferimento per arrivare anche ad una semplificazione negoziale e arginare il dumping tra contratti.
Perché non riorganizzare, nella medesima area contrattuale, le attività della stessa natura e dello stesso comparto: l’attività del credito, ad esempio, è regolata dal c.d. Testo Unico della legge bancaria che prevede, tra l’altro, che tutte le Società, che svolgano l’attività creditizia, siano iscritte all’Albo tenuto dalla Banca D’Italia; perché allora tutte queste Società, che svolgono la medesima attività, non applicano il medesimo CCNL? In questo modo si eviterebbe l’odioso “dumping normativo/salariale” tra i CCNL di ABI, FEDERCASSE, Banco Posta e Terziario, lasciando ad una più ampia contrattazione di secondo livello la regolamentazione delle specificità.
Questa considerazione ci porta anche ad un’ulteriore riflessione in merito alla rappresentatività e rappresentanza dei Sindacati e alla latitanza del legislatore, dopo i referendum del 1995.
Infatti a seguito della parziale vittoria dei citati referendum, la possibilità per nuove forze sindacali di costituire Rappresentanze Aziendali è stata sostanzialmente cancellata, limitando tale possibilità soltanto alle OO.SS. firmatarie di CCNL applicati nelle unità produttive. Questo ha finito per rafforzare i Sindacati che hanno avuto l’opportunità di firmare i contratti prima dei referendum, consolidando di fatto una forza contrattuale dove già esiste senza promuoverla dove manca e sostanzialmente impedendo, di fatto, una modifica dello status quo.
Il legislatore, inoltre, ha lasciato scoperto, in balia di accordi tra privati, il tema della rappresentatività come criterio di accesso al tavolo delle trattative, provocando una notevole confusione.
Proprio nel nostro comparto, quello creditizio intendo, vengono adottati degli indici di misurazione disomogenei tra loro, passando dal 5% degli associati, nelle Banche aderenti ad ABI, all’assenza di alcun limite per quanto riguarda le Banche aderenti a FEDERCASSE mentre, per quanto riguarda Banco Posta la presenza delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) comporta l’adozione della media ponderata tra associati ed eletti.
La mancanza di uniformità si allarga, come abbiamo detto prima, anche ai CCNL: mentre quello di ABI è firmato dalle Federazione di Categoria di CGIL, CISL, UIL, FABI, e UNISIN; quello di FEDERCASSE è firmato dalle Federazioni di Categoria di CGIL, CISL, UIL, UGL Credito e FABI. Da questo consegue che sigle come UNISIN, aderente a CONFSAL, in base all’attuale sistema di misurazione della rappresentatività, ma soprattutto dell’art.19 dello Statuto dei Lavoratori, non potrà mai essere rappresentata nel comparto delle Banche di Credito Cooperativo perché non firmataria del CCNL.
Ho parlato di Unisin e non di UGL Credito perché il problema è generalizzato e tocca buona parte dei Sindacati, chi più chi meno.
UGL Credito in alleanza Assicurazioni, ad esempio, ha una percentuale d’iscritti maggiore di quella di altre OO.SS. presenti, ma non avendo firmato prima i contratti applicati nelle unità produttive non avrebbe diritto alle RSA.
Per Banco Posta, invece, le cose vanno diversamente perché grazie al meccanismo delle RSU sono presenti tutte e sei le Confederazioni (CGIL, CISL, UIL, UGL, CONFSAL, CISAL).
Per garantire la reale partecipazione di tutti i lavoratori all’elezione dei propri rappresentanti sarebbe auspicabile che, anche nei comparti ABI, FEDERCASSE, ANIA etc., fossero introdotte le RSU o altri meccanismi analoghi, ponendo fine all’evidente stortura che, non garantisce omogeneità di rappresentanza e rappresentatività e, confligge, in alcuni casi sia con l’art.14 dello Statuto dei Lavoratori che con lo stesso art.39 della Costituzione.
Su queste tematiche dovremo attivare da subito, il dialogo, il confronto con le forze politiche, sindacali, datoriali che hanno comune sentire e convergenza di obiettivi per creare nuove norme per un nuovo modello di relazioni industriali che colmi le lacune create con i referendum del ‘95 e stia al passo con i tempi con le rivoluzioni industriali, post industriali e chi più ne ha più ne metta.
Un modello che abbia come stella polare l’art. 46 della Costituzione dove viene sancito il Diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle Aziende. Per evitare l’anarchica attuazione delle delocalizzazioni selvagge, perché oggi i moderni luddisti non sono i lavoratori che distruggono le macchine ma sono gli imprenditori miopi che, distruggono le Fabbriche/le Imprese/le Banche, delocalizzando selvaggiamente sull’altare della massimizzazione dei profitti. Per questo la partecipazione dei lavoratori è essenziale perché il lavoratore ha tutto l’interesse, più dell’imprenditore, a che l’impresa vada bene. Generando un circolo virtuoso che crei benessere per tutti, attraverso la redistribuzione della produttività e l’adeguamento salariale, crei maggiori posti di lavoro attraverso, anche, una riduzione degli attuali orari di lavoro e produca, come conseguenza anche maggior gettito fiscale e previdenziale.
Il prossimo Congresso Nazionale, dovrà celebrare, non solo la resilienza di UGL Credito rispetto alle avversità ma anche le sue capacità di proposta e coinvolgimento, per la realizzazione di questo auspicato nuovo modello di relazioni industriali, adeguato ai tempi che cambiano e senza dimenticare, per questo, la centralità dei Lavoratori e del Lavoro, per mantenere e creare nuova occupazione, adeguatamente e dignitosamente remunerata, coniugando capitale e lavoro con al centro l’Uomo non come individuo ma come Persona.»
