
[lid] L’Abruzzo deve intervenire in merito a quanto legiferato dalla Legge 157/1992 all’art.11 che demanda alle regioni l’obbligo di emanare norme relative alla tutela e alla gestione della fauna selvatica in conformità alla stessa legge.
Il territorio agro-silvo-pastorale della Regione è destinato per una quota non inferiore al 20 per cento e non superiore al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, comprendendo tutte le aree ove sia comunque vietata l’attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. Detta percentuale deve essere calcolata su base provinciale, in misura che i limiti minimi (20 per cento) e massimi (30 per cento) siano rispettati in ciascuna provincia, la provincia dell’aquila è tutta sotto vincolo. alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie. Nel dettaglio, il legislatore ha previsto l’individuazione da parte delle regioni, di una quota percentuale (dal 20 al 30) di territorio, definito come superficie agro-silvo-pastorale, da destinare a protezione della fauna selvatica, sulla quale è tassativamente vietata la caccia, così come definita dalla Consulta: “l’attività venatoria viene a caratterizzarsi per il tipo di azioni svolte (abbattimento o cattura di animali e attività preparatorie), per l’oggetto cui l’attività in questione risulta diretta (animali da abbattere o catturare appartenenti alla fauna selvatica), nonché per i mezzi destinati allo svolgimento della stessa attività (armi o animali consentiti dalla Legge come strumenti di caccia, (Corte Cost. Sent.n. 468/1999). In dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l’attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. In Abruzzo invece. Il territorio agro-silvo-pastorale è tutto sotto vincolo ambientale, lo si evince dal piano faunistico venatorio approvato da codesto governo regionale, nel quale la vinca si è espresso con la sua valutazione di ben oltre il 40% del territorio montano è sotto vincolo ambientale senza considerare le innumerevoli riserve e oasi sparse su tutto il territorio abruzzese, in totale siamo al 70% come riporta l’Ispra in una slide, il restante territorio rimasto è tutto urbanizzato. Questo comportamento omissivo della Legge nazionale non giova alla popolazione abruzzese, in quanto le aree interne si sono spopolate dovuto alla mancanza del controllo della fauna selvatica sia da parte della regione che da parte degli istituiti di tutela che omettono di osservare la Legge quadro 394/91 la Legge ed in particolare l’art 11 è molto specifico, ma sia i parchi che la regione Abruzzo fanno la gincana tra gli articoli della legge quadro. È un classico nella nostra regione, le Leggi le devono osservare solo i cittadini ma quanto spetta alle istituzioni diventano come l’elastico, si allunga e si ritira a piacimento senza che nessuno ne tenga conto.
Noi agricoltori, allevatori e cittadini facente parte della comunità dei parchi dobbiamo rigare dritti, pena sanzioni amministrative da parte dei Carabinieri Forestali, ma quando si tratta di atti illegittimi da parte degli istituti di tutela, ed in particolare dei parchi abruzzesi non si interviene. Il centenario PNALM dovrebbe far rispettare la legge, mentre i vertici sembrano stiano scalpitando per far approvare un piano del parco incostituzionale, rafforzato da una sentenza della corte costituzionale, n228 del 06/10/21 in merito agli usi civici che il PLANM se ne vuole appropriare tramite il piano del parco. Stranamente, in questi ultimi tempi si sta cercando di approvare un piano del parco monco senza tenere conto degli articoli di Legge fondamentali per la tutela della fauna e della cultura rurale. In particolare l’art. 11 2-bis stabilisce che: “Il regolamento del parco valorizza altresì gli usi, i costumi, le consuetudini e le attività tradizionali delle popolazioni residenti sul territorio, nonché’ le espressioni culturali proprie e caratteristiche dell’identità delle comunità locali e ne prevede la tutela anche mediante disposizioni che autorizzino l’esercizio di attività particolari collegate agli usi, ai costumi e alle consuetudini suddette, fatte salve le norme in materia di divieto di attività venatoria previste dal presente articolo. 5. Restano salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, che sono esercitati secondo le consuetudini locali. Eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi civici di prelievi faunistici sono liquidati dal competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza dell’Ente parco”.
Oltre al superamento del 30% del territorio agrosilvopastorale si sta cercando di approvare il piano faunistico venatorio da parte della regione Abruzzo, ha fatto sì che gli animali ce li ritroviamo davanti le case, come i lupi a Vasto e in tutte le città d’Abruzzo, mettendo a rischio la sicurezza pubblica ostacolata dai continui ricorsi da parte delle associazioni animaliste. Noi possiamo affermare che la morte di Amarena sono legate ad altre responsabilità, dovuto soprattutto alla mancanza di cibo in natura di cui le associazioni che vogliono manifestare non si sono mai occupate del fabbisogno alimentare degli orsi in Abruzzo, nonostante facciano parte del CDA del Parco. Gli orsi nel parco nazionale stanno soffrendo la fame da anni dovuto all’attuale gestione della fauna selvatica presente nel PNALM ed ecco spiegate le intromissioni nei pollai, gli assalti ai cassonetti. Invece di capire le ragioni che hanno spinto gli orsi a cambiare il comportamento per procacciarsi il cibo, il parco insieme ai guru dell’ambiente hanno pensato ai cassonetti anti orso, recinzioni antiintrusioni e altre azioni di dissuasione con proiettili di gomma affamando la popolazione di orsi che oggi la ritroviamo fuori dal parco.
Invece avrebbe dovuto intervenire con azioni sul territorio di rifocillamento di frutta e verdure scartate dai supermercati e dalle industrie di lavorazione degli ortaggi su altane posizionate in luoghi lontano dai centri abitati, visto che i meleti impiantati dal Parco e dalle associazioni ambientaliste sono completamente abbandonati. Il Parco con le varie associazioni ambientaliste non si sono accorti che al risveglio gli orsi da subito hanno invaso i centri abitati e lo testimoniano i vari video, ma tra l’impallinamento i recinti antintrusione e mancanza di cibo in natura gli orsi sono tutti fuori dal Parco, tanto è vero che l’orsa Amarena è finita nel centro del Fucino al difuori dall’area contigua trovando la morte con una fucilata, ma poteva finire anche sotto un camion o un’autovettura. Questa associazione ha più volte fatto presente a mezzo stampa la mancanza di cibo per gli orsi dovuto anche alla massiccia presenza di cinghiali, antagonisti alimentare degli orsi, successivamente vi è un forte incremento sul territorio di lupi facendo diminuire le prede cacciabili e le spaventose mandrie di cervi che hanno raso al suolo tutto il territorio divorando anche interi campi di erba medica di cui gli orsi vanno ghiotti, determinando anche l’abbandono del territorio da parte degli ultimi agricoltori rimasti. La mancanza di gestione della fauna selvatica dovuto anche alle opposizioni ottuse delle associazioni animaliste locali stanno portando a serio rischio la sopravvivenza di questi simpatici animali con l’aggravante della confidenza con i turisti e albergatori, facendo diventare gli orsi fenomeni da baraccone, come in ultimo l’orsa Gemma, la capostipite Carrito e Amarena che da 25 anni viene alimentata dagli umani al fine di attirare i clienti e turisti. Con il nuovo piano del parco vogliono eliminare anche gli allevatori dal territorio che contribuiscono gratuitamente alla biodiversità con i loro armenti, rimettendoci qualche animale predato che il parco non sempre ripaga pur nutrendo la fauna selvatica. E non finisce qui. L’incompetenza in materia degli enti si evince anche dallo spostamento di ben due volte di Carrito con l’ausilio dell’elicottero nel PATOM nei pressi di Sulmona, che puntualmente se lo ritrovavano nel punto prelevato dopo pochi giorni. La mancata cattura dei figli di Amarena e forse è meglio con la speranza che sopravvivono perché se vanno a finire nelle mani del parco faranno la stessa fine degli altri se non cambieranno la gestione. Mentre in Europa dell’est e precisamente in Romania le cose funzionano diversamente, ogni volta che un orso si avvicina nei centri abitati arriva sul cellulare un’allerta direttamente dalla compagnia telefonica, negli altri paesi si realizzano opere per l’attraversamento per gli animali selvatici mentre in Italia si pensa a progetti life all’insaputa del mondo rurale, per accedere ai fondi comunitari e magari rinnovare il parco macchine con fuoristrada. In pratica stanno sconvolgendo l’intero ecosistema della fauna selvatica a discapito del simbolo dell’Abruzzo che in questa fase tutti rivendicano, ma nessuno ha il coraggio di dire le cose come stanno veramente. La nostra manifestazione è per chiedere le dimissioni della dirigenza del PNALM per la malagestione della fauna selvatica, per gli attacchi agli allevatori e l’abbandono del territorio da parte degli agricoltori esasperati. Ma noi non molleremo e ci difenderemo in tutte le sedi iniziando a presentare esposti.
Difenderemo la nostra cultura, le nostre montagne e i nostri animali anche a costo della vita se necessario, ma cacceremo fuori questi impostori che bivaccano negli uffici supportati da ambientalisti del quinto piano, abili a scaricare colpe a categorie che dovrebbero tutelare, solo per evidenziare che loro esistono.
Il Cospa Abruzzo,Dino Rossi.



