(AGENPARL) - Roma, 19 Luglio 2023(AGENPARL) – mer 19 luglio 2023 UFFICIO Piazza Tancredi, 7
I 73100 Lecce
COMUNICATO STAMPA
“IL PORTO RITROVATO” DELL’ANTICA LUPIAE SUI FONDALI DELL’OASI “LE
CESINE”
AVVIATA LA NUOVA CAMPAGNA DI RICERCHE ARCHEOLOGICHE SUBACQUEE E
COSTIERE
Avviata la campagna 2023 di ricerche archeologiche subacquee e costiere nel
comprensorio della Riserva Naturale dello Stato e Oasi WWF “Le Cesine” nel
Comune di Vernole. Condotta dal Dipartimento di Beni culturali dell’Università
del Salento in collaborazione con ESAC – Centro Euromediterraneo per
l’Archeologia dei paesaggi costieri e subacquei (Concessione di scavo MiC, DDG-
ABAP n. 1057 del 22 agosto 2022, per il tramite della SABAP Brindisi Lecce), con la
direzione scientifica della professoressa Rita Auriemma, docente di Archeologia
subacquea dell’Ateneo salentino, la campagna mira a indagare le strutture
individuate nel 2020, in gran parte di età romana, ubicate lungo il tratto di costa
compreso tra San Cataldo e Le Cesine in località “Posto San Giovanni”, nelle
immediate vicinanze dell’Edificio Idrovoro della Riforma Agraria, che suggeriscono
l’esistenza di un importante complesso portuale. Ricostruirne lo sviluppo
complessivo è l’obiettivo primario di questa campagna di scavo che, avviata dal 3 al
15 luglio 2023 scorsi, continuerà a settembre, anche con eventi di archeologia
pubblica e il coinvolgimento delle comunità locali.
La campagna 2023 segue le precedenti fasi d’indagine svolte nel corso del 2021
(sempre dirette da Rita Auriemma), che avevano visto la collaborazione con docenti e
ricercatori di due Dipartimenti del Politecnico di Torino per eseguire il rilievo
fotogrammetrico delle evidenze e prospezioni con droni, posizionatori subacquei e
ROV (robot subacquei muniti di telecamera) di ultima generazione impiegati con
metodologie innovative e i cui già eccellenti risultati preliminari erano stati presentati
nell’ambito dell’evento dedicato “Il porto ritrovato”, svoltosi nell’Auditorium del Museo
Castromediano di Lecce in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia (19
giugno 2021).
A 15 metri circa dalla costa, verosimilmente in corrispondenza della riva antica, a
una profondità che va da meno di un metro ai 3,5 metri, si sviluppa una struttura
(settore A) identificata con la fondazione di un possente molo, larga circa 8 m, lunga
almeno 90 m, realizzata in grandi blocchi giustapposti e originariamente sovrapposti,
oggi crollati e sparsi a causa della forza disgregatrice del moto ondoso. Si nota la
presenza di grandi blocchi parallelepipedi con un lato sagomato a cilindro posti a
intervalli piuttosto regolari e interpretabili come possibili bitte, anch’essi in crollo, e di
altri blocchi lavorati e canalette. Sullo stesso allineamento ma più al largo si trovano
altri blocchi, disposti in linee parallele e perpendicolari (settore B). Una parte di
questa struttura era stata vista e documentata negli anni ’90 ma le ricerche in corso
hanno messo in luce altri tratti, rivelandone l’imponenza.
La campagna 2023 mira a comprendere se i due settori siano parte della
stessa opera (il potente riporto sabbioso dovuto alle mareggiate nasconde forse la
continuità della struttura) e a realizzare un nuovo e più completo rilievo
tridimensionale delle parti visibili.
Infine, il settore C corrisponde all’area della cosiddetta “Chiesa sommersa”; si
tratta dei resti di un edificio con base intagliata in uno sperone roccioso e l’elevato dei
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muri in cementizio; la possibile identificazione con una “torre-faro” è un’ipotesi ancora
da verificare. Nel corso di questa campagna sarà possibile realizzare anche di
questo elemento un modello digitale tridimensionale.
La tecnica di costruzione del molo, “a cassone”, con l’impiego di blocchi sui lati e
anche nel corpo del molo, insieme a pietrame dilavato dalla forza del mare, è tipica
delle strutture di approdo dell’Adriatico e di altre aree del Mediterraneo, soprattutto
orientale.
Si segnalano anche strutture a terra, alcune già note – una serie di vasche
scavate nella roccia, probabile impianto per la produzione del sale, e alcuni ambienti a
nord, forse databili a età tardorepubblicana – altre venute alla luce proprio nel corso di
questa campagna, più a sud. L’insieme delle evidenze a mare e a terra, con
l’approccio olistico dell’archeologia dei paesaggi, in questo caso paesaggi di mare,
suggerisce appunto l’esistenza di un importante complesso portuale; ricostruirne lo
sviluppo complessivo è, come detto, l’obiettivo primario di questa campagna di scavo,
che continuerà a settembre, con eventi di archeologia pubblica e il coinvolgimento
delle comunità locali.
Questa struttura è simile alla parte sommersa del grande molo adrianeo a nord
dell’ampia baia di San Cataldo, a cui lo avvicina anche l’imponente sviluppo e la
tecnica edilizia, ma potrebbe essere anche più antico di quello.
Autori antichi ricordano lo sbarco di Ottaviano da Apollonia al porto di Lupiae, che
doveva quindi godere di una certa considerazione nella seconda metà del I secolo a.C.
ed essere forse già munito di alcune infrastrutture, per accogliere la nave del futuro
imperatore Augusto.
In ogni caso quest’importante scoperta non fa che accrescere la ricchezza del
patrimonio costiero e sommerso dei comuni di Lecce e Vernole, già testimoniato dai
numerosi relitti censiti nella Carta Archeologica Subacquea a cura di Rita Auriemma,
ora in CartApulia (Carta dei beni culturali pugliesi, http://www.cartapulia.it), di età romana,
medievale e moderna spiaggiati lungo questa costa.
Un altro importante contributo delle precedenti indagini era stata l’individuazione
di una fase dimenticata del porto di San Cataldo: la datazione assoluta di alcuni pali
sommersi, effettuata dal CEDAD dell’Università del Salento, conferma la ricostruzione
di un molo a opera della regina angioina Maria d’Enghjen nella prima metà del XV
secolo, che sfrutta il molo romano come fondazione.
«Questo ricco patrimonio tra terra e acqua si presta senz’altro a un intervento
integrato di valorizzazione in grado di coinvolgere tutti gli attori locali (Comune,
associazioni, concessionari di lidi, diving club e center, eccetera) e riconoscere a
questo paesaggio la sua unicità», sottolinea la professoressa Rita Auriemma: «Fare
archeologia dei paesaggi nel comprensorio San Cataldo-Cesine, dove si recuperano
anche insediamenti importanti dell’età del Bronzo/Ferro, significa fare archeologia
pubblica, per restituire alle comunità locali un patrimonio di eccezionale interesse. È
da questo capitale culturale che occorre ripartire per immaginare e progettare la
rigenerazione, la valorizzazione e una fruizione nuova del paesaggio dimenticato di un
waterfront denso di storia».
Ed è proprio quanto intende fare il nuovo EuroMediterranean Seascapes
Archaeology Center – ESAC, nato da un accordo di collaborazione promosso dalla
Regione Puglia – Poli BiblioMuseali con le tre Università regionali – Foggia, Bari e
Salento – e la Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo; il
Progetto dell’ESAC “Andar per mare. Itinerari subacquei e costieri di Puglia” vuole