(AGENPARL) – mer 23 novembre 2022 Teatro India
29 novembre – 4 dicembre 2022
Giuliana Musso
DENTROUna storia vera, se volete.
drammaturgia e regia Giuliana Mussocon Maria Ariis e Giuliana Mussomusiche originali Giovanna Pezzetta
consulenza musicale e arrangiamenti Leo Virgiliscene Francesco Fassoneassistenza e direzione tecnica Claudio Parrinofoto Federico SigilloProduzione La Corte Ospitale Coproduzione Operaestate Festival Venetospettacolo ideato per La Biennale Teatro ATTO IV NASCONDI(NO)Si ringraziano per il supporto il Teatro di Artegna, l’Associazione Amici del Teatro, Servizi Teatrali S.r.l. – Casarsa (PN)
orari: da martedì a sabato ore 20.00 | domenica ore 19.00
durata: 90 minuti
Il Teatro di Roma ospita una delle esponenti più intense del teatro di narrazione e d’indagine, Giuliana Musso, autrice-performer e ricercatrice dalla accurata consapevolezza civile, che costruisce drammaturgie al confine con il giornalismo d’inchiesta, la poesia e la denuncia, come nella sua creazione Dentro. Una storia vera se volete, in scena dal 29 novembre al 4 dicembre al Teatro India.
Spettacolo in cui affronta, anche da interprete sul palco con Maria Ariis, un tema difficile da raccontare, quello di un abuso intrafamiliare, taciuto e celato; un’esperienza altrettanto difficile da ascoltare, restando connessa all’empatia con lo spettatore per riflettere in profondità sul valore della verità.
Esito di un’indagine teatrale sulla tematica della violenza perpetrata all’interno delle mura domestiche, e della sua censura, lo spettacolo affronta questioni che riguardano da vicino donne e uomini del nostro tempo, raccontando con delicatezza una vicenda che coinvolge tutti, senza lasciarci indifferente, né come spettatori né come attori-protagonisti di questa società contemporanea. E lo fa portando in scena l’incontro dell’autrice con una donna (nell’interpretazione di Maria Ariis) e la sua storia segreta: una madre che scopre dopo diversi anni una terribile verità; una violenza consumata in casa che non aveva saputo riconoscere ed evitare; una verità chiusa dentro ai corpi e che lotta per uscire allo scoperto tra le aule dei tribunali.
«Una madre che scopre la peggiore delle verità. Una figlia che odia la madre. Un padre innocente fino a prova contraria. E una platea di terapeuti, consulenti, educatori, medici, assistenti sociali, avvocati che non vogliono sapere la verità – riflette Giuliana Musso – Il segreto ha un contenuto preciso e un fine positivo: protegge qualcosa o qualcuno. Il segreto silenzia una verità che potrebbe danneggiare degli innocenti. Anche la censura ha un contenuto preciso ma il suo fine è contrario a quello del segreto: danneggia gli innocenti, protegge vili interessi. Il tabù invece, per noi, oggi, è il puro terrore di sapere, quindi il suo contenuto rimane ambiguo e indeterminato. In tutte le vicende di abuso sui minori che io ho conosciuto per voce delle vittime nessun colpevole è mai stato condannato. La violenza sessuale è un segreto che permane tutta una vita dentro alle case, dentro agli studi dei medici, degli psicoterapeuti o degli avvocati, in quelle dimensioni private in cui le vittime possono restare confinate senza venire riconosciute. I fini compassionevoli del segreto quasi sempre si fondono con quelli vergognosi della censura e con quelli inconsci del tabù. L’esistenza stessa delle vittime, con la loro rabbia inavvicinabile o con il loro inconsolabile dolore, ci turba fino alle radici e così, pur di non maneggiare l’odio dei padri, deploriamo quello dei figli». Storia antica quanto il patriarcato: narrazioni che sono strategie di rimozione e occultamento, prime tra tutte la normalizzazione stessa dell’abuso e la colpevolizzazione della vittima. Lo spettacolo, infatti, non si concentra solo sul fenomeno dell’abuso, ma anche sui meccanismi di occultamento della violenza e dell’incapacità della società di farsene carico. «Persino le storie fondanti della civiltà occidentale sono tutte storie di traumi, eppure, mentre conosciamo tutto di Edipo, di Laio invece, il padre assassino, sappiamo ben poco. Da sempre, pur di salvare l’ordine dei padri, costruiamo impalcature concettuali che fanno perdere consistenza alla realtà dei traumi e alla voce dell’esperienza – continua la regista – E se la nostra esperienza di violenza non può essere riconosciuta allora viene minata alla radice la nostra dimensione ontologica, noi stessi forse smettiamo di esistere. “Dentro” non è teatro d’indagine, è l’indagine stessa, quando è ancora nella vita, la mia stessa vita. “Dentro” non è un lavoro sulla violenza ma sull’occultamento della violenza. “Dentro” è un piccolo omaggio teatrale alla verità dei figli».
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