IL CONFLITTO TRA L’ARMENIA E L’AZERBAIGIAN MINACCIA I MERCATI PETROLIFERI
(AGENPARL) – Roma, 13 ottobre 2020 – E’ da quasi venti giorni che si è riacceso il conflitto nel Caucaso meridionale tra due paesi storici rivali: l’Armenia e l’Azerbaigian.
Un conflitto che sta facendo sfollare decine di migliaia di cittadini principalmente nel Nagorno-Karabakh e centinaia di militari hanno perso la vita.
Oltre agli enormi costi umani di un conflitto, la questione coinvolge la sicurezza energetica dell’Europa che potrebbe essere a rischio.
L’Azerbaigian, ricco di energia, è collegato ai mercati globali da una serie di oleodotti cruciali: l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC), l’oleodotto Baku Supsa e il gasdotto del Caucaso meridionale (SCP).
L’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan è stato realizzato nel 2006 ed è utilizzato per il trasporto del petrolio estratto dal giacimento petrolifero del Mar Caspio fino al porto turco di Ceyhan, che si trova sulle coste del Mar Mediterraneo. Da Ceyhan il petrolio viene spedito in petroliere al mercato europeo e l’Italia risulta essere l’importatore più grande di greggio dall’Azerbaigian.
L’ oleodotto Baku-Supsa (noto anche come Western Route Export Pipeline e Western Early Oil Pipeline) è lungo 833 chilometri e va dal terminale Sangachal vicino a Baku al terminale Supsa in Georgia. Trasporta petrolio dal giacimento Azeri-Chirag-Guneshli. Il gasdotto è gestito da BP.
Il gasdotto Trans-Anatolico o in sigla TANAP dall’inglese: Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline, in turco: Trans-Anadolu Doğalgaz Boru Hattı è un gasdotto che dall’Azerbaigian, attraverso la Georgia e la Turchia arriva in Europa. Fa parte della parte centrale del corridoio di gas meridionale che collega l’area di estrazione di Shah Deniz all’Europa con il Gasdotto sudcaucasico (SCP), con TANAP e con TAP.
Gli oleodotti passano attraverso lo stretto “Ganja Gap” (dal nome della seconda città più popolosa dell’Azerbaigian).
La relativa vicinanza dell’infrastruttura all’area di conflitto del Nagorno-Karabakh porterà prima o poi a farlo diventare un obiettivo se i combattimenti si intensificassero oltre il Nagorno-Karabakh.
Sebbene le esportazioni di petrolio azero siano considerevoli, 700.000 barili al giorno, la concorrenza potrebbero facilmente sostituirne i volumi che sono andati perduti, rifornendosi da altre parte visto l’eccesso di petrolio in questo periodo dovuto principalmente ai blocchi parziali ancora in atto a causa del Coronavirus.
Nella peggiore delle ipotesi in cui uno o più gasdotti venissero colpiti, l’Azerbaigian sarebbe gravemente colpito, data la sua forte dipendenza dalle vendite di idrocarburi.
Il petrolio e il gas rappresentano il 37% del PIL totale e l’80% delle esportazioni del paese. Il Paese sta già soffrendo a causa dei bassi prezzi dell’energia causati dalla pandemia di Coronavirus in corso.
Nel frattempo, entrambi i paesi si sono accusati a vicenda di bombardare obiettivi civili.
L’Azerbaigian afferma che le forze armene nel Nagorno-Karabakh hanno bombardato Ganja per interrompere il flusso di petrolio e gas.
Supponendo che ciò sia vero, le interruzioni avrebbero un effetto limitato.
È improbabile che i danni alle condutture si traducano in interruzioni a lungo termine poiché molto spesso l’infrastruttura può essere riparata rapidamente.
Gli atti di sabotaggio dei ribelli curdi in passato hanno interrotto i flussi di energia in Turchia, ma la maggior parte delle interruzioni non è durata più di una settimana.
Inoltre, è improbabile che l’Armenia prenda di mira questi gasdotti all’inizio del conflitto poiché rischia di provocare l’ira della Turchia e fornirle la scusa per intervenire.
Già notizie sui media internazionali hanno mostrato la presenza di soldati e materiale turchi in Azerbaigian.
Secondo il New York Times, diversi F-16 sono stati avvistati a Ganga, sicuramente appartenenti all’aviazione turca.
Il ministero della Difesa armeno ha riferito che uno dei suoi SU-25 è stato abbattuto da caccia di fabbricazione americana.
Inoltre, il Guardian ha confermato i rapporti dell’Osservatorio siriano dei diritti umani di 1.000 mercenari siriani reclutati e inviati in Azerbaigian attraverso la Turchia.
Il coinvolgimento siriano ha sgomento le leadership iraniane e russe.
Mosca e Teheran temono infiltrazioni e incursioni nel loro territorio una volta cessati i combattimenti.
Se la lotta dovesse intensificarsi ulteriormente, è chiaro che gli attori regionali potrebbero essere coinvolti in modo più diretto.
La Turchia ha già espresso un sostegno incondizionato all’Azerbaigian ed è l’unico paese che non chiede la riduzione dell’escalation e la ripresa dei colloqui.
Inoltre, le imminenti elezioni americane di novembre distraggono Washington, cosa che ha incoraggiato la Turchia e l’Azerbaigian.
Secondo alcuni analisti ben informati ipotizzano che i combattimenti nel Nagorno-Karabakh, i continueranno nonostante il recente cessate il fuoco.
L’Azerbaigian probabilmente continuerà la sua campagna militare fino a quando una quantità significativa di territorio non sarà riconquistata.
Inoltre, il cambiamento delle condizioni meteorologiche potrebbe avere un impatto come l’avvicinarsi dell’inverno.
Fino a quando non si troverà una soluzione diplomatica di successo, i combattimenti continueranno.
Per ora, rimane altamente improbabile che le forze armene cercheranno di colpire direttamente gli oleodotti nel “Ganja Gap” di proposito.
Tuttavia, se la guerra continua a intensificarsi, un attacco alle infrastrutture critiche di petrolio e gas non può essere completamente escluso.