(AGENPARL) – Roma, 27 aprile 2020 – Come è noto presso il Ministero dello Sviluppo economico opera la Divisione VI – Crisi d’impresa – che fornisce supporto al Segretario generale nelle seguenti attività; coordina la struttura per le crisi di impresa di cui al comma 852 art. 1 L. 27 dicembre 2006, n. 296; coordina le politiche e supporto per gli atti di sindacato ispettivo parlamentare nelle materie di competenza del Ministero in tema di crisi di impresa.
Il Ministero dello sviluppo economico mette a disposizione, attraverso la Struttura per le Crisi d’Impresa, strumenti per sostenere le aziende in difficoltà e i tavoli di lavoro sono presieduti dal Vice Capo di Gabinetto Giorgio Sorial;
Il Ministro Stefano Patuanelli è intervenuto il 20 novembre 2019 alla Camera dei Deputati per l’informativa sulle crisi aziendali esordendo «non posso dire che sia un piacere venire a riferire su situazioni di crisi aziendali e in generale sui tavoli di crisi al Ministero. Credo che nessun Ministro dello Sviluppo economico sia contento quando si apre un tavolo».
«Negli anni della crisi, 2008 e 2009 – ha proseguito il Ministro Patuanelli – il numero di imprese cessate ha sfiorato le 630 mila unità, anche se negli ultimi anni il tasso di mortalità delle imprese continua il trend di progressiva riduzione avviato a partire dal 2014».
Il Ministro ha posto l’accento sul fatto di alcuni imprenditori che non sono riusciti, e non riescono ancora oggi, a superare le difficoltà finanziarie e, in silenzio e nell’indifferenza generale, sono stati costretti a cessare l’attività imprenditoriale o, nei casi peggiori, hanno pubblicamente riconosciuto il temuto fallimento.
«Parimenti – ha proseguito il Ministro – sento il peso delle vite di quei lavoratori che a causa della crisi hanno perso il posto: non è facile gestire situazioni di questo genere perché significa dover fare quotidianamente i conti con l’esistenza di tanti cittadini e delle loro famiglie».
L’azione del Ministero dello Sviluppo economico è istituzionalmente orientata alla salvaguardia del patrimonio produttivo di tutte le imprese e, a fronte delle crisi, è concentrata a favorire la prosecuzione dell’attività e adottare ogni misura necessaria, anche in collaborazione con altri Ministeri, per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la tutela dei lavoratori; a proporre soluzioni che favoriscano il superamento di criticità economiche, finanziarie, organizzative, occupazionali; a favorire processi di reindustrializzazione; ad attenuare, in stretto raccordo con il Ministero del Lavoro, le conseguenze per i lavoratori attraverso l’introduzione di soluzioni come gli ammortizzatori sociali; a gestire il confronto informativo e negoziale tra le parti nei casi di Amministrazione Straordinaria.
«Passando all’analisi del dettaglio dei tavoli pendenti, si evidenzia che il numero di vertenze è pari a 149 ad oggi, in linea, purtroppo, con quello degli anni ultimi 5 anni» ha sottolineato il Ministro Patuanelli:
Numero di tavoli di crisi attivi MiSE | ||||||
Anni | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 |
N. TAVOLI DI CRISI | 160 | 151 | 148 | 165 | 144 | 149 |
«La maggior parte dei tavoli sono attivi da parecchi anni: in taluni casi anche più di 7 anni perché sono situazioni che necessitano di un tavolo permanente perché, a causa delle criticità del settore, richiedono interventi di carattere strutturale» ha dichiarato il Ministro Patuanelli che ha poi proseguito dicendo che «nello specifico, il Ministro ha riferito che soltanto che di questi 149 tavoli di crisi 102, pari al 68,5%, sono attivi da più di tre anni e 28 sono aperti da più di 7 anni».
«I tavoli permanenti rimangono molte volte aperti anche dopo la risoluzione della crisi che ha colpito l’azienda, anche per permettere alle parti sociali, alle istituzioni locali ed alle imprese di contare sul supporto del Ministero nella gestione ordinaria delle relazioni industriali, nonché per verificare il corretto utilizzo di eventuali strumenti agevolativi concessi e per eventuale ulteriore supporto istituzionale. I tavoli cessano di essere conteggiati tra i permanenti nei casi di cessione dell’attività produttiva, per il raggiungimento di un accordo che non richieda alcun monitoraggio, per esperita procedura, per il raggiungimento degli obiettivi di riorganizzazione o di stabilizzazione delle attività, per cessazione delle attività nonché per il cessare dei motivi per il quale sia stato aperto il tavolo, come nel caso di tavoli inerenti situazioni di fusione tra gruppi che possano comportare rimedi imposti dall’Antitrust che impattino le unità produttive o il perimetro occupazionale; a questi si aggiungono le crisi di natura temporanea».
«E’ evidente che c’è una narrazione per cui sono esplosi improvvisamente 149 tavoli di crisi, in realtà il dato medio degli ultimi 5-6 anni è di 151. Quindi mi sembra che, purtroppo, la gestione dei tavoli di crisi al Ministero dello Sviluppo economico denota questa costanza nel numero dei tavoli di crisi che accedono al Ministero non secondo una procedura ma perché vi è qualche soggetto tra le forze sociali, quindi i sindacati, gli enti locali o l’azienda stessa che chiedono un intervento del MISE per agevolare un processo di reindustrializzazione» ha sottolineato il Ministro.
«Oltre ai i tavoli di crisi aperti, nel periodo tra il giugno 2018 e il giugno 2019 presso il Ministero dello Sviluppo economico, quindi oltre al singolo tavolo della prima riunione, si sono effettuati circa 1.320 tra incontri preliminari, ristrette, plenarie inerenti varie situazioni di difficoltà di aziende e di tavoli di crisi. Quindi non tutte le riunioni che si fanno al MISE diventano un tavolo di crisi. Qualche volta anche con una riunione ristretta o con un singolo incontro preliminare si riesce a trovare una soluzione per la singola azienda e per il singolo caso».
«In molti di questi casi l’Amministrazione si è attivata supportando le regioni nella gestione di tavoli di crisi di competenza strettamente territoriale, in una modalità di proficua collaborazione mirata sia alla salvaguardia numero dei lavoratori sia ad altri aspetti di competenza del MISE».
«Esaminando le crisi da un punto di vista settoriale vi segnalo che oltre a quelli più noti, quali la siderurgia e l’automotive, vi sono anche gravi difficoltà per il tessile e la grande distribuzione organizzata».
«Su base regionale, il maggior numero di tavoli riguarda aziende con sedi o unità produttive prevalentemente ubicate in Lombardia (corrispondenti al 13,42% del totale), a seguire in Abruzzo (ossia il 7,38% del totale), Campania, Piemonte, Lazio e Toscana. Oltre naturalmente ai tavoli che hanno carattere nazionale per il numero di unità operative presenti sull’intero territorio».
Tavoli di crisi attivi nel novembre 2019 | ||
Regione | N. tavoli | Percentuale |
Abruzzo | 11 | 7,38% |
Basilicata | 1 | 0,67% |
Calabria | 4 | 2,68% |
Campania | 10 | 6,70% |
Emilia Rom | 8 | 5,36% |
Friuli V G | 4 | 2,68% |
Lazio | 9 | 6,04% |
Liguria | 3 | 2,01% |
Lombardia | 20 | 13,42% |
Marche | 4 | 2,68% |
Molise | 2 | 1,34% |
Piemonte | 9 | 6,04% |
Puglia | 8 | 5,36% |
Sardegna | 4 | 2,68% |
Sicilia | 3 | 2,01% |
Toscana | 9 | 6,04% |
Trentino | 3 | 2,01% |
Umbria | 6 | 4,02% |
Valle D’Ao | 0 | 0% |
Veneto | 6 | 4,02% |
Terr Naz | 25 | 16,77% |
Totale | 149 | 100% |
«Per quanto riguarda gli strumenti di sostegno alle impresa in difficoltà in uso presso il Ministero, per le grandi imprese in difficoltà la procedura di amministrazione straordinaria costituisce la misura principe di regolazione della crisi d’impresa alternativa al fallimento, con specifiche finalità di salvaguardia delle attività aziendali e dei livelli occupazionali delle grandi imprese insolventi, che motivano l’attribuzione della relativa vigilanza a questo Ministero».
«L’attività di vigilanza sulle procedure di amministrazione straordinaria trova il suo fondamento giuridico nelle disposizioni contenute nel decreto legislativo 270/1999 (c.d. Prodi bis) e nel decreto legge 347/2003 (c.d. Legge Marzano)».
«Il primo, che contiene una disciplina organica della procedura di amministrazione straordinaria, è stato emanato in riforma della c.d. Legge Prodi del 1979 (che per prima, aveva introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’amministrazione straordinaria), anche a seguito delle censure sollevate dalla Commissione europea sotto il profilo della compatibilità della stessa con la normativa in materia di aiuti di stato».
«Altro tema molto complesso molto spesso si chiede al MISE di attivare strumenti di incentivazione e di aiuto alle imprese e dopodiché dall’UE ci dicono che quello che stiamo facendo è un aiuto di Stato. Ritengo che su questo, in un momento di grande difficoltà economica, in cui l’UE è considerata il grande malato economico mondiale, schiacciato tra Cina e Stati Uniti, l’UE non suo complesso debba fare qualcosa di più, consentendo agli Stati membri di intervenire nelle aziende in crisi non considerando i sostegni degli aiuti di Stato lesivi della concorrenza di mercato».
«In generale, il bacino di riferimento della amministrazione straordinaria è costituito dalle imprese commerciali insolventi con non meno di 200 dipendenti per quanto riguardo la disciplina contenuta nel decreto 270/1999 (c.d. Prodi bis) e non meno di 500 dipendenti per le imprese commissariate in base alla legge Marzano (legge 347/2003), su tutto il territorio nazionale».
«Per quanto riguarda gli ambiti della cosiddetta legge Prodi, essa coinvolge oggi 124 Gruppi con circa 341 Società e per 4 di esse è ancora in corso la fase dell’esercizio d’impresa: si tratta delle procedure relative ai gruppi Selta, Pubbliservizi, Securpol e Stefanel».
«Per quanto riguarda la cosiddetta legge Marzano, sono interessati 29 Gruppi con circa 253 Società. Per 7 di esse è ancora in corso la fase dell’esercizio d’impresa: Mercatone Uno, Tosoni, Tecnis , Condotte, Blutec, oltre a Ilva e Alitalia».
«Con riguardo invece agli strumenti di incentivazione alle imprese volti al superamento di crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali, il Ministero può giungere, nell’ambito dello strumento dei contratti di sviluppo, alla sottoscrizione di specifici accordi volti al sostegno di programmi ritenuti di particolare rilevanza strategica, anche in ottica di risoluzione di particolari situazioni di crisi».
«Si tratta, nello specifico, di accordi di programma e accordi di sviluppo, riservati i primi a programmi di sviluppo di importo superiore a 20 milioni, ovvero 7,5 milioni per programmi riguardanti la trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, i secondi a programmi di sviluppo di importo superiore a 50 milioni, ovvero 20 milioni per i programmi riguardanti la trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli».
«La sottoscrizione di detti accordi consente un maggiore coinvolgimento delle amministrazioni locali (anche dal punto di vista finanziario) e l’attivazione di una procedura valutativa più celere».
«Ai fini della valutazione degli investimenti proposti, ed in particolare per l’individuazione del carattere strategico dei programmi presentati, è dato rilievo a tematiche ritenute prioritarie per lo sviluppo del tessuto produttivo nazionale, riconducibili, da una parte, all’innovatività (coerenza con il piano nazionale Industria 4.0), dall’altra alla capacità di attrarre investimenti e capitali esteri e di attivare occupazione incrementale».
«Altro importante strumento di agevolazione alle imprese che versano in situazioni di crisi è rappresentato dalla legge n. 181/1989, rivolta principalmente a quelle imprese ricadenti in aree di crisi industriale complessa, non complessa, nonché altre aree (es. terremoti Abruzzo e Centro Italia)».
«Con i decreti legge n. 83/2012 e n. 145/2013, si è provveduto al riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale, introducendo, tra gli altri, strumenti di sostegno quali i Progetti di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI) dedicati alle aree caratterizzate da recessione economica e da perdita occupazionale, riconosciute dal MISE aree di crisi industriale complessa».
«In particolare, l’articolo 27 del decreto legge n. 83/2012 prevede che, nei casi di situazioni di crisi industriali complesse con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, il MISE adotti Progetti di riconversione e riqualificazione industriale e demanda al Ministero il riconoscimento di situazioni di crisi industriale complessa, anche a seguito di istanza della regione interessata».
Per quanto riguarda le crisi aziendali che negli anni antecedenti al 2018 si sono chiuse negativamente il Ministro si è soffermato su alcune situazioni che negli anni antecedenti al 2018 non hanno avuto esito positivo «penso per esempio ai lavoratori di Almaviva, 1666 famiglie della sede di Roma, che il 1 ottobre 2016 aveva annunciato gli esuberi. Il tavolo convocato al MISE solo a dicembre 2016 non ha potuto evitare i licenziamenti; penso ai lavoratori del gruppo Canali, azienda con un marchio importante del Made in Italy nel tessile e nella moda, con insediamenti industriali in Abruzzo, Marche e Lombardia e 1200 addetti circa. Nel luglio del 2016 ha deciso la cessazione della linea di produzione di pantaloni nel sito di Gissi, in provincia di Chieti in Abruzzo e a novembre 2017 ha dapprima annunciato al tavolo di confronto MISE la chiusura del sito di Carate Brianza (MB) in Lombardia e poi proceduto sia alla cessazione dell’attività che al licenziamento collettivo per 133 dipendenti il 18 dicembre 2017».
«Ci sono altri casi come Ittierre, Mabro, Cantarelli, Kflex, l’azienda Carlo Colombo. Sono aziende come la Froneri e Ceme Spa. Casi che non hanno trovato risposta e che non possono trovare risposte sempre nonostante l’intervento tempestivo del MISE perché sono crisi di un mercato specifico o di una azienda che non ha saputo, in qualche modo, prevedere una crisi in arrivo e non ha saputo riorganizzarsi, nonostante l’intervento del MISE. Ministero che non ha mai il piacere di vedere un tavolo che si chiude in modo negativo che sia questo Ministro o che sia il Ministro precedente o quelli prima ancora. Credo che a qualsiasi forza politica appartenga un Ministro dello Sviluppo Economico che vede chiudere un’azienda certamente prova un grande senso di frustrazione per non aver potuto mettere in campo delle azioni attea salvaguardare quell’assetto produttivo e quei lavoratori».
«Ho voluto ricordare queste aziende, che sono solo alcune delle crisi che sono state chiuse negativamente negli scorsi anni, perché troppo spesso in questi giorni ho visto dibattiti televisivi incentrati sulle crisi aziendali odierne, quali casi unici e mai visti, ma purtroppo, da Ministro dello Sviluppo Economico devo constatare che molti di questi fenomeni si sono perpetrati per anni a danno di tutto il tessuto industriale del nostro Paese, con in molti casi, responsabilità dirette della politica su licenziamenti e chiusure, fallimenti e cessazioni che purtroppo non hanno avuto soluzione alcuna, nemmeno quella di garantire un reddito ai lavoratori che impattavano».
«Questa è la situazione, ma voglio rappresentarvi anche i nostri obiettivi futuri che intendiamo perseguire con azioni di breve e medio periodo. Oltre alle modifiche che hanno riguardato la struttura di crisi e la necessità di adottare specifiche procedure per i tavoli di crisi (cui ho fatto cenno nella prima parte del mio intervento), altre importanti novità sono state previste dai recenti interventi normativi in tema di imprese in crisi. Il decreto legge n. 34/2019 (c.d. Decreto Crescita) ha previsto interventi specifici per facilitare i processi di risanamento di imprese che versano in situazioni di difficoltà».
«In particolare, nei casi in cui l’azienda si trova in uno stato di difficoltà e l’imprenditore ha intenzione di cedere o delocalizzare l’attività, con la contestuale perdita dei posti di lavoro sul territorio, è stato introdotto un apposito Fondo di sostegno per la prosecuzione dell’attività di impresa con interventi, a condizioni di mercato, nel capitale di rischio dell’impresa. Nell’attuale formulazione normativa, la misura mira soprattutto alla valorizzazione dei marchi storici di interesse nazionale e alla contestuale tutela dei livelli occupazionali delle imprese in difficoltà titolari di detti marchi. Vi preannuncio però che è allo studio la revisione del detto Fondo di sostegno che vorremmo estendere alla generalità delle imprese che oggi popolano i tavoli di crisi presso il MISE, fermo restando la tutela dei titolari di marchi storici iscritti nell’apposito registro (per i quali verranno preservate condizioni privilegiate di accesso) e la necessità di individuare limiti dimensionali di accesso al fondo in coerenza con le risorse al momento in dotazione (30 milioni di euro per il 2020). Puntiamo a presentare a tal fine un emendamento già in legge di bilancio per rendere operativo il fondo già a partire dai primi mesi del nuovo anno».
«Sempre nell’ambito del decreto Crescita, è stata prevista, all’articolo 29, comma 3, la revisione, con decreti del MISE, della disciplina attuativa degli interventi per le aree di crisi industriale, improntata alla semplificazione e accelerazione delle procedure di accesso, concessione e erogazione delle agevolazioni, nonché all’incremento dell’efficacia degli interventi. L’obiettivo è quello di assicurare la piena accessibilità agli interventi per l’incentivazione delle attività imprenditoriali e il contenimento degli oneri amministrativi e finanziari a carico delle imprese beneficiarie».
«In tal senso abbiamo già emanato il DM attuativo della disposizione quanto alle agevolazioni di cui alla citata legge n. 181/1989 in favore di programmi di investimento finalizzati alla riqualificazione delle aree di crisi industriali».
«Le novità introdotte sono finalizzate principalmente: alla riduzione della soglia minima di ammissibilità per progetto da 1,5 a 1 milione di euro; l’inclusione delle reti d’impresa fra i soggetti ammissibili; l’inclusione delle spese per la formazione del personale tra quelle ammissibili; la semplificazione delle procedure di valutazione dei progetti; all’introduzione di un fast track per i progetti ad elevato impatto occupazionale; l’estensione del cumulo delle agevolazioni all’intervento del Fondo di garanzia per le PMI».
«I nuovi bandi verranno pertanto disciplinati dalle nuovi disposizioni più favorevoli alle imprese sia in termini di accesso alla procedure sia in termini di intensità di incentivi».
«I recenti interventi normativi hanno interessato anche il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, la cui finalità precipua è quella di favorire l’accesso al credito da parte delle PMI mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali portate dalle imprese».
«Mi riferisco, nello specifico, all’articolo 1 del decreto Semplificazione che ha previsto l’istituzione di una sezione speciale del Fondo di Garanzia, con una dotazione finanziaria iniziale di 50 milioni di euro, dedicata alle PMI, incluse quelle operanti nel settore edile, che si trovano in difficoltà nella restituzione delle rate di finanziamenti contratti con banche e intermediari finanziari e sono titolari di crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione: attraverso questa sezione del Fondo è lo Stato a farsi carico della garanzia per i ritardi della PA».
«L’efficacia della predetta misura è condizionata alla preventiva notifica alla Commissione Europea, ai sensi dell’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’UE, in conformità alla normativa sugli aiuti di Stato».
«Per quanto riguarda l’accesso al credito, credo sia fondamentale l’istituzione della banca pubblica per gli investimenti che dovrà garantire alle nostre imprese in difficoltà l’accesso al credito privilegiato».
«Al fine di poter incidere in maniera più efficace sulla gestione e sulla risoluzione delle crisi aziendali proporrò nei prossimi giorni una serie di ulteriori strumenti, che si vanno ad aggiungere a quelli varati in questi mesi ed alla strumentazione a legislazione vigente:
il rafforzamento della collaborazione tra le strutture ministeriali e Invitalia in considerazione del riconosciuto ruolo di gestore delle agevolazioni a favore di imprese e di supporto tecnico e operativo per l’attuazione degli accordi di programma dei progetti finanziati dall’Unione europea, con l’obiettivo di una più efficace e tempestiva gestione delle risorse; vale a dire, che c’è troppa lentezza tra il momento in cui l’accordo di programma con l’investimento correlato viene passato ad Invitalia e il momento in cui quell’investimento diventa effettivo;
il potenziamento della collaborazione con Unioncamere e di tutta la rete camerale cui verranno affidate, in virtù della radicata conoscenza del territorio, specifiche competenze in tema di supporto tecnico e informativo del Ministero nella gestione delle crisi d’impresa, anche in considerazione delle funzioni attribuite alle camere di commercio nell’ambito dei nuovi sistemi di allerta e gestione assistita delle crisi di imprese (OCRI);
la definizione di un accordo quadro tra Ministero e regioni (attraverso il supporto della Conferenza Stato-Regioni) per la definizione di unità di crisi regionale in ciascuna delle regioni italiane e delle province autonome, che operino in coordinamento con la Struttura del Ministero dello Sviluppo Economico;
l’introduzione di misure in grado di favorire l’attrazione di investimenti esteri mirati ai territori e alle imprese in crisi».
Fin qui il discorso del Ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Leggendo attentamente quanto esposto dal Ministro avrei qualche quesito da esporre:
1) Sarebbe interessante conoscere, ma soprattutto avere delle risposte dal Ministero dello sviluppo economico in riferimento ad esempio al caso Manitalidea Spa, attualmente in amministrazione straordinaria, che a mio avviso potrebbe essere emblematico per elaborare una strategia che serva a trovare degli strumenti idonei affinchè grandi gruppi industriali non vengano espropriati delle loro aziende.
2) Sarebbe interessante conoscere tutte le iniziative messe in atto dal Mise per il rilancio delle aziende in crisi durante gli incontri e i tavoli aperti.
3) Sarebbe interessante capire le valutazioni del MISE in merito alla formula attuata per il caso della Banca Popolare di Bari, dove alla nomina commissariale è seguita una rapida nomina di un DG del settore e se ancora il Ministero intenda estenderla alle altre situazioni che vedono aziende in crisi.
4) Sarebbe utile ed interessante conoscere se il MISE intenda proseguire, in un periodo di crisi e di forti tensioni sociali legati ai livelli occupazionali del dopo COVID-19, sulla strada finora intrapresa che vede gruppi industriali “complessi” gestiti da commercialisti e avvocati “sorteggiati dal Mise” che spessissimo hanno dimostrato di non possedere alcuna esperienza gestionale e che di fatto hanno portato all’immobilismo economico e finanziario le strutture amministrate e questo anche nell’attribuzione di semplici commesse, peraltro già aggiudicate.
5) Sarebbe interessante conoscere le iniziative messe in atto da parte del MISE per rimuovere le situazioni di stallo operativo che stanno ostacolando i percorsi di ristrutturazione e di rilancio delle aziende in crisi.
6) Sarebbe interessante conoscere quali misure del MISE sono state messe finora in campo per favorire l’attrazione di investimenti esteri mirati ai territori e alle imprese in crisi.
7) Sarebbe interessante conoscere quali soluzioni costruttive sono state intraprese dal MISE per dare continuità industriale alle aziende in crisi come ad esempio la Semitec SRL, ivi comprese la riconversione delle sedi industriali, come ad esempio la produzione di mascherine chirurgiche monouso Made in Italy e quindi reimpiegando tutti i dipendenti attualmente in CIG zero ore, permettendo in questo modo la prosecuzione dell’attività industriale e non gravando sulle casse dello Stato.
8) Sarebbe interessante conoscere quanti tavoli aperti e incontri al MISE hanno prodotto come unica soluzione quella degli ammortizzatori sociali per le aziende in crisi.
9) Sarebbe interessante conoscere quali iniziative sono state adottate dal MISE per contrastare il desolante quadro normativo che ostacola di fatto gli investimenti in Italia nel settore delle aziende in crisi.
10) Sarebbe interessante conoscere quali controlli finora sono stati effettuati dal Ministero dello Sviluppo economico – che subentrando al giudice delegato nei poteri di controllo e di autorizzazione degli atti della procedura della amministrazione straordinaria – visto che ha il compito di vigilare sulla procedura stessa magari evitando che il past management che ha portato l’azienda in crisi esca dalla porta e rientri dalla finestra grazie ai commissari nominati dal Mise stesso.
Attendo fiduciosa.