
(AGENPARL) – Roma, 13 marzo 2020 – Oggi il settimanale tedesco «Der Spiegel» pubblica un’intervista al Ministro federale dell’economia, Peter Altmaier, secondo il quale «non esclude la nazionalizzazione temporanea delle società».
In sostanza il Ministro tedesco vuole evitare l’imminente recessione causata dall’epidemia Coronavirus.
Il ministro federale dell’economia Peter Altmaier (CDU) non esclude la partecipazione statale a società strategicamente importanti che sono in difficoltà a causa della crisi della Coronavirus. Altmaier ha detto a SPIEGEL di aver già menzionato questa opzione nella sua strategia industriale, come ad esempio quando si trattava di aziende provenienti da aree altamente sensibili.
Al momento, tuttavia, vede «nessun gran numero di nazionalizzazioni» arrivare nel paese. Altmaier vuole anche fornire sostegno statale all’industria farmaceutica, che fornisce molti ingredienti attivi dall’Asia, in modo da poter ristabilire i siti di produzione in Europa.
Il ministro degli Affari economici non si aspetta molto sostegno dalla Banca centrale europea per gli aiuti all’economia a causa dei già bassi tassi di interesse. Altmaier vuole attenersi allo zero nero nel bilancio federale, nonostante i programmi di aiuto che valgono miliardi.
Già qualche giorno fa in un articolo ho sollevato la questione della nazionalizzazione delle imprese in crisi, scrivendo che dopo l’epidemia Coronavirus per far ripartire l’Italia bisogna nazionalizzare le aziende in crisi presenti ai 150 tavoli del MISE, sbloccare i bandi e quindi dare commesse e lavoro alle aziende, ma soprattutto dobbiamo tornare allo Stato imprenditore con la ricostituzione dell’IRI.
Non occorrono grandi economisti come Adam Smith che individua l’origine della ricchezza delle nazioni non nella disponibilità di metalli preziosi ma nella produzione agricola e manifatturiera.
E’ chiaro che un paese non è ricco perché dispone di tanto oro ma è ricco perché produce grano e manufatti. Sono le quantità di merci prodotte e disponibili per il consumo – cioè il prodotto interno lordo (PIL)– la vera causa e la vera misura del benessere economico. Ne segue che una nazione può accrescere la sua ricchezza solo se produce quantitativi maggiori di beni ovvero solo se le sue attività produttive diventano più efficienti.
Ma quali sono i fattori che stimolano l’efficienza produttiva? La risposta di Smith a questa domanda è precisa e intelligente: oltre all’impiego di mezzi di produzione che consentono di risparmiare lavoro, il fattore che più di tutti rende la produzione efficiente è la specializzazione produttiva. La specializzazione produttiva genera efficienza a livelli diversi, al livello dei singoli individui così come al livello delle imprese e di intere nazioni.
Gli analisti prevedono ora che l’Eurozona, come minimo, si stia dirigendo verso una recessione economica e – giustamente – la Germania sta prendendo gli opportuno provvedimenti.
E quale è la risposta italiana alla probabile recessione economica?
La risposta finora è nel numero delle fabbriche comprate dagli stranieri, nei settori produttivi dai quali siamo stati virtualmente espulsi «spintaneamente» dall’Europa, dal numero delle aziende che i suddetti hanno acquistato dallo Stato (Gs, Telecom, Ilva, Alitalia, ecc) per lo più a prezzo di saldo e che sotto la loro «illuminata» guida hanno condotto al disastro. Naturalmente senza mai rimetterci un soldo di tasca propria.
Per questo motivo va rimesso in campo uno strumento formidabile per il nostro sistema economico che è quello dell’IRI.
Non si può continuare a proseguire verso un futuro incerto e parolaio in materia di piani industriali e di rilancio delle aziende specie quelle in crisi.
Al MISE ci sono ben 150 tavoli aperti che – con molta probabilità – non approderanno a nulla in quanto non ci saranno risposte concrete.
Il Governo e il Mise dovrebbero riflettere seriamente e correre ai ripari perché in questa logica del «apriamo i tavoli, prendiamo il caffè e ci vediamo alla prossima riunione» non andiamo da nessuna parte. L’unica strada è quella della nazionalizzazione delle imprese in crisi.
E’ chiaro che in questa situazione dell’ormai noto «Festival delle chiacchiere» gli investitori e gli imprenditori continuano a scappare dall’Italia perché non ci sono le condizioni neanche normative per investire in Italia e la sola prospettiva è quella di chiudere le aziende.
Impensabile che in Italia l’unica soluzione è quella di aprire gli ammortizzatori sociali per le aziende in crisi anzichè dargli prospettive di poter lavorare facendole uscire dalla crisi salvaguardando i livelli occupazionali.
Ma ci vuole tanto a capirlo?