
(AGENPARL) – Roma, 01 marzo 2020 – Le nostre società sono intensamente interconnesse e la campagna in servizio permanente effettivo dei media sensazionalisti significa che questa «esagerazione» può tradursi in isteria di massa e paura nei mercati. In poche parole tutta la situazione può avere un impatto tangibile sull’economia mondiale.
I prezzi del petrolio sono crollati, i mercati azionari sono diminuiti ed hanno toccato livelli simili alla crisi finanziaria del 2008 con il Dow Jones che ha registrato picchi storici durante i giorni della pandemia.
Tutta la situazione odierna è stata causata dalla diffusione del coronavirus dalla Cina alla Corea del Sud, all’Italia, all’Iran e al Giappone. Ma poiché questa diffusione continua, c’è un fattore chiave che sembra mancare agli osservatori dei mercati e alla politica: la più grande minaccia ai mercati al momento non è un’epidemia di malattia ma un’epidemia di isteria.
I governi e le istituzioni mediche stanno reagendo, come dovrebbero, per prevenire uno scenario peggiore. Ma per società e mercati reagire allo stesso modo non è né logico né salutare.
Ad esempio, l’OMS ha recentemente aumentato il rischio globale dell’epidemia di coronavirus a “molto alto”, un fatto che si è diffuso nei media come gli incendi. Allo stesso tempo, il capo dell’OMS ha sottolineato che le maggiori sfide da superare erano la paura e la disinformazione. È questa paura e disinformazione che sta guidando gran parte del sentimento negativo nei mercati globali.
Un altro modo in cui i media diffondono questa paura è riportare il numero di morti e casi senza contesto: i casi sono 86,022 mentre i decessi sono 2,942.
Tuttavia, rispetto alla mortalità annuale globale di altre malattie, il numero di decessi totali è relativamente insignificante: morbillo 140.000 morti; influenza: 650.000 morti; tubercolosi 1,5 milioni di morti; gastroenterite infettiva: 1,8 milioni di morti.
Immaginiamo per un momento se tutte le prime pagine dei quotidiani nazionali riportassero la notizia dei morti per influenza, così come l’età delle vittime. Immaginiamoci lo shock.
Un punto da capire è quello del nesso tra i decessi causati dall’epidemia e i decessi causati dalla stagnazione economica.
La povertà è il maggiore determinante della salute e la crescita economica è lo strumento più potente per ridurre la povertà.
Questo non è un gioco a somma zero e sarà un calcolo che tutti Governi ed in particolare il governo cinese dovranno fare quando la situazione tornerà alla normalità e le loro popolazioni torneranno alla vita quotidiana e quindi al lavoro.
È probabile che i mercati azionari fossero in una bolla già all’inizio del 2019 e il coronavirus potrebbe essere stato l’evento del «cigno nero», la teoria che descrive un evento non previsto, che ha effetti rilevanti e che a posteriori viene razionalizzato inappropriatamente e giudicato prevedibile.
Per quanto riguarda i mercati petroliferi, al momento ci sono molte notizie al ribasso, con un eccesso di offerta di petrolio, la Russia che cerca di lasciare l’accordo OPEC + e la produzione di petrolio libica pronta a tornare operativa. Ed infine, la domanda cinese è senz’altro calata nel primo trimestre, dalle raffinerie alle importazioni, ed è stata colpita duramente.
In tale contesto è evidente che un crollo del prezzo del petrolio era del tutto giustificato.
La domanda a questo punto è: quanto tempo ci vorrà per far ripartire l’economia mondiale ed in particolare quella italiana?
Concludo con un suggerimento. Il World Economic Forum stima che l’industria delle telecomunicazioni sbloccherà più di 10 trilioni di dollari di valore per cinque delle industry chiave nel prossimo decennio: Media, Automotive, Logistica, Energia, Consumer. Il contributo dell’industria mobile al PIL globale nel 2016 è di 4,2% ed i posti di lavoro direttamente creati dall’industria mobile entro il 2020 saranno 20 milioni.
L’Italia è totalmente immersa in un nulla cosmico. A questo Paese servono esponenti di Governo che provengano dal mondo della cultura.
Scrive Hannah Arendt che «una crisi di trasforma in un disastro quando la si affronta con giudizi preconfezionati, cioè imbevuti di pregiudizi». È quello che da tempo succede in Italia sulle questioni nazionali più importanti.