
Il concetto di Compassione non è semplicemente un’esortazione morale nel percorso massonico, ma un vero e proprio catalizzatore per la trasformazione iniziatica. L’analisi promossa e condivisa nell’allocuzione del Gran Maestro Fabio Venzi della Gran Loggia Regolare d’Italia, eleva il dibattito etico a un livello metafisico, attingendo al Mitleid di Arthur Schopenhauer e alla saggezza profonda delle filosofie orientali, in particolare la Via del Bodhisattva.
La Compassione: Dall’etimo classico all’etica metafisica
Il termine Compassione (cum patior, “soffrire con”) denota l’immediata partecipazione e solidarietà verso il dolore altrui. La sua storia filosofica è stata complessa:
- Valutazioni negative e razionaliste: Nel pensiero occidentale, la Compassione è stata spesso vista con sospetto. I Sofisti la usavano come strumento di persuasione, mentre figure come Aristotele la intendevano come pietà per un male non meritato. Il razionalismo, in particolare con Cartesio e Spinoza, la bollò come una passione degradante, una debolezza dell’anima che sottraeva l’individuo al dominio della Ragione. Anche Kant, pur sostenendo il dovere d’aiuto, rifiutò la Compassione come fondamento dell’etica, preferendo l’Imperativo Categorico astratto.
- Riscoperta emotiva: Solo con pensatori come Rousseau la Compassione venne riabilitata come un principio pedagogico fondamentale, che spinge l’uomo fuori di sé (“Ce n’est pas dans nous, c’est dans lui que nous souffrons”) e consente l’identificazione con l’altro.
- Elevazione cristiana: Il Cristianesimo la integra come Misericordia, componente essenziale della Carità (agápē), intesa da Tommaso d’Aquino come un “dispiacere per la sofferenza altrui” (Miserum cor super miseria alterius) derivante dall’amore per il prossimo.
Arthur Schopenhauer e l’apertura all’Oriente
Schopenhauer fu il primo pensatore occidentale a integrare sistematicamente le Tradizioni Indiane (Upanishad e Vedānta) e il Buddhismo nella sua metafisica, riconoscendole come la “sapienza originaria dell’uman genere” e la consolazione della sua vita. Questa influenza fu cruciale per il suo radicale rovesciamento etico.
La realtà come illusione e dolore
Il fulcro della metafisica schopenhaueriana è pessimista:
- La volontà (Wille): Il mondo in sé (noumeno) è un’unica, cieca, infinita, e irrazionale Volontà di Vivere. Questa forza cosmica spinge l’uomo in un ciclo perpetuo di desiderio insoddisfatto, che è la fonte di ogni Dolore.
- Il Velo di Maya: Il mondo come lo percepiamo (fenomeno) è una rappresentazione ingannevole, il Velo di Maya. Tale illusione è strutturata dalle forme a priori di Spazio, Tempo e Causalità.
- Il pendolo dell’esistenza: La vita umana è condannata a oscillare come un pendolo tra il Dolore (quando la volontà è ostacolata e il desiderio non è soddisfatto) e la Noia (quando il desiderio è soddisfatto e subentra la stasi). L’esistenza è intrinsecamente tragica, immersa nel dolore e destinata al non-appagamento.
L’etica del Mitleid: La via per il Nirvana
In questo scenario cosmico di sofferenza, l’etica non può fondarsi sulla ragione, ma su un sentimento puro e disinteressato: il Mitleid (Compassione/Pietà).
- Identificazione genuina: La Compassione è l’unica esperienza che permette all’individuo di superare l’egoismo e il principium individuationis (il principio che separa gli individui l’uno dall’altro nello spazio e nel tempo).
- Conoscenza dell’unità: Il Mitleid è una forma di conoscenza immediata (in concreto, vulgo sentimento) che rivela la verità metafisica profonda: la distinzione tra me e l’altro è mera apparenza. L’identità tra l’essere che soffre e l’essere che patisce è espressa dall’antico motto Vedānta: “Tat Tvam Asi” (tu sei questo).
- Base morale: Solo l’azione scaturita dalla Compassione ha valore morale autentico, poiché l’individuo, facendo suo il dolore universale, non agisce per motivi egoistici o astrattamente razionali, ma per un’identificazione ontologica. Questa è la via per la negazione della Volontà di Vivere e l’accesso al Nirvana—il nulla per chi è ancora nella volontà, ma la liberazione dal reale per chi l’ha rinnegata.
La Massoneria sulla «Via del Bodhisattva»
L’accostamento tra l’etica schopenhaueriana/buddhista e il percorso iniziatico massonico è estremamente suggestivo e conferisce un’intensa profondità all’impegno del Libero Muratore.
L’iniziato come Bodhisattva
Il concetto di Bodhisattva (l’essere che rinuncia al Nirvana per aiutare tutti gli altri esseri senzienti a liberarsi) fornisce il modello spirituale per l’azione massonica:
Concetto Orientale/Schopenhauer | Corrispondenza Massonica | Significato Iniziatico |
Velo di Maya / Princ. Individuationis | Lo stato di profana ignoranza e egoismo | La condizione da superare per vedere la vera luce. |
Mitleid / Karuṇā (Compassione) | La Carità e la Fratellanza Universale | Il dovere primario del Muratore di “soffrire con” e assistere l’umanità sofferente. |
Tat Tvam Asi (Tu sei Quello) | Il riconoscimento dell’Unità Essenziale tra i Fratelli | La consapevolezza che siamo manifestazioni di un’unica Volontà (o Grande Architetto dell’Universo). |
Nirvana / Negazione della Volontà | Il Perfezionamento Spirituale e la serenità interiore | La meta ultima di liberazione dalle passioni e dall’attaccamento egoistico. |
L’ortoprassi e il Rito Massonico
Schopenhauer definisce la sua filosofia, analogamente al Buddhismo, come un’ortoprassi, un insieme di pratiche che conducono alla rettitudine. Allo stesso modo, il rituale massonico e il lavoro in Loggia non sono teorie astratte, ma strumenti concreti per l’applicazione della Compassione. Il rito è un fare che plasma l’essere:
- Dalla speculazione all’azione: Il Massone impara a costruire simbolicamente la propria umanità. L’identificazione iniziatica nel rito serve a rimuovere le barriere del principium individuationis (l’ego profano).
- Il quietivo della volontà: La pratica costante della Fratellanza e della Carità (l’alleviamento del dolore altrui) agisce come un quietivo della propria Volontà di Vivere egoistica, trasformando il Muratore in un agente attivo di giustizia e altruismo.
- La virtù come conoscenza: Come sostiene Schopenhauer, “Chi è virtuoso… non fa che tradurre la mia metafisica in azioni.” La virtù del Massone non è un obbligo imposto, ma la manifestazione esteriore di una Conoscenza Interiore che riconosce l’identità fondamentale di sé in ogni altro essere umano.
In sintesi, l’allocuzione del Gran Maestro Fabio Venzi pone la Compassione come l’asse portante dell’etica massonica, non in termini superficiali, ma come un imperativo metafisico di liberazione, che spinge l’iniziato a percorrere una Via del Bodhisattva occidentale: ritardare il proprio perfezionamento isolato per servire la Causa universale della mitigazione del dolore e dell’elevazione dell’Umanità.


L’importanza dell’evento è stata sottolineata dalla presenza di un rappresentante della United Grand Lodge of England (UGLE), che ha espresso la sua soddisfazione per aver assistito ai Lavori Rituali.

L’ufficializzazione del reciproco riconoscimento tra la Gran Loggia Regolare d’Italia (GLRI), guidata dal Gran Maestro Fabio Venzi (a destra), e il Rito Scozzese Antico ed Accettato (RSAA), il cui Supremo Consiglio è presieduto dal Sovrano Gran Commendatore Andrea Roselli (a sinistra)
