
(AGENPARL) – ROMA gio 16 marzo 2023
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15 febbraio 2023
Studi – Agricoltura
Tutela della qualità dei prodotti agroalimentari
La tutela della qualità delle produzioni agroalimentari rappresenta per l’Italia uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro Paese si distingue in Europa per il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi tentativi di contraffazione. La qualità dei prodotti agroalimentari costituisce un tema di crescente interesse sul quale si concentra l’attenzione dei consumatori e, di riflesso, l’attenzione delle istituzioni attraverso iniziative di informazione, promozione e tutela.
In ambito europeo, con riferimento ai prodotti a denominazione di origine controllata, si fa presente che è in corso di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio una proposta di Regolamento (2022) COM 134 che ha ad oggetto la revisione del vigente Regolamento UE n. 1151 /2012.
La disciplina sull’etichettatura dei prodotti e sulle conseguenti informazioni ai consumatori costituisce un aspetto fondamentale della tutela sulla qualità del prodotto; essa è disciplinata da diverse fonti di derivazione europea e nazionale
A livello europeo una delle principali fonti normative è costituita dal Regolamento (UE) n. 1169/2011, del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, relativo alle informazioni sugli alimenti ai consumatori. Tale Regolamento ha confermato un principio già precedentemente vigente ossia quello che l’indicazione del luogo d’origine o provenienza è obbligatoria solo se la relativa omissione può indurre in errore il consumatore circa la stessa origine e provenienza.
Con riferimento all’indicazione in etichetta dell’origine del prodotto l’impostazione fino a pochi anni fa prevalente in sede europea tendeva a ritenere incompatibile con il mercato unico la presunzione che vi fosse una particolare qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di un prodotto alimentare, in quanto discriminatorio degli altri Stati membri. In base a tale principio si ritiene che se due prodotti provenienti da Paesi europei diversi non presentano alcuna differenza sul piano merceologico, chimico e organolettico, non vi è alcuna necessità di indicarne l’origine in quanto questa non sarebbe un’indicazione necessaria. Fanno eccezione solo i prodotti a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione di provenienza protette (IGP) per i quali l’indicazione della provenienza costituisce un fondamentale elemento del disciplinare di produzione e quindi cella particolare qualità del prodotto stesso.
Con il successivo Regolamento di esecuzione UE n. 2018/775 della Commissione, in vigore a decorrere dal 1° aprile 2020, sono state dettate specifiche disposizioni applicative dell’art. 26, paragrafo 3, del suddetto Regolamento UE n. 1169 del 2011 relative all’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento, quando non sia lo stesso di quello indicato per l’alimento per il quale risulta obbligatoria l’indicazione di origine.
L’indicazione di origine di un alimento in etichetta costituisce, in effetti, un aspetto determinante dello stesso alimento al punto da poter condizionare la scelta del consumatore nell’acquisto di un prodotto anziché di un altro. La precisazione della sua origine, infatti, rappresenta un elemento fortemente correlato con la sua qualità ma anche con la scelta del consumatore ben potendo determinare sia l’effetto premiante in favore di determinate filiere considerate più rigorose da un punto di vista della sicurezza alimentare, sia l’aspetto discrezionale che può orientare lo stesso consumatore in una scelta di carattere etico o ambientale (preferendo, ad esempio, un alimento a chilometro zero).
L’UE ha recepito, sia pur con alcuni limiti, queste tendenze promuovendo la valorizzazione delle produzioni di qualità ed individuando questo come fattore competitivo, in grado di collocare l’agricoltura europea in una posizione più forte nella sfida generata dai processi di globalizzazione dei mercati. Le caratteristiche qualitative e la tipicità delle produzioni legate alle tradizioni e alla cultura di specifici territori costituiscono quindi un aspetto per il successo competitivo delle stesse produzioni.
A livello nazionale, il nostro legislatore ha da sempre attribuito grande rilievo alla possibilità di indicare obbligatoriamente l’origine nazionale della produzione agroalimentare, ai fini della tutela della qualità e dell’autenticità del prodotto stesso. In tal senso, ha emanato numerose disposizioni tese a raggiungere tali finalità nonostante l’orientamento non sempre favorevole- come sopra sottolineato – dell’UE.
La legge n. 4 del 3 febbraio 2011, recante “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”, poi modificata dall’art. 3-bis del decreto legge n. 135 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge di 11 febbraio 2019 n. 12, ha disposto l’obbligo agli art. 4 e 5 per i prodotti alimentari commercializzati, trasformati parzialmente trasformati o non trasformati di riportare nell’etichetta anche l’indicazione del luogo di origine o di provenienza.
Secondo la predetta legge, per i prodotti alimentari trasformati, l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata nella preparazione e nella produzione dei prodotti. Le modalità applicative della citata legge n, 4 del 2011 sono state demandate a decreti interministeriali che hanno individuato quali prodotti alimentari sono assoggettati all’etichettatura di origine (art. 4, comma 3).
A seguito delle modifiche apportate all’articolo 4 della legge 4 del 2011, dal citato decreto legge n. 135 del 2018, si prevede che:
– è obbligatorio riportare nell’etichetta dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati e non, l’indicazione del luogo di origine o provenienza e, in conformità alla normativa europea l’eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia la presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare;
– per i prodotti non trasformati, l’indicazione del luogo di origine riguarda il Paese di produzione dei prodotti. Per i prodotti alimentari trasformati, l’indicazione riguarda il luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalente;
– con decreti interministeriali, acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti, previa notifica alla Commissione europea sono definite le modalità per l’indicazione obbligatoria e per la tracciabilità dei prodotti agricoli che provengono dal territorio nazionale;
– con i suddetti decreti, sono, inoltre, definiti relativamente a ciascuna filiera i prodotti alimentari soggetti all’obbligo di indicazione nonché il requisito della prevalenza della materia prima agricola utilizzata nella preparazione;
– le regioni sono chiamate a disporre di controlli sull’applicazione delle disposizioni richiamate, salve le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
– per quanto riguarda le sanzioni, si fa rinvio a quelle (amministrative pecuniarie) disposte dal decreto legislativo n. 231 del 2017 che reca “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del Regolamento UE 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento UE n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE”.
Nello stesso ambito di applicazione è poi intervenuto il sopra citato Regolamento di esecuzione UE 2018/775 e, quindi, il decreto ministeriale 7 maggio 2018 (che ha avuto tra gli altri lo scopo di legare la fine dell’efficacia dei suddetti decreti alla data di inizio di applicazione del regolamento UE 2018/775 prevista, come prima evidenziato, per il 1° aprile 2020).
E’ stata inoltre emanata la circolare del Ministero dello sviluppo economico 23 aprile 2020 n. recante “Misure temporanee di supporto alle imprese per l’attuale fase di emergenza da Covid-19, con riferimento ai nuovi obblighi di etichettatura alimentari”.
Successivamente è intervenuto il decreto ministeriale 1° aprile 2020, il quale ha prorogato le suddette disposizioni obbligatorie di indicazioni dell’origine in etichetta, del grano duro, delle paste di semola di grano duro, del riso e dei derivati del pomodoro sino al 31 dicembre 2021.
E’ stato, inoltre, emanato il decreto interministeriale 19 novembre 2020, recante “Forma di presentazione e condizioni di utilizzo del logo nutrizionale facoltativo complementare alla dichiarazione nutrizionale in applicazione dell’articolo 35 del regolamento (UE) 1169/2011”, il quale non si applica agli alimenti confezionati in imballaggi o in recipienti la cui superficie maggiore misuri meno di 25 cm e ai prodotti DOP IGP e STG di cui al Regolamento (UE) n. 1151/2012.
Più di recente, il decreto interministeriale n. 680636 del 28 dicembre 2021, pubblicato nella G.U. dell’8 febbraio 2022, ha prorogato al 31 dicembre 2022, il termine di efficacia dei regimi sperimentali delle indicazioni di origine da riportare nelle etichette con riferimento alle seguenti categorie merceologiche: riso, paste alimentari di grano duro, derivati del pomodoro, latte e prodotti caseari e carni suine.
Si ricorda, poi, che l’art. 43, commi 7-bis e 7-ter del decreto-legge n. 76 del 2020, cosiddetto semplificazioni (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020) ha introdotto la facoltà per le aziende agrituristiche e per taluni esercizi di somministrazione di cibi e bevande, di porre in rilievo – in particolare nella lista delle vivande – il luogo di produzione dei prodotti agricoli e alimentari somministrati e delle materie prime impiegate.
ultimo aggiornamento: 15 febbraio 2023
L‘etichettatura dei prodotti dell’agricoltura biologica è disciplinata dal Regolamento UE 2018/848, che ha abrogato e sostituito il precedente Regolamento CE n. 834/2007 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 2022.
Il precedente Regolamento n. 834 del 2007, aveva dettato, rispetto al passato, una definizione più unitaria di agricoltura biologica migliorandone, specie in tema di sicurezza alimentare e controlli, l’armonizzazione normativa.
Il citato Regolamento 2018/848 si prefigge di rivedere e rafforzare le regole dell’UE sulla produzione biologica e sull’etichettatura dei prodotti biologici anche con riferimento ai sistemi di controllo, ai regimi di scambio e alle norme di produzione, mirando così a creare condizioni di concorrenza per gli operatori del settore, ad armonizzare e semplificare la normativa e ad aumentare la fiducia nel consumatore dei prodotti biologici e nel logo UE riservato alla produzione biologica.
Per produzione biologica si intende – ai sensi del Regolamento 2018/848 – un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e, più in generale, di produzione alimentare basato sulla salvaguardia delle risorse naturali sul rispetto dell’ambiente e del clima nonché sull’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali. E’ riconosciuta anche la duplice funzione sociale della produzione biologica che consiste, da un lato, nel provvedere ad un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici da parte dei consumatori e dall’altro, nel fornire agli stessi cittadini europei beni che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.
Il nuovo Regolamento inoltre amplia l’ambito di applicazione estendendo la sua portata normativa anche ad alcuni prodotti strettamente legati all’agricoltura che nel vigore dei precedenti regolamenti non erano contemplati (come, ad esempio, il sale marino, e i mangimi). Inoltre, il sistema dei controlli viene implementato attraverso misure precauzionali stringenti e controlli della catena della fornitura più rafforzati.
Il Regolamento 2018/848 si compone di 61 articoli e 6 allegati e, oltre a individuare i principi della produzione biologica, stabilisce le norme relative alla certificazione e all’uso delle indicazioni riferite alla produzione biologica nell’etichettatura e nella pubblicità.
Lo stesso Regolamento – ai sensi dell’art. 2 – si applica non solo ai prodotti provenienti dall’agricoltura, ma anche a quelli derivanti dall’acquacoltura e dall’apicoltura elencati nell’allegato I del TFUE nonchè ai prodotti derivanti da tali prodotti qualora siano ottenuti, preparati, etichettati, distribuiti, immessi sul mercato, importati nell’UE o esportati da essa o siano destinati ad esserlo.
L’art. 3 indica la definizione di “produzione biologica” e quella di “prodotto biologico” intendendosi tale il prodotto risultante dai metodi di realizzazione conformi al Regolamento 2018/848 in tutte le fasi di produzione, preparazione e distribuzione.
Gli articoli da 30 a 33 contenuti nel capo IV del sopra citato Regolamento 2018/848 riguardano l’etichettatura dei prodotti biologici.
L’etichetta di un prodotto biologico deve contenere riferimenti specifici al metodo biologico che si aggiungono alle menzioni generali previste dalla normativa generale sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Gli elementi specifici da rappresentare sono:
– il riferimento al metodo associato alla denominazione commerciale e ai singoli ingredienti;
– il logo comunitario;
– l’origine delle materie prime
– il riferimento al sistema di controllo
l’identificazione del responsabile del prodotto.
Inoltre – ai sensi dell’art. 30 – nell’etichettatura non devono essere utilizzati termini, compresi quelli utilizzati nei marchi o nei nomi di società o pratiche che possano indurre in errore il consumatore o l’utente suggerendo che un prodotto o i suoi ingredienti sono conformi al regolamento.
L’etichetta si differenzia in base alle caratteristiche della composizione del prodotto e dell’origine delle materie prime. In generale, per l’etichettatura dei prodotti biologici è possibile distinguere due tipologie principali: gli alimenti biologici con almeno il 95% di ingredienti biologici (alimenti biologici) e gli alimenti biologici che contengono solo alcuni ingredienti biologici (alimenti con ingredienti biologici).
Per quanto riguarda gli alimenti biologici il termine biologico deve comparire accanto alla denominazione commerciale del prodotto ed in corrispondenza della lista degli ingredienti, mentre l’utilizzo del logo comunitario è obbligatorio per tutti gli alimenti biologici preconfezionati prodotti all’interno UE, è facoltativo per i prodotti importati dai Paesi terzi mentre non può essere usato nei seguenti casi:
-prodotti che non rientrano nel campo di applicazione della legislazione UE sul biologico (come prodotti della caccia e della pesca di animali cosmetici, tessili, ecc):
– che contengono meno del 95% di prodotti biologici;
– che sono in conversione al biologico.
Nei casi di utilizzo del logo di produzione biologica dell’UE è prevista – ai sensi dell’art 32 – la compresenza di un’indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto:
1) “Agricoltura UE” quando la materia prima agricola è stata coltivata nell’unione;
2) “Agricoltura non UE” quando la materia prima agricola è stata coltivata in paesi terzi;
3) Agricoltura UE- non UE” quando la materia prima agricola è stata in parte coltivata nell’Unione e, in parte, in paesi terzi.
Con riferimento agli alimenti con ingredienti, il termine biologico può essere riportato solo in caso di corrispondenza degli ingredienti, nel caso invece di ingrediente principale non biologico ma proveniente dalla caccia o dalla pesca di animali selvatici, il termine biologico può essere riportato in corrispondenza degli ingredienti e nello stesso campo visivo della denominazione di vendita del prodotto
Si fa presente, inoltre, che la Commissione UE ha adottato diversi atti delegati che integrano o modificano il Regolamento UE 2018/848 dettandone altresì le relative norme di esecuzione. Tra questi, il Regolamento (UE) 2021/642 modifica l’allegato III del Regolamento UE 2018/848 per quanto riguarda alcune delle informazioni da indicare sull’etichetta dei prodotti biologici mentre il Regolamento UE 2021/1697 modifica il Regolamento UE 2018/848 per quanto concerne i criteri per il riconoscimento delle autorità e degli organismi di controllo competenti ad eseguire verifiche sui prodotti biologici nei paesi terzi e per la revoca del loro riconoscimento.
Il 20 maggio 2022 è stato poi emanato il decreto ministeriale n. 229771 recante disposizioni per l’attuazione del Regolamento UE 2018/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e ai relativi regolamenti delegati ed esecutivi e che abroga i precedenti decreti ministeriali n. 6793 del 2018, n. 34011 del 2018 e n. 11954 del 2010.
Tale decreto reca disposizioni relative a diverse ambiti, tra i quali, in particolare, la produzione vegetale e animale, la produzione di alghe, gli animali da acquacoltura la produzione di alimenti trasformati e l’etichettatura.
Per quanto riguarda gli alimenti trasformati, l’art. 7, chiarisce che ai sensi dell’Allegato II, parte IV, punto 2.1 del Regolamento “per prodotto ottenuto principalmente da ingredienti di origine agricola” si intende un prodotto i cui ingredienti di origine agricola rappresentano più del 50% in peso della totalità degli ingredienti. Con riferimento all’etichettatura, l’art. 11 stabilisce che ai sensi dell’art, 32 paragrafo 1, lett. a) del Regolamento il numero di codice dell’Organismo di controllo che compare in etichetta è rappresentato dal codice attribuito dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali a ciascun organismo di controllo al momento dell’autorizzazione ad operare; il numero di codice è costituito dalla sigla “IT”, seguita dal termine “BIO” e da un codice a tre cifre assegnato dallo stesso MIPAFF.
Per ulteriori approfondimenti in materia di agricoltura biologica si rinvia al paragrafo “Interventi in favore dell’agricoltura biologica e di qualità” all’interno del tema Politiche competitive, della qualità agroalimentare e della pesca.
ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022
L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine controllata (DOP) e ad indicazione geografica protetta (IGP) riconosciuti dall’Unione Europea.
Il primato italiano di prodotti agroalimentari DOP e IGP trova la sua maggiore espressione nei prodotti vitivinicoli ed anche nei formaggi, nell’olio di oliva e vegetali freschi e trasformati, nelle carni ossia nei tanti alimenti che rappresentano la varietà e la ricchezza in cui si articola la produzione nazionale agricola italiana. Ad essi si accompagna, inoltre, l’ampia schiera di prodotti agro-alimentari tradizionali, cosi definiti in ragione della tradizionalità del metodo di lavorazione, conservazione e stagionatura.
Al 15 giugno 2022 il registro legale dei nomi dei prodotti agricoli e alimentari, vini e bevande spiritose registrati e protetti nell’UE tutelava 3.466 nomi di prodotti: 1.626 vini, 1.581 prodotti alimentari e 259 bevande spiritose. A ciò si aggiungono 67 prodotti protetti dal regime delle specialità tradizionali garantite.
Con 841 prodotti l’Italia è lo Stato membro che ne ha un numero maggiore: 526 vini e 315 prodotti alimentari e agroalimentari 34 bevande spiritose (oltre ai 4 prodotti protetti dal regime STG tra i quali si annoverano la mozzarella e la pizza napoletana)
Tali prodotti rappresentano un valore economico rilevante: un recente studio sulle indicazioni geografiche indica che il valore delle vendite di un prodotto con una denominazione protetta è in media il doppio di quello di prodotti simili sforniti di tale certificazione. L’analisi condotta dal Rapporto Ismea-Qualivita 2021 sui dati relativi all’anno 2020 ha posto in luce come anche nell’anno della pandemia la cosidetta “Dop Economy” ha svolto un ruolo cruciale nel mercato dell’agroalimentare.
In termini economici, il valore complessivo della produzione certificata DOP e IGP del nostro Paese si è attestato infatti intorno ai 16,6 miliardi di euro coinvolgendo 200mila operatori e 286 consorzi di tutela autorizzati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Il valore delle esportazioni delle DOP e IGP agroalimentari e vitivinicole italiane ha registrato un incremento rispetto all’anno precedente raggiungendo i 9,5 miliardi di euro, con un valore parti al 20% delle esportazioni agroalimentari nazionali
La disciplina relativa alle denominazioni di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari è contenuta, a livello europeo, nel Regolamento n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari; per le modalità di attuazione del medesimo regolamento, è stato, inoltre, emanato il Regolamento (UE) n. 668/2014 della Commissione. Il citato Regolamento n. 1151 /2012 è stato poi modificato dal Regolamento 2017/625 sui controlli ufficiali e le altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali sulla sanità delle piante e sui prodotti fitosanitari.
Per l’attuazione in Italia del Regolamento n. 1151/2012 è stato emanato il decreto ministeriale 14 ottobre 2013. Il decreto in questione descrive, ai sensi dell’art. 3, gli elementi di conformità al disciplinare di produzione che un determinato prodotto deve possedere per beneficiare di una denominazione di origine protetta (DOP) o di una indicazione geografica protetta (IGP) ai sensi del Regolamento 1151/2012. L’articolo 4 individua poi i soggetti legittimati al presentare domanda di riconoscimento per una DOP o IGP mentre l’art. 6 descrive i requisiti della domanda di registrazione.
E’ stato poi emanato il D.M. 26 ottobre 2021, recante “Criteri e modalità di applicazione dell’agevolazione diretta a sostenere la promozione all’estero di marchi collettivi e di certificazione volontari italiani- Termini di apertura e modalità di presentazione delle domande, criteri di valutazione, modalità di rendicontazione delle spese e derogazione di spese e agevolazione”; esso prevede, tra l’altro, che i soggetti che possono beneficiare dell’agevolazione per promozione all’estero, di marchi collettivi e di certificazione oggetto di tale decreto siano: le associazioni rappresentative delle categorie produttive; i consorzi di tutela di cui all’art. 53 della legge 138 del 1998 (delle DOP, IGP e delle attestazioni di specificità)e altri organismi di tipo associativo o cooperativo.
Si ricorda che il 22 novembre 2022 è stato presentato il Rapporto Ismea – Qualivita 2022 (https://www.qualivita.it/osservatorio/rapporto-ismea-qualivita/) sulle produzioni agroalimetari e vitivinicole italiane Dp, IGP e STG che analizza i dati delle predette produzione per il 2021 con un focus anche sull’andamento del 2022.
L’analisi condotta dal richiamato Rapporto Ismea-Qualivita 2022 sui dati relativi all’anno 2021 ha posto in luce come anche dopo un 2020 segnato dalla pandemia, nel quale il settore aveva comunque mostrato una buona capacità di tenuta e continuità produttiva, il comparto del cibo e del vino DOP IGP nel 2021 raggiunge un valore complessivo alla produzione pari a 19,1 miliardi di euro (+16,1% su base annua) e un export da 10,7 miliardi di euro (+12,8%). Sono risultati che portano a quota 21% il contributo del comparto DOP IGP al fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale, che in tutto il territorio nazionale coinvolge 198.842 operatori e 291 Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero (https://www.qualivita.it/osservatorio/rapporto-ismea-qualivita/).
ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022
E’attualmente all’esame del Parlamento Europeo e del Consiglio la proposta di Regolamento 2022 COM (2022) 134. Essa intende riformare il sistema delle indicazioni geografiche europeo, che identifica e tutela i nomi di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli provenienti da determinate regioni e che possiedono qualità specifiche o godono di una reputazione legata al territorio di produzione. La proposta riguarda anche le STG, le quali, come sopra evidenziato, mettono in risalto gli aspetti tradizionali dei prodotti senza un legame con una specifica zona geografica.
In particolare, la predetta proposta è volta ad incrementare la diffusione delle IGP e delle SGT, ridurre i tempi necessari per la loro registrazione e rafforzare la loro protezione soprattutto sui canali telematici.
I motivi sui quali si fonda la riforma che la proposta di regolamento intende operare possono essere così riassunti:
– per i produttori, si registrano nell’attuale sistema una carenza di controlli e difficoltà nel far rispettare i diritti dei produttori al di fuori dello Stato membro di produzione e su internet;
– per i consumatori, si registra una scarsa consapevolezza e comprensione dei loghi delle IG con conseguente limitata efficacia limitata dei sistemi nel fornire indicazioni chiare;
– a livello normativo, manca un sistema unitario ed esclusivo delle IG con conseguente scarsa efficacia del relativo sistema, mentre il sistema delle STG presenta un numero molto esiguo dei nomi registrati;
Le attuali procedure di registrazione sono complesse e diversificate in base ai singoli prodotti; obiettivo del nuovo Regolamento è quindi quello di semplificare le medesime procedure e di armonizzare le norme procedurali per e IG di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli in un unico strumento. Il nuovo Regolamento prevede, inoltre, di affidare esclusivamente agli Stati membri la prima fase della procedura che consiste nelle fasi di ricezione e valutazione delle domande di registrazione; la seconda fase della procedura, invece, che consiste sostanzialmente nell’esame della domanda e nella decisione se accordare o meno la concessione o meno della protezione sarà, invece, di esclusiva competenza della Commissione europea.
Specifiche disposizioni riguardano poi il livello di protezione delle IG nel registro dell’UE. Esse sono protette contro: qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto dell’IG per prodotti che non sono oggetto di registrazione; qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione; qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, origine, natura e qualità essenziali del prodotto; qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.
Si prevede, inoltre, che allo scopo di rafforzare la protezione contro la contraffazione, la protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche sia applicata anche a un nome di dominio di Internet che contenga un’indicazione geografica registrata o coincida con essa. A fronte della carenza sopra enunciata dell’attuale sistema delle STG, alcune disposizioni sono poi volte a delineare un nuovo regime normativo ad esse dedicato.
La proposta di regolamento in esame, attribuisce poi alla Commissione europea specifiche competenze di esecuzione e il potere di adottare atti delegati in molti settori disciplinati dello stesso Regolamento.
ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022
Il sistema dei controlli nel comparto agroalimentare in Italia è caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di organi ufficiali di controllo che fanno capo a diverse Amministrazioni statali (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Ministero della Salute e Ministero dell’Economia e delle Finanze), alle Regioni, alle Provincie e ai Comuni.
Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
Un ruolo di crescente importanza ha assunto il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela dei prodotti agroalimentari e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) che opera presso il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e dellle foreste ed è uno dei principali organismi europei di controllo del settore agroalimentare.
Tra i compiti esercitati, a livello nazionale, del suddetto dipartimento si ricordano:
– la prevenzione e la repressione delle frodi nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per l’agricoltura;
– la vigilanza sulle produzioni di qualità registrata (DOP, IGP);
– il contrasto dell’irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri o Paesi terzi.
Lo scorso mese di luglio 2022, è stato pubblicato un Report dell’ICQRF sulla tutela della qualità dei prodotti agroalimentari e la repressione delle frodi nel settore per l’anno 2021
Nel suddetto Report emerge che nel 2021 il settore agroalimentare con oltre 522 miliardi di valore ha registrato una crescita del fatturato del 16,5% confermandosi così settore strategico della economia italiana. Con riferimento ai singoli comparti agroalimentari risulta che: 19.628 controlli hanno interessato il settore vitivinicolo, 9.324 quello oleario, 6.137 il lattiero caseario, 3.758 l’ortofrutta, 3.144 i cereali e derivati e 3.167 il settore della carne. L’ICQRF ha attivato, inoltre, 955 procedure di contrasto a usurpazioni ed evocazioni che hanno riguardato non solo prodotti italiani (931 casi) ma anche indicazioni geografiche non italiane (24 casi) fornendo così un decisivo contributo alla tutela del patrimonio culturale europeo e alla protezione dei consumatori contro eventuali truffe.
Per il potenziamento del sistema dei controlli, si ricorda che legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha previsto l’autorizzazione all’assunzione di 57 unità di personale presso l’ICQRF e la possibilità per il personale del predetto Dipartimento di poter richiedere alcune indennità tra le quali quella di missione e nella previsione che le somme iscritte a titolo di pagamento per le sanzioni derivanti dalle violazioni del Regolamento (UE) 119/2011 siano destinate al funzionamento e all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa dell’ICQRF (art. 1, commi 669-671). Anche la legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022) ha previsto, per le medesime esigenze, l’autorizzazione ad assumere un contingente di 300 unita’ di personale (circa 10 milioni di euro per l’anno 2023 e di 13.5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024). Inoltre, per le prestazioni di lavoro straordinario è stata autorizzata la spesa di 675.000 euro per l’anno 2023 e di 900.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024 e la spesa di 136.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024 per le medesime spese di funzionamento (articolo 1, comma 452). Infine è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2023 da destinare all’incremento dell’indennita‘ del predetto personale ICQRF (articolo 1, comma 436).
Il MASAF inoltre, si avvale del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri che svolge i compiti di cui agli articoli 7 e 8, comma 2, lettera c) , del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177. Nell’ambito del Comando unità, il Comando carabinieri per la tutela agroalimentare svolge controlli straordinari sulla erogazione e percezione di aiuti comunitari nel settore agroalimentare e della pesca e acquacoltura, sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari, ivi compresi gli aiuti a Paesi in via di sviluppo e indigenti ed esercita controlli specifici sulla regolare applicazione di regolamenti comunitari e concorre, coordinandosi con ICQRF, nell’attività di prevenzione e repressione delle frodi nel settore agroalimentare. Nello svolgimento di tali compiti, il reparto può effettuare accessi e ispezioni amministrative avvalendosi dei poteri previsti dalle norme vigenti per l’esercizio delle proprie attività istituzionali. Il contingente di detto personale è stato potenziato, dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 666-667, L. n. 197/2022), di 120 unità .
Ministero della salute
Si ricorda infine, che il decreto legislativo n. 27 del 2021 ha introdotto disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 in materia di
controlli ufficiali e alle altre attività effettuate sugli
alimenti e sui
mangimi, sulla
salute e sul
benessere degli
animali, sulla s
anità delle piante e sui prodotti
fitosanitari e il decreto legislativo n. 32 del 2021 ha stabilito le
modalità di finanziamento dei controlli ufficiali effettuati da
Ministero della salute per garantire l’applicazione della normativa in materia di alimenti e sicurezza alimentare, materiali o oggetti destinati a venire a contatto con alimenti (MOCA), mangimi, salute animale, sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati, benessere degli animali, immissione in commercio e uso di prodotti fitosanitari in attuazione del titolo II, capo VI, del citato Regolamento (UE) n 2017/625.
Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e ad altri illeciti ambientali e agroalimentari
In data 25 gennaio 2023 la Commissione XIII (Agricoltura) ha espresso un parere favorevole sull’istituzione della commissione in oggetto che avrà nell’ambito di competenza lo svolgimento di indagini sull’esistenza di attività illecite nel settore agricolo e agroalimentare – comprese quelle connesse a forme di criminalità organizzata – realizzate, tra l’altro, attraverso sofisticazioni e contraffazione di prodotti enogastronomici, di etichettature e di marchi di tutela, ivi incluso il loro traffico transfrontaliero ; inoltre, gli accertamenti eseguiti in tale ambito saranno finalizzati all’aggiornamento e al potenziamento della normativa in materia di reati agroalimentari, a tutela della salute umana, del lavoro e dell’ambiente nonché del contrasto al traffico illecito di prodotti « made in Italy »,
A.C. 80) si rinvia all’
iter e al
Dossier del Servizio studi.
ultimo aggiornamento: 26 gennaio 2023
Con il decreto legislativo n. 198 del 2021, entrato in vigore il 15 dicembre 2021, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare è stata dato attuazione, in Italia, alla direttiva UE 2019/633. Il suddetto D.lgs. n. 198 del 2021 si applica ai rapporti relativi alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari eseguiti da fornitori stabiliti in Italia, indipendentemente dal fatturato dei fornitori e degli acquirenti. Sono esclusi, quindi, i contratti dei consumatori.
I prodotti agroalimentari che rientrano nell’ambito di applicazione del decreto sono tutti quelli elencati nell’Allegato I del Trattato sul funzionamento dell’UE e altri prodotti trasformati per uso alimentare a partire dal i prodotti elencati in tale Allegato.
Gli articoli 4 e 5 del D Lgs in esame individuano le pratiche sleali vietate. Tra queste, si ricordano:
– l’annullamento, da parte dell’acquirente, di ordini di prodotti agricoli e alimentari deperibili con un preavviso inferiore ai a 30 giorni;
– la modifica unilaterale, da parte dell’acquirente o del fornitore, delle condizioni relative alla frequenza, al metodo, al luogo ai tempi o al volume della fornitura di un contratto di cessione di prodotti;
– la richiesta al fornitore di pagamenti che non sono connessi alla vendita di prodotti agricoli e alimentari dal fornitore;
– l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illecita, da parte dell’acquirente. Di segreti commerciali del fornitore;
– la vendita di prodotti agricoli e alimentari a condizioni contrattuali eccessivamente gravose, ivi compresa la vendita a prezzi manifestamente inferiori ai costi di produzione;
– la vendita di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso;
– l’imposizione, diretta o indiretta, di condizioni di vendita, di acquisto o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
– l’imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, dell’inserimento di certi prodotti nell’assortimento;
– l’imposizione all’acquirente, da parte del fornitore, di vincoli contrattuali per il mantenimento di un determinato assortimento di prodotti.
Il successivo articolo 8 individua nell’ICQRF l’Autorità nazionale di contrasto deputata all’attività di accertamento delle violazioni previste dagli articoli 3, 4 e 5 del richiamato decreto legislativo, mentre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM) rimane competente nei casi in cui le attività di accertamento e repressione riguardino pratiche rilevanti ai sensi del Codice del Consumo.
ultimo aggiornamento: 30 settembre 2022




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Fonte/Source: https://temi.camera.it/leg19/temi/tutela-della-qualit-dei-prodotti-agroalimentari