
La quinta edizione della Conferenza internazionale “From Seed to Pasta” si prepara a fare il suo debutto in Italia, a Bari, dal 24 al 27 settembre 2025, riunendo comunità scientifica, industria e istituzioni attorno a uno dei pilastri dell’agroalimentare mediterraneo e globale: il grano duro. Quattro giorni di confronto e dialogo sui grandi temi della filiera della pasta – sicurezza alimentare, sostenibilità, cambiamenti climatici, ricerca genetica e innovazione – in cui l’Italia si pone al centro dell’attenzione internazionale grazie alla tradizione pastificia, alla dieta mediterranea e alla leadership scientifica.
In questo contesto, abbiamo intervistato Paolo De Castro, docente di economia e politica agraria all’Università degli Studi di Bologna, ex Ministro dell’Agricoltura e già parlamentare europeo. Gli argomenti sono sovranità alimentare, innovazione e sostenibilità nella filiera del grano duro, ruolo dell’Italia sui mercati internazionali, e delle sfide future legate al cambiamento climatico e alla resilienza delle coltivazioni. L’intervista esplora come le politiche europee, gli strumenti di promozione e la collaborazione pubblico-privata possano trasformare la ricerca e l’innovazione in vantaggi concreti per produttori, industria e consumatori, rafforzando il Made in Italy nel mondo.
Domanda: In un contesto globale segnato da instabilità degli approvvigionamenti, dazi e tensioni commerciali, quanto è realistico pensare a un’Europa autosufficiente sul fronte del grano duro? Quali strategie di lungo periodo dovrebbero essere messe in campo per rafforzare davvero la sovranità alimentare del Mediterraneo?
De Castro: Viviamo un momento complicato, segnato da difficoltà a livello globale. La guerra in Ucraina, insieme alle tensioni in Medio Oriente, non facilita una proiezione di mercato tranquilla e serena. In particolare, la solidarietà che l’Europa sta mostrando all’Ucraina ci impone di essere flessibili sulle importazioni di cereali da quel Paese.
Sappiamo che l’Ucraina esporta principalmente grano tenero e mais, ma non grano duro. Per quanto riguarda il grano proveniente dalla Russia, siamo riusciti a limitarne le importazioni grazie ad iniziative dell’Unione Europea. Con il grano tenero ucraino è molto più complesso, considerato che il Paese è in guerra. Tutto ciò ha determinato prezzi dei cereali particolarmente bassi in Europa, situazione che non incentiva i produttori ad aumentare le produzioni, generando diverse difficoltà.
Noi italiani siamo grandi esportatori di pasta e quindi abbiamo bisogno di quantità significative di grano duro, che non riusciamo a produrre interamente in Italia. Grazie ai contratti di programma e ai contratti di filiera con le industrie, però, la produzione nazionale sta aumentando. Iniziative come il contratto Barilla o il contratto di Filiera Italia rappresentano passi importanti: mirano a valorizzare il prodotto per gli agricoltori e a stimolare una maggiore produzione.
È chiaro che se il mercato crolla, un aumento di 2-3 euro al quintale non cambia radicalmente la situazione. Tuttavia, la strada da seguire è quella giusta: bisogna insistere sui contratti di filiera e sulla collaborazione tra industria della pasta e produttori di grano duro. Solo così si potrà incrementare la produzione nazionale in linea con le esigenze dell’industria pastaria, sia in termini qualitativi sia quantitativi, considerando che in molte aree del mondo le rese per ettaro sono significativamente più alte rispetto a quelle del nostro Mezzogiorno.
Domanda: Lei sottolinea l’importanza di innovazione e sostenibilità per il futuro della filiera. Quali strumenti concreti – tra politiche europee, incentivi e collaborazione pubblico-privata – potrebbero accelerare la transizione delle imprese della pasta verso modelli produttivi sostenibili e tracciabili?
De Castro: Abbiamo davanti un’opportunità storica rappresentata dal PNRR, che ha messo a disposizione una quantità significativa di progetti finanziati. Siamo vicini a 2 miliardi di euro di investimenti, e ulteriori risorse sono state annunciate dal Ministro Lollobrigida per finanziare tutti i progetti presentati dalle nostre imprese. Si tratta di oltre 300 progetti, tra cui anche iniziative nella filiera del grano duro.
Dobbiamo, quindi, cogliere questa importante spinta agli investimenti per modernizzare i nostri impianti, sempre nel segno della sostenibilità e della riduzione degli impatti ambientali, ma al tempo stesso aumentare l’efficienza del sistema produttivo. L’obiettivo è rendere le aziende del settore pasta più forti e competitive.
Va ricordato che operiamo in un comparto a bassissima marginalità, dove non è semplice affrontare le sfide di mercato, tra dazi americani e problemi geopolitici. Tuttavia, la strada da seguire è chiara: migliorare l’efficienza, sfruttare le opportunità di investimento, puntare sull’innovazione e rendere le nostre imprese sempre più competitive.
Domanda: “From Seed to Pasta” nasce proprio come ponte tra scienziati e industria. Dove vede oggi i principali gap tra i risultati della ricerca genetica e agronomica e le esigenze delle imprese? E come trasformare questa conoscenza in vantaggio competitivo per il Made in Italy?
De Castro: Innanzitutto, dobbiamo finalmente superare gli ostacoli a una legislazione europea che dia piena certezza sulle TEA (tecniche di evoluzione assistita). Questa innovazione genetica consente ai produttori di ottenere varietà moderne di grano duro che resistono a malattie, cambiamenti climatici, fisiopatie e stress idrici, grazie a una tecnologia non OGM. Non si tratta di trasferimento di geni tra specie diverse (come avviene negli OGM), ma di un lavoro genetico all’interno della stessa specie.
Attualmente, questa tecnologia è ancora in attesa di una definitiva approvazione a Bruxelles. Nonostante la presentazione della Commissione europea e il voto favorevole del Parlamento, ci troviamo ancora nelle fasi dei triloghi tra le tre Istituzioni. Auspichiamo che al più presto venga definita una legislazione europea chiara, che stabilisca una volta per tutte che le TEA non hanno nulla a che vedere con i vecchi OGM.
Oggi, la nuova tecnologia genetica si sviluppa lungo il filo delle TEA: è qui che dobbiamo investire e su cui serve una legislazione che favorisca lo sviluppo, permettendo alle imprese di trasformare la ricerca genetica in un vero vantaggio competitivo per il Made in Italy.
Domanda: Il cambiamento climatico impone nuove sfide: dal breeding climatico alla gestione delle risorse idriche. Ritiene che l’Europa stia investendo abbastanza per rendere il grano duro una coltura resiliente anche in aree oggi marginali, e quanto questa strategia potrà contribuire a contrastare l’insicurezza alimentare globale?
De Castro: L’Europa sta vivendo un momento di dibattito acceso, soprattutto perché la proposta della Commissione sul Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) prevede un taglio importante alla PAC, circa il 25%. Naturalmente, questo non è positivo, ma nonostante ciò l’Europa continua a investire nei programmi Horizon, incrementando in alcuni casi le disponibilità finanziarie. Questi programmi di ricerca finanziano l’intero network di Università, Centri di ricerca e Laboratori di genetica, favorendo sviluppo ed innovazione all’interno della filiera agroalimentare.
Non esiste un finanziamento specifico per i singoli settori, ma la politica agricola comune offre strumenti che aiutano le imprese a investire in innovazione e sostenibilità. La strada giusta è dunque quella di sostenere e rafforzare il settore agroalimentare nel suo complesso, considerando quanto sia fondamentale per l’economia europea: è il primo settore manifatturiero per valore aggiunto, occupazione ed export.
Domanda: La pasta è simbolo del Made in Italy e della dieta mediterranea. Guardando al futuro, come immagina l’evoluzione dei mercati internazionali – anche in Paesi non tradizionalmente consumatori di pasta come la Cina – e quale ruolo può giocare l’Italia per guidare questa crescita globale puntando su qualità, autenticità e salute?
De Castro: In parte è quello che stiamo già facendo. L’Italia, pur essendo un Paese relativamente piccolo a livello mondiale, con quasi 70 miliardi di euro di export verso l’USA (di cui circa 8 miliardi di euro l’agroalimentare), è uno dei maggiori esportatori mondiali di prodotti agroalimentari del Made in Italy.
È vero che oggi i mercati affrontano alcune difficoltà, ad esempio a causa dei dazi americani, ma continuiamo a crescere soprattutto in altri mercati. La pasta offre opportunità particolarmente interessanti in Asia, dove le difficoltà legate a diete tradizionali diverse sono minori rispetto ad altri prodotti, come i formaggi. In questo contesto, ci sono margini significativi di crescita e speriamo che la strategia continui a dare risultati.
Le imprese vanno sostenute. Uno dei punti fondamentali è rafforzare gli strumenti di promozione a livello europeo. Se facciamo un parallelo con il settore del vino, l’export vitivinicolo europeo è cresciuto notevolmente negli ultimi 10-15 anni grazie a investimenti cospicui in promozione, mentre negli altri comparti dell’agroalimentare questo sostegno è molto più limitato. Ad esempio, l’Europa investe circa 500 milioni di euro l’anno per il vino, ma solo 200 milioni per tutto il resto del settore agroalimentare. È evidente che occorre cambiare rotta per sostenere la crescita della pasta italiana sui mercati internazionali, puntando su qualità, autenticità e salute.
