
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato ufficialmente sabato sera un massiccio attacco militare contro tre impianti nucleari iraniani situati a Fordow, Natanz e Isfahan. Durante un discorso televisivo alla nazione tenuto alle 22:00 (ora della costa orientale), Trump ha definito l’operazione “un successo spettacolare” e ha dichiarato che gli impianti sono stati “completamente e totalmente distrutti”.

L’attacco rappresenta un’escalation drammatica nel conflitto in Medio Oriente e segna la prima azione militare diretta degli Stati Uniti contro l’Iran in questa fase della crisi. Trump ha insistito sul fatto che l’azione aveva l’obiettivo di “evitare una guerra più ampia” e ha invitato Teheran a negoziare per la pace, chiedendo l’abbandono completo del programma di arricchimento dell’uranio.
L’attacco: mezzi, obiettivi e strategie
Secondo fonti della Casa Bianca e del Pentagono, l’operazione è stata condotta da bombardieri strategici B-2 Spirit decollati da basi militari USA in Medio Oriente, supportati da navi da guerra dotate di missili da crociera Tomahawk.
Il Washington Post ha confermato che almeno sei bombe GBU-57 “Massive Ordnance Penetrator”, conosciute come bunker buster, sono state sganciate sul sito sotterraneo di Fordow, uno degli impianti nucleari iraniani più fortificati. Altri attacchi mirati con missili Tomahawk hanno colpito le installazioni di Natanz e Isfahan, già in parte danneggiate nei mesi precedenti da operazioni israeliane.
Trump ha sottolineato che nessuno spazio aereo iraniano è stato violato durante l’operazione, grazie all’impiego di armamenti a lungo raggio. Tutti i velivoli sono rientrati alle basi senza perdite.
Contesto politico e diplomatico
Solo pochi giorni prima, la Casa Bianca aveva annunciato un’ultima finestra diplomatica di due settimane per permettere all’Iran di sospendere il suo programma nucleare. La proposta americana prevedeva la rinuncia all’arricchimento in cambio della cessazione delle ostilità e della graduale rimozione delle sanzioni.
Tuttavia, Teheran ha rifiutato l’ultimatum, dichiarando di non essere disposta a negoziare “sotto minaccia”. La risposta militare americana è quindi arrivata come risposta diretta a questo rifiuto e come atto di deterrenza.
Reazioni interne negli Stati Uniti
La decisione del presidente Trump ha generato reazioni politiche polarizzate. Il Presidente della Camera Mike Johnson (R-LA) e i leader delle commissioni intelligence del Congresso hanno elogiato l’azione, sottolineando che l’attacco rafforza la posizione americana nel mondo e tutela Israele. Anche il senatore democratico John Fetterman ha rotto con la linea del suo partito per sostenere l’intervento militare.
Al contrario, il leader della minoranza alla Camera, Hakeem Jeffries (D-NY), ha condannato l’attacco, definendolo “una pericolosa escalation”. Il senatore Chuck Schumer, anch’egli democratico, inizialmente silenzioso, ha successivamente espresso preoccupazione per l’impatto della missione sulla stabilità regionale.
Secondo un sondaggio Rasmussen pubblicato, la maggioranza degli americani sarebbe favorevole a bombardamenti mirati contro gli impianti nucleari iraniani, ma non al coinvolgimento con truppe terrestri.
Risposta dell’Iran e timori di escalation
Immediatamente dopo gli attacchi, la Repubblica Islamica ha chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il ministro degli Esteri Abbas Araqchi ha definito l’operazione americana “vergognosa e pericolosa”, avvertendo che l’Iran si riserva il diritto di rispondere con forza.
In serata, missili balistici e droni iraniani sono stati lanciati contro obiettivi in Israele. Le sirene hanno risuonato in città come Haifa e Tel Aviv, con alcuni missili che hanno colpito aree civili causando feriti e danni strutturali. Uno dei droni ha centrato un’abitazione civile vicino al confine con la Giordania. Le autorità israeliane hanno confermato l’aumento dello stato d’allerta e la sospensione di tutte le attività non essenziali nel Paese.
La televisione di Stato iraniana ha minacciato anche le basi statunitensi in Iraq, Qatar e Kuwait. Nel frattempo, Hamas ha condannato l’attacco americano al suo alleato strategico.
Trump: “Dio benedica il Medio Oriente e l’America”
Nel suo discorso serale, il presidente Trump ha parlato dalla Situation Room affiancato dal vicepresidente JD Vance, dal segretario alla Difesa Pete Hegseth e dal segretario di Stato Marco Rubio. Ha ringraziato l’esercito americano per “l’eccezionale professionalità”, ha lodato la cooperazione con Israele e ha affermato: “Il Medio Oriente può ora guardare a un futuro di pace e prosperità”.
In chiusura, ha rivolto parole solenni: “Ringraziamo Dio per la protezione dei nostri militari. Dio benedica il Medio Oriente, Dio benedica Israele, e Dio benedica l’America”.
Tuttavia, il rischio di una guerra regionale rimane alto. Con una seconda ondata di missili iraniani già in corso, il mondo osserva con preoccupazione la possibile risposta statunitense e l’impatto che questa nuova fase del conflitto avrà sulla sicurezza globale.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha pubblicato un video in cui ringrazia il presidente Trump per il suo coraggio:
Alle ore 23:20 di ieri la Casa Bianca ha pubblicato le foto del presidente dalla Situation Room: