
La Polonia si prepara a vietare l’ingresso nel proprio territorio a Milorad Dodik, presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, una delle due entità costitutive della Bosnia-Erzegovina. Lo ha reso noto il Ministero degli Affari Esteri polacco, confermando l’avvio della procedura formale per il divieto.
“È stata avviata una procedura per il divieto d’ingresso nazionale per Milorad Dodik. La procedura è in corso e sarà finalizzata entro pochi giorni”, ha dichiarato il Ministero in una comunicazione ufficiale citata dall’agenzia Reuters.
La decisione non è isolata: Germania e Austria hanno già adottato misure simili, vietando l’accesso a Dodik e ad altri alti funzionari della Republika Srpska, tra cui Nenad Stevandić, presidente dell’Assemblea nazionale, e il primo ministro Radovan Višković. Anche l’Australia aveva precedentemente vietato l’ingresso a Dodik.
Il provvedimento polacco si inserisce in un contesto di crescente tensione internazionale nei confronti del leader serbo-bosniaco, accusato di minare l’integrità costituzionale della Bosnia-Erzegovina. Il 26 febbraio 2025, un tribunale bosniaco ha condannato Dodik a un anno di carcere con interdizione dalla politica per sei anni, per aver ignorato le decisioni dell’Alto Rappresentante della comunità internazionale. Si tratta, tuttavia, di una sentenza di primo grado, attualmente oggetto di appello.
Il successivo 12 marzo, la Procura della Bosnia-Erzegovina ha richiesto l’arresto di Dodik, Višković e Stevandić, ma il ministro dell’Interno della Republika Srpska, Sinisa Karan, ha dichiarato che non vi sarà collaborazione nell’esecuzione dei mandati.
La vicenda ha avuto eco internazionale quando, il 27 marzo, l’Interpol di Sarajevo ha attivato una procedura di ricerca a livello globale nei confronti di Dodik e Stevandić. Tuttavia, la misura è stata contestata da Serbia e Ungheria, e infine l’Interpol ha deciso di non procedere con l’emissione di mandati d’arresto internazionali, ritenendola in violazione dello statuto dell’organizzazione.
Il Ministero degli Esteri polacco non ha fornito spiegazioni dettagliate sulle motivazioni del provvedimento, ma con questa decisione Varsavia si allinea sempre più chiaramente alle posizioni dei partner europei contrari alla condotta politica del leader della Republika Srpska, ritenuto uno dei principali artefici della crisi istituzionale e secessionista in Bosnia-Erzegovina.