
(AGENPARL) – Tue 08 April 2025 *Lettera a Vittorio Sgarbi”. Nugnes, *un messaggio di forza e speranza*
Caro Vittorio,
sono passati più di quarant’anni da quando la tua voce ha iniziato a
risuonare nel panorama culturale italiano con forza, chiarezza e
soprattutto passione. In tutto questo tempo non sei mai stato un
semplice critico d’arte: sei stato un interprete, un custode, un
combattente. E oggi, in un’epoca che sembra dimenticare troppo in
fretta, possiamo dire con gratitudine che sei l’ultimo dei grandi
Mestri, di quelli che non si sono mai stancati di dire che l’arte è
una cosa viva, urgente, necessaria.
Ricordo con molto piacere gli anni trascorsi assieme a lavorare, una
decade intensa, e quanto ho imparato da te. Anni in cui, giorno dopo
giorno, ho cambiato il mio punto di vista, ho affinato lo sguardo,
fino a potermi formare e forgiare una vera e propria passione per
l’arte. Una passione che oggi è parte viva della mia identità, e che
ti devo.
Ci hai insegnato che l’arte non si guarda soltanto: si vive. Che non
si può relegare nei musei come in mausolei del passato, ma che va
portata nelle strade, nei dibattiti, nei cuori delle persone. La tua
visione ha superato ogni confine accademico o elitario: l’arte, hai
sempre detto, non è riservata a pochi eletti, ma appartiene a tutti, e
ognuno ha il diritto e il dovere di fruirne, difenderla, goderne. In
tutti i modi possibili.
Hai riportato l’arte alla sua funzione originaria: servire la vita.
L’arte che consola, che scuote, che provoca. L’arte che ci fa pensare,
sognare, reagire. Hai riportato Caravaggio, Pasolini e diversi altri
tra la gente comune, hai risvegliato l’Italia più bella, quella
nascosta nei piccoli musei, nelle chiese dimenticate, nei borghi
lontani dai riflettori. E hai sempre fatto tutto questo con la
passione travolgente di chi crede davvero in ciò che dice.
Spero tanto finisca presto questo surreale periodo complicato. È
urgente restituirti la libertà piena di essere dove devi essere: tra
le persone, a parlare, scrivere, raccontare. Perché sono in tanti,
siamo in tantissimi, ad aspettarti. I tuoi estimatori vogliono tornare
ad ascoltarti, leggerti, seguirti nelle tue imprese. Perché nessuno,
come te, ha mai fatto vincere l’arte nel quotidiano della gente.
Nessuno ha saputo renderla così necessaria, così concreta, così
nostra.
Sei stato e sei ancora voce scomoda, pungente, irrinunciabile. E
proprio per questo necessaria. In un tempo in cui tutto si consuma in
fretta, tu sei rimasto saldo, coerente nella tua missione: educare,
provocare, ricordare. A noi, e soprattutto ai giovani, che l’arte è
memoria, libertà, identità.
Oggi ti scrivo con riconoscenza profonda. Perché attraverso di te
abbiamo imparato a guardare con occhi nuovi, a riconoscere la bellezza
anche dove altri non la vedevano. Abbiamo capito che un quadro, una
scultura, un monumento, non sono solo oggetti, ma frammenti della
nostra storia e del nostro futuro.
Sei l’ultimo dei Grandi Maestri. Ma anche il primo, in un certo senso,
dei veri appassionati. E per questo ti dobbiamo molto.
Con stima, ammirazione e affetto,
Salvo Nugnes