
(AGENPARL) – Sun 06 April 2025 SEDICI ANNI DAL SISMA
L’Aquila, 6 aprile 2025
La mattina di sedici anni fa, guardando in alto, il cielo aveva un’aria clemente, dolce e mite, eppure qualche ora prima, in fuga nella notte, avevamo lasciato sul cuscino la nostra impronta, testimonianza di un sonno che per molto tempo non sarebbe stato tranquillo.
Era uno sguardo che lanciava una preghiera verso l’infinito, prima di abbassarlo e farsi avvolgere dal silenzio sospeso, interrotto dalle voci dei soccorritori alla ricerca ostinata di segnali di vita tra le macerie.
Ritrovata la forza della parola davanti al vuoto del domani, con i soli indumenti che avevamo addosso e i pochi effetti personali recuperati, ci chiedevamo cosa sarebbe stato di noi, mentre la polvere dei crolli ci avvolgeva, rallentando i nostri sensi e incupendo i nostri pensieri.
Il dolore per chi quella notte ci ha lasciato è parte di noi, il ricordo di quegli istanti e dei giorni seguenti sono dolorosi, sia pur rischiarati dalla grande solidarietà degli italiani, dalla generosa accoglienza dell’Abruzzo costiero, dalla presenza solida e efficiente del governo e dello Stato.
Da sedici anni, condividiamo il tempo del sisma sopra tutto con chi non era ancora nato, affinché l’insieme dei ricordi si trasformi in memoria condivisa.
Una memoria che ricomprende la nascita della “civitas nova” – avvenuta a metà del XIII secolo, nella valle ai piedi del Gran Sasso – e esalta L’Aquila di oggi e la sua rinascita.
L’Aquila “nova” caratterizzata da una singolare natura, per i diversi castelli che la fondarono.
Un sistema urbano questo che richiama la definizione di città-territorio, ancora in essere per L’Aquila, che si sviluppa in uno scenario dove si succedono con ritmo incalzante fondazione, distruzione, rifondazione e consolidamento, fioritura economica e decadenza, con i periodici terremoti e la spettacolare ricostruzione dopo la devastazione di quello del 1703, che origina la città barocca, sino al progetto della “Grande Aquila” che cambia la fisionomia urbana con interventi di architettura razionalista, per arrivare alla città contemporanea di espansione dei piani regolatori.
Oltre la città che si trasforma, la memoria custodisce e racconta anche la sua anima alla quale ha posto il proprio sigillo etico Celestino V che, attraverso la Bolla, rende la nostra città luogo deputato di valori universali come la misericordia, la compassione, il perdono e che, per volere di Papa Francesco, è ora capitale della Pace.
Un’anima corroborata dalle arti, dalla conoscenza, dalla ricerca, da quell’insieme di espressioni creative che rendono L’Aquila riconoscibile e attrattiva tanto da essere scelta come capitale italiana della cultura 2026.
Una geografia dell’anima che giorno dopo giorno è portatrice di vita in angoli, slarghi, piazze che man mano vengono liberati dalle ferite del grande male.
Quello che sta vivendo L’Aquila è un processo di modernizzazione e razionalizzazione urbana che si va realizzando in una situazione di complessità che presenta infinite variabili.
In questo senso comprendo il disagio che spesso manifestano i cittadini per i cantieri che, in un centro storico importante come quello dell’Aquila, si rivelano come un fattore di straniamento e di intralcio.
Ma la rinascita della città è più forte di qualunque cosa: delle difficoltà burocratiche, degli ostacoli materiali, della necessità di continui e ulteriori finanziamenti per le opere di pubblico interesse, delle vischiosità delle procedure attuative e realizzative…
L’Aquila è una città che va capita e interpretata in un dialogo franco tra le generazioni del prima e del dopo terremoto, perché è giunto il tempo del futuro, di esplorare e raggiungere nuovi orizzonti, per riscattare anche i 309 sogni dei nostri angeli per sempre.
E le rose bianche che gli aquilani hanno lasciato la notte scorsa al Parco della memoria, mi piace pensare che siano la rappresentazione bella e pura dei loro sogni.