
(AGENPARL) – Wed 02 April 2025 COMUNICATO STAMPA FONDAZIONE ISMU ETS
Sanità, sempre meno infermieri: entro il 2030 ne mancheranno 100.000.
Il reclutamento all’estero può essere una soluzione?
Analisi e proposte nel report di Fondazione ISMU ETS
In occasione della Giornata mondiale della Salute, che si celebra il 7 aprile, all’Università degli Studi
di Milano verrà presentato il rapporto: Non mettiamoci un cerotto. Il reclutamento di infermieri
all’estero nel quadro di una nuova governance della professione infermieristica
Milano, 2 aprile 2025. Entro il 2030, la carenza di infermieri in Italia potrebbe arrivare a una quota
compresa tra 60mila e 100mila. Il tutto mentre la popolazione diventa sempre più anziana: tra meno di
vent’anni, in Italia oltre un abitante su tre avrà più di 65 anni e un numero sempre maggiore di persone avrà
molte più probabilità di avere bisogno di prestazioni sanitarie e assistenziali. La figura dell’infermiere
assumerà una rilevanza sempre più strategica ma sarà, al tempo stesso, sempre più difficile da reclutare.
Quali scenari ci attendono e cosa si può fare? Quale ruolo potranno giocare gli infermieri immigrati e le
iniziative per il reclutamento all’estero? In occasione della Giornata mondiale della Salute (7 aprile),
Fondazione ISMU ETS presenta lo studio esplorativo Non mettiamoci un cerotto. Il reclutamento di
infermieri all’estero nel quadro di una nuova governance della professione infermieristica, realizzato
dal Settore Economia, Lavoro e Welfare.
Il volume sarà presentato lunedì 7 aprile, dalle 15.00 alle 17.30, presso l’Aula 104 dell’Università degli
Studi di Milano, in Via Festa del Perdono 3, in collaborazione con il corso di laurea in Scienze
Infermieristiche e Ostetriche.
Il Report sarà poi scaricabile a questo link: https://www.ismu.org/report-non-mettiamoci-un-cerotto-il-
reclutamento-di-infermieri-allestero-nel-quadro-di-una-nuova-governance-della-professione-infermieristica.
L’evento. Dopo i saluti istituzionali di Paola Catenaccio, Prorettrice con delega all’Internazionalizzazione –
Università degli Studi di Milano, di Maura Lusignani, Presidente, Collegio Didattico Interdipartimentale del
CDL in Infermieristica e del CDL Magistrale in Scienze Infermieristiche e Ostetriche – Università degli Studi
di Milano e del Segretario Generale di Fondazione ISMU ETS Nicola Pasini, Laura Zanfrini, Responsabile
Settore Economia, Lavoro e Welfare di Fondazione ISMU ETS e direttore scientifico dello studio, presenterà i
principali risultati e le indicazioni proposte.
Alla discussione parteciperanno (in ordine alfabetico): Patrizia Bevilacqua, Vice-Coordinatrice, Sidmi
Regione Lombardia – Dirigente DAPSS della Asst Spedalicivili di Brescia; Claudio Costa, Direttore, Direzione
Risorse Umane del SSR – Regione Veneto; Caterina Galletti, Vicepresidente, Commissione nazionale delle
Laurea Magistrali in Scienze Infermieristiche e Ostetriche; Carmelo Gagliano, Consigliere, Federazione
Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche; Rosa Melgarejo, Presidente, Associazione Infermieri del
Mondo; Alicia Notario, Presidente, Filipino-Italian Nurses Association; Giulio Zucca, Direzione Generale
Welfare Regione Lombardia. Modera il dibattito la giornalista del Corriere della Sera, Simona Ravizza.
LA SITUAZIONE ITALIANA E IL RECLUTAMENTO ALL’ESTERO
Lo scenario globale. Secondo l’Oms, nel 2025 la popolazione di almeno 60 anni raggiungerà quota 2,1
miliardi di persone ed entro il 2050 la popolazione di almeno 80 anni arriverà a 426 milioni. Nei Paesi
dell’UE, a fronte di una popolazione sempre più anziana, si stima una carenza di 4,1 milioni di professionisti
della sanità entro il 2030, di cui la quota maggioritaria (pari a 2,3 milioni) costituita proprio da infermieri.
Lo scenario italiano. In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, la speranza di vita alla nascita nel 2024 è
stimata in 81,4 anni per gli uomini e in 85,5 anni per le donne. Mentre il dibattito pubblico si concentra sulla
carenza di medici di base e non solo, nel Sistema Sanitario Nazionale italiano operano 1,5 infermieri
per ogni medico, contro una media di 2,2 nell’UE. Per raggiungere lo standard di Francia, Germania,
Regno Unito e Spagna, mancherebbero oltre 220mila infermieri. Particolarmente penalizzate la Basilicata, la
Sardegna, l’Abruzzo, il Molise, la Lombardia, la Puglia, il Lazio, la Calabria, la Sicilia e la Campania 1. Da qui al
2030 le stime del fabbisogno contemplate dallo studio variano tra 60.000 e 100.000 infermieri.
Il 40% degli infermieri in pensione nei prossimi 15 anni. Diversi i fattori che concorrono al fenomeno: il
(pre)pensionamento, la migrazione all’estero, le dimissioni volontarie, ma soprattutto la bassa attrattività
che questa professione esercita sui giovani, tanto da mettere a rischio il turnover generazionale.
In Italia, a maggio 2022 l’età media degli iscritti all’Ordine degli infermieri era pari a 52,2 anni e addirittura
di 56,49 tra i dipendenti del SSN. Secondo il sindacato degli infermieri Nursing Up, nell’arco dei prossimi 15
anni il 40% dei professionisti attualmente in servizio sarà andato in pensione.
Per converso, sul fronte dei nuovi ingressi nella professione, considerando un tasso di successo di
completamento del corso di studi in Infermieristica pari al 75%, si stima che il numero di infermieri formati
nel 2026 e disponibili dal 2027 sarà pari a 61.760.
Una professione poco attrattiva. L’Italia è, insieme all’Irlanda, il Paese europeo dove più drastico è il calo
di interesse per la professione infermieristica a causa di molteplici fattori: da quelli motivazionali alla scarsa
remuneratività, dagli aspetti organizzativi a quelli che rimandano al riconoscimento sociale, che si riflette
nel rapporto coi pazienti e i loro familiari, fonte di gratificazioni ma anche di incomprensioni e, talvolta,
rischi di subire attacchi personali e violenze.
Gli infermieri che lavorano in Italia, secondo il monitoraggio OCSE, sono tra i meno pagati del mondo
occidentale. Infatti, le retribuzioni sono equivalenti al salario medio e ampiamente inferiori ai valori medi
dell’UE. Un infermiere guadagna in media 26.400 € all’anno e 1.450 € netti al mese; 2.300 € netti al mese a
fine carriera o nel caso di posizioni di maggiore responsabilità. A parità di potere d’acquisto, si registra una
differenza retributiva di +56% in Germania (tra 35.400 € e 49.800 € all’anno e tra 2.950 € e 4.150 € al
mese), +46,2% in Svizzera e circa + 20% nel Regno Unito2.
Secondo quanto emerso dalle interviste realizzate durante lo studio, alcuni dei principali Paesi d’origine del
personale straniero operante in Italia offrirebbero oggi trattamenti retributivi sostanzialmente in linea con
quelli italiani. A stipendi modesti si associano, poi, condizioni di lavoro particolarmente “sfidanti”.
La mobilità internazionale degli infermieri. L’Italia è contemporaneamente un Paese di emigrazione e
immigrazione di infermieri. Nel 2019, 2020 e 2021 ben 15.109 si sono trasferiti all’estero (dati Ocse). A
partire dal 2000 sono emigrati quasi 180mila professionisti sanitari italiani, di cui circa 131mila medici e
circa 48mila infermieri. Regno Unito, Svizzera e Germania le principali destinazioni.
Dopo la pandemia, il numero di medici e infermieri che hanno lasciato l’Italia sembra essersi ridotto,
probabilmente per l’avvio di una nuova fase di reclutamento da parte delle regioni durante l’emergenza. Nel
2021 si sono trasferiti all’estero “solo” circa 3.800 infermieri, contro i 6.000 degli anni precedenti.
Per converso, già prima della pandemia le strutture sanitarie e assistenziali pubbliche e private attingevano
in misura copiosa all’offerta di lavoro straniera o d’origine straniera: il numero di infermieri stranieri in
Italia era pari a 23.764 nel 2022 e rappresentava il 5,22% del totale degli infermieri in attività (dati Ocse).
La pandemia prima e la guerra in Ucraina hanno giustificato l’approvazione di misure eccezionali per
consentire l’esercizio della professione infermieristica anche a chi non ha ottenuto il riconoscimento del
valore legale del proprio titolo di studio. Tali provvedimenti, pur avendo immesso nel sistema diverse
migliaia di operatori d’origine immigrata, non sono stati in grado, se non in minima parte, di risolvere la
situazione di sofferenza in cui versa il settore e che sembra destinata ad aggravarsi. Per di più, esse hanno
determinato la presenza di migliaia di operatori che non hanno completato la procedura per il
riconoscimento del titolo di studio acquisito all’estero e l’iscrizione all’ordine, ovvero che non sono passati
per alcuna verifica formale della loro effettiva preparazione. Riallineare i livelli di professionalità del
Per i dati riguardanti la carenza di personale infermieristico in Italia, per regione e ambito di impiego, vedere la tabella a pagg.
32-33 del Report.
In quest’ultimo Paese, gli infermieri appena qualificati guadagnano, in base alla scala salariale della fascia 5 AfC
(Agenda for Change 2020/2021), tra £ 24.907 e £ 30.615;