(AGENPARL) – gio 07 novembre 2024 COMUNICATO STAMPA n. 189/24
Lussemburgo, 7 novembre 2024
Conclusioni dell’avvocato generale nella causa C-460/23 | [Kinsa] 1
Favoreggiamento a scopo umanitario dell’ingresso illegale: l’avvocato
generale Richard de la Tour ritiene valida la direttiva 2002/90 e precisa i
presupposti per l’incriminazione nel diritto dell’Unione e nel diritto
nazionale
La direttiva 2002/90 è conforme al principio di legalità e di proporzionalità dei reati e delle pene. Spetta al
giudice nazionale assicurare che le sanzioni applicabili alle persone che hanno agito in modo disinteressato
siano proporzionate, qualora non venga esclusa la loro responsabilità penale
La direttiva 2002/90 2 impone agli Stati membri di adottare sanzioni appropriate nei confronti di chiunque
intenzionalmente aiuti un cittadino di un paese terzo a entrare in modo illegale nel territorio di uno Stato membro 3.
Tale direttiva prevede, tuttavia, che gli Stati membri possono non applicare sanzioni nei casi in cui il
favoreggiamento è messo in atto allo scopo di prestare assistenza umanitaria 4.
In applicazione della direttiva in parola, il diritto italiano incrimina il favoreggiamento dell’ingresso irregolare,
indipendentemente dalla sussistenza di uno scopo di lucro. È prevista una pena detentiva da due a sei anni e una
multa di EUR 15 000 per ogni persona coinvolta, e sembra essere consentito il cumulo di tali sanzioni.
Il Tribunale di Bologna deve pronunciarsi sulla responsabilità penale di una cittadina di un paese terzo che ha
contribuito all’ingresso illegale nel territorio italiano di sua figlia e di sua nipote, utilizzando falsi documenti di
identificazione. Esso ha espresso dubbi quanto alla validità della direttiva 2002/90 per il motivo che recherebbe un
pregiudizio sproporzionato ai diritti fondamentali delle persone interessate. In particolare, tale giudice ritiene la
direttiva non conforme al principio di proporzionalità in quanto il legislatore dell’Unione configura come reato il
favoreggiamento dell’ingresso illegale indipendentemente dalla sussistenza di uno scopo di lucro, senza imporre agli
Stati membri di escludere la responsabilità penale di quanti agiscono per scopi umanitari o per vincoli familiari.
Nelle sue conclusioni presentate in data odierna, l’avvocato generale Jean Richard de la Tour puntualizza, in primo
luogo, che la fattispecie incriminatrice del favoreggiamento dell’ingresso illegale comprende l’insieme degli atti con i
quali una persona favorisce, in modo ponderato e deliberato, l’attraversamento illegale della frontiera di uno Stato
membro, indipendentemente dalle motivazioni di tale persona.
In secondo luogo, egli rileva che non sussiste alcun elemento di natura tale da inficiare la validità di detta
direttiva dal punto di vista del principio di legalità dei reati e delle pene, sancito all’articolo 49, paragrafo 1,
della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La fattispecie incriminatrice in esame rientra nell’ambito di
una competenza penale concorrente dell’Unione e degli Stati membri e si inserisce nel contesto di un
ravvicinamento delle legislazioni nazionali esistenti. Nella misura in cui tale direttiva non può, da sola, far sorgere
una responsabilità penale a carico di persone, spetta agli Stati membri integrare la fattispecie incriminatrice in
esame attraverso una normativa nazionale che sia proporzionata e dotata della specificità, precisione e chiarezza
richieste per soddisfare il requisito di certezza del diritto. Spetta parimenti agli Stati membri definire, a seconda dei
rispettivi criteri relativi al sorgere della responsabilità, in che misura una persona possa beneficiare, alla luce delle
circostanze del caso di specie, di un esonero da responsabilità penale o di un motivo di esenzione o di riduzione
della pena.
In terzo luogo, l’avvocato generale Richard de la Tour espone che l’incriminazione del favoreggiamento
dell’immigrazione irregolare non è contraria al principio di proporzionalità sancito all’articolo 49, paragrafo 3,
della carta dei diritti fondamentali. Da un lato, è essenziale tener conto non soltanto della minaccia rappresentata
da questo fenomeno per la preservazione dell’ordine pubblico e la gestione delle frontiere, ma anche dei rischi a cui
possono essere esposte le persone interessate a causa delle attività illegali che vi sono collegate e della situazione di
grande precarietà e dipendenza in cui possono trovarsi. D’altro lato, se l’assistenza prestata non rappresenta
necessariamente un’attività svolta a scopo di lucro o criminale e non determina sistematicamente un rischio grave
per la vita di tali persone, è importante ricondurre il complesso degli atti che contribuiscono all’ingresso illegale di
cittadini di paesi terzi nell’ambito di azione delle autorità penali, in modo da garantire una maggiore sorveglianza
degli atti che, dissimulati come atti compiuti per solidarietà o in ragione di legami familiari, potrebbero in realtà
perseguire altri scopi. In tale contesto, spetta al giudice nazionale accertare le motivazioni dell’autore dell’atto e
valutare in che misura un simile atto sia richiesto per la salvaguardia di un interesse superiore e giustifichi, tenuto
conto delle disposizioni di diritto nazionale, l’esonero dell’interessato dalla responsabilità penale o la concessione di
un’esenzione o di una riduzione della pena.
Infine, l’avvocato generale Richard de la Tour sottolinea che la Corte non dispone di elementi sufficienti riguardanti
la portata precisa delle cause di esonero dalla responsabilità penale o di esenzione o riduzione della pena previste
dal diritto italiano. Nondimeno, egli ritiene che il principio di proporzionalità osti a un regime nazionale che non
consenta al giudice di bilanciare gli interessi in causa e di effettuare un’individualizzazione della pena. In particolare,
il giudice nazionale deve poter differenziare l’incriminazione di una persona che ha agito per scopi
umanitari o per necessità da quella di una persona mossa esclusivamente dall’intenzione dolosa di
commettere l’atto precisamente vietato dalla legge a scopo di lucro.
IMPORTANTE: Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell’avvocato
generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è
stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza sarà pronunciata
in una data successiva.
IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della
quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un
atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa
conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga
sottoposto un problema simile.
Documento non ufficiale ad uso degli organi d’informazione che non impegna la Corte di giustizia.
Il testo integrale delle conclusioni è pubblicato sul sito CURIA il giorno della lettura.
Restate in contatto!
Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
Direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali.
Direzione della Comunicazione
Unità Stampa e informazione
curia.europa.eu
V. articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva.
V. articolo 1, paragrafo 2, della direttiva.
Direzione della Comunicazione
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