
(AGENPARL) – ven 22 marzo 2024 TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO
Sezione specializzata in materia d’impresa
Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott.sa Gabriella Ratti
Presidente
dott. Enrico Astuni
Giudice rel. est.
dott.sa Chiara Comune
Giudice
nel procedimento iscritto al n. 20564/2023 sub 1 R.G. promosso da:
procura in atti dell’avv. PAOLO MARIO SILVIO FIORIO ed elettivamente domiciliata presso il
suo studio
– ricorrente
contro
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI ALBA, LANGHE, ROERO E DEL
dell’avv. MILENA ESPOSITO del foro di Roma ed elettivamente domiciliata presso il loro studio
– resistente
Ha emesso la seguente
ORDINANZA
(art. 140-octies, comma 5 cod. consumo)
1. L’Associazione Movimento Consumatori (d’ora in avanti anche “AMC”) ha chiesto di accertare
l’illegittimità e la contrarietà agli interessi collettivi dei consumatori ai sensi dell’art. 33 ss. del
Codice del consumo di alcune clausole, contenute nelle condizioni generali di contratto predisposte
da Banca d’Alba per le fideiussioni a garanzia di operazioni di credito,.
Le clausole della cui vessatorietà è richiesto l’accertamento, individuate in ragione del contenuto
sostanziale, a prescindere dalla posizione e numerazione assunta nel contratto e da differenze
lessicali di dettaglio, sono le seguenti.
1-2) Clausole di sopravvivenza e reviviscenza, che prevedono che “nell’ipotesi in cui le
obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce l’obbligo del debitore di
restituire le somme comunque erogate dalla banca” (n. 1) e che “il fideiussore si impegna altresì a
rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in adempimento di
obbligazioni garantite o che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o
revoca dei pagamenti” (n. 2).
Nelle versioni aggiornate, la clausola di reviviscenza è dichiarata inapplicabile “alla fideiussione
prestata da un soggetto che riveste la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 3 d. lgs n. 206/2005
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(Codice del Consumo) a favore di un soggetto che rivesta la medesima qualità fatto salvo diverso
specifico accordo in tale senso con il fideiussore stesso”.
3) Clausola di pagamento a semplice richiesta scritta, che prevede che “il fideiussore è tenuto a
pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, quanto ad essa dovuto per
capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio”.
Nelle versioni aggiornate, esaminate nel ricorso introduttivo, la clausola è dichiarata inapplicabile
“alla fideiussione prestata da un soggetto che riveste la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 3
d. lgs n. 206/2005 (Codice del Consumo) a favore di un soggetto che rivesta la medesima qualità
fatto salvo diverso specifico accordo in tale senso con il fideiussore stesso”.
4) Clausola di dispensa della banca dall’onere di agire, a pena di decadenza, entro il termine di sei
mesi previsto dall’art. 1957 c.c., che prevede che “I diritti derivanti alla banca dalla fideiussione
restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia
tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro garante entro i termini
previsti dall’art. 1957 c.c. che si intende derogato”.
5) Clausola sull’imputazione dei pagamenti, che prevede che “il fideiussore riconosce alla banca il
diritto di stabilire a quali delle obbligazioni del debitore debbono imputarsi i pagamenti fatti da
lui”. Nelle versioni aggiornate, esaminate nel ricorso introduttivo (doc. I.4.1. e I.4.2.), la clausola
non è più prevista.
6) Limitazione delle eccezioni relative al recesso della banca dal rapporto garantito, che prevede
che “nessuna eccezione può essere opposta dal fideiussore riguardo al momento in cui la banca
esercita la sua facoltà di recedere dai rapporti col debitore”. Nelle versioni aggiornate, esaminate
nel ricorso introduttivo (doc. I.4.1. e I.4.2.), la clausola non è più prevista.
7) Clausole sulla compensazione, che prevedono che “al verificarsi di una delle ipotesi previste
dall’art. 1186 cod. civ. o al prodursi di eventi che incidano negativamente sulla situazione
patrimoniale, finanziaria o economica del fideiussore, in modo tale da porre in pericolo il recupero
del credito vantato dalla banca, quest’ultima ha altresì il diritto di valersi della compensazione
ancorché i crediti, seppure in monete diverse, non siano liquidi ed esigibili e ciò in qualunque
momento e senza obbligo di preavviso e/o formalità, fermo restando che dell’intervenuta
compensazione contro la cui attuazione non potrà in nessun caso eccepirsi la convenzione
d’assegno- la banca darà pronta comunicazione scritta al fideiussore”
e che “fino alla
concorrenza dell’intero credito vantato la banca ha facoltà di valersi dei diritti di cui al comma
precedente anche quando il rapporto creditore sia intestato ad uno solo dei debitori ovvero al
debitore ed alle altre persone, indipendentemente dalla quota di pertinenza di ciascuno”.
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Entrambe le clausole sono dichiarate inapplicabili “alla fideiussione prestata da un soggetto che
riveste la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo) a
favore di un soggetto che rivesta la medesima qualità fatto salvo diverso specifico accordo in tale
senso con il fideiussore stesso”.
provvisorio diretto a “inibire ai sensi degli artt. 140-ter e 140-octies, co. 5, cod. cons la
predisposizione, l’inserzione nelle condizioni contrattuali, la diffusione e l’utilizzo delle Clausole
nei contratti di fideiussione omnibus e specifici, stipulati e stipulandi, anche pro futuro”, “vietare
alla resistente la reiterazione della condotta illecita accertata, ed in particolare la predisposizione,
l’inserzione nelle condizioni contrattuali, la diffusione e l’utilizzo delle Clausole” e condannare la
resistente stessa ad “adottare tutte le misure idonee a eliminare o a limitare gli effetti dannosi delle
violazioni accertate, ed in particolare: ? ordinare la pubblicazione del provvedimento sulla home
page del sito internet della resistente per un periodo non inferiore a 12 mesi; ? ordinare l’invio a
tutti i consumatori che abbiano sottoscritto contratti di fideiussione contenenti le Clausole di una
comunicazione individuale con un avviso, che potrà essere determinato dal Tribunale, diretto ad
informarli dell’illegittimità delle Clausole e dei comportamenti posti in essere dalla resistente nella
loro predisposizione, diffusione ed utilizzo nonché dei conseguenti diritti dei consumatori”, oltre
alla pubblicazione del provvedimento di accoglimento del ricorso “su tre quotidiani a diffusione
nazionale, particolarmente diffusi in Piemonte e Liguria e sugli altri mezzi di comunicazione
ritenuti appropriati”, fissando un termine per l’adempimento del provvedimento e stabilendo una
congrua penale per ogni inadempimento e/o giorno di ritardo, in somma non inferiore a € 5.000,00.
Banca d’Alba, oltre a costituirsi nel procedimento principale, ha depositato memoria difensiva in
questo procedimento, chiedendo in via preliminare dichiararsi cessata la materia del contendere,
“poiché la Banca ha già provveduto all’adeguamento dei modelli di cui si discute” e in via
principale respingere, perché inammissibili e/o infondate, tutte le domande proposte da AMC.
2. Le condizioni generali di contratto predisposte da Banca d’Alba per le fideiussioni c.d. attive,
cioè richieste dalla Banca a garanzia degli affidamenti, sono unitarie e riguardano indifferentemente
sia le persone fisiche che agiscono come consumatori, sia i non-consumatori, anche se una parte
delle condizioni generali di contratto è espressamente dichiarata inapplicabile ai “soggetti che [..]
rivestono la qualifica di consumatore” (ad esempio l’art. 15 sulla clausola derogativa del foro contratto del 2004, doc. I.3 ric.) o “alla fideiussione prestata da un soggetto che riveste la qualità di
consumatore ai sensi dell’art. 3 d. lgs n. 206/2005 (Codice del Consumo) a favore di un soggetto
che rivesta la medesima qualità fatto salvo diverso specifico accordo in tale senso con il fideiussore
stesso” (ad esempio gli artt. 2, 8 e 13 del contratto del 2018, doc. I.4.1 ric.).
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Come già è stato scritto nell’ordinanza di ammissione dell’azione rappresentativa, oggetto
dell’azione di AMC sono bensì le condizioni generali di contratto, ma in quanto: (1) predisposte per
essere applicate a consumatori, (2) contenenti clausole abusive, o da presumersi tali in assenza di
negoziato individuale, per violazione degli artt. 33 ss. cod. consumo. Per contro, l’azione non
riguarda le condizioni generali di contratto predisposte e utilizzate nei confronti di nonconsumatori.
Conseguentemente, non sono oggetto dell’inibitoria e degli ordini diretti a far cessare le violazioni
accertate le condizioni generali predisposte e usate nei confronti di non-consumatori e quelle,
riguardanti i consumatori, che risultino allineate alle previsioni del codice del consumo, perché: (1)
non abusive; (2) astrattamente abusive, ma dichiarate inapplicabili al fideiussore che agisce in
qualità di consumatore (3) o subordinate alla condizione del negoziato individuale, il quale peraltro,
Le cautele introdotte da Banca d’Alba circa l’inapplicabilità di alcune clausole – evidentemente da
presumersi vessatorie secondo il prudente giudizio della stessa Banca – “alla fideiussione prestata
da un soggetto che riveste la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 3 d. lgs n. 206/2005 (Codice
del Consumo) a favore di un soggetto che rivesta la medesima qualità fatto salvo diverso specifico
accordo in tale senso con il fideiussore stesso” (doc. I.4.1 e I.4.2.) non sono sufficienti a evitare la
violazione, perché la condizione, dalla quale dipende al contempo la non applicazione della clausola
e la riserva di negoziato individuale, è formulata in termini restrittivi, richiedendo non soltanto che
il fideiussore agisca come consumatore, ma altresì che il debitore principale sia esso stesso
consumatore.
In altri termini, la clausola vessatoria non s’applica, salvo negoziato individuale, al consumatore
fideiussore di un altro consumatore, ma è invece applicabile senza particolari condizioni al
consumatore che presta fideiussione per un professionista.
3. Questa formulazione restrittiva, allineata a quella prevista nello schema raccomandato dall’ABI e
con l’orientamento invalso nella giur. europea e nazionale dal 2015, che ha superato la tradizionale
teoria del c.d. professionista di rimbalzo, in precedenza seguita dalla Corte di Giustizia UE (CGUE
Secondo questa tesi, il requisito soggettivo della qualità di consumatore, nei contratti di garanzia,
deve verificarsi con riguardo all’obbligazione garantita “ai fini dell’applicabilità della specifica
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normativa in materia di tutela del consumatore, di cui agli art. 1469 bis segg. c.c., nel testo vigente
ratione temporis, attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore rispetto all’obbligazione
garantita”.
Implicazione logica della tesi è che il fideiussore che ha dato garanzia per debiti contratti
nell’esercizio di un’impresa o professione non possa mai avvalersi della tutela consumeristica,
poiché il rapporto principale (b2b) non è soggetto al codice del consumo e il rapporto di garanzia è
attratto quoad effectum a quello principale.
affermando che la nozione di “consumatore” ha carattere oggettivo e “deve essere valutata alla luce
di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito
delle attività estranee all’esercizio di una professione” (punto 27) e che, conseguentemente, la
direttiva n. 93/13 “può essere applicata a un contratto di garanzia immobiliare o di fideiussione
stipulato tra una persona fisica e un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una
società commerciale ha contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, quando
tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun
collegamento di natura funzionale con la suddetta società”, dove “collegamenti funzionali” tra
fideiussore e società sono “l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile
al suo capitale sociale” (punto 29). Conforme in seguito, con riguardo a un contratto di garanzia
Pertanto, se il fideiussore ha agito professionalmente, ha un “collegamento funzionale” ed è
interessato all’andamento della società, perché è amministratore o ha una partecipazione sociale non
trascurabile, il codice del consumo è inapplicabile. Per contro, è sempre sottoposta agli artt. 33 ss.
codice del consumo, chiunque sia il debitore principale, la fideiussione di colui che ha agito “per
motivi personali”, ad esempio per legami familiari o in spirito d’amicizia ed è estraneo
all’organizzazione societaria e non ha uno specifico interesse patrimoniale all’andamento della
società o dell’impresa.
Banca d’Alba non ha mai aggiornato le condizioni generali relative alle fideiussioni attive dopo il
revirement del 2015, continuando ad attenersi alla giurisprudenza ormai superata del fideiussore
(consumatore, ma) professionista di rimbalzo. Questo vale non soltanto per gli esemplari di lettera
fideiussoria prodotti da AMC (sub doc. I.4) che sono del 2018 e 2019, ma anche per le produzioni a
campione di Banca d’Alba, che si riferiscono agli anni successivi.
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Ad esempio, una fideiussione omnibus rilasciata a febbraio 2021 (rif. 17427) in base a uno schema
di condizioni generali (“ed. 10/20”) apparentemente elaborato nel 2020 continua a contenere agli
articoli “Oggetto della garanzia” (ivi, art. 2), “Pagamento del fideiussore” (art. 7) e
“Compensazione” (art. 12) la stessa disposizione restrittiva, che limita al solo consumatore che
presta fideiussione per un altro consumatore la non applicazione della clausola vessatoria in
questione.
Conseguentemente, questa riserva non serve a eliminare la vessatorietà della clausola nei confronti
dei consumatori che hanno prestato fideiussione per un professionista e rende necessaria la
disamina della clausola nel merito. A maggior ragione la disamina è necessaria per le clausole che,
per la loro formulazione, sono applicabili a ogni fideiussore consumatore senza condizioni o limiti.
4. In termini generali, il controllo contenutistico previsto dagli artt. 33 ss. cod. consumo non
riguarda le clausole che riproducono disposizioni di legge (art. 34 comma 3 cod. consumo),
intendendosi per tali non sole norme “imperative”, come si legge nella versione italiana della dir.
93/13 (art. 1 par. 2), ma anche norme dispositive o suppletive, come si legge nel tredicesimo
considerando della Direttiva, secondo cui l’espressione “comprende anche le regole che per legge si
applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo”, e risulta dalla
La ragione dell’esclusione dal controllo delle clausole “riproduttive” sta nella considerazione,
stabilito un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti,
equilibrio che il legislatore dell’Unione ha espressamente voluto preservare (sentenza del 10 giugno
2021, Prima Banka Slovensko, C-192/20, EU:C:2021:480, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
Inoltre, la Corte ha precisato che la circostanza che sia stato stabilito un siffatto equilibrio
costituisce non già una condizione per l’applicazione dell’esclusione di cui all’articolo 1, paragrafo
2, bensì la giustificazione di una simile esclusione (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020,
Banca Transilvania, C-81/19, EU:C:2020:532, punto 27, nonché ordinanza del 14 ottobre 2021,
NSV e NM, C-87/21, non pubblicata, EU:C:2021:860, punto 31)”.
Pertanto, le norme dispositive: (1) si presumono juris et de jure non ingenerare un significativo
squilibrio tra i diritti e obblighi delle parti; (2) estendono tale presunzione alle clausole che
riproducono pedissequamente il contenuto della norma; (3) fissano in ultima analisi il criterio di
giustizia ed equilibrio contrattuale rispetto a cui verificare l’eventuale “significativo squilibrio dei
diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” contrario a buona fede, pertanto l’abusivo esercizio
dell’autonomia del predisponente ex art. 33 comma 1 cod. consumo.
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Al riguardo è stato incisivamente affermato che oggetto del controllo di vessatorietà è “l’esercizio
della libertà contrattuale nelle sue perspicue manifestazioni di modulazione del regolamento pattizio
in deroga al diritto dispositivo. Infatti, tale deroga è astrattamente permessa; l’abusività della
clausola dipende dalla intensità della deroga: a tal punto spinta da determinare, in contrasto con i
canoni della buona fede, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal
contratto”.
5. Questa premessa generale serve anche a interpretare correttamente la “limitazione della facoltà di
opporre eccezioni”, di cui all’art. 33 comma 2, lett. t), che è la primaria base normativa, seppur non
esclusiva, delle contestazioni di AMC alle singole clausole.
Empiricamente, una “limitazione della facoltà di opporre eccezioni” può presentarsi variamente: a)
il contratto subordina a una o più condizioni volontarie o all’esecuzione di una prestazione (solve et
repete), il potere dell’aderente (o del consumatore) di proporre fondatamente un’eccezione che, a
termini di legge, può essere esercitata senza sottostare a quelle condizioni; b) il contratto contiene la
rinuncia preventiva dell’aderente (o del consumatore) al potere di proporre un’eccezione
riconosciutagli dalla legge; c) il contratto regola il contenuto del rapporto tra predisponente e
aderente (o tra professionista e consumatore) in modo differente da quello previsto dalla legge ed
esclude per incompatibilità una o più eccezioni che astrattamente l’aderente (o il consumatore)
avrebbe facoltà di proporre.
Evidentemente, il secondo e il terzo caso hanno un effetto sulla posizione contrattuale dell’aderente
(o del consumatore) molto più intenso del primo, dove l’eccezione persiste ed è soltanto subordinata
a condizioni nuove non previste dalla legge. Tuttavia, mentre la sottoposizione del primo caso agli
artt. 1341 c.c. e 33 cod. consumo non è controversa (cfr. sulla vessatorietà della clausola solve et
Considerando ad esempio l’art. 1957 c.c., la prevalente giur. di legittimità – citata infra § 9, ma vedi
27558 – ritiene non-vessatoria agli effetti dell’art. 1341 comma 2 c.c. sia la rinuncia preventiva pura
e semplice a quest’eccezione (caso b), sia il patto tra fideiussore e creditore col quale si conviene,
sempre in deroga all’art. 1957 c.c., che il fideiussore resti obbligato fino all’integrale adempimento
dell’obbligazione principale, senza il limite dell’art. 1957 c.c. (caso c).
La dottrina sistematizza le conclusioni della giurisprudenza, distinguendo tra limitazioni
“sostanziali” e “processuali” e cioè tra clausole che escludono il diritto (sostanziale) di opporre
un’eccezione e clausole che, senza arrivare a escludere il diritto, regolano le condizioni d’esercizio
(lato sensu processuali) dell’eccezione: queste ultime sottoposte all’art. 1341 c.c. e le prime per
contro estranee, evidentemente in considerazione della natura tassativa dell’elenco ex art. 1341 c.c.
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Nell’impianto del codice del consumo, la differenza tra limiti sostanziali e processuali non può
essere mantenuta, principalmente per due ordini di motivi.
In primo luogo, l’art. 33 comma 2 cod. consumo contiene un’elencazione delle clausole che “si
presumono vessatorie fino a prova contraria”, ma non esclude che altre clausole manifestino “un
significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”, contrario a buona fede, e
quindi risultino in violazione di legge – laddove il punto di equilibrio e quindi il criterio di giudizio
del “significativo squilibrio” è rappresentato dal quadro normativo e giurisprudenziale che si
presenta come “diritto dispositivo” (sopra § 4).
In secondo luogo, deve revocarsi in dubbio la possibilità di interpretare restrittivamente le
“limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni”, come riferite ai soli aggravamenti della tutela
processuale del consumatore e non alla rinunce alla tutela sostanziale, poiché la dir. 93/13 e gli artt.
33 ss. del codice distinguono tra “oggetto del contratto” e “adeguatezza del corrispettivo dei beni e
dei servizi”, che sono esclusi dal controllo purché “indicati in modo chiaro e comprensibile” (art. 34
comma 2), ed elementi che rivestono un carattere accessorio, che invece sono sottoposti a controllo
da parte del giudice.
Al riguardo, è evidente che “l’oggetto del contratto” non può qui intendersi con la latitudine
prevista dall’art. 1346 c.c., come sinonimo di contenuto del regolamento contrattuale, poiché ciò
verrebbe a contraddire in radice la previsione di un controllo contenutistico sull’esercizio
dell’autonomia negoziale delle parti (e in definitiva del solo professionista), e deve quindi
intendersi, in armonia con la dir. 93/13, come “oggetto principale del contratto” (art. 4 par. 2) e cioè
come “prestazioni essenziali” che caratterizzano il contratto e “definiscono l’essenza stessa del
rapporto contrattuale”, ad esclusione delle “clausole che rivestono un carattere accessorio”, che
“non possono rientrare nella nozione di ‘ oggetto principale del contratto ‘” (Corte di Giustizia UE
A tale fine, secondo la Corte, “l’analisi di una clausola contrattuale, al fine di stabilire se essa rientri
nella nozione di «oggetto principale del contratto» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della
direttiva 93/13, deve essere effettuata tenendo conto della natura, dell’economia generale e
dell’insieme delle stipulazioni del contratto, nonché del suo contesto giuridico e fattuale” (Van
Hove, punto 37).
La clausola di rinuncia a una tutela sostanziale prevista dalla legge può dunque, secondo la varietà
dei casi, o attingere la sfera dell’oggetto principale del contratto, risultare essenziale nell’economia
dell’affare e in tal caso sottrarsi al controllo sull’abusività, con il limite della “chiarezza” e
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“comprensibilità”, o al contrario risultare accessoria e ricadere nel perimetro del controllo di
contenuto.
6. Delle clausole contestate da AMC, quelle di sopravvivenza e reviviscenza dell’obbligazione (n.
1) e la rinuncia all’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. (n. 2.1) sono state ampiamente
considerate nella recente giurisprudenza, ma sotto una diversa angolazione: segnatamente perché
contenute nello schema contrattuale di fideiussione omnibus raccomandato dall’ABI e oggetto del
della concorrenza e del mercato e giudicate “in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della
legge n. 287/90”, “nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme”.
Titolo della domanda non è qui la violazione della legge n. 287/90, né l’applicazione uniforme delle
clausole contestate da AMC da parte del sistema bancario. Ciò non toglie che l’analisi degli effetti
delle singole clausole sull’equilibrio dei rapporti tra banca e fideiussore, contenuta nel
provvedimento di Banca d’Italia, abbia sostanza oggettiva e offra utili elementi di giudizio anche ai
fini della questione consumeristica. Altresì è da osservare che il funzionamento delle clausole
anzidette è identico, a prescindere dal loro inserimento in una fideiussione omnibus oppure
specifica. Pertanto, le analisi di Banca d’Italia valgono indistintamente per l’una e per l’altra –
entrambe oggetto di censura da parte di AMC.
Nella specie, le valutazioni di Banca d’Italia appaiono sufficienti a giudicare la vessatorietà delle
clausole di reviviscenza e sopravvivenza. Infatti, ai §§ 84 e 85, Banca d’Italia osservò che “la
clausola che dispone la ‘reviviscenza’ della garanzia dopo l’estinzione del debito principale [..]
impegna il fideiussore a tenere indenne la banca da vicende successive all’avvenuto adempimento,
anche quando egli abbia confidato nell’estinzione della garanzia a seguito del pagamento del
debitore e abbia conseguentemente trascurato di tutelare le proprie ragioni di regresso nei confronti
di quest’ultimo (cfr. art. 1953 cod. civ.). Da ciò derivano conseguenze particolarmente
pregiudizievoli per il garante quando l’obbligo di restituzione della banca sia determinato dalla
declaratoria di inefficacia o dalla revoca dei pagamenti eseguiti dal debitore a seguito di fallimento
dello stesso” e che “la clausola in questione può comportare la deroga all’art. 1945 cod. civ. in tutti
i casi in cui il debitore agisca nei confronti della banca per la restituzione di quanto ritenga di aver
pagato in eccedenza rispetto al dovuto. In tal caso il fideiussore sarebbe comunque impegnato a
rimborsare alla banca le somme che la stessa fosse tenuta a restituire all’originario debitore, senza
poter far valere le eccezioni di pertinenza del debitore”.
Inoltre, sempre secondo Banca d’Italia (ibidem, § 96), la clausola di reviviscenza non serve a
migliorare l’accesso al credito o a mitigare il rischio, diversamente da altre clausole dello schema, e
ha invece “lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti
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dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia
dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa”.
Implicito in quest’analisi è il giudizio di “significativo squilibrio” nei diritti e obblighi, atteso che la
clausola in questione, come le altre due, trasferisce a carico del fideiussore il rischio di insolvenza,
senza al contempo migliorare in alcun modo la sua posizione o, per quanto possa rilevare, quella del
debitore principale.
Il Collegio non ha motivo di discostarsi dal giudizio di Banca d’Italia e deve conseguentemente
affermare la vessatorietà della clausola di reviviscenza per violazione dell’art. 33 comma 1 cod.
consumo, assorbito l’ulteriore profilo di doglianza. A verbale di udienza, AMC ha esibito
riservando il deposito telematico, poi avvenuto, un prospetto comparativo (doc. I.36) delle versioni
delle condizioni generali di contratto predisposte da Banca d’Alba tra il 2004 e il 2023. La
formulazione della clausola di reviviscenza è rimasta sostanzialmente invariata.
7. Considerazioni in parte simili possono farsi per la clausola di sopravvivenza.
Rilevò Banca d’Italia (ibidem, § 86) che gli “obblighi di restituzione del debitore, derivanti
dall’invalidità del rapporto principale [..] sono ulteriori e diversi rispetto a quelli di garanzia
dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore in forza dei rapporti creditizi cui accede la
fideiussione”.
Il punto può essere altrimenti espresso. La fideiussione garantisce l’adempimento del contratto e
non la ripetizione dell’indebito sine causa, poiché l’art. 1939 c.c. subordina la validità (o efficacia,
il punto non ha ragione di essere approfondito) della prestazione di garanzia alla validità
dell’obbligazione principale. Pertanto, secondo il diritto dispositivo, la nullità del titolo contrattuale
comporta non l’obbligo del fideiussore di restituire le somme indebitamente erogate dalla banca al
cliente – ad es. il capitale mutuato – o le somme prelevate dal cliente usando il fido, ma la pura e
semplice liberazione del fideiussore dalla garanzia.
Per vero, il debito del cliente per le somme comunque erogate si presenta come una frazione del
complessivo debito restitutorio a cui il cliente sarebbe stato tenuto e che il fideiussore avrebbe
garantito, se il contratto fosse stato valido, ma questa considerazione non toglie che siano diversi,
oltre alla causa debendi, anche tempi e modalità dell’adempimento, i quali prescindono
dall’osservanza del piano di ammortamento o dai patti sulla chiusura del fido – prima facie
anch’essi travolti dalla nullità del contratto – e rispondono alla diversa regola di legge
dell’esigibilità immediata (art. 1183 c.c.). Pertanto, correttamente Banca d’Italia si esprime,
individuando nella clausola di sopravvivenza obblighi “ulteriori e diversi”.
Il portato della clausola di sopravvivenza è dunque una rinuncia preventiva del fideiussore ad
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pure nel rispetto del principio che la fideiussione non può essere prestata in duriorem causam (art.
1941 c.c.) e quindi nei limiti delle somme che il debitore principale è tenuto a restituire. Questa
considerazione avvia il discorso a conclusione, atteso che la rinuncia o limitazione della facoltà di
opporre eccezioni attribuite al consumatore dal diritto dispositivo si presume vessatoria (vedi sopra
§ 5).
La presunzione di vessatorietà non è smentita dall’analisi degli effetti pratici della clausola, poiché
Banca d’Italia rilevò (§ 86) che tale “previsione non appare connaturata all’essenza del rapporto di
garanzia e potrebbe, per converso, indurre la banca, in sede di concessione del credito, a dedicare
una minore attenzione alla validità o all’efficacia del rapporto instaurato con il debitore principale;
essa, infatti, potrebbe comunque contare sulla permanenza dell’obbligazione di garanzia in capo al
fideiussore [..] al fine di ottenere il rimborso delle somme a qualsivoglia titolo erogate” e che pur
essa ha “lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti
dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia
dell’obbligazione principale” (§ 96), senza migliorare l’accesso al credito o mitigare la posizione
delle controparti della banca.
In conclusione, la clausola di sopravvivenza è vessatoria ai sensi dell’art. 33 comma 2 lett. t) e della
clausola generale del “significativo squilibrio” tra diritti e obblighi. Anche in tal caso, non si
registra un’apprezzabile evoluzione della clausola nel tempo.
8. La clausola di “pagamento a semplice richiesta scritta” (§ 1, n. 3) è intesa da AMC (ricorso
introduttivo pag. 26) come “finalizzata a derogare l’art. 1957 c.c. aggirando gli obblighi posti in
capo alla banca sotto tre distinti profili: 1) la banca può omettere del tutto l’azione nei confronti del
debitore principale; 2) la banca può agire oltre i 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale
3) con una semplice richiesta scritta e quindi senza alcun atto giudiziale, condizione necessaria
affinché sia posta in essere in concreto un’azione diretta al recupero del credito nei confronti del
debitore principale. La clausola determina pertanto un’evidente limitazione alla facoltà del
consumatore di proporre eccezioni”.
La vessatorietà della clausola non può essere revocata in dubbio, visto che la stessa Banca d’Alba
ne ha escluso, salvo negoziato individuale, l’applicabilità al consumatore sia pure col limite,
coerente con la risalente teoria del professionista di rimbalzo (§ 3), che la fideiussione sia prestata
per altro consumatore.
Tuttavia, la portata della clausola appare diversa da quella indicata da AMC.
In effetti, anche nel tenore letterale, la clausola predisposta da Banca d’Alba rispecchia quella
contenuta nello schema di fideiussione omnibus raccomandato dall’ABI e analizzato da Banca
d’Italia (doc. I.15, sub § 16: “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a
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semplice richiesta scritta, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro
accessorio”). Secondo l’interpretazione offerta dall’ABI e condivisa da Banca d’Italia, “il
fideiussore non può opporsi al pagamento immediato di quanto richiesto dalla banca – che non è
tenuta a rivolgersi preventivamente al debitore principale – ma mantiene la facoltà di proporre
eventuali eccezioni in un momento successivo all’avvenuto pagamento” (§ 16), pertanto la clausola
non dà alla garanzia “un carattere autonomo rispetto all’obbligazione principale”, ma introduce “un
meccanismo [..] del tipo solve et repete: il fideiussore, cioè, dovrebbe pagare a richiesta della banca
l’importo dovuto, ma non perderebbe il diritto di far valere le eccezioni spettanti al debitore
principale. La motivazione della clausola in esame risiederebbe, secondo quanto rappresentato
dall’ABI, nella possibilità di rendere immediatamente esigibile il debito del fideiussore nei
confronti della banca, anche al fine di ottenere un decreto ingiuntivo in caso di rifiuto di
pagamento”.
L’interpretazione dell’ABI, raccolta da Banca d’Italia, non trova smentita nella giurisprudenza di
per l’interpretazione della clausola “a prima richiesta” o “senza eccezioni” come indice di
autonomia della garanzia rispetto all’obbligazione principale, non esclude la possibilità di
interpretare la clausola altrimenti, in presenza di “un’evidente, patente, irredimibile discrasia con
l’intero contenuto “altro” della convenzione negoziale”, in particolare come solve et repete (per
In specie, malgrado timidi accenni (ad es. comparsa di risposta pag. 34), la clausola “a prima
richiesta” elaborata da Banca d’Alba non può qualificarsi come autonoma: non soltanto perché
riprende la raccomandazione ABI, che la presenta come solve et repete, ma anche e soprattutto
perché la pretesa autonomia è contraddetta da plurimi elementi: (1) “oggetto della garanzia” è “tutto
quanto dovuto dal debitore per capitale, interessi anche se moratori ed ogni altro accessorio, nonché
per ogni spesa”, pertanto coincide con il contenuto dell’obbligazione principale, secondo lo schema
tipico della fideiussione, dove è noto che il contratto autonomo ha per contenuto una prestazione
“qualitativamente diversa da quella dovuta dal debitore principale” e obbliga “a tenere indenne il
beneficiario dal nocumento per la mancata prestazione del debitore, spesso con una prestazione solo
equivalente e non necessariamente corrispondente a quella dovuta” (Cass. sez. un. 3947/2010, in
motivazione, § 9.3.), come tipicamente si verifica nelle polizze cauzionali e nei performance bond;
(2) l’articolato contrattuale non contiene alcuna rinuncia, espressa e non equivoca, del fideiussore a
opporre ex art. 1945 c.c. a Banca d’Alba le eccezioni che può opporre il debitore principale; (3) non
ultimo, lo schema di garanzia non assicura al fideiussore di potersi rivalere nei confronti del
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debitore principale “a prima richiesta e senza eccezioni” – ciò che richiederebbe la partecipazione al
contratto del debitore e la rinuncia da parte sua ad avvalersi delle eccezioni ex art. 1952 c.c., come
normalmente è previsto nelle fideiussioni bancarie o assicurative c.d. passive, rinuncia che è
conditio sine qua non affinché la garanzia sia davvero autonoma e indipendente dall’obbligazione
principale e il pagamento indebito non resti definitivamente a carico del garante.
Che la clausola “a prima richiesta” predisposta da Banca d’Alba consista in un meccanismo di solve
et repete, anziché in una garanzia autonoma, di cui mancano le condizioni, o in una semplice
dispensa dall’onere di proporre “le istanze” in forma giudiziale, in deroga all’art. 1957 c.c., come
assume AMC, appare confermato anche dalle più recenti versioni della stessa. In particolare, dal
prospetto comparativo di AMC (doc. I.36) risulta un esemplare di fideiussione del 2023 (doc.
961581) che riformula la clausola, in termini ancora più espliciti di solve et repete, prevedendo che
il pagamento avvenga “a prima e semplice richiesta scritta [..] ogni eccezione rimossa”.
Come già è stato evidenziato (sopra § 5), la limitazione anche solo processuale alla facoltà del
fideiussore di opporre eccezioni, pertinenti all’obbligazione di garanzia, quindi jure proprio, o
derivate ex art. 1945 c.c. dall’obbligazione principale è vessatoria ai sensi dell’art. 33 comma 2 lett.
9. La dispensa della Banca dall’onere di agire, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi
previsto dall’art. 1957 (§ 1, clausola 4) limita la facoltà di opporre eccezioni.
Per vero, la giur. di legittimità ha ripetutamente escluso la vessatorietà di tale clausola,
considerando da un lato vessatorie le sole “limitazioni” di ordine processuale e dall’altro di stretta
interpretazione l’elenco di cui all’art. 1341 c.c..
Così è stato affermato che “la rinuncia preventiva del fideiussore a far valere la decadenza prevista
dall’art. 1957 primo comma, c.c. a carico del creditore che non abbia proposto le sue istanze contro
il debitore e le abbia con diligenza continuate, entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione
garantita non rientra tra le clausole particolarmente onerose di cui l’art 1341 c.c. esige, nel caso che
siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente”
Nelle pronunce di legittimità più recenti, il principio di diritto tiene insieme la non vessatorietà e la
natura dispositiva dell’art. 1957 c.c. che “può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del
fideiussore, trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun
principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione da parte del fideiussore del maggior
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Ancora, nel senso che, “ove la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza
dell’obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l’azione del creditore nei confronti
del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.” cfr. da ultimo
Come è stato scritto (sub § 5), la distinzione tra limiti sostanziali e processuali non ha più ragion
d’essere nel diverso quadro normativo e giurisprudenziale della dir. 93/13, perché da un lato le
presunzioni di vessatorietà fissate dal comma 2 non limitano l’operatività della clausola generale
del “significativo squilibrio” contrario a buona fede, dall’altro il metro di giudizio dello squilibrio è
rappresentato dal diritto dispositivo, nelle sue diverse declinazioni, sostanziali e processuali.
Oltre a presumersi vessatoria, la clausola in questione non prevede un apprezzabile vantaggio a
favore del fideiussore, tale da compensare e/o bilanciare la perdita dell’eccezione di decadenza.
Rilevò infatti Banca d’Italia, al § 83 del provvedimento (doc. I.15), che la clausola “ha la funzione
di esonerare la banca dal proporre e proseguire diligentemente le proprie istanze, nei confronti del
debitore e del fideiussore, entro i termini previsti da detta norma. Tale clausola, pertanto, appare
suscettibile di arrecare un significativo vantaggio non tanto al debitore in difficoltà – come ritiene
l’ABI – quanto piuttosto alla banca creditrice, che in questo modo disporrebbe di un termine molto
lungo (coincidente con quello della prescrizione dei suoi diritti verso il garantito) per far valere la
garanzia fideiussoria. Ne potrebbe risultare disincentivata la diligenza della banca nel proporre le
proprie istanze e conseguentemente sbilanciata la posizione della banca stessa a svantaggio del
garante”.
Banca d’Alba ha dato atto nella comparsa di risposta (pag. 17) di aver modificato la clausola in
questione, prevedendo anziché una pura e semplice rinuncia all’applicazione dell’art. 1957 c.c.
l’estensione del termine da sei a trentasei mesi. La modifica delle condizioni generali trova
conferma nel prospetto comparativo elaborato da AMC; risulta in effetti un contratto del dicembre
2023 (Doc. 961581), che così riformula la clausola: “Fermo restando che in ogni caso di insolvenza
del debitore principale, le azioni per il recupero del credito potrebbero non essere immediatamente
attivate, il fideiussore dichiara di rinunciare espressamente al termine di sei mesi previsto dall’art.
1957 c.c. e dichiara di voler estendere detto termine al maggior termine di 36 mesi e di garantire i
diritti della banca fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore”.
Ritiene Banca d’Alba che la previsione negoziale di un più ampio termine abbia l’effetto di
“rendere più agevole la posizione del debitore principale e del garante: questi invero possono trarre
soltanto vantaggio da termini temporali più lunghi a disposizione della banca per l’esercizio delle
azioni di recupero”, ma non coglie il cuore del problema.
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L’interesse protetto dalla norma consiste nell’assicurare al fideiussore che “la sua posizione non
resti indefinitamente sospesa” e che siano adottate “sollecite e serie iniziative contro il debitore
in genere è, il creditore può rivolgersi a sua scelta contro l’uno o l’altro dei condebitori e l’istanza
proposta nel termine di legge, anche esclusivamente nei confronti del fideiussore, ha l’effetto di
In questo contesto, è opinabile che “l’istanza ex art. 1957 c.c.” nei confronti del fideiussore debba
assumere necessariamente veste giudiziale – com’è pacifico con riguardo al debitore (Cass.
è sufficiente ad avvertirlo che il debito garantito non è stato adempiuto, lo pone in condizione di
pagare e agire in regresso nei confronti del debitore principale e, anche prima di aver pagato, di
esercitare l’azione di rilievo (art. 1953 c.c.) nei confronti del debitore principale – e quindi in
definitiva di adottare lui le “sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il
proprio credito” – e, non ultimo, è certamente meno invasiva e aggressiva di un’azione giudiziale,
con ciò che essa normalmente comporta: spese di lite, iscrizione di ipoteca giudiziale, esecuzione
forzata sui beni ecc.
Sulla possibilità di interpretare una clausola di “semplice richiesta scritta”, anziché come solve et
repete (vedi sopra), come dispensa del creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziale nei
Tuttavia, è da osservare che il puro e semplice allungamento del termine che la Banca si riserva per
gestire il debito insoluto e agire giudizialmente non soddisfa in modo adeguato l’interesse del
fideiussore – e finisce per essere una limitazione nel tempo della facoltà di opporre eccezioni
spettanti per legge – perché non assicura in alcun modo al fideiussore né di essere tempestivamente
avvertito che il debito non è stato adempiuto, né per conseguenza di conservare le proprie ragioni
nei confronti del debitore.
Pertanto, la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. deve ritenersi vessatoria sia nella formulazione
originaria di pura e semplice rinuncia, sia in quella che prolunga il termine di legge, senza al
contempo soddisfare altrimenti gli interessi del garante al tempestivo avviso e alla conservazione
dell’integrità delle sue ragioni nei confronti del debitore.
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10. La clausola sull’imputazione dei pagamenti (§ 1, n. 5) prevede che “il fideiussore riconosce alla
banca il diritto di stabilire a quali delle obbligazioni del debitore debbono imputarsi i pagamenti
fatti da lui”. Tale clausola si trova, peraltro, esclusivamente nel contratto del 2004 (doc. I.3) e non
compare più nelle versioni aggiornate delle condizioni generali di contratto, prodotte da AMC (doc.
I.4.1. e I.4.2.) o dalla Banca (sub doc. 4 res.; doc. I.36 ric.).
Osserva correttamente AMC (ricorso introduttivo pag. 28) che “tale clausola, rimettendo alla Banca
creditrice la facoltà di imputare i pagamenti, deroga ai principi previsti dall’art. 1193 c.c., secondo
cui chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga,
quale debito intende soddisfare, determinando in maniera illegittima e abusiva uno squilibrio ai
danni del fideiussore-consumatore. In concreto, potrebbe essere infatti interesse di quest’ultimo, ad
esempio nell’ipotesi in cui abbia sottoscritto una fideiussione omnibus, saldare in toto o in parte il
debito del debitore garantito che produce interessi passivi più elevati. Si pensi al caso, ad esempio,
di una fideiussione rilasciata per un mutuo a tasso fisso dell’1% e un altro finanziamento o apertura
di credito con un tasso fisso al 10% che abbiano maturato lo stesso capitale a credito della banca. È
del tutto evidente che il fideiussore abbia interesse, all’opposto della banca, ad estinguere il secondo
debito piuttosto che il primo, evitando così che maturino interessi più elevati a favore della banca e
che aggravino la sua esposizione debitoria”.
Non ultimo, se uno o più dei rapporti pendenti sono litigiosi, la facoltà di imputazione consente al
fideiussore di adempiere il debito non controverso e attendere l’azione della Banca per opporre le
proprie eccezioni; per contro, la clausola pregiudica la possibilità di una siffatta scelta processuale e
finisce per operare, sia pure in casi-limite, alla stregua di un solve et repete.
La clausola appare pertanto vessatoria perché ingenera uno squilibrio significativo e privo di
giustificazione, oltre a essere passibile di censura dall’angolazione dell’art. 33 comma 2 lett. t).
11. L’esemplare di lettera fideiussoria del 2004 contiene la previsione che “nessuna eccezione può
essere opposta dal fideiussore riguardo al momento in cui la banca esercita la sua facoltà di
recedere dai rapporti col debitore” (§ 1, n.6). Nelle versioni aggiornate, esaminate nel ricorso
introduttivo (doc. I.4.1. e I.4.2.), la clausola non è più prevista. In alcuni contratti prodotti a
campione dalla Banca (ad es. doc. 58035 del settembre 2021; sub doc. 4.1 res.; doc. 93656, sub doc.
4.2 conv.) la clausola è dichiaratamente inapplicabile “alla fideiussione prestata da un soggetto che
riveste la qualità di consumatore”.
Limitando l’esame di merito alle condizioni generali di contratto come quelle del 2004 – clausola
applicabile al consumatore in modo incondizionato –, si tratta di un’evidente limitazione della
facoltà di opporre le eccezioni che competono al debitore principale, la quale deve presumersi
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vessatoria ex art. 33 comma 2 lett. t) e risulta anche in effetti vessatoria, nella misura in cui espone
il fideiussore a un sacrificio ingiustificato.
12. Infine, nei due esemplari del 2018 e 2019 prodotti da AMC (doc. I.4.1 e I.4.2), l’articolo delle
condizioni generali di contratto rubricato “Compensazione” contiene due clausole, di cui è
contestata la vessatorietà. La prima attribuisce alla Banca un vasto e poco definito potere di operare
compensazioni tra reciproci crediti in assenza delle condizioni per la compensazione legale e è così
formulata: “al verificarsi di una delle ipotesi previste dall’art. 1186 cod. civ. o al prodursi di eventi
che incidano negativamente sulla situazione patrimoniale, finanziaria o economica del fideiussore,
in modo tale da porre in pericolo il recupero del credito vantato dalla banca, quest’ultima ha
altresì il diritto di valersi della compensazione ancorché i crediti, seppure in monete diverse, non
siano liquidi ed esigibili e ciò in qualunque momento e senza obbligo di preavviso e/o formalità,
fermo restando che dell’intervenuta compensazione contro la cui attuazione non potrà in nessun
caso eccepirsi la convenzione d’assegno- la banca darà pronta comunicazione scritta al
fideiussore”.
La seconda regola l’estensione della compensazione ammessa, dal lato della Banca, quando il conto
corrente è cointestato al debitore e ad altre persone, in deroga alla disciplina della compensazione
nelle obbligazioni solidali (art. 1302 comma 2 c.c.) e prevede che “fino alla concorrenza dell’intero
credito vantato la banca ha facoltà di valersi dei diritti di cui al comma precedente anche quando il
rapporto creditore sia intestato ad uno solo dei debitori ovvero al debitore ed alle altre persone,
indipendentemente dalla quota di pertinenza di ciascuno”.
Che entrambe le clausole siano vessatorie è evidente, visto che le stesse condizioni generali di
contratto dichiarano tali clausole inapplicabili al consumatore, lasciando però erroneamente fuori
(sopra § 3) il consumatore che presta fideiussione a favore di un professionista.
Al di là di quest’elemento indiziario, la vessatorietà di questa disciplina è stata più volte affermata
L’autotutela è evidentemente destinata a operare a esclusivo favore della Banca, sia perché la
clausola attribuisce la facoltà alla sola Banca, sia perché essa soltanto è in posizione di operare
l’annotazione contabile delle proprie (vantate) ragioni di credito a decremento del saldo creditore
del cliente, ma questo dato di per sé non appare sintomatico di vessatorietà (in senso contrario ABF
l’attribuzione alla Banca del potere di portare in compensazione non soltanto crediti non ancora
esigibili, ma soprattutto crediti di ammontare indeterminato (“non … liquidi”) e al limite privi di
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certezza, visto che la clausola non richiede che il credito sia stato giudizialmente accertato oppure
riconosciuto nell’esistenza dal cliente.
A termini di contratto, la Banca non è tenuta a dare alcun preavviso al cliente, che non ha pertanto
facoltà di opporsi alla trattenuta dal conto corrente di somme semplicemente vantate dalla Banca, e
resta perfino esposto a pesanti conseguenze pregiudizievoli, qualora abbia emesso assegni di conto
corrente ancora in circolazione al momento in cui la Banca esercita tale facoltà, atteso che il
funzionamento del meccanismo compensativo non può essere paralizzato dalla convenzione di
assegno (“fermo restando che dell’intervenuta compensazione contro la cui attuazione non potrà in
nessun caso eccepirsi la convenzione d’assegno”), ergo l’assegno emesso e non ancora pagato
rischia di restare scoperto per assenza di provvista.
La seconda clausola è ancor più singolare. La Banca ha facoltà di utilizzare a compensazione dei
propri crediti nei confronti del fideiussore l’intero saldo creditore dei rapporti intestati a lui e ad
altre persone, laddove l’art. 1302 comma 2 c.c. prevede che, in caso di solidarietà attiva, applicabile
ai rapporti bancari cointestati a più persone (art. 1854 c.c.), il debitore – la banca – abbia facoltà di
opporre in compensazione ciò che gli è dovuto da un creditore in solido – il fideiussore – ma
soltanto per la sua parte.
In estrema sintesi, la banca si fa autorizzare a soddisfare il proprio credito riducendo in pari misura
il suo debito relativo al rapporto cointestato, prescindendo dalla provenienza delle risorse, se dal
debitore o dal terzo, e lasciando ovviamente al debitore di rivalere il terzo per la quota di pertinenza
nei rapporti interni. Nel caso limite di insolvenza del fideiussore, la clausola avrebbe l’effetto
indesiderabile di consentire alla banca di trasferire unilateralmente il proprio rischio di credito al
terzo estraneo, senza che quest’ultimo abbia prestato alcun consenso, inducendo fondati sospetti
sulla validità ed efficacia della clausola già secondo i principi civilistici. La vessatorietà è in ogni
caso evidente.
1252 comma 2 c.c. “presuppone una tipizzazione concordata delle fattispecie legittimanti; senza la
quale si determina una remissione alla valutazione del tutto discrezionale della parte beneficiaria
(‘merum arbitrium’), avulsa da alcun previo accertamento giudiziale, e per di più senz’obbligo di
preavviso al cliente. Ciò che può comportare gravi conseguenze in danno di quest’ultimo, ad
esempio in caso di emissione di assegni, senza provvista. In sostanza, si tratta di una forma di
autotutela pressoché illimitata e senza filtri preventivi – né responsabilità conseguenti – che espone il
correntista all’alea immanente dell’estinzione di propri crediti per effetto di compensazione perfino
con controcrediti illiquidi (non esclusi, in teoria, pretesi danni da illecito aquiliano) e inesigibili
vantati dalla banca. Non senza aggiungere che ancor più significativo è lo squilibrio determinato
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dall’ultimo alinea della clausola, che, nella sua formulazione alquanto oscura, sembra infirmare
addirittura la presunzione di pari contitolarità delle somme depositate, consentendo la
compensazione per l’intero ammontare del saldo del conto nei confronti di alcuni soltanto dei
cointestatari. Siffatta alterazione così vistosa e unidirezionale del regime legale della
compensazione legale, senza il minimo vantaggio compensativo per il consumatore, costituisce un
caso di scuola di vessatorietà”.
13. Secondo il condiviso orientamento della giur. di merito, formatosi sugli antecedenti normativi
dell’art. 140-octies (dall’art. 1469 sexies c.c. all’art. 140 comma 8 cod. consumo), i “giusti motivi
d’urgenza” non coincidono con il pericolo di danno grave e irreparabile richiesto dall’art. 700 c.p.c.:
condizione non richiesta dalla disciplina europea e in prima analisi incompatibile con l’oggetto
dell’inibitoria, “data la natura patrimoniale degli interessi collettivi e, quindi, la circostanza che la
Nel diritto europeo, la dir. 2020/1828, trasposta in diritto interno con gli artt. 140-ter cod. consumo,
obbliga gli Stati membri a prevedere provvedimenti inibitori anche in forma di “un provvedimento
provvisorio teso a far cessare una pratica o, se del caso, a vietare una pratica, nel caso in cui tale
pratica sia stata ritenuta costituire una violazione di cui all’articolo 2, paragrafo 1” (art. 8, par. 1),
senza subordinare tale possibilità a specifici requisiti particolarmente stringenti.
Il considerando (40) segnala che “le misure provvisorie potrebbero includere misure temporanee,
misure precauzionali e preventive per porre fine a una pratica in corso o per vietare una pratica nel
caso in cui non sia stata posta in essere ma presenti il rischio di causare un danno grave o
irreversibile ai consumatori”.
Non è implausibile affermare che “l’urgenza” di provvedere richieda, se non la manifestazione di
danni già verificatisi, la cui prova non è richiesta per la concessione dell’inibitoria (art. 8 par. 3:
“L’ente legittimato non è tenuto a provare: a) le perdite o i danni effettivi subiti dai singoli
consumatori lesi dalla violazione ecc.”), almeno una situazione di pericolo. Tuttavia, la Direttiva
non richiede “gravità e irreversibilità” del danno, perché i due requisiti sono presentati in via
discorsiva ed esemplificativa. Inoltre, il metro di giudizio non può consistere nella gravità
dell’impatto della violazione sul singolo consumatore appartenente al gruppo che l’azione
rappresentativa intende tutelare (art.140 septies comma 8 lett. b), ma sull’interesse collettivo dei
consumatori.
L’urgenza di provvedere è dunque legata al pericolo di reiterazione delle violazioni, con aggravio
dei pregiudizi arrecati alla classe interessata nel suo insieme. Correttamente è stato osservato che la
gravità dipende non soltanto “dalla astratta idoneità della clausola nulla a essere inserita in nuovi
stipulandi contratti perfezionati con il richiamo alle medesime condizioni generali di contratto”, ma
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anche dalla “capacità delle clausole contestate di continuare a produrre i loro effetti in quanto
inserite in contratti di durata, aggravando in tal modo il prospettato effetto pregiudizievole a carico
Per l’estensione dei provvedimenti inibitori anche a una pratica “cessata prima della proposizione
delle azioni rappresentative” e quindi a fortiori al contratto stipulato ma ancora pendente e capace
di produrre effetti pregiudizievoli cfr. il citato considerando (40), che fa il caso dell’accertamento
“al fine di agevolare azioni complementari volte a ottenere provvedimenti risarcitori”.
Nella specie, la prestazione di garanzie personali accompagna normalmente la concessione di
credito alla clientela, che è il cuore dell’impresa di una banca c.d. commerciale, come Banca
d’Alba. Pertanto, deve ritenersi che le clausole vessatorie esaminate in quest’ordinanza, rimaste
stabili nel tempo, nonostante le acquisizioni della giurisprudenza europea e italiana, siano di uso
quotidiano da parte della Banca, sia per l’inserimento nei contratti nuovi, sia per la gestione del
credito e delle garanzie nei contratti già stipulati e ancora pendenti. Tali considerazioni sono
sufficienti a ritenere integrato il requisito dei giusti motivi d’urgenza.
14. In conclusione, nessuna delle clausole contestate da AMC appare immune da censure, per gli
effetti dell’art. 33 ss. codice del consumo. Talune clausole sono censurabili perché di contenuto
vessatorio e formulate per essere applicabili a un consumatore senza la condizione di un “diverso
specifico accordo in tale senso con il fideiussore stesso” (in particolare ciò è vero per le clausole
indicate sub § 1, con i nn. 1, 4, 5 e 6). Altre clausole, di contenuto parimenti vessatorio, prevedono
bensì la non applicabilità al fideiussore-consumatore, salvo “diverso specifico accordo in tale senso
con il fideiussore stesso”, ma continuano a essere incongruamente applicabili senza condizioni a
tutti i consumatori che hanno prestano fideiussione a favore di un non-consumatore (in particolare
ciò vale per le clausole sub §1, nn. 2, 3 e 7).
Non ultimo, a scioglimento della riserva formulata sub § 5, nessuna delle clausole di rinuncia o
limitazione alla facoltà di opporre eccezioni riguarda “prestazioni essenziali” e caratterizzanti del
contratto. Al contrario, le rinunce o limitazioni vertono su aspetti marginali (clausole nn. 1 e 2, 6),
regolano l’iniziativa processuale (nn. 3 e 4) oppure le modalità di soddisfacimento del credito (nn. 5
e 7) e quindi sono sottoposte al controllo contenutistico.
Deve conseguentemente, in accoglimento del ricorso, ordinarsi a Banca d’Alba di cessare la
predisposizione, l’inserimento nelle condizioni generali e la diffusione in nuovi contratti delle
clausole, limitatamente alla fideiussione prestata da un soggetto che riveste la qualità di
consumatore ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), salvo che la clausola
subordini espressamente la propria applicabilità al consumatore a un “diverso specifico accordo in
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tale senso con il fideiussore stesso”. Va da sé che tale condizione non può che prescindere dalla
qualificazione del debitore principale, se professionista o anch’egli consumatore.
Inoltre, deve ordinarsi la cessazione dell’uso delle clausole vessatorie anche nelle fideiussioni già
stipulate ancor pendenti, dove per situazione di “pendenza” può intendersi in prima analisi una
garanzia fideiussoria relativa a un rapporto ancora in essere o a un’esposizione creditoria, nel caso
di chiusura del rapporto, ancora insoddisfatta. Resta salvo il caso di un “diverso specifico accordo”
con il fideiussore per l’applicazione di una o più clausole: ove tale accordo sia provato, per atto
scritto con data certa ex art. 2704 c.c., sia l’inibitoria, sia la penale per inadempimento fissata a
richiesta di AMC sono evidentemente inapplicabili. Ciò con l’avvertenza che – come scritto sopra –
il negoziato individuale deve essere serio, specifico ed effettivo e non consistere nell’apposizione
routinaria di una specifica sottoscrizione ex art. 1341 c.c..
Sono misure adeguate e proporzionate alla natura provvisoria di quest’inibitoria sia la pubblicazione
sulla home page del sito di Banca d’Alba della notizia per estratto (i.e. il dispositivo) di
quest’ordinanza e del collegamento per la leggibilità del provvedimento nella sua interezza, sia la
comunicazione individuale a ciascun fideiussore che abbia agito in qualità di consumatore nel
rilascio della garanzia a Banca d’Alba, al fine di rimuovere nel modo più chiaro ed efficace la
situazione di errore in cui il consumatore si trova riguardo alle proprie facoltà e ai poteri della
Banca e un significativo ostacolo all’esercizio da parte del consumatore dei diritti che la legge gli
attribuisce.
Per contro, ritiene il Collegio doversi riservare l’eventuale pubblicazione della sentenza per estratto
su testate di rilievo nazionale e locale al giudizio di merito e all’esito dell’attenta verifica
dell’osservanza in modo tempestivo, completo e leale di questo provvedimento provvisorio.
Le spese restano riservate al merito, poiché l’art. 140-octies cod. consumo non rinvia alle
disposizioni (art 669-octies commi 6 e 7) che consentono al giudice della cautela di liquidare le
spese con l’ordinanza di accoglimento.
Il Tribunale di Torino, sezione specializzata per l’impresa, visto l’art. 140-octies comma 5 codice
del consumo, provvedendo in via provvisoria sul ricorso dell’Associazione Movimento
Consumatori:
I) ritenuto che le seguenti clausole (anche le “Clausole”), individuate per oggetto e contenuto,
contenute in una fideiussione prestata da un soggetto che riveste la qualità di consumatore ai sensi
dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), sono vessatorie e illegittime ai sensi dell’art.
33 Codice del Consumo, in quanto sono applicabili senza la condizione di un “diverso specifico
accordo in tale senso con il fideiussore stesso” a tutti i consumatori che prestano fideiussione (ad
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esempio Clausole n. 1, 4, 5 e 6), oppure applicabili senza la condizione di un “diverso specifico
accordo in tale senso con il fideiussore stesso” a tutti i consumatori che prestano fideiussione a
favore di un non-consumatore (ad esempio Clausole n. 2, 3 e 7)
1) Clausola di sopravvivenza
– “nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce
l’obbligo del debitore di restituire le somme comunque erogate dalla banca”
2) Clausola di reviviscenza
– “il fideiussore si impegna altresì a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa
fossero state incassate in adempimento di obbligazioni garantite o che dovessero essere restituite a
seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti”
3) Clausole sul pagamento “a semplice richiesta scritta” o “a prima e semplice
richiesta, ogni eccezione rimossa”
– “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, quanto
ad essa dovuto per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio”.
Variante:
– “Il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a prima e semplice richiesta scritta,
quanto dovuto dal debitore per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio, ogni
eccezione rimossa”.
4) Clausole di rinuncia o deroga al termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.
– “I diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo
credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi
o qualsiasi altro garante entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c. che si intende derogato”.
Variante:
– “Fermo restando che in ogni caso di insolvenza del debitore principale, le azioni per il recupero
del credito potrebbero non essere immediatamente attivate, il fideiussore dichiara di rinunciare
espressamente al termine di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c. e dichiara di voler estendere detto
termine al maggior termine di 36 mesi e di garantire i diritti della banca fino a totale estinzione di
ogni suo credito verso il debitore”.
5) Clausola sull’imputazione dei pagamenti
– “il fideiussore riconosce alla banca il diritto di stabilire a quali delle obbligazioni del debitore
debbono imputarsi i pagamenti fatti da lui”.
6) Clausola sul recesso della banca
– “nessuna eccezione può essere opposta dal fideiussore riguardo al momento in cui la banca
esercita la sua facoltà di recedere dai rapporti col debitore”.
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7) Clausole sulla compensazione
– “al verificarsi di una delle ipotesi previste dall’art. 1186 cod. civ. o al prodursi di eventi che
incidano negativamente sulla situazione patrimoniale, finanziaria o economica del fideiussore, in
modo tale da porre in pericolo il recupero del credito vantato dalla banca, quest’ultima ha altresì il
diritto di valersi della compensazione ancorché i crediti, seppure in monete diverse, non siano
liquidi ed esigibili e ciò in qualunque momento e senza obbligo di preavviso e/o formalità, fermo
restando che dell’intervenuta compensazione contro la cui attuazione non potrà in nessun caso
eccepirsi la convenzione d’assegno- la banca darà pronta comunicazione scritta al fideiussore”.
– “fino alla concorrenza dell’intero credito vantato la banca ha facoltà di valersi dei diritti di cui al
comma precedente anche quando il rapporto creditore sia intestato ad uno solo dei debitori ovvero
al debitore ed alle altre persone, indipendentemente dalla quota di pertinenza di ciascuno”.
II) Ordina a Banca d’Alba di cessare la predisposizione, l’inserimento nelle condizioni generali e la
diffusione in nuovi contratti delle Clausole, limitatamente alla fideiussione prestata da un soggetto
che riveste la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo),
salvo che la clausola subordini espressamente la propria applicabilità al consumatore a un “diverso
specifico accordo in tale senso con il fideiussore stesso”;
III) Ordina a Banca d’Alba di cessare l’uso delle Clausole anche nei contratti già stipulati ancora
pendenti, limitatamente alla fideiussione prestata da un soggetto che riveste la qualità di
consumatore ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), salvo che la clausola
subordini espressamente la propria applicazione a un “diverso specifico accordo in tale senso con il
fideiussore stesso” e che il diverso specifico accordo, il quale deve essere specifico, serio ed
effettivo e non può consistere nella semplice approvazione per iscritto ex art. 1341 c.c., sia provato
con scrittura di data certa;
IV) Ordina a Banca d’Alba di pubblicare in caratteri comodamente leggibili sulla home page del
proprio sito internet, entro quindici (15) giorni dalla comunicazione della presente ordinanza e per
almeno dodici (12) mesi dalla pubblicazione, il dispositivo di quest’ordinanza con l’intestazione
“Avviso di provvedimento giudiziario a tutela dei consumatori che hanno dato fideiussione a Banca
d’Alba” e il collegamento ipertestuale, visibile e comodamente accessibile, al provvedimento
integrale per consentirne la lettura e lo scarico;
V) Ordina a Banca d’Alba di inviare, nel termine di sessanta (60) giorni dalla comunicazione di
quest’ordinanza, a ciascun consumatore che ha prestato almeno una fideiussione a favore della
Banca, ancora pendente e contenente almeno una delle Clausole, una comunicazione intitolata
“Avviso di provvedimento giudiziario a tutela dei consumatori che hanno dato fideiussione a Banca
d’Alba”, e il seguente contenuto: (1) l’indicazione che il Tribunale di Torino, sezione specializzata
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per l’Impresa, con provvedimento provvisorio e urgente, ha dichiarato vessatorie alcune Clausole
contenute nelle condizioni generali delle fideiussioni prestate a favore di Banca d’Alba da persone
che hanno agito in qualità di consumatori, e ha pertanto ordinato alla Banca di cessare di utilizzare
tali Clausole anche nei contratti già stipulati e ancora pendenti; (2) l’elenco delle Clausole
censurate, individuate per oggetto e contenuto, come da dispositivo che precede; (3) l’indicazione
che la comunicazione è stata inviata alla persona, perché ha dato a Banca d’Alba una o più
fideiussioni che sono ancora pendenti ed è considerato consumatore e quindi interessato al
provvedimento del Tribunale di Torino; (4) l’indicazione degli estremi delle fideiussioni ancora
pendenti (data di stipula, identità del debitore, credito garantito) e contenenti almeno una delle
Clausole censurate; (5) l’indicazione che il provvedimento per esteso può essere letto e scaricato
dalla home page del sito della Banca, con l’indicazione dell’esatto indirizzo web; (6) l’indicazione
che il consumatore che ha dato fideiussione a Banca d’Alba ha facoltà di contestare anche in
giudizio, sotto la propria responsabilità, la validità e l’eventuale uso da parte di Banca d’Alba di una
o più delle Clausole censurate.
VI) fissa una penale di € 5.000,00 per ogni inadempimento di cui ai punti II, III e V e per ogni
giorno di ritardo di cui al punto IV, con la precisazione che, agli effetti del punto IV, si considera
“ritardo” anche la sospensione o cessazione dell’adempimento, per ciascun giorno mancante
rispetto al termine dei dodici mesi, salvo diverso provvedimento all’esito del merito, e che, agli
effetti del punto V, si considera “inadempimento” ogni comunicazione non inviata a un avente
diritto nel termine assegnato o inviata con un contenuto inferiore al minimo richiesto.
Il Giudice est.
La Presidente
(dott. Enrico Astuni)
(dott.sa Gabriella Ratti)
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