[lid] “Fidati di me”. Iconicamente è una frase che prelude ad una asserzione che non può essere controvertibile, perché ha i crismi dell’assolutezza, della credibilità e della verità. Non ci si può opporre, non si può rifiutare, sarebbe scortese […]. Il contenuto del messaggio acquista però tanta più importanza quanto lo si riesce a presentare bene, nella migliore maniera possibile, con un packaging verbale e comunicativo empatico e di valore. Ma come fare ad essere convincenti, persuasivi e credibili senza fare affidamento su nessuna pregressa conoscenza del nostro profilo professionale, magari di fronte ad uno o più sconosciuti che non hanno neanche lontanamente idea di chi siamo e non sono disposti a concederci più di qualche secondo di tempo e fiducia prima di voltarci le spalle? Occorre fare immediatamente una buona prima impressione – non si avrà una seconda occasione per farlo – e sfruttarla a nostro vantaggio, facendo breccia nei pregiudizi che armano le difese di chi abbiamo di fronte, il nostro target, colui o coloro destinatari della nostra attenzione, del nostro pensiero e dell’azione, rafforzata dalle spoglie ferree di una comunicazione incisiva e persuasiva. E affinché la si possa definire efficace, i suoi livelli – verbale, non verbale e paraverbale – devono necessariamente essere congruenti tra loro, lavorare simultaneamente per lo stesso obiettivo se vogliono sortire l’effetto di risultare credibili. La comunicazione deve essere finalizzata a stabilire un contatto con l’altro, nel tentativo di dare e ottenere fiducia, se necessario deve tranquillizzare, riuscire a coinvolgere, talvolta ad affascinare per ottenere il consenso incondizionato, la fiducia e l’appoggio. D’altronde riuscire ad essere persuasivi non vuol dire forzare gli altri a credere, a decidere senza riserve, anzi. Significa utilizzare competenze e conoscenze proprie del mondo della comunicazione, su tutte ed in primis l’empatia e il carisma di chi emette il messaggio per consentire agli altri di fare una scelta consapevole ed autonoma: essere d’accordo con quello che abbiamo appena detto. Ma attenzione a non confondere l’arte della persuasione con lo strumento della manipolazione […].
«Ha ragione Indro Montanelli quando afferma che viviamo in un secolo di urlatori, in cui anche la crociata contro l’urlo non si può fare che urlando. La capacità di adattarsi, adeguarsi al maninstream mediatico che evolve sulle deboli e ingannevoli basi del digitale non può che precipitare la competenza professionale in una spirale discendente. Il passaggio dal sistema informativo “one to many” a quello many to many” che viviamo sul web e sulle piattaforme social lo dimostra costantemente, illudendo il pubblico di avere maggiore capacità di scelta nel panorama multimediale. Così non è, considerando l’assenza totale di verifica delle fonti. Urlare una notizia non somiglia più alla romantica azione degli “strilloni” di inizio secolo scorso, ma ad una deriva propagandistica che svilisce anche l’opera di chi interviene con le migliori intenzioni», così l’autore Carmine D’Urso all’Agenparl.