
(AGENPARL) – mer 07 giugno 2023 ASSEMBLEA 2023
Relazione del Presidente
Carlo Sangalli
Roma, 7 Giugno 2023
Auditorium Conciliazione
#confcommerciocè #assemblea2023
Signor Presidente del Senato,
Signori Ministri e Signori Rappresentanti del Governo,
Onorevoli Parlamentari, Autorità,
Gentili Ospiti, care amiche e cari amici della Confcommercio,
buongiorno e benvenuti.
Il nostro grazie, al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per
il messaggio inviatoci.
Il nostro cordoglio, per le vittime dell’alluvione che ha colpito la
Romagna.
Il nostro impegno, al fianco di donne e uomini che ancora una volta
stanno dando concreta testimonianza di coraggio e speranza.
È emblematica la storia del libraio di Lugo, che ha perso tutto
nell’alluvione ma è riuscito a vendere i suoi libri più che in una giornata
normale: la solidarietà alimenta la speranza.
Diamo atto al Governo di aver risposto con tempestività. Le moratorie
siano territorialmente inclusive, i ristori siano adeguati e tengano
conto anche del mancato ricavo a prescindere dal danno diretto.
Anche noi vogliamo fare la nostra parte. Penso al Protocollo con la
Protezione Civile, alle risorse messe in campo dalla nostra Fondazione
Orlando, alle iniziative dedicate alle aree interne e alla montagna,
perché le emergenze si affrontano sempre a “monte”.
Grazie ai rappresentanti delle istituzioni, ai presidenti di regione, ai
sindaci.
Grazie ai volontari, ai tanti giovani che si sono generosamente spesi
nelle azioni di soccorso e nella voglia di ricostruire l’Emilia-Romagna,
la Toscana e le Marche: sono l’Italia di cui siamo orgogliosi.
Perché c’è un tempo per l’emergenza, c’è un tempo per la solidarietà
e c’è un tempo per la ripartenza.
E per molte imprese, in particolare dei nostri settori, questo tempo è
già arrivato.
Resta la considerazione di fondo: i profondi cambiamenti climatici che
richiamano transizione ecologica e sviluppo sostenibile.
Ce lo ricorda la “Laudato Si’”: “Il clima è un bene comune, di tutti e
per tutti”.
Servono, allora, programmazione e azione per la cura e la manutenzione
di un Paese fragile.
Servono programmazione e azione per attivare oltre 20 miliardi di
euro per la messa in sicurezza del territorio.
Guardate, cari amici, c’è un termine che riassume questa stagione
L’Europa che occorre
economica e sociale complicata.
È “permacrisi”.
Un neologismo, invero di conio non recente, con cui si è ormai soliti
riassumere le incertezze, le emergenze e le sfide dei tempi che stiamo
vivendo.
Incertezze, emergenze, sfide: a livello europeo, ci dicono, anzitutto ed
ancora una volta, dell’importanza di una comune politica – estera, di
difesa, energetica – e della revisione della politica agricola.
Così come è necessaria un’attenta politica commerciale dell’Unione
che tenga conto delle nuove catene del valore.
Incertezze, emergenze, sfide: ci dicono, ancora una volta, dell’importanza
di una riforma strutturale del Patto europeo di stabilità e crescita.
Un “nuovo” Patto che sappia davvero tenere insieme miglioramento
delle finanze pubbliche, riforme ed investimenti, in particolare alla
luce delle transizioni energetica e digitale.
Incertezze, emergenze, sfide: ci dicono, ancora, dell’esigenza di contrastare
l’inflazione non solo attraverso politiche monetarie, ma anche con una
strategia europea per la competitività, insieme ad una stabile capacità
fiscale di finanziamento dei servizi pubblici di dimensione europea.
Ma, proprio nello scenario della “permacrisi”, i risultati dell’economia
Un’Italia resiliente
italiana battono costantemente al rialzo, nell’ultimo triennio, tutte le
previsioni.
Oggi, il nostro livello del PIL è superiore del 2,5 per cento rispetto a
quello del quarto trimestre del 2019.
Insomma, abbiamo più che recuperato i livelli pre-pandemici, facendo
meglio delle altre maggiori economie europee e addirittura degli Stati
Uniti.
Restano, però, ancora indietro i consumi che, nella media dello scorso
anno, risultano inferiori di circa venti miliardi di euro rispetto al 2019.
Proprio i consumi rallentano – a partire da quelli alimentari – per
quell’inflazione che continua a mordere.
Inflazione, che erode il potere d’acquisto, sia dei redditi correnti, sia
della ricchezza detenuta in forma liquida.
Abbiamo mostrato una straordinaria capacità di adattamento e di
reazione, da parte di imprese, lavoro e reti di sicurezza sociale.
È il risultato della collaborazione tra buone politiche pubbliche ed
iniziativa privata. Collaborazione che ha funzionato anche sul versante
dell’occupazione.
La crescita degli occupati nel 2022, rispetto a due anni prima, è stata
Terziario, occupazione
di quasi un milione e 800mila unità. E per il 76,4 per cento è merito
e lavoro
delle nostre imprese.
E i nostri settori, lo ricordo una volta ancora, sono stati i più colpiti da
crisi su crisi, ma non si sono mai arresi.
E allora voglio ringraziare tutti voi amici della Confcommercio.
Vi ringrazio per quello che avete fatto, per quello che state facendo
e quello che continuerete a fare accanto ai nostri imprenditori, con
coraggio e responsabilità, senza lasciare indietro nessuno!
L’Eurostat conferma che il tasso di occupazione italiano non è mai
stato così alto. Restiamo però distanti di quasi 10 punti dalla media
europea. Diventano 14 per le donne e oltre 15 per i giovani.
C’è spazio, dunque, per nuova occupazione.
Del resto, il terziario di mercato sta vivendo una persistente carenza
di personale.
Nel turismo e nel commercio, mancano, ad esempio, rispetto al 2022,
circa 480 mila lavoratori. E per oltre il 40 per cento, vi è un concreto
rischio che la domanda non possa essere soddisfatta, soprattutto per
la mancanza di competenze.
Occorre, allora, intervenire per colmare la distanza tra formazione ed
esigenze delle imprese, così come per programmare adeguati flussi di
lavoratori immigrati.
Sul recente decreto lavoro, il nostro giudizio è positivo.
Penso all’ulteriore intervento di riduzione del cuneo contributivo sui
redditi da lavoro dipendente ed al maggiore tetto di detassazione per
i premi aziendali.
Occorre proseguire con determinazione su questa strada. Andrà però
chiarito come confermare, nel 2024, i tagli del cuneo fin qui operati.
E per quel che riguarda l’assegno di inclusione ed il supporto per la
formazione e il lavoro, consideriamo giusto l’obiettivo di promuovere
un sistema di sicurezza sociale più saldamente fondato sul lavoro.
E sono, ad esempio, importanti gli incentivi per l’assunzione dei “Neet”
che restano la vera emergenza del Paese. Sono quei giovani che non
lavorano e che non sono inseriti in percorsi di studio o formazione.
A cent’anni dalla sua nascita, valgono ancora le parole di Don Milani,
quando diceva che se si perdono i più fragili “la scuola non è più
scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Ancora, per l’assegno di inclusione e per il sostegno alla formazione
ed al lavoro, sarà cruciale la dimensione “attiva” degli interventi.
“Politiche attive”, dunque, per migliorare la quantità e la qualità
dell’occupazione.
C’è poi bisogno di buona flessibilità. Le misure del Decreto sui contratti
a termine e di prestazione occasionale sono utili per le imprese e
anche per contrastare il lavoro irregolare. Si vada avanti.
E vengo al tema del contratto.
Il contratto del Terziario
Lo diciamo subito: la detassazione degli aumenti contrattuali sarebbe
utile per il buon esito delle trattative in corso, a partire da quella per
il contratto nazionale del Terziario.
Vogliamo ribadire che la dinamica dei salari va sempre considerata
nel quadro di un comune impegno per la produttività e la crescita.
Del resto, la risposta più efficace alla questione del salario minimo sta
proprio nella valorizzazione erga omnes dei trattamenti economici e
degli istituti del welfare contrattuale previsti dai contratti collettivi
stipulati da chi realmente rappresenta il mondo del lavoro e il mondo
delle imprese.
Non ci piace alimentare polemiche, ma gli argomenti infondati vanno
confutati: la nostra contrattazione collettiva ha da sempre garantito
trattamenti economici complessivi adeguati e proporzionati.
Pensiamo invece al dumping contrattuale, che va contrastato ovunque,
con serietà e determinazione!
Quanto ai progetti di riforma pensionistica, gli scenari demografici e di
finanza pubblica dicono che non ci sono alternative ad una flessibilità
coerente con i principi contributivi, accompagnata dalla valorizzazione
della previdenza complementare.
Tra luci ed ombre, il 2023 si presenta con la previsione di un PIL
2023 ed oltre:
programmatico in crescita dell’1 per cento. A nostro avviso, tale
la sfida del PNRR
valutazione andrebbe corretta al rialzo di almeno due decimi di punto.
È una crescita, diremmo, “di transizione”, tra la brillante reazione postpandemica e il 2024 come momento di nuovo impulso allo sviluppo,
basato sulla messa a terra del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza,
dentro un rinnovato quadro di regole europee.
Non mancano difficoltà.
Penso al rientro lento dell’inflazione, alla volatilità dei prezzi delle
materie prime, agli esigui spazi fiscali per sostenere la crescita, alla
questione PNRR, all’incertezza presso famiglie e imprese.
La nostra preoccupazione coincide con quella che traspare dal DEF:
bisogna evitare il ritorno alla dinamica piatta del prodotto e della
produttività, che ha contraddistinto in negativo l’economia italiana
nei venti anni precedenti la pandemia.
Ed è chiaro il segnale del rallentamento degli investimenti privati, tanto
nell’anno in corso quanto nel prossimo, mentre crescono quelli pubblici.
Non è una stima rassicurante, perché rischia di essere smentita la
logica su cui si regge il PNRR: gli investimenti pubblici e quelli privati
devono essere complementari.
Va allora contrastata la “filiera del ritardo”: serve efficienza nella
governance e nelle pubbliche amministrazioni. Serve semplificare le
procedure e, ove necessario, attivare i poteri sostitutivi.
Bene l’integrazione del PNRR con i programmi della politica di
coesione, ferma restando la loro addizionalità.
E a partire dal Mezzogiorno, queste scelte sono cruciali.
Il recupero dell’attività economica, dopo la pandemia, sembra, infatti,
aver favorito soprattutto il Nord del Paese, con incrementi produttivi
nel Mezzogiorno sistematicamente inferiori a quelli delle regioni
settentrionali.
Nell’anno in corso il Nord crescerebbe dell’1,4 per cento, mentre il Sud
solo di mezzo punto percentuale.
È di nuovo il Sud a perdere unità standard di lavoro: nel 2023 non
si saranno recuperati i livelli di quasi trent’anni prima. Pesa la crisi
demografica.
Si ampliano i divari territoriali.
E non si può chiedere al solo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
di modificare repentinamente questo stato di cose.
Ma, lasciatemelo dire, investimenti e riforme possono aprire la strada
a un processo di convergenza, o almeno, e fin da subito, potrebbero
arginare la tendenza alla divergenza.
Se non riparte bene il Sud, non riparte bene il Paese!
Più in generale, rivisitazioni e aggiornamenti del PNRR dovrebbero
contribuire alla crescita potenziale del PIL italiano in linea con le
dinamiche medie che caratterizzano l’Eurozona.
Buona amministrazione, orientamento al risultato, valutazione.
Sono queste le sfide.
Sono sfide anche in materia di Codice degli appalti. Del resto,
Le altre sfide aperte
semplificazione e legalità possono e devono essere due facce della
stessa medaglia.
Sul tema degli appalti, va salvaguardata la funzione delle imprese
della ristorazione collettiva che svolgono un ruolo sociale anche nei
confronti delle fasce più deboli della popolazione.
Abbiamo bisogno di un Paese che funzioni meglio, in modo più
semplice e nel rispetto della legalità: dobbiamo liberare le buone
energie del lavoro e delle imprese!
Dobbiamo lavorare per la maggiore produttività del terziario di
mercato, perché questo significa assicurare la crescita complessiva
del sistema Paese.
Per questo, nel Piano Transizione 4.0 vanno rafforzate le aliquote
per i crediti d’imposta e va definito un più ampio ventaglio di spese
ammissibili, così da supportare l’innovazione nel terziario.
Quanto al contrasto al caro-prezzi dell’energia, servono adeguati
crediti d’imposta e la riforma strutturale degli oneri generali di sistema.
L’aggiornamento del Piano Nazionale alla luce di REPower EU
significa investimenti in efficienza energetica e reti di trasmissione,
in tecnologie green e digitali, nell’autoproduzione diffusa di energia
rinnovabile.
Andranno inoltre sostenute le comunità energetiche.
Il tutto ferma restando l’esigenza di differenziare il nostro
approvvigionamento energetico e di metterlo in sicurezza.
Pensiamo, ancora, agli investimenti del PNRR necessari per la filiera
del recupero e del riciclo, che costituisce, ancora oggi, una criticità in
molte regioni del Paese.
E c’è poi l’esigenza di rivedere, come preannunciato, l’intera materia
degli incentivi edilizi, in modo da conciliare efficienza energetica
e antisismica con la spinta alla crescita e con la sostenibilità della
finanza pubblica.
Non possiamo però dimenticare che tante nostre imprese della filiera
dell’edilizia si trovano ancora ad affrontare i crediti incagliati.
Richiamiamo poi l’esigenza di una soluzione strutturale della questione
del payback sui dispositivi medici: mette a repentaglio l’intera filiera
delle PMI fornitrici e le stesse prestazioni del servizio sanitario.
Quanto al credito è necessario intervenire sulle garanzie, anche in
considerazione della crescita dei tassi d’interesse.
Resta importante il Fondo Centrale di garanzia, ma occorre integrare
gli interventi sia di livello europeo, che quelli dei consorzi fidi.
C’è il tema della moneta elettronica.
Siamo da sempre a favore!
Ma bisogna abbassare i costi del Pos!
Una maggiore trasparenza delle commissioni sarebbe utile.
Occorre poi sostenere le imprese che operano con l’estero.
Il grado di apertura al commercio estero del nostro Paese resta tra i
più alti al mondo e contribuisce ad una parte importante della crescita