
(AGENPARL) – Thu 03 July 2025 I principali contenuti del Piano
Il Piano si propone di intervenire sull’intero contesto detentivo, promuovendo la creazione di una
rete di attenzione estesa e capillare che coinvolge tutte le figure presenti in carcere: personale
sanitario, agenti di polizia penitenziaria, educatori, volontari, compagni di detenzione, familiari.
L’obiettivo è intercettare precocemente, già dall’ingresso, i segnali di disagio, anche nei cosiddetti
“casi silenti”, ovvero quei detenuti che non manifestano apertamente sofferenza ma che possono
essere a rischio.
Ogni istituto penitenziario dovrà dotarsi di un Piano locale di prevenzione redatto congiuntamente
dalla direzione dell’istituto e dall’Azienda Usl competente: il Plp dovrà prevedere protocolli operativi,
strumenti di valutazione, modalità di segnalazione e presa in carico, oltre a momenti di formazione
congiunta per tutti gli operatori. Elemento centrale del nuovo modello è l’Unità locale prevenzione
suicidi, l’organo collegiale multidisciplinare competente da costituire in ogni Istituto penitenziario,
che deve riunirsi settimanalmente ed è composto da un referente dell’Amministrazione penitenziaria
e dell’Ausl di competenza e può coinvolgere a vario titolo nella gestione del caso anche servizi sociali,
mediatori, volontari, ministri di culto, ecc.. Allo staff multidisciplinare spetta l’analisi congiunta delle
situazioni a rischio e definire i piani individuali di intervento.
Particolare rilievo viene dato alla sinergia tra operatori penitenziari e sanitari e alla stretta
collaborazione con i servizi sociali e sanitari territoriali, con la Magistratura, i Garanti, gli Ordini degli
avvocati, il volontariato e i familiari dei detenuti, favorendo l’estensione a tutta la popolazione
detenuta delle iniziative di prevenzione, da articolarsi sull’intero arco della detenzione e non solo
nella fase di accoglienza.
Viene anche introdotto un sistema di grading del rischio suicidario (lieve, medio, alto), basato su
criteri clinici e comportamentali. A ciascun livello corrispondono azioni specifiche: dalla semplice
osservazione alla presa in carico intensiva, fino al ricovero ospedaliero nei casi più gravi; particolare
attenzione è riservata ai detenuti appena entrati in carcere, considerati tra i soggetti più vulnerabili.
La valutazione del rischio è da predisporre sia all’ingresso presso l’istituto, sia ogni qualvolta, in
relazione a mutamenti delle condizioni personali e/o detentive, vengano rilevati segnali di disagio.
Nel caso in cui venga rilevata una condizione di rischio suicidario alto e/o una condizione di
scompenso psicopatologico di gravità tale da determinare la necessità di un intervento sanitario
specialistico continuativo, il detenuto deve essere inviato con urgenza presso un luogo esterno di
cura per le cure necessarie.
Grande importanza assume la formazione: a livello locale, le Aziende Usl e le Direzioni degli Istituti
penitenziari organizzano percorsi congiunti per favorire, attraverso il confronto e lo scambio tra gli
operatori, l’efficienza e l’efficacia organizzativa relativa alla prevenzione dei suicidi e il miglioramento
della integrazione degli interventi e delle procedure disposte con i Protocolli locali. Previsto anche
un sistema di monitoraggio e audit per valutare l’efficacia degli interventi.
Infine, poiché l’impatto di un suicidio ha un peso che non può essere trascurato, i Piani locali devono
prevedere azioni di supporto psicologico per il personale e per gli altri detenuti coinvolti, al fine di
elaborare l’evento traumatico e prevenire ulteriori crisi. /EC