
In un tempo in cui la realtà sembra spesso superare la fantasia, il nuovo romanzo di Antony Ludrick, Bayesian: Il teorema di Bayes1, ha acceso l’immaginario di lettori e investigatori. Pubblicato a pochi giorni dall’inspiegabile naufragio dello yacht di lusso Bayesian al largo della Sicilia, il libro ha generato un’onda mediatica alimentata da sincronicità sorprendenti e un intreccio narrativo che riecheggia inquietantemente i fatti reali.
Ma chi è davvero Antony Ludrick? Recluso volontario in un’isola dei Caraibi, amante della scrittura notturna a mano libera, Ludrick è uno degli autori più enigmatici del panorama letterario contemporaneo. I suoi romanzi – sempre tesi tra passione e calcolo, tra trama e teorema – si rivelano affreschi emotivi incorniciati da meccanismi narrativi rigorosi e visionari.
In questa rara intervista, l’autore rompe il silenzio per raccontare l’origine del suo libro più discusso, la scelta del teorema di Bayes come architrave narrativa e il confine sottile tra intuizione e realtà. Un dialogo che scava non solo nella genesi del romanzo, ma anche nella visione del mondo di uno scrittore che, lontano dai riflettori, continua a far parlare di sé.
Sicilia, 19 agosto 2024. Lo yacht di lusso Bayesian scompare tra i flutti del Mediterraneo. Pochi giorni dopo, il romanzo “Bayesian: Il teorema di Bayes1” esce in libreria, anticipando – o forse riflettendo – la tragedia. L’autore, Antony Ludrick, rompe il silenzio e ci racconta la sorprendente genesi del libro che ha scosso pubblico e critica.
Domanda. Sincronicità tra finzione e realtà: come spiega la coincidenza tra il suo romanzo e il naufragio della Bayesian?
«Inizialmente stavo scrivendo un romanzo ispirato al mondo affascinante delle imbarcazioni a vela, in particolare quelle del cantiere Perini, che ho sempre ammirato per eleganza e maestria tecnica. Avevo già imbastito un giallo ambientato in mare, tra atmosfere sospese e dilemmi morali. Proprio pochi giorni prima della pubblicazione, è accaduto l’incidente dello yacht Bayesian. Un evento triste e memorabile. A quel punto ho deciso di adattare il titolo del mio libro, Bayesian, per suggellare questa curiosa, e inquietante, coincidenza tra immaginazione e cronaca. Una sincronicità involontaria, ma potente.»
Domanda. Perché ha scelto il teorema di Bayes come spina dorsale narrativa del romanzo?
Antony Ludrick. «Il teorema di Bayes, originato dagli studi del reverendo Thomas Bayes nel XVIII secolo, propone un metodo per aggiornare la probabilità di un evento alla luce di nuove informazioni. In termini narrativi, ho trovato questo principio straordinariamente fertile: i miei personaggi evolvono man mano che raccolgono indizi, modificano convinzioni, si confrontano con l’incertezza. È proprio questo il cuore del romanzo: una tensione continua tra ciò che si sa, ciò che si crede, e ciò che si scopre. Non è chiaro, nel mio racconto, se si tratti di un’indagine scientifica o criminale. E sta al lettore aggiornare continuamente la propria ipotesi.»
Domanda. Nel romanzo c’è un intreccio tra intrigo geopolitico e mistero tecnico. Quanto è frutto di fantasia e quanto di ricerca?
Antony Ludrick. «Il romanzo intreccia dinamiche internazionali – Russia, Cina, Inghilterra – a un sabotaggio interno che mette in crisi le certezze dei protagonisti. Sebbene la vicenda sia totalmente romanzata, mi sono documentato sugli equilibri geopolitici contemporanei e sui giochi sotterranei che animano il confronto tra le potenze. La diplomazia è spesso teatro invisibile di passioni forti, di interessi inconciliabili. Ma tutto questo, nel mio romanzo, resta al servizio del mistero e della tensione narrativa. Chi vorrà leggere tra le righe, potrà farlo.»
Domanda. Lei è noto per la sua riservatezza. Quanto influisce questo sul suo modo di scrivere?
Antony Ludrick. «Ho sempre preferito una certa riservatezza. Scrivo a mano, vivo in un’isola dei Caraibi, e non amo i riflettori. Questo anonimato, credo, permette alle storie di respirare meglio, senza la mia persona a interferire. È una scelta di stile ma anche di vita. Il mistero narrativo, dopotutto, ha bisogno di spazio, di silenzi, di ombre. Mostrarsi troppo, per uno scrittore, può essere una forma di distrazione.»
Domanda. Il romanzo lascia un messaggio sul concetto di rischio e incertezza. Qual è la sua posizione in merito?
Antony Ludrick. «Alla fine del romanzo emerge una riflessione profonda: vivere significa confrontarsi con l’incertezza, e ogni decisione, anche la più razionale, è una scommessa. Il teorema di Bayes ci invita ad affinare le ipotesi alla luce delle prove. Il mio messaggio, se ve n’è uno, è questo: restiamo vigili, aggiornati, consapevoli. La tecnologia non ci esime dalla responsabilità morale. Il calcolo delle probabilità deve sempre fare i conti con la libertà umana.»
Domanda. Come ha reagito il pubblico alla coincidenza tra romanzo e fatti reali?
Antony Ludrick. «L’uscita del romanzo in coincidenza con il naufragio reale ha destato sorpresa, persino inquietudine. Alcuni hanno parlato di premonizione. Io preferisco parlare di intuizione narrativa, di risonanze profonde che a volte sfuggono al nostro controllo. Ho ricevuto messaggi curiosi, toccanti, anche pieni di stupore. Ma la cosa che più mi ha emozionato è stata la prefazione firmata dal mio amico, il Capitano Karsten Börner, che ha davvero salvato i superstiti con la sua nave Sir Robert Baden Powell. Il suo gesto, scrivere l’introduzione, è stato per me un dono. Il segno che, forse, la narrativa può toccare il cuore anche di chi naviga davvero in mare aperto.»