
(AGENPARL) – Thu 25 September 2025 Adolescenza: quando il desiderio di libertà e di dipendenza affettiva si manifestano in fase di crescita. Le indicazioni più utili per i genitori. Intervista ad Adelia Lucattini, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Intervista di Marialuisa Roscino
Crescere un figlio adolescente è una delle esperienze più delicate e complesse per un genitore. L’adolescenza, infatti, è un periodo di grandi trasformazioni, i ragazzi affrontano cambiamenti fisici, emotivi e sociali, mentre sviluppano il desiderio di indipendenza e autonomia. Allo stesso tempo, però, hanno ancora bisogno della guida e del sostegno dei genitori. Trovare il giusto equilibrio tra libertà e protezione diventa quindi un compito fondamentale, concedere spazi di autonomia significa riconoscere le capacità dei figli, incoraggiarli a sperimentare e favorire lo sviluppo della loro identità, autostima e fiducia in se stessi. Un atteggiamento genitoriale eccessivamente controllante o protettivo, invece, può limitare la possibilità degli adolescenti di mettersi alla prova, con il rischio di ostacolare la loro crescita emotiva e decisionale. Le ricerche scientifiche sottolineano come l’iperprotezione sia associata a maggiori livelli di ansia, insicurezza e dipendenza affettiva, mentre stili educativi che bilanciano sostegno e libertà risultano predittivi di un migliore adattamento psicosociale e di una maggiore resilienza in età adulta. Il compito dei genitori è pertanto, trovare strategie educative che sappiano sostenere i figli senza soffocarne lo sviluppo, accompagnandoli con fiducia nel loro delicato percorso verso l’età adulta. Di questo e molto altro, ne parliamo con Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Lucattini: “Uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology (2025) ha dimostrato che quando i genitori esercitano un controllo psicologico troppo stretto, i ragazzi tendono a sviluppare più facilmente emozioni negative, che possono tradursi in difficoltà con i coetanei o in comportamenti aggressivi. In altre parole, se le paure e le ansie dei genitori vengono trasmesse in modo inconsapevole ai figli attraverso un eccesso di controllo, questi ultimi rischiano di sentirsi meno liberi, meno capaci di affrontare le sfide e più vulnerabili sul piano emotivo. Un buon equilibrio educativo si traduce nel messaggio: “Prova, se hai bisogno io ci sono”.
Dott.ssa Lucattini, lo sviluppo dell’autonomia è fondamentale nella vita degli adolescenti per la costruzione della propria identità individuale, può spiegare perché è così importante, in particolare modo, in questa fase di crescita? E quali rischi può comportare, invece, un’eccessiva protezione da parte dei genitori?
L’autonomia rappresenta il fulcro del processo di individuazione, cioè la costruzione di un’identità distinta da quella dei genitori. In questa fase evolutiva, i ragazzi hanno bisogno di imparare a prendere decisioni, gestire le proprie emozioni e affrontare in modo indipendente le difficoltà della vita. Quando i genitori esercitano un controllo troppo stretto o tendono a risolvere ogni problema al posto del figlio, si rischia di favorire una fragilità emotiva con bassa tolleranza alla frustrazione, insicurezza, difficoltà nel prendere decisioni e nello svincolarsi dal nucleo familiare. Questo può tradursi anche in relazioni complicate con i coetanei, a scuola e nelle prime esperienze sentimentali.
La letteratura scientifica più recente conferma questi rischi: ad esempio, uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology (2025) ha mostrato che uno stile genitoriale iperprotettivo è associato a livelli più elevati di ansia e difficoltà di adattamento negli adolescenti, sottolineando come un eccesso di protezione possa compromettere la crescita psicologica e sociale dei ragazzi.
Quali rischi comporta per un adolescente crescere in un contesto familiare che limita la sua autonomia con eccessiva iperprotettività e controllo da parte dei genitori?
Quando i genitori assumono sempre il ruolo decisionale per il figlio, tendenza che sembra aumentata negli ultimi anni, l’adolescente può interiorizzare l’idea di non essere capace di cavarsela da solo. Ciò impedisce lo sviluppo di riflessività, pensiero critico e introspettività. Ne consegue che il ragazzo può fuggire la responsabilità per paura di sbagliare o di deludere i genitori. Oltre a questo, gli adolescenti hanno bisogno di esperienze autonome: percorsi imposti o troppo tutelati non preparano alla frustrazione, e ogni caduta (un brutto voto, un insuccesso nello sport), viene vissuta come un fallimento insopportabile emotivamente.
Uno studio recente su BMC Psychology (2025) mostra come lo stile genitoriale iperprotettivo è associato ad alti livelli di ansia scolastica tra gli studenti superiori; questi ragazzi tendono ad avere un concetto di sé meno sviluppato e minori abilità nell’adottare strategie di coping positive per fronteggiare le difficoltà.
Secondo la sua esperienza, quali sono le pratiche educative più efficaci per accompagnare i figli verso una maggiore autonomia?
I genitori dovrebbero sviluppare uno stile educativo consapevole. Educare un figlio significa mettere in atto una visione familiare condivisa, fatta di pazienza, tolleranza, stabilità emotiva e impegno quotidiano. Questo processo non si limita all’infanzia, ma continua durante l’adolescenza e i primi anni dell’età adulta. È importante un bilanciamento tra sostegno, regole chiare (una guida), la capacità di dire “no” quando serve, ma anche concedere libertà adeguate: permettere che i ragazzi prendano decisioni secondo la loro età e rispettare richieste ragionevoli.
Parlare apertamente, usare rinforzi positivi e incoraggiamento aiutano a costruire fiducia in se stessi, sicurezza crescente, resistenza allo stress, tolleranza per il sacrificio e, infine, una solida capacità decisionale. Una ricerca pubblicata su Frontiers in Psychology (2025) evidenzia come genitori che adottano stili educativi “supportivi”, cioè caldi, comprensivi, ma con aspettative chiare, favoriscano negli adolescenti migliori risultati emotivi e psicologici rispetto a stili caratterizzati da assenza, ambiguità o controllo negativo.
In che modo, è possibile per i genitori esercitare una giusta protezione senza però limitare la libertà e la crescita dell’autonoma dei figli adolescenti?
Il bisogno di controllo da parte dei genitori spesso nasce da un transfert, cioè dalla proiezione sui figli di proprie ansie, paure o desideri non risolti. In adolescenza, infatti, avviene la separazione-individuazione: i ragazzi devono rinegoziare il rapporto con i genitori per costruire la propria soggettività, capire chi sono veramente. Se i genitori non tollerano questa naturale distanza e autonomia, rischiano di reagire con controlli eccessivi o protezione smodata, ostacolando il cammino dei figli verso l’indipendenza.
Uno studio sul Journal of Family Psychology (2025) ha evidenziato che il controllo psicologico genitoriale è fortemente associato a maggiori sintomi interiorizzanti negli adolescenti, come ansia e depressione, soprattutto nei contesti dove il ragazzo percepisce che il suo spazio emotivo viene costantemente limitato
Cosa evidenziano al riguardo, gli studi scientifici?
Numerosi studi dimostrano che un monitoraggio genitoriale attento, che includa comunicazione aperta e sincera tra genitori e figli, fin dall’infanzia, favorisce una migliore autoregolazione emotiva e la convinzione del ragazzo di “potercela fare”, pur mantenendo il bisogno di autonomia.
Una ricerca pubblicata su PMC Psychology Reports (2025) dimostra che il sostegno all’autonomia da parte dei genitori, combinato con affetto e calore emotivo, è associato a un attaccamento sicuro (secure attachment) che funge da base protettiva per lo sviluppo emotivo nei ragazzi. Questo ha effetti duraturi anche in età adulta: maggiore resilienza, capacità decisionale più robusta e minor rischio di sentimenti di inadeguatezza.
Dal punto di vista psicoanalitico, queste modalità aiutano a mitigare l’impatto del transfert genitoriale non elaborato, ovvero quando ansie o paure interne dei genitori vengono proiettate sul figlio, limitandone la libertà. Uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology (2025) ha dimostrato che quando i genitori esercitano un controllo psicologico troppo stretto, i ragazzi tendono a sviluppare più facilmente emozioni negative, che possono tradursi in difficoltà con i coetanei o in comportamenti aggressivi. In altre parole, se le paure e le ansie dei genitori vengono trasmesse in modo inconsapevole ai figli attraverso un eccesso di controllo, questi ultimi rischiano di sentirsi meno liberi, meno capaci di affrontare le sfide e più vulnerabili sul piano emotivo. Un buon equilibrio educativo si traduce nel messaggio: “Prova, se hai bisogno io ci sono”.
Come il dialogo familiare può influenzare positivamente il benessere dei ragazzi?
Oltre all’amore e alla cura quotidiana, è la comunicazione il vero collante della relazione tra genitori e figli. Non si tratta di parlare “a senso unico”, ma di costruire un dialogo autentico, in cui le parole diventino guida e non imposizione. Quando i ragazzi percepiscono che la loro voce conta, che i loro dubbi e desideri vengono accolti senza giudizio, si sentono riconosciuti e compresi. Questo riduce la necessità di ribellioni aggressive e allo stesso tempo li sostiene nel delicato compito di costruire un’identità autonoma, mantenendo però un legame saldo con la famiglia. La ricerca lo conferma, infatti, uno studio pubblicato su Frontiers in Public Health (2025) ha mostrato che il coinvolgimento dei genitori, accompagnato da una comunicazione efficace, riduce in modo significativo il rischio di comportamenti problematici negli adolescenti, come aggressività, abuso di sostanze e condotte trasgressive.
Quando la premura può generare ansia ed essere in tal modo, controproducente?
Essere “preoccupati” è una cosa; essere “genitori ansiosi” è tutt’altro. I genitori che si preoccupano osservano, sostengono, incoraggiano; mettono limiti, ma anche spazio per sbagliare. I genitori ansiosi, invece, possono farlo per evitare il proprio disagio interno, paure, ansie non risolte, conflitti interiori che spingono a controllare troppo, spesso in modo rigido o inconscio.
La differenza sta nel come si manifesta il controllo, nel primo caso è un atto d’amore, con motivazioni chiare ed empatiche; nel secondo, il controllo nasce dal bisogno del genitore di “stare al sicuro”, di placare la propria ansia, spesso senza spiegazioni verso il figlio, con imposizioni che rischiano di soffocare l’identità emergente.
Una ricerca recente pubblicata su European Sociological Review (2025) si inserisce proprio in questo campo: lo studio ha rilevato che livelli elevati di ansia genitoriale (o preoccupazione costante verso i figli) sono correlati con sintomi interiorizzanti nei bambini (ansia, timidezza, tristezza), e che queste relazioni restano evidenti nel tempo.
Quale ruolo possono avere i genitori nel fronteggiare i conflitti adolescenziali in modo costruttivo, evitando che la crescita diventi terreno di tensioni insostenibili?
Il conflitto non è un’eccezione, ma parte integrante del viaggio verso l’autonomia adolescenziale; segna quella separazione-individuazione che ogni giovane deve compiere per diventare se stesso. Uno psicoanalista come Melanie Klein ha posto l’attenzione su come i meccanismi inconsci, difese, proiezioni, fantasie di “oggetti persecutori”, si manifestino nella dinamica genitore-figlio: il ragazzo può reagire alle regole come se fossero minacce, i genitori possono sentirle come tradimenti della propria identità interna. In queste situazioni, è importante che i genitori non rispondano punitive, né si ritirino emotivamente, ma mantengano fermezza affettiva: stabilire regole chiare, ma essere aperti al dialogo, permettere la “contrattazione”, ovvero che il figlio esprima le sue ragioni, che venga compreso il suo mondo interiore.
Una ricerca pubblicata sul Journal of Child Psychotherapy (2024) mostra che interventi psicoanalitici che coinvolgono i genitori, in cui si esplorano le proprie angosce, le paure legate al distacco, il proprio passato emotivo, possono migliorare la qualità della relazione con l’adolescente, riducendo le crisi familiari e i conflitti duraturi.
Quali consigli da dare ai genitori?
-Dare il buon esempio. Gli adolescenti apprendono più dai comportamenti che dalle parole: ciò che vedono nei genitori diventa per loro un modello concreto e credibile;
-Coltivare il dialogo. Essere disponibili all’ascolto e al confronto, sia quando i figli chiedono aiuto, sia quando si percepiscono difficoltà, rafforza la fiducia reciproca e la capacità di comunicare in modo equilibrato;
-Stabilire regole chiare e negoziabili. Le regole devono essere poche, comprensibili e motivate, adattandosi gradualmente alla crescita dei figli. La possibilità di discuterle insegna responsabilità e rispetto reciproco;
-Favorire fiducia e responsabilità. L’autonomia non si impone, ma si costruisce nel tempo: dare fiducia significa permettere ai figli di assumersi gradualmente compiti e decisioni adeguate alla loro età.
-Gestire l’ansia genitoriale. Un atteggiamento troppo ansioso può generare insicurezza e ansia anche nei figli. Imparare a contenere la propria preoccupazione aiuta a non trasformarla in iperprotezione o controllo eccessivo;
-Non temere di chiedere aiuto. Rivolgersi a specialisti e psicoanalisti è una dimostrazione di forza interiore, di desiderio di migliorare sé stessi. Significa anche prendersi cura dei figli, offrendo un contesto familiare più sereno in cui crescere.