
(AGENPARL) – Wed 10 September 2025 DA PALAZZO “DI” CITTÀ A PALAZZO “DELLA” CITTÀ
SOVRINTENDENZA AUTORIZZA CAMBIO DI DENOMINAZIONE
LECCESE: “CASA DEI CITTADINI”Il Segretariato regionale per la Puglia (Bari) – Commissione regionale per il patrimonio culturale – Ministero della Cultura, ha autorizzato con decreto numero 160 il cambio di denominazione da “Palazzo di Città” a “Palazzo della Città”, accogliendo la richiesta avanzata dal Comune di Bari su impulso del sindaco Vito Leccese e recependo il parere favorevole della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari.
“Sin dal mio insediamento, con riferimento alla sede centrale degli uffici del Comune, ho sempre parlato di Palazzo ‘della’ Città per una ragione precisa e nient’affatto formale – spiega Vito Leccese -: non solo un cambio di preposizione, da semplice ad articolata, ma un cambio semantico, che sta a significare l’apertura della sede principale dell’attività amministrativa a tutta la città e ai suoi cittadini. Non un luogo per pochi, dunque, ma per tutti. Un luogo aperto ad accogliere le istanze e le iniziative della cittadinanza, un luogo in cui toccare con mano l’impegno e la portata delle attività in capo all’istituzione di maggior prossimità del nostro ordinamento. Oggi, ricevuta l’autorizzazione dalla sovrintendenza per i beni culturali questo cambio di denominazione diventa ufficiale e potrà essere utilizzato anche nelle comunicazioni istituzionali del Comune di Bari. Il mio auspicio, ovviamente, è che sempre più i cittadini e le cittadine di Bari possano percepire il Palazzo della Città come uno spazio familiare in cui sperimentare processi di partecipazione e percorsi di attivazione civica su temi di interesse collettivo, come avvenuto nei mesi scorsi con i Dialoghi per la pace, le mostre, le assemblee con la cittadinanza su opere e progetti specifici, le iniziative per i ragazzi, le giornate della prevenzione fino alla possibilità di ospitare le consultazioni elettorali delle comunità estere residenti a Bari. Perché non c’è forma più alta della democrazia se non il voto e vogliamo che tutti cittadini che vivono nella nostra città, riconoscano il questo Palazzo la casa dei valori democratici su cui si fonda l’idea stessa di cittadinanza”.
LA STORIA
La storia di Palazzo di Città è legata a doppio filo allo sviluppo del borgo murattiano e alla genesi del Teatro Piccinni: l’edificio che ospita il Comune di Bari si presenta, infatti, come un corpo unico con il Teatro, con cui ha condiviso origini e vicende lungo 185 anni di storia. Se il Comune di Bari può essere considerato l’istituzione più antica della città, visto che – come ricorda Vito Melchiorre nel suo volume “Bari il Palazzo di Città” (Adda editore, 1997) – se ne trova traccia già negli Annali di Tacito, in cui lo storico romano riferisce di un municipio dell’Apulia chiamato ‘Bari’, la prima testimonianza dell’esistenza di una sede municipale vera e propria si ritrova in un documento del 14 settembre 1466, citato da Giulio Petroni: in esso si fa menzione del theatrum, luogo in cui gli amministratori comunali erano soliti riunirsi nella maggiore piazza della città, piazza Mercantile. Il riferimento è al palazzo del Sedile, in cui era ospitata la cancelleria comunale, si sbrigavano le faccende pubbliche, si riuniva il parlamento cittadino, la Regia Corte e il governatore della città tenevano le udienze.
L’attività del Sedile come sede comunale continuò fino ai primi anni dell’Ottocento, quando – per ragioni logistiche e dubbi sulla sicurezza del palazzo – il Municipio si trasferì nella vicina strada che collega piazza Mercantile alla Basilica di San Nicola, che da allora prese il nome di via Palazzo di Città. La sede scelta, situata poco prima dell’arco che immette nella Corte del Catapano, per decenni è stata individuata dai residenti del centro storico come la Chemmuna vécchie (declinando al femminile il nome dialettale del ‘Comune’). Consultando gli archivi comunali, ricostruisce Vito Melchiorre nel suo volume dedicato alla storia del Palazzo di Città, nel 1814 figura nominato per la prima volta il nome “palazzo comunale” per riferirsi alla sede delle riunioni, fino a quel momento menzionata solo come “il solito luogo”.
Come per il Sedile, a metà Ottocento anche l’edificio di via Palazzo di Città si rivelò fatiscente e inadatto ad accogliere le funzioni sempre più importanti e complesse del governo municipale: cominciò così la ricerca di una nuova casa comunale. Scartata l’ipotesi di realizzare ex novo il Palazzo, si decise di incrociare i destini del Municipio e del futuro Teatro Piccinni.
La prima pietra del Teatro fu posata nel 1840, ma ci vollero 14 anni per inaugurarlo. L’edificio, però, non era completo e, come ricostruisce dettagliatamente Vito Melchiorre, l’edificazione dell’intero isolato comprendente il Teatro Piccinni e Palazzo di Città durò 75 anni (dal 1840 al 1915), mentre i diversi cantieri che hanno contribuito alla realizzazione del Palazzo di Città vero e proprio impegnarono l’arco temporale di 60 anni (dal 1857 al 1915).
Dopo il 1860 trovarono casa nella sede del Municipio della “Bari nuova”, gradualmente, tutte le funzioni amministrative e di governo, dalla Sala Consiliare alle sale per la rappresentanza civica, dall’Economato alla Ragioneria, alla farmacia comunale, al Segretario generale e al Gabinetto del sindaco. Il 21 luglio 1864, come risulta dagli atti, il Consiglio Comunale si riunì per la prima volta nella nuova sede, anche se non ancora completa.
I lavori terminarono definitivamente nel 1915, quando si concluse il percorso che in varie fasi vide il completamento dell’ala destra, dell’ala sinistra e del secondo piano del complesso. Considerando le mutate esigenze per l’aumento della popolazione, nel corso degli anni si decise di adibire a uffici comunali tutti gli spazi utili del Palazzo, in precedenza occupati dalla Borsa dei cambi, dalla Camera consultiva di Commercio, dal Tribunale del Commercio, dal Palazzo di Giustizia, dal liceo ginnasio Domenico Cirillo.
Le vicende relative alla costruzione della sede municipale di Bari si intrecciano con quelle che hanno caratterizzato l’ampliamento del tessuto urbano della città al di fuori delle mura antiche, come ricostruisce Antonio Labalestra nella pubblicazione “Una nazione giovane: l’Italia dei palazzi municipali, 1861-1911” (Edizioni Caracol, numero speciale 2024). La realizzazione del porto commerciale, l’arrivo delle ferrovie nazionali, lo sviluppo dei commerci, contribuirono in quegli anni a rendere Bari un centro strategico nel Mezzogiorno d’Italia. Il Palazzo di Città, in una fase di grande fermento, si collocava materialmente e idealmente in posizione centrale rispetto alla nuova Bari moderna, dinamica, operosa, proiettata nel futuro, diventandone anche per gli anni a seguire emblema e punto di riferimento.
Nel 1935 il Presidente del Consiglio dei Ministri, vista la domanda del Podestà di Bari diretta a ottenere il riconoscimento dello stemma e del gonfalone comunale, con decreto numero 708 ha così concesso il titolo di “Città di Bari”, autorizzandone l’iscrizione nel libro araldico degli Enti Morali, e riconoscendo il diritto di fare uso dello stemma e del gonfalone con l’incisione in oro “Città Di Bari”.
LE MOTIVAZIONI
Ora, con apposito provvedimento, l’amministrazione comunale intende cambiarne la denominazione, trasformando Palazzo di Città nel “Palazzo della Città”.
Da un punto di vista strettamente grammaticale, il cambio di denominazione si concretizza nella scelta di sostituire una preposizione semplice (di) con una preposizione articolata (della), passando così da un complemento di denominazione (Palazzo di Città) a uno di specificazione (Palazzo della Città).
Trasformare Palazzo di Città (traduzione del francese hôtel de ville, come riportato da Treccani), in “Palazzo della Città” rappresenta una precisa scelta istituzionale per sottolineare che l’edificio che ospita il Comune è la casa di tutte e di tutti, un luogo “aperto” per definizione, in grado di rispecchiare pienamente una delle caratteristiche più importanti di Bari, la sua spiccata vocazione all’apertura, all’accoglienza e al confronto, all’interno della sua comunità e nei confronti del mondo. La storia di Bari, infatti, è quella di una città plurietnica e multireligiosa, una matrice che è restata saldamente al centro dell’identità del capoluogo della Puglia.
Tali caratteristiche della città sono sottolineate dallo Statuto dell’Ente, che rappresentò il frutto di un grande processo di partecipazione voluto dal sindaco Enrico Dalfino, all’articolo 1, significativamente intitolato “Bari comunità aperta”, che descrive la città come un “luogo tradizionale di incontri e di scambi”, caratterizzato dalla “vocazione di legare civiltà, religioni e culture diverse, in particolare quelle del Levante e quelle Europee”.
Quanto alle implicazioni istituzionali che ne derivano, il cambio di denominazione risponde alla scelta di testimoniare l’ulteriore apertura della sede principale del Comune di Bari alla cittadinanza, con l’obiettivo di renderla, sempre più, punto di riferimento per l’ascolto delle istanze e per il confronto e la produzione di idee, in modo da dare ulteriore impulso alle iniziative delle associazioni e di tutte le forme di civismo attivo, e rafforzare ulteriormente l’azione complessiva dell’Ente per avvicinare sempre più le istituzioni alle persone e alle loro esigenze.
Il cambio di denominazione della sede principale dell’Ente rispecchierà, quindi, un processo e un percorso che, in particolar modo negli ultimi anni, ha visto l’edificio che ospita il Comune divenire sempre più un luogo aperto alle energie più attive della città: i suoi spazi, dalla sala Consiliare intitolata a Enrico Dalfino, alla sala Giunta, alla sala Massari, fino all’ex Tesoreria, ospitano quotidianamente, con la partecipazione dei rappresentanti istituzionali di ogni ruolo e appartenenza politica, iniziative di associazioni e di tante altre realtà impegnate in città e sul territorio su temi culturali, storici, sociali, ambientali.
Tra i tanti appuntamenti ospitati recentemente, “I martedì della Pace”, il programma di incontri di approfondimento rivolti a tutti i cittadini promosso da Comune di Bari e Anpi su un tema fondamentale per un ente il cui Statuto richiama apertamente l’impegno di Bari quale città operatrice di pace, una rassegna che si inserisce nella cornice dell’80° anniversario della Liberazione.
La sede del Comune, inoltre, è sempre aperta ai cittadini più piccoli, ospitando regolarmente visite guidate degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, a cura del personale dell’Ufficio di Gabinetto del Sindaco, che illustra alle alunne e agli alunni delle scuole i principali aspetti storici, artistici ed istituzionali del Palazzo.
Agendo nel segno di quella forte vocazione richiamata dal suo Statuto, la città di Bari, in questi anni – ispirandosi ai valori della libertà, della democrazia e della pace – ha continuato ad aprirsi al mondo attraverso la stipula di numerosi gemellaggi, il principale strumento istituzionale per il confronto fra diverse comunità, costruendo prospettive comuni in grado di rafforzare i legami tra persone di lingue e costumi diversi, favorendo lo scambio di idee e la scoperta del patrimonio culturale dell’altro.
Come ulteriore segno concreto di questa apertura al mondo e di sostegno alle comunità che arricchiscono la città di straordinaria diversità culturale, Palazzo di Città – che diventerà “Palazzo della Città” – in questi anni ha ospitato, e continuerà a ospitare, sportelli consolari itineranti e seggi allestiti per agevolare la partecipazione al voto di cittadini appartenenti a comunità straniere residenti in città e nei territori limitrofi in occasione di consultazioni elettorali nei relativi Paesi d’origine.
Il cambio di denominazione, da Palazzo di Città a “Palazzo della Città”, intende, quindi, richiamare queste esperienze e valorizzarle nell’ambito di una stagione che dovrà essere accompagnata da un ulteriore rilancio della partecipazione di cittadini, comitati e associazioni alla vita e al governo della città. Una stagione che vedrà l’amministrazione sostenere i dispositivi di co-gestione dei beni comuni e le esperienze di autodeterminazione civica, come le Reti Civiche Urbane, per promuovere in modo diffuso la cittadinanza attiva, la rigenerazione degli spazi pubblici e la creazione di legami sociali, proseguendo nel percorso per il decentramento amministrativo e l’autonomia dei Municipi, e continuando ad agire con fermezza per rafforzare il più possibile, nel segno della legalità, la trasparenza dell’azione pubblica, in modo da rendere, sempre più, l’amministrazione comunale un’autentica “casa di vetro”. Impegno, quest’ultimo, che ha avuto grande impulso con l’istituzione della nuova ripartizione Controlli, Legalità, Trasparenza e Antimafia sociale e del Nucleo per le ispezioni amministrative sulle aziende partecipate e con il percorso, accompagnato da un ampio coinvolgimento di tutte le forze politiche, per l’istituzione della Commissione antimafia, anticorruzione e legalità. Nel segno della partecipazione, il Municipio di corso Vittorio Emanuele e tutte le sedi decentrate, che costituiscono un corpo unico col Palazzo di Città, ospiterano i percorsi voluti dall’amministrazione comunale per coinvolgere la comunità alla definizione di processi e strategie che costruiranno un nuovo modello di città, dai forum per elaborare il primo ‘Piano per le politiche della notte di Bari’ agli Stati Generali dell’Urbanistica e dell’Infanzia.
L’impegno per avvicinare sempre più istituzioni e cittadini, in ogni comunità, non può che essere continuo e chiamato a proseguire e a perfezionarsi nel tempo, superando difficoltà e asperità.
Trasformare Palazzo di Città nel “Palazzo della Città” segna una tappa di questo percorso, che dovrà rafforzarsi con il contributo di tutte e di tutti.
Come ha ricordato il grande intellettuale barese Franco Cassano, “…tenere viva la cittadinanza attiva è tutt’altro che facile, perché andare verso la comunità partendo dalla libertà costa fatica, ed è difficile spingere gli uomini ad uscire dal guscio del loro interesse privato, a resistere alla tentazione di passare a riscuotere, trasformando la passione in mercedi private. Ma questo lavorìo fragile e sempre sull’orlo della sconfitta, questo impegno per evitare che l’uomo si chiuda su se stesso, è l’unica strada”.