
La fornitura di cemento è diventata uno degli snodi critici per la ricostruzione della Libia. Mentre la domanda cresce costantemente, spinta da progetti infrastrutturali, edilizia residenziale e sforzi di ricostruzione postbellica, la produzione interna non riesce a tenere il passo. La dipendenza dalle importazioni e l’insufficiente utilizzo delle capacità produttive locali stanno rallentando lo sviluppo del Paese.
Nonostante la Libia disponga di risorse naturali sufficienti a sostenere la produzione di cemento per almeno mezzo secolo, l’industria nazionale funziona solo al 58% della sua capacità. Su dieci linee di produzione attive nel Paese, solo quattro sono operative, con una capacità complessiva di 10 milioni di tonnellate annue. Questo squilibrio ha portato a una crescente importazione da Egitto, Tunisia e Turchia: nel 2020 la Libia ha dovuto importare 2,2 milioni di tonnellate di cemento, mentre la produzione interna si è fermata a 3,1 milioni, contro una domanda di 5,3 milioni di tonnellate. Nel 2024, la domanda è salita a circa 7 milioni di tonnellate, mentre l’offerta non è riuscita a tenere il passo.
Il caso emblematico è il cementificio Al-Burj di Zliten, che produce solo 1,5 milioni di tonnellate l’anno, ben al di sotto del fabbisogno nazionale. La conseguenza è stata un’esplosione dei prezzi: a metà 2024, il costo per un quintale di cemento è salito a 90 dinari libici, con un aumento del 54% rispetto all’anno precedente. Le difficoltà non si limitano alla produzione: l’instabilità della sicurezza, le restrizioni alla circolazione dei mezzi pesanti e i costi di trasporto in aumento aggravano la distribuzione locale e fanno lievitare ulteriormente i prezzi.
Questa dipendenza dalle importazioni è insostenibile nel lungo termine: incide negativamente sulle riserve valutarie del Paese e lascia il mercato vulnerabile alle fluttuazioni esterne. Tuttavia, ci sono segnali incoraggianti. Il Libya Africa Investment Portfolio (LAIP) ha inserito il settore del cemento tra le sue priorità di investimento. Il suo progetto principale è il rilancio del cementificio di Misurata, inattivo dal 2012. In collaborazione con la cinese Sinoma–Wuhan, LAIP punta a produrre 2 milioni di tonnellate nella prima fase e 4 milioni nella seconda.
Questo progetto, secondo gli esperti, potrebbe essere il motore di una riforma complessiva del settore, contribuendo alla stabilità dei prezzi, alla riduzione dell’inflazione immobiliare e alla creazione di nuovi posti di lavoro. L’obiettivo finale è portare la produzione a 10 milioni di tonnellate annue, garantendo l’autosufficienza e riducendo la vulnerabilità economica del Paese.
Ma per riuscirci, serviranno più che investimenti: saranno necessarie riforme normative, un ambiente industriale stabile e politiche coordinate. Rilanciare la filiera del cemento significa rafforzare la sovranità economica della Libia. Il successo del settore sarà determinante per trasformare la ricostruzione da promessa in realtà.
