
(AGENPARL) – Sat 28 June 2025 Martiri: celebrato l’81° anniversario
ALTO GARDA – Una lunga giornata di lutto e memoria, come sempre molto partecipata, con la ferma espressione di un netto no, oggi, a ogni guerra. I Comuni di Arco, Nago-Torbole e Riva del Garda hanno celebrato in modo congiunto, l’81° anniversario dell’eccidio nazista del 28 giugno 1944. Con, in più, l’intitolazione della sezione rivana dell’Associazione nazionale carabinieri, in piazzale Mimosa, al brigadiere Antonio Gambaretto.
La giornata di commemorazioni è iniziata come di consueto a Riva del Garda alle 8 in punto con i tradizionali rintocchi a lutto della Renga, la campana della torre civica Apponale, presenti il sindaco Alessio Zanoni, la vicesindaca Barbara Angelini e gli assessori Gabriele Bertoldi, Mario Caproni e Stefania Pellegrini con una rappresentanza del Consiglio comunale, delle forze dell’ordine e della associazioni combattentistiche e d’arma, presenti inoltre alcuni ex partigiani e parenti delle vittime. Per l’Anpi c’erano tra gli altri il presidente della sezione del Trentino Mario Cossali e di quella dell’Alto Garda e Ledro Gianantonio Pfleger. Presenti anche due ex sindaci: Claudio Molinari e Paolo Matteotti.
L’iniziativa è nata dalla proposta di un gruppo di cittadini rivani, accolta all’unanimità dal Consiglio comunale nel settembre del 2003, a ricordo perenne dei Martiri. Come consuetudine, ai rintocchi della torre civica ha fatto seguito la deposizione di una corona di alloro alla lapide nella loggia pretoria. In questa occasione il presidente Gianantonio Pfleger a nome della Anpi Alto Garda e Ledro ha consegnato al capitano Stefano Marchese, comandante del Nucleo operativo radiomobile dei carabinieri di Riva del Garda, un quadro con la foto del brigadiere Gambaretto da esporre in caserma.
A seguire, corone di alloro sono state deposte al sacrario dei Caduti e alla stele dei Martiri al cimitero del Grez, e ai tre cippi intitolati a Gastone Franchetti, Eugenio Impera e Enrico Meroni. Alla stele dei Martiri, l’intervento di Mario Cossali, che si è chiesto e ha chiesto a cosa serva fare memoria ogni anno, come fosse solo un rituale. «Non è un rituale -ha detto- ma un dovere morale, ricordare queste persone che hanno dato la vita per la nostra libertà. Conservare la memoria vuol dire dare concretezza e vitalità al significato della loro vita e del loro sacrificio. Una concretezza attuale: essere dalla parte della Resistenza oggi vuol dire essere dalla parte delle vittime delle guerre di oggi, a Gaza come nel Congo, in Ucraina come nel Sudan e nel Myanmar».
Alle 10.30 in piazza della Mimosa a Riva del Garda è iniziata la cerimonia di intitolazione, inframmezzata dagli interventi musicali della Fanfara alpina di Riva del Garda. Originario di San Giovanni Ilarione in provincia di Verona, dove nacque il 31 gennaio del 1913, il sottufficiale dei carabinieri Antonio Gambaretto in quel tragico 28 giugno del 1944 si trovava in servizio alla caserma di Riva del Garda, dove fu barbaramente trucidato, trentunenne, in seguito a una delazione sulla sua preziosa attività di ricerca e fornitura di notizie sulla consistenza, sulla dislocazione e sui movimenti dei reparti occupanti, che contribuì a salvare numerose vite umane.
Tra i presenti, anche diversi nipoti di Gambaretto: i cinque fratelli Alessandro, Almerina, Augusto, Mariateresa e Silvia, e i due fratelli Corimbo e Lidovina. Tra le autorità civili si sono aggiunti il sindaco Gianni Morandi e la vicesindaca Sara Balduzzi. Per la polizia locale c’era il comandante Filippo Paoli.
Tra gli interventi, quello del sindaco Alessio Zanoni, che ha parlato della storia come di un contenitore da cui sta a noi estrarre il meglio in termini di esempio positivo e modello a cui ispirarsi: «Un grande passaggio nel contenitore della storia -ha detto il sindaco- risale al 1950, quando Robert Schuman, il ministro degli esteri francese, durante il percorso di costituzione della Ceca, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, l’embrione dell’Unione Europea, disse: “Carbone e acciaio devono essere materie prime destinate alla pace”. Oggi invece qualcuno pensa che per garantire la pace occorra riarmarsi. Io credo che quell’esempio luminoso vada tutelato, difeso e valorizzato da tutti noi, e tratto a ispirazione. Come stiamo facendo oggi con il brigadiere Gambaretto, i Martiri del 28 giugno e le storie virtuose delle loro vite».
A seguire la cerimonia di scopertura della targa di intitolazione (che è stata collocata in seguito nella sede) e la sua benedizione da parte di don Gianfranco Maronese. L’intitolazione, ha detto, tra l’altro, il presidente della locale Associazione nazionale carabinieri Maurizio Giuseppe Tondi, «vuole suggellare definitivamente il sacrificio del brigadiere Antonio Gambaretto ricollocandolo a pieno titolo tra gli eroi dell’Arma che hanno sacrificato la propria vita per il bene della collettività, per l’interesse comune, per ribadire con l’esempio il valore della libertà dei popoli e della democrazia».
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Alle 16.30 a Nago la cerimonia congiunta è iniziata al monumento alla Pace in via Scipio Sighele, presenti i sindaci di Nago-Torbole Gianni Morandi, di Arco Arianna Fiorio e di Riva del Garda Alessio Zanoni con le rappresentanze delle Giunte e dei Consigli dei tre Comuni, della polizia locale, delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, dei gruppi dell’Associazione nazionale alpini, dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, del Nucleo volontari alpini e delle associazioni combattentistiche e d’arma.
«Il 28 giugno rappresenta per la comunità dell’Alto Garda una data incisa nella memoria collettiva -ha detto la vicesindaca Sara Balduzzi- un giorno di lutto ma anche di profondo significato civile e storico. In questa giornata del 1944 la violenza della repressione nazista si abbatté con ferocia sul territorio del Basso Sarca: tra Riva del Garda, Arco e Nago-Torbole, undici persone vennero assassinate e decine arrestate da reparti delle SS agli ordini del maggiore Rudolf Tyrolf. In particolare, ricordiamo Gioacchino Bertoldi, ucciso da una raffica di colpi di mitra sparatagli nella schiena; insieme a lui quel giorno sarebbero dovuti morire altri due giovani, Rino Dusatti e Girolamo Perugini, che però riuscirono a sfuggire a quell’orribile destino. Ricordare oggi i Martiri del 28 giugno 1944 significa onorare il coraggio di chi ha lottato per la libertà, di chi ha sacrificato la propria vita per opporsi alla brutalità e all’oppressione. Questa giornata vuole rinnovare l’impegno della memoria e trasmettere alle nuove generazioni gli ideali di giustizia, democrazia e resistenza. Perché la memoria non è solo ricordo del passato, ma fondamento del nostro presente e responsabilità verso il futuro».
Quindi, l’alzabandiera, accompagnato dall’Inno nazionale eseguito dalla Fanfara dei bersaglieri «C. Valotti» di Orzinuovi (BS), A seguire, la benedizione delle corone commemorative impartita dal parroco, don Vincenzo Lupoli, e, dopo la cerimonia della loro deposizione, l’allocuzione del sindaco: «Oggi siamo qui, a Nago -ha detto Gianni Morandi- davanti a questo monumento che recita le parole scolpite nella pietra e nella coscienza di ogni uomo, “mai più guerra, ma pace”, parole semplici, parole solenni, parole che oggi, nel 2025, suonano ancora più forti, ancora più vere. Oggi ricordiamo insieme una pagina buia e dolorosa della nostra storia: la strage del 28 giugno 1944, che colpì l’Alto Garda con ferocia. A distanza di 81 anni quel dolore è ancora vivo nella memoria delle nostre comunità. Qui, in questo luogo simbolico, rendiamo omaggio a chi ha perso la vita per un ideale di libertà, di patria, di giustizia. Ai martiri del nostro territorio, a quelle vite spezzate che oggi rappresentano un patrimonio di coscienza collettiva. Ma il ricordo, se vuole essere autentico, deve diventare testimonianza viva, deve trasformarsi in responsabilità civile. Ricordare non è solo guardare indietro, è anche guardarsi dentro e guardare avanti. E oggi più che mai, questo sguardo ci inquieta. Perché, nonostante gli anni trascorsi, nonostante il progresso, la tecnologia, le istituzioni sovranazionali, siamo ancora testimoni di guerre vicine e lontane. Guerre che dilaniano popoli, città, famiglie. In Europa, in Medio Oriente, in Africa, in tante parti del mondo. E allora quella frase, “mai più guerra, ma pace”, non può essere una formula vuota, non può diventare retorica. Deve essere un grido, un monito, una promessa. E deve essere nostra responsabilità fare in modo che sia compresa, interiorizzata, vissuta. Come ha detto Papa Francesco, “Ogni guerra rappresenta una sconfitta. Una sconfitta della politica, una sconfitta dell’umanità. La guerra non risolve nulla, semina solo morte e dolore”. Viviamo in un tempo in cui abbiamo accesso a tutto: conoscenza, comunicazione, intelligenza artificiale. Ma ci manca spesso l’intelligenza del cuore. La guerra è il fallimento dell’intelligenza emotiva e morale dell’umanità. E la resa della coscienza davanti al potere. Ecco perché oggi, qui, in questa commemorazione che condividiamo con le comunità di Arco e Riva, non possiamo limitarci a ricordare. Dobbiamo interrogarci. Dobbiamo svegliarci. Dobbiamo svegliare le coscienze. Abbiamo dato per scontata la pace. La mia generazione è cresciuta nell’illusione che fosse una condizione permanente, acquisita, automatica. Ma la storia ci insegna che la pace non si eredita, si costruisce. Ogni giorno. Con le parole, con le scelte, con la responsabilità. Non possiamo più permetterci di tifare per uno o per l’altro, di prendere posizione tra bandiere contrapposte. L’unica bandiera per cui dovremmo schierarci è quella della pace. L’unico confine che dobbiamo difendere è quello della vita umana. Quando vediamo bambini sotto le bombe, madri che fuggono, civili che muoiono, non ci possono essere ragioni di Stato che tengano. Essere qui oggi significa portare avanti un messaggio che va oltre la storia: è il messaggio dell’umanità condivisa, del rispetto reciproco, del valore della persona. E un messaggio trasversale, che non conosce colori politici, né frontiere ideologiche. In dieci anni di commemorazioni, di ricorrenze, di celebrazioni istituzionali, ho imparato una cosa: la memoria serve se genera impegno. Se diventa scelta. Se ci insegna, ogni giorno, a non ripetere gli errori del passato. E allora oggi, da questo luogo sacro della nostra comunità, voglio rivolgere un pensiero particolare ai giovani, alle scuole, alle nuove generazioni: siate voi i custodi della pace. Non abbiate paura di schierarvi dalla parte della vita. Non lasciate che la guerra vi sembri mai una soluzione. Mai! Dovremmo smettere di riarmarci per combattere, e cominciare a ri-armarci di coscienza, di umanità, di cultura, di empatia. La vera guerra da combattere è quella contro l’indifferenza. In un mondo che ha imparato a volare nello spazio, non possiamo più accettare che si muoia per un pezzo di terra. In un mondo che parla mille lingue, dobbiamo imparare a parlare la lingua della pace, che è fatta di rispetto, ascolto, dialogo. Concludo citando ancora Papa Francesco, che in un momento difficile per l’umanità ha detto: “La pace non è un sogno, è un impegno. È fatta di piccoli gesti, è costruita ogni giorno. E responsabilità di tutti”. Che il sacrificio dei martiri dell’Alto Garda non sia mai dimenticato. Che le loro vite, spezzate dalla violenza, ci aiutino a custodire la pace, qui e ovunque».
La giornata di commemorazione è proseguita con il trasferimento in corteo a Piazzola, in testa la Fanfara dei bersaglieri, dove si sono svolte letture commemorative in ricordo del Martire Gioacchino Bertoldi, dell’architetto Luigi De Bonetti e dell’alpino Giuseppe Giovanazzi, a cura dell’associazione «Polveri del giorno dopo», intervallate da brani musicali eseguiti dalla fanfara.
La giornata si è conclusa con un momento conviviale a cura dal Gruppo Alpini di Nago.
Ufficio stampa dei Comuni di Arco e di Riva del Garda
Michele Comper