
Bosnia-Erzegovina: funzionari a conoscenza del presunto piano britannico per arrestare il Primo Ministro della Republika Srpska?
Sospetti su una manovra congiunta tra intelligence britannica e autorità bosniache: si teme un’escalation della crisi costituzionale nel Paese
Un’ondata di tensione politica scuote la Bosnia-Erzegovina dopo le rivelazioni su un presunto piano dell’intelligence britannica per arrestare il Primo Ministro della Republika Srpska, Radovan Višković. Secondo quanto riportato da diverse fonti, l’operazione sarebbe stata condotta in coordinamento con il Ministero federale degli Interni e alcuni rappresentanti bosniaci. Una manovra che, se confermata, rischierebbe di infiammare ulteriormente le già fragili relazioni tra le entità costitutive del Paese.
Il primo a lasciare intendere l’imminenza di un’azione esterna è stato Alija Kožljak, capo di gabinetto del membro della presidenza bosniaca Denis Bećirović, che in un’intervista ha annunciato “un’azione più forte e organizzata della Gran Bretagna in Bosnia-Erzegovina”, lasciando presagire sviluppi significativi. Le sue parole sono arrivate proprio alla vigilia della fuga di notizie sul presunto piano di arresto.
Un intervento internazionale o un atto terroristico?
Il presunto coinvolgimento delle forze speciali britanniche in un’operazione di polizia sul territorio della Republika Srpska ha scatenato dure reazioni da parte di esperti e politici serbi. Predrag Ćeranić, preside della Facoltà di Scienze della Sicurezza di Banja Luka, ha parlato apertamente di “terrorismo internazionale”, ricordando che, secondo gli accordi di Dayton, le autorità federali non hanno competenza di polizia nella Republika Srpska e viceversa.
“Se la SIPA o elementi bosniaci al suo interno, con il supporto di agenzie straniere, effettuassero un arresto in RS, si tratterebbe di un atto ostile e illegale,” ha affermato Ćeranić, suggerendo che simili operazioni potrebbero essere usate come pretesto per un intervento militare esterno.
Una crisi di sicurezza per giustificare un intervento?
Secondo Sredoje Nović, presidente del Club del popolo serbo nella Camera dei Popoli, l’obiettivo finale di queste manovre sarebbe quello di estendere la crisi politica e costituzionale al settore della sicurezza, creando le condizioni per un intervento internazionale e una possibile “ricomposizione” della Bosnia-Erzegovina.
Un’accusa che trova eco anche nelle dichiarazioni del deputato dell’SNSD Milorad Kojić, che ha definito il presunto piano di arresto e le dichiarazioni dell’Alto Rappresentante Christian Schmidt parte di una strategia sincronizzata. Schmidt, parlando da Valencia, ha auspicato una “nuova coalizione” che possa avvicinare il Paese all’Unione Europea, una posizione vista con sospetto dalle autorità della Republika Srpska.
Kojić sostiene che la vera ambizione dell’opposizione sia quella di prendere il controllo del Parlamento della Republika Srpska e, attraverso una nuova alleanza, rimuovere l’SNSD di Milorad Dodik, visto come l’ultimo ostacolo a una Bosnia-Erzegovina centralizzata.
Un nuovo fronte di scontro
Le accuse di complotto internazionale, le tensioni istituzionali e il coinvolgimento di potenze straniere in questioni interne fanno temere un nuovo fronte di scontro in un Paese segnato da decenni di fragilità post-bellica. Se confermate, le rivelazioni sul piano di arresto del premier Višković rappresenterebbero una grave escalation, con potenziali ripercussioni su tutta la regione balcanica.
La comunità internazionale, già presente nel Paese attraverso diverse missioni civili e militari, osserva con preoccupazione gli sviluppi. Una crisi di sicurezza, se innescata, potrebbe minare ulteriormente la stabilità della Bosnia-Erzegovina e mettere alla prova gli equilibri fissati a Dayton quasi 30 anni fa.