
(AGENPARL) – Fri 28 March 2025 “Disinformazione e Scienza dei Dati Elettorali”. Intervista al Prof. Pierpaolo D’Urso, Preside della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma
Professor D’Urso, qual è l’obiettivo principale del Convegno “Disinformazione e Scienza dei Dati Elettorali”? Perché oggi è così importante parlarne?
Il convegno nasce dalla consapevolezza che disinformazione e scienza dei dati elettorali sono oggi due tra le più grandi sfide per la democrazia. L’obiettivo principale è creare uno spazio di confronto scientifico, istituzionale e sociale per analizzare come la disinformazione stia compromettendo la qualità dei processi democratici e come la scienza dei dati possa aiutarci a leggere e governare questi fenomeni. Parliamo di un tema urgente: oggi la manipolazione dell’informazione e l’uso distorto dei dati influenzano l’opinione pubblica, condizionano le campagne elettorali e minano la fiducia nelle istituzioni. Questo rende necessario unire competenze diverse, dalla statistica alla scienza politica, dalla sociologia al diritto, per affrontare il problema con un approccio multidisciplinare. Il convegno vuole essere proprio questo: un punto di incontro tra studiosi, istituzioni e società civile per analizzare non solo il fenomeno della disinformazione, ma anche come modelli statistici, data science, e strumenti innovativi possano aiutare a proteggere la qualità dei processi elettorali, la partecipazione democratica e il buon funzionamento delle istituzioni. Oggi è urgente parlarne perché la tenuta stessa della democrazia è in gioco: la disinformazione mina la fiducia tra cittadini e istituzioni e incide direttamente sulla libertà e correttezza del voto. Se non interveniamo per tempo, rischiamo di vedere delegittimati i nostri sistemi democratici. Ecco perché questo tema non può più essere confinato nei convegni accademici, ma deve diventare oggetto di azione concreta e coinvolgere l’intera comunità politica e civile.
La disinformazione è un fenomeno sempre più diffuso e pericoloso: secondo lei, quali sono le minacce concrete che la disinformazione pone alla qualità della democrazia?
La disinformazione rappresenta una minaccia sistemica per la democrazia. Prima di tutto, mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche, nei media e nei processi elettorali, creando un clima di cinismo e disillusione. In secondo luogo, polarizza il dibattito pubblico, alimentando divisioni tra gruppi sociali, ideologici e politici, rendendo difficile il confronto dialettico, che è il cuore della democrazia. Inoltre, la disinformazione manipola le campagne elettorali: fake news, deep fake, propaganda mirata su gruppi specifici di elettori possono alterare la percezione della realtà e influenzare il voto. Non possiamo dimenticare che le elezioni rappresentano il momento più alto della vita democratica: se compromesse dalla disinformazione, viene meno la stessa legittimità del mandato democratico. Un ulteriore rischio riguarda la libertà d’informazione: quando l’ambiente informativo è inquinato da falsità, diventa difficile per i cittadini accedere a un’informazione corretta, pluralista, completa. E in un contesto in cui la disinformazione è gestita da algoritmi opachi sui social media, viene meno la possibilità per la collettività di avere un confronto democratico autentico e informato.
Che ruolo può svolgere la scienza dei dati e la statistica per contrastare la disinformazione nei processi elettorali?
La scienza dei dati e la statistica sono oggi strumenti fondamentali per analizzare, prevenire e contrastare la disinformazione nei processi elettorali. Prima di tutto, permettono di monitorare la diffusione delle fake news, di individuare i nodi e le reti attraverso cui le informazioni false si propagano e di misurare l’impatto della disinformazione sull’opinione pubblica. La statistica aiuta a identificare pattern ricorrenti, a scoprire anomalie nei flussi informativi e a comprendere come determinati contenuti si diffondono in modo virale, spesso grazie a strategie coordinate o a bot. Ma non solo: la scienza dei dati permette anche di studiare l’effetto della disinformazione sui risultati elettorali, ad esempio analizzando il rapporto tra l’esposizione a fake news e il comportamento di voto. Modelli predittivi e algoritmi di detection basati su AI sono già oggi utilizzati per individuare contenuti manipolativi o falsi prima che si diffondano su larga scala. Tuttavia, sottolineo sempre che questi strumenti devono essere affiancati da un forte impegno educativo e formativo, perché la prima difesa contro la disinformazione resta una cittadinanza critica e informata.
Nel convegno si parla di “Data Science” applicata ai dati elettorali: quali strumenti e metodi concreti possono essere messi al servizio della trasparenza e dell’affidabilità dei processi elettorali?
La Data Science applicata ai dati elettorali offre un insieme di strumenti estremamente potenti per garantire trasparenza, correttezza e affidabilità ai processi elettorali. In primo luogo, parliamo di modelli statistici e algoritmi per l’analisi dei flussi di voto, dell’affluenza, delle variazioni territoriali del consenso, capaci di evidenziare eventuali anomalie o distorsioni. Un altro strumento è la geografia elettorale, che permette di analizzare la distribuzione del voto sul territorio, anche in relazione a variabili socio-economiche, al fine di verificare l’equità nella rappresentanza. Oggi abbiamo a disposizione anche modelli predittivi e di simulazione ex-ante, che consentono di valutare l’impatto delle riforme elettorali prima della loro applicazione, stimando come un certo sistema possa modificare la rappresentanza o l’equilibrio politico. Infine, strumenti come dashboard pubbliche, database open data e sistemi di visualizzazione avanzata dei dati elettorali permettono ai cittadini di accedere in modo trasparente ai dati del voto, rafforzando la fiducia nel processo democratico.
Lei ha sottolineato l’importanza di studiare i flussi elettorali, la geografia del voto e l’astensionismo: come possono questi strumenti aiutare a interpretare meglio il comportamento degli elettori?
Studiare flussi elettora, geografia del voto e astensionismo è fondamentale per comprendere le dinamiche profonde del comportamento elettorale, che non sono mai statiche. I flussi elettorali ci dicono come e perché si spostano i voti tra un’elezione e l’altra, evidenziando i cambiamenti negli orientamenti politici della popolazione. Sono essenziali per capire l’impatto di campagne elettorali, crisi economiche, eventi straordinari sulla fiducia verso partiti e istituzioni. La geografia del voto aiuta a comprendere le differenze territoriali del consenso, spesso legate a fattori sociali, economici e culturali, e quindi a disegnare politiche pubbliche più vicine ai bisogni dei cittadini. Infine, l’astensionismo è il grande “indicatore” della salute democratica. Studiare chi non vota, e perché non vota, permette di comprendere la distanza tra cittadini e istituzioni, e aiuta a elaborare strategie per ricostruire fiducia e partecipazione.
Oggi si parla molto di AI e algoritmi che influenzano l’opinione pubblica. Quali sono le implicazioni etiche e democratiche dell’uso massiccio di questi strumenti nelle campagne elettorali?
L’uso dell’Intelligenza Artificiale e degli algoritmi nelle campagne elettorali presenta opportunità e rischi. Se da un lato queste tecnologie permettono una comunicazione più mirata, dall’altro possono diventare strumenti di manipolazione dell’opinione pubblica, se non adeguatamente regolati.
Il primo rischio riguarda la creazione di vere e proprie “bolle informative”, dove l’elettore riceve solo contenuti allineati ai propri pregiudizi, senza possibilità di confronto. Questo rafforza la polarizzazione e indebolisce il dibattito democratico, perché vengono meno l’incontro tra punti di vista diversi e la capacità di mediazione.