
“Sarà determinante vedere il testo su cui si voterà. Ciò che mi auguro, però, è che si mantenga una critica forte alla proposta Von der Leyen, la cui impostazione non mi sembra condivisibile né nell’ottica di un interesse europeo né in quella della deterrenza. La questione cardine è di carattere strategico, e su questo dovrebbero confrontarsi i socialisti europei. La risposta di von der Leyen rischia di essere inadeguata alla fase storica che attraversiamo. Von der Leyen ha spiegato che la molla per il riarmo è l`instabilità della
Russia di Vladimir Putin, che però non è un fatto nuovo. Il salto logico sta qui: la novità non è Putin, ma la non affidabilità degli Stati Uniti guidati da Donald Trump. Quindi la grande questione europea diventa la collocazione dell’Ue nel mutato scenario globale. Una eventualità, quella della vittoria di Trump, che le classi dirigenti
hanno volutamente rimosso, continuando a parlare oltre il tempo massimo di difesa euroatlantica”. Lo dice l’ex ministro del Lavoro ed esponente Pd, Andrea Orlando, in una intervista al quotidiano Domani.
“La metto in questi termini: il piano parla di 800 miliardi, che sono la somma di quello che potenzialmente possono spendere i singoli stati – spiega l’ex ministro dem – se usano tutti i margini di investimento in difesa. Tuttavia è un fatto che il 70 per cento di questa spesa vada in favore dell’acquisto di tecnologie americane. Eppure questa America cosi instabile è proprio il soggetto nei confronti del quale si vorrebbero, senza dirlo, prendere contromisure. Mi viene difficile capire come questo sia un modo per rafforzare il protagonismo europeo. Ricordo che la Nato ha una forza di deterrenza anche senza un esercito, grazie al coordinamento tra le diverse forze armate. Ma tutto questo, nel piano Von der
Leyen, non cè, e nemmeno un piccolo primo passo in questa direzione. Un passo avanti sarebbe stato almeno un ragionamento sulla necessità di allinearsi nell
ottica di una autonomia strategica, attraverso progetti comuni nell`industria della difesa, ma anche su questo non ho visto segnali forti”.
“E’ probabile che, nei paesi europei a guida socialista, incida molto lelemento di maggior flessibilità dei conti che la proposta Von der Leyen consente - aggiunge Orlando - utile nell
ottica di una costruzione di consenso interno. Consentire di scorporare le spese militari dal bilancio permette ai paesi con una buona capacità fiscale di poter dare risposte anche su altri capitoli. In Italia,
invece, il problema non sono i vincoli di stabilità, ma la scarsa capacità fiscale a causa dell’alto debito pubblico, dunque il piano Von der Leyen non risponde nemmeno al nostro interesse nazionale”.
“Mi sembra che la retorica del primo passo
non spieghi in quale direzione vada, questo passo. Il piano Von der Leyen rischia di produrre, a seconda delle condizioni finanziarie dei paesi – osserva Orlando – velocità diverse e rischia di divaricare anche le potenze militari allinterno dell
Ue, con riflessi anche sulle iniziative diplomatiche, cosi’ come quelle viste in questi mesi”.
“Io sono uno di quelli che si è sempre posto il tema del rapporto coi cattolici perché, se il Pd vuole davvero coltivare la sua vocazione maggioritaria – sottolinea l’esponente dem – deve assolutamente tenere conto dellinterlocuzione con questo mondo. Eppure trovo sospetto che i valori cattolici vengano fatti valere quando si discute di questioni etiche, mentre non vengano chiamati in causa quando i temi sono la pace e il rischio di un olocausto nucleare. Tema al quale ci richiama spesso il presidente della Cei, Matteo Zuppi. Bisogna prendere atto che l
automatismo cattolici e centro non sempre è valido”.
“Non si può chiedere un congresso ogni volta che non si concorda – sottolinea Orlando – con le scelte della segreteria, peraltro votate da una direzione. C`è però la necessità di chiarirsi le idee. E gli strumenti ci sono senza dar
luogo a una conta sugli organigrammi: uno è quello del congresso tematico, che potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente, l’altro quello del referendum tra gli iscritti”.