
(AGENPARL) – gio 24 ottobre 2024 OSSERVATORIO STATISTICO
Casellario dei pensionati
Prestazioni pensionistiche e beneficiari del sistema pensionistico italiano
I dati riportati nel presente Report Statistico si riferiscono alle prestazioni pensionistiche e ai beneficiari del sistema
Statistiche in breve
A cura del Coordinamento Generale
Statistico Attuariale
Ottobre 2024
Anno 2023
Prestazioni pensionistiche e beneficiari
1. Prestazioni pensionistiche e beneficiari totali
corrisponde a un importo medio per prestazione di 15.141 euro (Tavola 1). Rispetto
al 2022, il numero di prestazioni è aumentato dello 0,6% e il corrispondente importo
complessivo annuo è aumentato del 7,7%.
2022); ognuno di loro percepisce in media 1,4 pensioni, anche di diverso tipo,
secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Sebbene le donne rappresentino la
quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), gli uomini percepiscono il 56%
dei redditi pensionistici: l’importo medio annuo dei redditi percepiti dagli uomini è
infatti superiore a quello delle donne del 35% (24.671 contro 18.291 euro).
Tavola 1 – Pensioni e pensionati(a), pensioni pro capite e importo annuo, complessivo e medio, delle
pensioni e dei redditi pensionistici per sesso. Anni 2022 e 2023 (importo complessivo in milioni di
euro, medio in euro)
Numero
Sesso
Pensioni
Pensionati
Numero di
Importo
pensioni pro complessivo
capite
annuo
Importo medio annuo
delle
pensioni
dei redditi
pensionistici
23.167
Maschi
ANNO 2022
180.574
17.579
Femmine
141.659
11.333
16.991
Totale
322.233
14.150
19.976
Maschi
ANNO 2023
193.995
18.702
24.671
Femmine
153.037
12.197
18.291
347.032
15.141
21.382
Totale
(a) Per brevità, con “pensioni” si intendono le prestazioni pensionistiche, comprese quelle di tipo indennitario e assistenziale che possono
assumere la forma di rendite o di indennità, e con “pensionati” i relativi beneficiari.
dei Pensionati, aggiornato a luglio 2024.
L’importo complessivo annuo delle prestazioni pensionistiche è ottenuto moltiplicando per 13 l’importo mensile della pensione e per 12
l’importo mensile della indennità di accompagnamento.
Nella Figura 1, si osserva che circa due terzi (68%) dei beneficiari di prestazioni
pensionistiche percepisce una sola prestazione, mentre circa un terzo (il 32%) ne
percepisce due o più. In particolare, il 24,1% dei beneficiari percepisce due
prestazioni, il 6,7% tre e l’1,2% quattro o più.
Figura 1 – Pensionati per numero di pensioni percepite. Anno 2023 (valori percentuali)
24,1%
68,0%
1 pensione
2 pensioni
3 pensioni
4 e più pensioni
All’interno del gruppo dei titolari di più di una pensione la presenza femminile è
dominante e aumenta al crescere del numero dei trattamenti pro capite (Figura 2):
le pensionate rappresentano infatti il 58,1% dei titolari di due pensioni, il 68,4% dei
percettori di tre pensioni e il 69,3% dei titolari di quattro o più trattamenti.
Figura 2 – Pensionati per numero di pensioni percepite e sesso. Anno 2023 (valori percentuali)
Maschi
Femmine
La Tavola 2 rappresenta la distribuzione per categoria delle pensioni; dall’analisi
dei dati emerge che le pensioni di tipo Ivs (invalidità, vecchiaia e
anzianità/anticipate3, superstiti) sono il 77,5% del totale delle pensioni, di cui il
53,7% relativo alle pensioni di vecchiaia, il 4,1% a quelle di invalidità e il 19,7% a
quelle ai superstiti; le prestazioni di tipo indennitario si attestano al 2,7%, mentre
quelle di tipo assistenziale4 sono pari al 19,8% del totale.
3 D’ora con la categoria “Vecchiaia” si intende “Vecchiaia e anzianità/anticipate”, sia per le pensioni sia per i pensionati
Le prestazioni assistenziali comprendono le pensioni agli invalidi civili, ai non udenti civili e ai non vedenti civili, le indennità di accompagnamento,
di frequenza e di comunicazione, le pensioni e assegni sociali e le pensioni di guerra
Gli importi complessivi hanno una distribuzione più spiccatamente sbilanciata
verso le pensioni di tipo Ivs, che coprono il 90,7% del totale; in particolare gli importi
erogati per pensioni di vecchiaia sono il 73,2% del totale, quelli per pensioni di
invalidità il 3,8% e quelli per pensioni ai superstiti il 13,7%. Il restante 9,2% è
distribuito per l’1,2% sulle prestazioni di tipo indennitario e per l’8% su quelle di tipo
assistenziale.
Tavola 2 – Pensioni e importo annuo, complessivo e medio, per categoria di pensione. Anno 2023
(importo complessivo in milioni di euro, medio in euro)
Numero
CATEGORIA
Importo complessivo
Vecchiaia
Milioni di euro
Importo medio
Numero
indice
314.894
17.737,92
117,15
254.069
20.661,51
136,46
Invalidità
930.138
13.154
14.141,56
93,40
Superstiti
47.671
10.533,42
69,57
Indennitarie
627.143
4.262
6.796,17
44,89
27.875
6.139,77
40,55
347.032
15.141,08
Assistenziali
Totale
a) Numero indice Italia=100
Dall’analisi della distribuzione territoriale di pensioni e pensionati (Tavola 3) si
osserva che nelle regioni settentrionali si ha un maggior numero sia di pensioni sia
di pensionati (rispettivamente il 47,4% e il 47,8% del totale). Gli importi medi delle
pensioni sono più elevati al Nord rispetto al resto dell’Italia (+7,7 punti percentuali
rispetto alla media nazionale). Osservando i redditi pensionistici pro capite, si nota
anche in questo caso che è il Nord la zona geografica con redditi mediamente più alti
(+6,7 punti percentuali rispetto al totale nazionale), seguito a breve distanza dal
Centro (+5,1 punti percentuali).
Tavola 3 – Pensioni, pensionati(a) e importo annuo, complessivo e medio, delle pensioni e dei redditi
pensionistici per ripartizione geografica. Anno 2023
RIPARTIZIONE
GEOGRAFICA
Centro
Mezzogiorno
Italia
Numero
pensioni
Importo
complessivo
(milioni di
euro)
175.870
72.224
96.483
16.487
15.802
13.274
107,7
103,2
23.202
22.852
18.875
106,7
105,1
100,0
344.577
100,0
15.310
100,0
21.737
100,0
Numero
pensionati
Importo
medio delle Numero
pensioni
indice
(euro)
Reddito
pensionistico Numero
pro capite
indice
(euro)
(a) Sono esclusi i pensionati residenti all’estero e i casi non ripartibili per territorio.
(b) Numero indice Italia=100
I beneficiari residenti nel Mezzogiorno presentano invece sia gli importi delle
pensioni, sia i redditi pensionistici più bassi rispetto al totale nazionale.
Come si osserva nella Figura 3, la spesa pensionistica italiana relativa all’anno
2023, si distribuisce per il 51% nelle regioni settentrionali e per il 28% in quelle
meridionali e nelle isole; il restante 21% è erogato a beneficiari residenti nelle regioni
del Centro.
Figura 3 – Distribuzione territoriale della spesa pensionistica. Anno 2023
28,0%
Centro
Mezzogiorno
51,0%
21,0%
Analizzando la distribuzione dei pensionati per classe di età, di ampiezza
quinquennale tra i 65 e i 79 anni, si osserva che la classe più numerosa, sia per i
maschi che per le femmine, è quella degli ultraottantenni, con un rapporto di
femminilità pari al 152% per il numero di pensionati e al 76% per i redditi
pensionistici. La classe dove si riscontra l’importo medio più elevato è, per i maschi
tra 70 e 74 anni, mentre per le femmine quella tra 65 e 69 anni (Tavola 4).
Tavola 4 – Pensionati e importo medio annuo dei redditi pensionistici per classe di età e sesso. Anno
2023 (importi in euro)
CLASSE DI
ETA’
Maschi
Femmine
Totale
Numero
Importo medio
Numero
Importo medio
Numero
Importo medio
217.304
4.617,68
117.760
4.484,57
335.064
4.570,90
15-39
221.922
8.077,23
173.554
7.605,76
395.476
7.870,33
40-54
297.098
9.515,71
303.534
8.864,94
600.632
9.186,84
55-64
22.376,16
909.558
15.660,56
19.265,26
65-69
27.993,11
20.500,93
24.489,14
70-74
28.201,29
19.727,56
24.046,61
75-79
27.026,26
18.664,43
22.731,82
80 e più
25.656,26
19.510,71
21.949,26
10.927,73
7.190,12
8.620,56
24.671,02
18.290,78
21.381,92
Non indicato
Totale
Dalla stessa distribuzione emerge che per ogni classe di età, ma in particolare dai
55 anni in su, gli importi medi dei maschi sono sempre più elevati di quelli delle
femmine.
La Figura 4 illustra la composizione percentuale dei pensionati per sesso e classe
di età, fatto 100 il totale relativo a ogni sesso. Dall’analisi del grafico si osserva che
si ha una prevalenza maschile nelle quote relative a tutte le classi fino ai 74 anni.
Nella classe 75-79 anni si riscontrano valori quasi uguali tra le quote dei due sessi (il
16,9% per i maschi e il 16,7 per le femmine), mentre nella classe degli
ultraottantenni si ha una netta prevalenza della quota delle donne rispetto a quella
degli uomini, con un distacco di quasi 10 punti percentuali (il 33% per le donne contro
il 23,1% per gli uomini).
Tale spiccata prevalenza femminile nell’ultima classe di età è determinata
fondamentalmente da una diversa aspettativa di vita tra i due sessi, che risulta pari,
secondo gli ultimi dati Istat5, a 85,2 anni per le donne e a 81,1 anni per gli uomini.
Figura 4 – Pensionati per classe di età. Anno 2023 (composizione percentuale)
16,9 16,7
Maschi
Femmine
3,8 3,6
La distribuzione dei pensionati per ripartizione geografica e classe di età (Tavola
5) mostra andamenti differenti nelle varie ripartizioni. Le regioni settentrionali
mostrano una maggiore incidenza tra i pensionati con età superiore ai 54 anni; nel
Centro, l’incidenza resta stabile al variare dell’età, con un leggero aumento nel caso
dei beneficiari con età inferiore a 14 anni o superiore agli 80; infine, il Mezzogiorno
detiene la quota maggiore dei beneficiari con età inferiore a 55 anni. Questo deriva
principalmente da una maggiore incidenza in questa zona geografica delle pensioni
di invalidità, i cui beneficiari sono mediamente più giovani.
Tavola 5 – Pensionati per ripartizione geografica(a) e classe di età. Anno 2023 (composizione
percentuale)
CLASSE DI ETA’
RIPARTIZIONE
GEOGRAFICA
15-39
40-54
55-64
65-69
70-74
75-79
80 e più
Totale
Centro
Mezzogiorno
Italia
(a) Sono esclusi i pensionati residenti all’estero e i casi non ripartibili per territorio.
Statistiche report. Indicatori demografici anno 2023
https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/03/Indicatori_demografici.pdf
Dall’analisi della Tavola 6, che riporta la distribuzione delle pensioni per classe
di importo, si osserva che 15,9 milioni delle pensioni (il 69,5% del totale) ha importi
inferiori a 1.500 euro lordi mensili. Circa la metà di esse (8,1 milioni) ha importi
compresi tra 500 e 1.000 euro mensili e rappresenta il 35,3% del numero totale delle
pensioni; le pensioni fino a 500 euro sono 4,6 milioni e costituiscono il 20% del totale,
mentre quelle tra 1.000 e 1.500 euro sono 3,3 milioni, pari al 14,1% del totale. I
restanti 7 milioni di pensioni (il 30,5% del totale) superano i 1.500 euro lordi mensili.
Tavola 6 – Pensioni e importo complessivo per classe di importo mensile. Anno 2023
Numero
% sui trattamenti
Importo complessivo
% sull’importo
Fino a 499,99
15.332
500,00-999,99
66.091
1.000,00-1.499,99
48.028
1.500,00-1.999,99
53.042
2.000,00-2.499,99
48.034
2.500,00-2.999,99
37.126
3.000,00 – 3.499,99
650.160
24.868
3.500,00 – 3.999,99
295.975
13.200
4.000,00 – 4.499,99
161.153
8.181
4.500 – 4.999,99
106.006
6.022
5.000,00 e più
331.538
27.107
347.032
CLASSE DI IMPORTO MENSILE
(euro)
Totale
Passando all’analisi dei pensionati per classe di reddito pensionistico, costituito
dalla somma degli importi di tutte le prestazioni pensionistiche percepite dal
pensionato, siano esse di tipo previdenziale, indennitario o assistenziale (Tavola 7),
si osserva che la distribuzione si sposta verso le classi di reddito più elevate. La
prima classe di importo mensile, infatti, rappresenta il 10,5% dei pensionati, la
seconda (tra 500 e 1.000 euro) il 19%, la terza classe, tra i 1.000 e i 1.500 euro, il
18,5%; infine i pensionati con redditi pensionistici oltre i 1.500 euro mensili sono
oltre 8,4 milioni, pari al 52% del totale dei pensionati.
Dall’analisi delle differenze tra redditi maschili e femminili si osserva che le classi
di reddito pensionistico oltre i 1.500 euro mensili sono popolate più da maschi che
da femmine; in tali classi i pensionati rappresentano il 62,1% del totale dei maschi,
mentre per le pensionate l’analoga quota scende al 42,5%.
Tavola 7 – Pensionati e importo complessivo del reddito pensionistico per classe di reddito pensionistico
mensile e sesso. Anno 2023
Maschi
C LASSE DI
IMPORTO MENSILE
(euro)
Fino a 499,99
Numero
Femmine
Importo
complessivo
Numero
milioni di
Totale
Importo
complessivo
Numero
milioni di
Importo
complessivo
milioni di
739.794
2.496
959.986
3.502
5.998
500,00-999,99
9.045
18.489
27.534
1.000,00-1.499,99
18.618
26.806
45.424
1.500,00-1.999,99
30.485
29.369
59.855
2.000,00-2.499,99
33.450
925.819
24.927
58.376
2.500,00-2.999,99
789.126
25.893
578.647
18.937
44.830
3.000,00 – 3.499,99
554.566
21.297
294.588
11.284
849.154
32.582
3.500,00 – 3.999,99
284.788
12.702
131.946
5.888
416.734
18.590
4.000,00 – 4.499,99
154.836
7.857
70.647
3.582
225.483
11.439
98.101
5.572
42.177
2.393
140.278
7.965
26.580
99.780
7.858
415.137
34.438
100 153.037
100 347.032
4.500 – 4.999,99
5.000,00 e più
Totale
315.357
100 193.995
Nella Figura 5 si osservano contemporaneamente le quote delle classi di reddito
per pensioni e pensionati.
Si osserva che il 55,3% delle pensioni ha un importo mensile inferiore ai 1.000
euro. La quota di pensionati con reddito al di sotto di questa soglia scende al 29,5%,
per la possibilità di cumulo di più trattamenti pensionistici.
La spesa pensionistica sostenuta per l’erogazione delle pensioni sotto i 1.000
euro è il 23,4% del totale, mentre la quota dei redditi pensionistici che appartengono
alla stessa classe di importo si riduce al 9,6%, sempre a causa del cumulo di più
trattamenti.
Nelle classi di reddito più basse si concentrano soprattutto le prestazioni di tipo
assistenziale, che rappresentano una forma di assistenza alle persone più disagiate,
per motivi economici e/o fisici, e le pensioni ai superstiti, che sono per loro natura di
importo più basso di quelle del dante causa, essendo calcolate come una percentuale
di queste ultime.
Per tutte le classi di importo superiore ai 1.000 euro mensili, l’incidenza dei
pensionati è maggiore di quella delle pensioni. In particolare, il 36,1% dei pensionati
percepisce redditi pensionistici mensili compresi tra i 1.000 e i 2.000 euro, mentre
nella stessa classe ricade solo il 25,1% delle pensioni.
I pensionati che percepiscono più di 2.000 euro al mese rappresentano il 38,4%
del totale e il 60% sulla spesa pensionistica complessiva, mentre nella stessa classe
le pensioni sono il 19,5% e pesano per il 47,4% sulla spesa pensionistica
complessiva.
Nelle classi di importo mensile più elevate si concentrano principalmente le
pensioni di vecchiaia e/o anzianità/anticipate, caratterizzate da importi medi più alti
rispetto agli altri tipi di pensione.
Figura 5 – Pensioni, pensionati e importo complessivo della spesa pensionistica per classe di importo
mensile. Anno 2023(valori percentuali)
Dalla Figura 6, che rappresenta la distribuzione dei pensionati per classe di
reddito pensionistico e ripartizione geografica, si osserva che i pensionati delle regioni
meridionali e delle isole percepiscono redditi più bassi rispetto a quelli residenti nelle
altre zone geografiche.
Nel Mezzogiorno, infatti, il numero dei pensionati con redditi pensionistici sotto
i 500 euro mensili rappresenta il 12,8%, nel Centro l’8,8% e nelle regioni
settentrionali il 6,4%; in termini assoluti, il distacco si accentua ancor più se si
osservano i pensionati con redditi pensionistici compresi tra 500 e 1.000 euro mensili
che nel Mezzogiorno sono pari al 24,7%, quota che scende al 18,3% nelle regioni del
Centro e ancora al 15,8% in quelle settentrionali.
Di conseguenza, i pensionati residenti al Nord che percepiscono redditi più
elevati, in particolare compresi tra 1.500 e 2.000 euro mensili, superano di circa 5
punti percentuali quelli del Mezzogiorno e di circa 3 punti quelli del Centro. Infine, i
pensionati delle classi di reddito pensionistico più alte, oltre i 2.000 euro mensili,
residenti nel Mezzogiorno sono il 27,1%, contro oltre il 37% in ognuna delle due altre
aree geografiche.
Figura 6 – Pensionati per classe di reddito pensionistico mensile e ripartizione geografica. Anno
2023 (valori percentuali)
3.000,00 e più
2.500,00 – 2.999,99
2.000,00 – 2.499,99
1.500,00 – 1.999,99
1.000,00 – 1.499,99
500,00 – 999,99
Fino a 499,99
2. Analisi tipologica dei beneficiari di prestazioni pensionistiche
L’analisi dei beneficiari prosegue, focalizzando l’attenzione su cinque platee di
beneficiari individuati in base al tipo di prestazione percepita: i pensionati di
vecchiaia, i pensionati di invalidità previdenziale, i beneficiari di pensioni ai superstiti,
i beneficiari di prestazioni indennitarie, i beneficiari di prestazioni assistenziali.
I primi sono i titolari di almeno una pensione di vecchiaia e/o anzianità/
anticipata, cumulata o meno ad altre prestazioni, i secondi di almeno una pensione
di invalidità previdenziale cumulata o meno ad altre prestazioni e così via.
Sono platee che per loro stessa definizione non sono distinte l’una dall’altra ma
si sovrappongono in parte; infatti, per la possibilità di cumulo di più pensioni anche
appartenenti a diversi tipi, un beneficiario può ricadere in più platee a seconda delle
pensioni ricevute.
La Tavola 8 mostra la distribuzione del numero dei pensionati secondo la
presenza o meno di cumulo con pensioni di altro tipo.
Si osserva che la quota dei pensionati che percepiscono solo pensioni dello stesso
tipo varia da un minimo del 28,2% dei percettori di pensioni indennitarie ad un
massimo del 72,3% dei titolari di pensioni di vecchiaia.
Il gruppo più numeroso di pensionati è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia:
ad altri tipi.
Tavola 8 – Tipologie di pensionati(a) secondo la presenza o meno di cumulo con pensioni di diverso
tipo. Anno 2023 (valori assoluti e valori percentuali)
Solo pensioni della
tipologia
TIPOLOGIA
Numero
pensionati
Vecchiaia
Invalidità
491.342 53,3
Superstiti
Indennitarie
174.434 28,2
Assistenziali
Cumulo con altre tipologie
di pensione
Numero
medio di
Numero
pensioni
pensionati
capite
Numero
medio di
pensioni
capite
Totale
Totale pensioni
pensionati
Numero medio di
pensioni pro
capite
430.702 46,7
922.044
443.991 71,8
618.425
(a) La somma del numero dei pensionati dei vari tipi non coincide con il totale dei pensionati in quanto, per effetto della possibilità di
cumulo di più prestazioni appartenenti anche a tipi diversi, un pensionato può ricadere in più tipi a seconda delle prestazioni ricevute;
analogamente, la somma del numero delle pensioni corrispondenti non coincide con il totale delle pensioni.
I pensionati titolari di invalidità previdenziale sono quasi 1 milione; poco meno
della metà (il 46,7%) cumula pensioni di tipo diverso da quelle di invalidità
previdenziale.
percepisce solo pensioni ai superstiti, mentre il restante 68,1% percepisce anche
pensioni di altro tipo.
I beneficiari di prestazioni di tipo assistenziale sono circa 3,8 milioni; il 48,9% è
titolare anche di prestazioni diverse da quelle assistenziali. Sono principalmente i
beneficiari di indennità di accompagnamento che percepiscono anche pensioni di tipo
previdenziale.
I titolari di rendite di tipo indennitario infine sono 618.425 di cui la grande
maggioranza (il 71,8%) cumula tale prestazione con altri tipi di prestazione
previdenziale e/o assistenziale.
La Tavola 9 rappresenta la composizione dell’importo complessivo annuo dei
redditi pensionistici delle tipologie di pensionati illustrate nella Tavola 8.
I pensionati di vecchiaia ricevono complessivamente 288.684 milioni di euro; l’88%
di tale ammontare (254.069 milioni di euro) riguarda le pensioni di vecchiaia, mentre
il 12% (34.615 milioni di euro) corrisponde a quello delle pensioni di altro tipo
cumulate a quelle di vecchiaia. I percettori di sole pensioni di vecchiaia ricevono una
quota di ammontare che non solo è la più alta tra le tipologie esaminate (circa il
70%), ma è anche molto vicina alla rispettiva quota dei pensionati: per le pensioni
di vecchiaia il cumulo con prestazioni di altro tipo non è quindi associato a un reddito
pensionistico medio significativamente più alto, a differenza delle altre tipologie.
Il reddito pensionistico dei beneficiari di pensioni di invalidità previdenziali deriva
per il 73,3% da pensioni di invalidità e per il 26,7% da pensioni di altro tipo.
I titolari di pensioni ai superstiti ricevono complessivamente 91.187 milioni di
euro; il 47,7% di tale ammontare (43.516 milioni di euro) è rappresentato dal cumulo
con pensioni di altro tipo.
Il 68% dei redditi pensionistici dei titolari di prestazioni indennitarie sono relativi
a pensioni di tipo previdenziale e/o assistenziale cumulate alle rendite indennitarie.
Tra le tipologie esaminate, i percettori di sole prestazioni indennitarie ricevono la
quota più bassa di ammontare (8,2%).
Infine, le prestazioni di tipo assistenziale rappresentano il 46,5% del reddito
pensionistico dei beneficiari di tale tipo di prestazioni, mentre le prestazioni di altro
tipo rappresentano il restante 53,5%.
Tavola 9 – Composizione dell’importo complessivo annuo dei redditi pensionistici delle tipologie di
pensionati(a). Anno 2023 (importi in milioni di euro)
Sole pensioni della tipologia
TIPOLOGIA
Cumulato da pensioni di altre tipologie
Reddito
pensionistico
complessivo
34.615
288.684
4.780
17.934
31.438
43.516
91.187
3.174
9.006
13.268
13.254
32.124
60.000
Importo complessivo
pensioni della
tipologia
Importo complessivo
pensioni di altra
tipologia
Importo complessivo
pensioni della tipologia
Vecchiaia
203.179
50.890
Invalidità
7.851
5.303
Superstiti
16.233
Indennitarie
1.088
Assistenziali
14.622
(a) La somma dei redditi pensionistici dei vari tipi di pensionato risulta superiore al totale generale della spesa pensionistica in quanto, a causa
della possibilità di cumulo di più prestazioni appartenenti anche a diversi tipi, un reddito pensionistico può ricadere in più tipi a seconda delle
prestazioni associate.
Dall’analisi della distribuzione territoriale dei vari tipi di pensionato (Figura 7) si
osserva una netta prevalenza dei pensionati di vecchiaia al Nord (54,2%), mentre
quelli di invalidità previdenziale e assistenziale hanno una maggiore presenza nel
Mezzogiorno (rispettivamente 46,9% e 47,4%). Nel Centro i pensionati delle varie
tipologie appaiono con percentuali pressoché costanti, che variano dal 20% al 23%.
Figura 7 – Tipologie di pensionati per ripartizione geografica. Anno 2023 (valori percentuali)
31,9%
32,0%
54,2%
43,1%
47,8%
20,6%
21,1%
Centro
23,0%
20,0%
Mezzogiorno
19,8%
47,4%
46,9%
26,0%
33,9%
32,3%
La Tavola 10 e la successiva Figura 8 mostrano la distribuzione dei pensionati
dei vari tipi per classe di reddito pensionistico mensile.
Si rileva che degli oltre 11 milioni pensionati di vecchiaia, circa 3,5 milioni
percepiscono redditi pensionistici compresi tra 500 e 1.500 euro mensili.
Riguardo ai 4,2 milioni di beneficiari di pensioni ai superstiti, la classe di reddito
più numerosa è quella tra 1.000 e 1.500 euro, con quasi 1 milioni di beneficiari,
seguita da quella immediatamente successiva.
quasi un milione nella classe di reddito più bassa, che risulta la più numerosa, per
più di un milione e mezzo nelle classi di reddito tra 500 e 1.500 euro e per il restante
1,3 milioni nelle classi di reddito oltre i 1.500 euro mensili.
Tavola 10 – Tipologie di pensionati(a) per classe di reddito pensionistico mensile. Anno 2023
C LASSE DI REDDITO
MENSILE (euro)
Fino a 499,99
Vecchiaia
Invalidità
Superstiti
Indennitarie
Assistenziali
374.343
60.425
273.927
125.513
890.274
500,00-999,99
235.543
659.163
53.312
876.608
1.000,00-1.499,99
195.444
935.443
76.240
758.031
1.500,00-1.999,99
175.434
923.041
98.763
547.761
2.000,00-2.499,99
108.925
578.191
107.654
380.084
2.500,00-2.999,99
59.045
320.923
74.592
176.090
3.000,00-3.499,99
792.361
39.596
202.217
41.259
91.872
3.500,00-3.999,99
386.579
21.315
119.106
19.753
49.554
4.000,00-4.499,99
210.844
9.607
68.043
9.349
24.214
4.500,00-4.999,99
132.337
4.797
37.583
4.973
13.626
5.000,00 e più
400.142
11.913
77.369
7.017
28.217
922.044
618.425
Totale
(a) La somma del numero dei pensionati dei vari tipi non coincide con il totale dei pensionati in quanto, per effetto della possibilità di cumulo di
più prestazioni appartenenti anche a tipi diversi, un pensionato può ricadere in più tipi a seconda delle prestazioni ricevute.
Analizzando la distribuzione percentuale (vedi anche Figura 8), si rileva che una
quota non lontana dal 5% dei titolari di pensioni di vecchiaia, come anche dei titolari
di pensioni di invalidità previdenziale, percepisce redditi pensionistici inferiori ai 500
euro mensili. Per i primi la classe più numerosa è quella tra 1.500 e 2.000 euro
mensili (21%), per i secondi quella tra 500 e 1.000 euro (25,5%); il 16,9% dei
pensionati di vecchiaia percepisce redditi pari o superiori a 3.000 euro mensili,
mentre la quota della stessa classe di importo quasi si dimezza per i pensionati di
invalidità (9,5%).
Quasi un terzo dei beneficiari di pensioni ai superstiti (il 22,2%) ha redditi
inferiori ai 1.000 euro mensili, il 44,3% percepisce redditi compresi tra 1.000 e 2.000
euro mensili, mentre il restante 33,5% appartiene alle classi più alte.
I beneficiari di rendite Inail percepiscono redditi pensionistici mediamente più
alti rispetto ai pensionati della tipologia precedente, con il 28,9% di beneficiari che
percepisce redditi pensionistici inferiori ai 1.000 euro mensili, il 28,3 compresi tra
1.000 e 2.000 euro e il 42,8% superiori o uguali ai 2.000 euro mensili.
Infine, quasi la metà di beneficiari di prestazioni assistenziali percepisce redditi
pensionistici inferiori a 1.000 euro mensili; di questi il 23,2% risulta inferiore ai 500
euro e il 22,9% è compreso tra 500 e 1.000 euro mensili. L’altra metà percepisce
redditi pensionistici superiori a 1.000 euro mensili, di cui il 34% inferiori ai 2.000
euro mensili e il 19,9% superiori, principalmente a causa del cumulo di più
prestazioni.
Figura 8 – Tipologie di pensionati per classe di reddito pensionistico. Anno 2023 (valori percentuali)
2.500,00-2.999,99
2.000,00-2.499,99
1.500,00-1.999,99
3.000,00 e più
1.000,00-1.499,99
500,00-999,99
Fino a 499,99
GLOSSARIO
Assegno di invalidità previdenziale: prestazione legata al versamento di
contributi per almeno cinque anni dei quali tre nell’ultimo quinquennio e al
riconoscimento, da parte degli organi competenti dell’Ente previdenziale, della
riduzione permanente della capacità di lavoro dell’assicurato a meno di un terzo.
L’assegno è compatibile con l’attività lavorativa. Ha durata triennale e confermabile
per periodi della stessa durata. Dopo il secondo rinnovo l’assegno è considerato
permanente. Al compimento dell’età pensionabile l’assegno ordinario di invalidità si
trasforma in pensione di vecchiaia.
Assegno sociale: prestazione economica erogata ai cittadini sia italiani sia stranieri
in possesso dei seguenti requisiti anagrafici ed economici: 67 anni nel 2019,
residenza effettiva, stabile e continuativa per almeno 10 anni sul territorio nazionale
e stato di bisogno economico. In particolare, il diritto alla prestazione è accertato
sulla base della situazione reddituale del richiedente, facendo riferimento al reddito
personale per i cittadini non coniugati e al cumulo del reddito con il coniuge nel caso
in cui il richiedente sia legalmente sposato. L’assegno sociale è stato introdotto con
legge 335/1995 e dal 1° gennaio 1996 ha sostituito la pensione sociale.
Importo complessivo annuo: Importo annuo delle pensioni vigenti al 31 dicembre
Tale valore è fornito dal prodotto tra il numero delle pensioni, l’importo mensile della
pensione pagata al 31 dicembre dell’anno e il numero di mensilità per cui è previsto
il pagamento (13 per le pensioni e 12 per le indennità di accompagnamento). La
spesa pensionistica che ne consegue rappresenta un dato di stock e pertanto non
coincide con la spesa pensionistica desunta dai dati contabili degli enti che hanno
erogato la prestazione (dato economico di bilancio).
Indennità di accompagnamento: Convenzionalmente comprendono l’indennità di
accompagnamento a favore degli invalidi civili totali, le indennità di frequenza per i
minori di 18 anni, le indennità di comunicazione per i non udenti, le indennità speciali
per i ciechi parziali (ventesimisti); le indennità di accompagnamento per i ciechi
assoluti, le indennità di assistenza e di accompagnamento per i ciechi assoluti. Le
indennità spettano al solo titolo della minorazione, indipendentemente dalle
condizioni reddituali.
Ivs: Invalidità, vecchiaia e superstiti. Tipo di pensioni erogate agli assicurati dell’Ago
(Assicurazione generale obbligatoria) e delle gestioni sostitutive e integrative.
Pensione: la prestazione in denaro periodica e continuativa erogata individualmente
da enti pubblici e privati in seguito a: raggiungimento di una determinata età;
maturazione di anzianità di versamenti contributivi; mancanza o riduzione della
capacità lavorativa per menomazione congenita e sopravvenuta; morte della persona
protetta e particolare benemerenza verso il Paese. Il numero delle pensioni può non
coincidere con quello dei pensionati in quanto ogni individuo può beneficiare di più
prestazioni. Nel caso di pensioni indirette a favore di più contitolari, si considerano
tante pensioni quanti sono i beneficiari della prestazione.
Pensione ai superstiti: trattamento pensionistico erogato ai superstiti di
pensionato o di assicurato in possesso dei requisiti di assicurazione e contribuzione
richiesti.
Pensione assistenziale: Pensione erogata a cittadini con reddito scarso o
insufficiente, inferiore ai limiti di legge e indipendentemente dal versamento di
contributi, a seguito del raggiungimento del limite di età previsto dalla normativa o
per invalidità non derivante dall’attività lavorativa svolta.
Pensione di anzianità/anticipata: il trattamento pensionistico corrisposto ai
lavoratori che abbiano raggiunto i requisiti contributivi e eventualmente anagrafici
per la cessazione dell’attività lavorativa nella gestione di riferimento, anticipatamente
rispetto al requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia.
Pensione di inabilità: prestazione economica, legata al versamento di contributi
per almeno cinque anni dei quali tre nell’ultimo quinquennio, e il riconoscimento da
parte degli organi competenti dell’Ente previdenziale di una assoluta e permanente
impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Requisito indispensabile è inoltre
la cessazione di ogni attività lavorativa, la cancellazione dagli elenchi di categoria dei
lavoratori e dagli albi professionali.
Pensione di invalidità civile: pensione erogata ai cittadini con redditi insufficienti
e con una riduzione della capacità di lavoro o di svolgimento delle normali funzioni
quotidiane superiore al 73 %.
Pensione di invalidità, di vecchiaia e anzianità e ai superstiti (IVS): pensione
corrisposta dai regimi previdenziali di base e complementare in conseguenza
dell’attività lavorativa svolta dalla persona protetta al raggiungimento di determinati
limiti di età anagrafica, di anzianità contributiva e in presenza di una ridotta capacità
di lavoro (pensioni dirette di invalidità, vecchiaia e anzianità). In caso di morte della
persona in attività lavorativa o già in pensione tali prestazioni possono essere
corrisposte ai superstiti (pensioni indirette).
Pensione di invalidità previdenziale ante Legge 222/1984: prestazione legata
al versamento di contributi e al riconoscimento, da parte degli organi competenti
dell’Ente previdenziale, della riduzione permanente della capacità di guadagno. La
prestazione è stata abolita dalla Legge 222/1984, che ha introdotto l’assegno di
invalidità e la pensione di inabilità. Sono rimasti, a tutela di alcune classi di lavoratori,
i requisiti di invalidità assimilabili alla vecchia normativa; tale invalidità specifica è
compresa nella categoria dell’invalidità previdenziale ante Legge 222/1984.
Pensione di vecchiaia: il trattamento pensionistico corrisposto ai lavoratori che
abbiano raggiunto l’età stabilita dalla legge per la cessazione dell’attività lavorativa
nella gestione di riferimento e che siano in possesso dei requisiti contributivi minimi
previsti dalla legge.
Pensione indennitaria: rendita corrisposta a seguito di un infortunio sul lavoro, per
causa di servizio e malattia professionale. La caratteristica di queste rendite è di
indennizzare la persona per una menomazione, secondo il livello della stessa, o per
morte (in tal caso la prestazione è erogata a superstiti) conseguente a un fatto
accaduto nello svolgimento di una attività lavorativa.
Pensione sociale: pensione ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di redditi
minimi e ai beneficiari di pensioni di invalidità civile e ai sordomuti al compimento dei
65 anni di età. Viene erogata dall’Inps ed è finanziata dalla fiscalità generale. A partire
dal 1º gennaio 1996 la pensione sociale è stata sostituita dall’assegno sociale (legge
n. 335 del 1995).
Pensione sociale da ex invalido civile: pensione ai beneficiari di pensioni di
invalidità civile e ai sordomuti al compimento dell’età prevista dalla normativa. Viene
erogata dall’Inps ed è finanziata dalla fiscalità generale. A partire dal 1º gennaio 1996
la pensione sociale viene sostituita dall’assegno sociale (legge n. 335 del 1995).
Reddito pensionistico: è dato dalla somma degli importi di tutte le prestazioni
pensionistiche percepite da un beneficiario, siano esse di tipo previdenziale,
indennitario o assistenziale.
Ripartizione geografica: suddivisione geografica del territorio. Per l’Italia si
considerano le seguenti ripartizioni: Nord: Piemonte, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste,
Lombardia, Liguria, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Veneto, Friuli-Venezia Giulia,
Emilia-Romagna; Centro: Toscana, Umbria, Marche, Lazio; Sud e isole: Abruzzo,
Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.
Spesa pensionistica: (vedi Importo complessivo).
AVVERTENZE
Arrotondamenti: per effetto degli arrotondamenti operati nelle elaborazioni i totali
possono non corrispondere alle somme delle rispettive componenti, sia per i valori
assoluti sia per i valori percentuali.
APPENDICE NORMATIVA
Evoluzione del sistema pensionistico italiano
Negli ultimi decenni il sistema previdenziale è stato oggetto di numerose
riforme finalizzate al contenimento della spesa, al riordino e all’armonizzazione dei
diversi regimi pensionistici.
Il modello pensionistico italiano è basato sul regime tecnico-finanziario della
ripartizione pura in quanto i contributi versati dal settore produttivo, aziende e
lavoratori, sono utilizzati per pagare le pensioni in essere senza alcun accumulo di
capitale; il sistema risulta in equilibrio solo quando, annualmente, il flusso delle
entrate contributive è sufficiente ad erogare le prestazioni.
La normativa vigente sino all’inizio degli anni Novanta garantiva un livello di
prestazioni massimo prossimo all’80% dell’ultima retribuzione. Il calcolo della
pensione era effettuato secondo il metodo retributivo ed il livello della prestazione
risultava indipendente dall’età al pensionamento; a ciò si aggiungeva il fatto che i
requisiti di età ed anzianità previsti per l’accesso alla pensione erano particolarmente
favorevoli.
La combinazione di tali elementi assicurava un livello generale delle prestazioni
troppo elevato rispetto alle risorse finanziarie disponibili. Inoltre, il progressivo
invecchiamento della popolazione quale effetto combinato dei due fenomeni
demografici – aumento della vita media e progressiva riduzione dei tassi di natalità hanno determinato la crisi irreversibile del sistema. Pertanto, i provvedimenti
normativi di modifica dell’ordinamento, da un lato hanno avuto come obiettivo
l’innalzamento dell’età pensionabile, dall’altro la diminuzione del livello delle
prestazioni erogate. Per compensare la riduzione dell’importo delle prestazioni
garantite dall’assicurazione di base sono state introdotte nell’ordinamento forme di
previdenza complementare.
In ordine cronologico, a partire da 1992, si elencano i principali provvedimenti
emanati in materia:
D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (Riforma Amato)
Graduale incremento dell’età pensionabile da 55 a 60 anni per le donne e da
60 a 65 per gli uomini.
Graduale innalzamento del requisito minimo di contribuzione utile da 15 a 20
anni.
Graduale allargamento, per le anzianità maturate dal 1993, del periodo di
riferimento per il calcolo della retribuzione media pensionabile:
– per chi ha almeno 15 anni di contribuzione al 31/12/1992 (gli stessi che con
la successiva Legge Dini saranno classificati come appartenenti al regime
“retributivo”), il periodo di riferimento passa dagli ultimi cinque anni agli
ultimi dieci della vita contributiva;
– per tutti gli altri coincide con l’intera vita contributiva;
Introduzione del divieto parziale di cumulo tra pensione e redditi di lavoro
autonomo.
Perequazione delle pensioni sulla base del solo adeguamento al costo vita e
non più anche alla dinamica salariale;
Avvio del processo di armonizzazione delle normative dei fondi speciali gestiti
dall’Inps alle regole del regime generale dei lavoratori dipendenti.
D.lgs. 21 aprile 1993, n. 124
Istituzione della previdenza complementare.
Legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma Dini)
Introduzione del sistema contributivo per il calcolo della pensione per i soggetti
che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996.
Il sistema di calcolo da utilizzare si differenzia a seconda dell’anzianità maturata
alla data del 31 dicembre 1995:
– ai lavoratori che possono contare su almeno 18 anni di contributi si applica
il vecchio sistema retributivo;
– a coloro che possiedono meno di 18 anni di contributi versati si applicano
entrambi i metodi di calcolo, e cioè il retributivo per l’anzianità maturata
sino al 31 dicembre 1995, e il contributivo per i periodi di attività successivi
al 1° gennaio 1996;
completamente con le regole del sistema contributivo.
È prevista la possibilità per i lavoratori con anzianità contributiva precedente al
1996 di optare per il sistema contributivo, con la condizione che abbiano
maturato un’anzianità pari o superiore a 15 anni, di cui almeno 5 successivi al
1995.
Con il sistema contributivo la pensione non è più legata alla retribuzione ma è
vincolata alla contribuzione versata nell’arco dell’intera vita lavorativa.
L’importo della pensione annua si ottiene moltiplicando il montante contributivo
individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età del lavoratore
alla data di decorrenza della pensione e a un determinato tasso di sconto. I
coefficienti di trasformazione dipendono dalle aspettative di vita e ne è prevista
la revisione periodica.
Per le pensioni di anzianità: aumento da 36 anni di contribuzione nel 1996 a 40
nel 2008 del requisito di sola anzianità e introduzione di una età minima (da 52
nel 1996 a 57 nel 2006) da abbinare ai 35 anni di contribuzione.
Riduzione degli importi delle pensioni di invalidità e di reversibilità in funzione
del reddito posseduto.
Si modifica il regime delle pensioni di anzianità:
– introducendo un’età minima (da 52 anni nel 1996 a 57 anni nel 2006) in
aggiunta ai 35 anni contributivi;
– innalzando da 36 anni nel 1996 a 40 anni nel 2008 il requisito di sola
anzianità;
viene prevista una nuova disciplina dei trattamenti a favore dei superstiti di
assicurato e pensionato e degli assegni di invalidità posti in relazione con i redditi
dei beneficiari;
le aliquote di computo delle pensioni sono fissate al 33% per i lavoratori
dipendenti e al 20% per i lavoratori autonomi iscritti all’Inps;
Si prevede la revisione decennale dei coefficienti di trasformazione sulla base
delle rilevazioni demografiche e dell’andamento effettivo dei tassi di variazione
del PIL.
Per le pensioni di anzianità viene fissato a quattro il numero annuo delle finestre
di uscita (le finestre erano già state introdotte nel nostro ordinamento da pochi
anni);
Si istituisce l’assegno sociale che viene
ultrasessantacinquenni con bassi livelli reddituali;
Si istituisce una nuova gestione (lavoratori parasubordinati) per fornire copertura
previdenziale ai soggetti che svolgono, anche se in maniera non esclusiva, attività
di lavoro autonomo e ai soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa;
Viene individuato l’obiettivo di armonizzare le regole tra le gestioni previdenziali
Inps e quelle dei dipendenti pubblici.
e appartenenti, quindi, al regime contributivo puro:
– scompare l’istituto dell’integrazione al minimo;
– vengono introdotte nuove regole per il conseguimento della pensione di
vecchiaia. Essa può essere ottenuta in un’età compresa tra i 57 e i 65 anni
con un minimo di 5 anni di contribuzione. La pensione non viene concessa
prima dei 65 anni se risulta di importo inferiore a 1,2 volte l’importo
dell’assegno sociale;
– è previsto un massimale retributivo imponibile ai fini contributivi pari
inizialmente a 132 milioni di lire (nel 2021 è di 103.055 euro). Sulle
retribuzioni eccedenti tale limite non è previsto alcun prelievo, con lo scopo di
incentivare lo sviluppo di forme di previdenza complementare su base
volontaria, gestite a capitalizzazione.
erogato
favore
degli
Legge 27 dicembre 1997, n. 449 (prima Riforma Prodi)
Inasprimento dei requisiti per le pensioni di anzianità nel regime transitorio
con l’esclusione dei lavoratori appartenenti a particolari categorie quali operai,
mobilitati, cassaintegrati, prosecutori volontari.
Blocco totale della perequazione del 1998 per le pensioni vigenti superiori a 5
volte il minimo e il blocco totale per gli anni 1999-2000 per le pensioni
superiori a 8 volte il minimo.
Riduzione delle pensioni di anzianità decorrenti nel 1998 (con anzianità
inferiore a 40 anni) attraverso l’introduzione di un’ulteriore finestra di uscita
e la diversificazione delle finestre per gli autonomi aumentandole di 3 mesi;
Ulteriore accelerazione
previdenziali speciali.
Parziale incumulabilità, per la parte di importo superiore al minimo, dei
trattamenti di anzianità con redditi di lavoro autonomo.
del processo di armonizzazione
delle
gestioni
Lo stesso esecutivo aveva emanato in precedenza il D. Lgs. n. 314/1997. L’art.
8 stabilisce, dal 1998, la tassazione dei redditi pensionistici ai fini Irpef
utilizzando i dati contenuti nel Casellario delle pensioni. In seguito (art. 34 L.
448/1998) viene stabilito che, dal 1999, le pensioni siano rivalutate in relazione
al totale delle pensioni percepite dal singolo beneficiario utilizzando le
informazioni raccolte dal Casellario delle pensioni.
Legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Legge Finanziaria 2002)
• Adeguamenti delle pensioni minime e delle pensioni sociali, con elevazione dei
relativi importi, per motivi reddituali, alla cifra di 1 milione di lire.
Legge 15 ottobre 2003, n. 289
Introduzione della cumulabilità totale tra pensione di anzianità, liquidata in
presenza di 37 anni di contribuzione e 58 anni di età, con i redditi di lavoro
autonomo e dipendente.
Soppressione dell’Inpdai, con contestuale passaggio delle relative competenze
all’Inps.
Legge 24 novembre 2003, n. 326
• Parificazione della contribuzione dovuta dai lavoratori parasubordinati a quella
dei lavoratori autonomi.
Legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge Finanziaria 2004)
• Introduzione del contributo di solidarietà (nella misura del 3%) sulle pensioni
superiori a venticinque volte quello stabilito dall’art.38 della Legge 448/2001 (un
milione di lire), rivalutato annualmente.
Legge 23 agosto 2004, n. 243 (Riforma Maroni)
Introduzione per la pensione di anzianità, a partire dal 1° gennaio 2008, del
cosiddetto “scalone” con l’innalzamento del requisito di età da 57 a 60 anni
sempre avendo maturato almeno 35 anni di anzianità.
Introduce, fino al 31 dicembre 2015, la possibilità di conseguire il diritto alla
pensione con un’anzianità non inferiore a 35 anni e un’età non inferiore a 57
anni se dipendenti (58 anni se autonome) per le lavoratrici che optano per la
liquidazione secondo le regole di calcolo del sistema contributivo (opzione
donna).
Prevede la standardizzazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia
e di anzianità indipendentemente dal regime pensionistico.
Introduce un incentivo (superbonus) nella misura del 32,70% della retribuzione
per i lavoratori dipendenti del settore privato che rinviano la pensione di
anzianità a tutto il 31 dicembre 2007.
prevede la rimodulazione (da 4 a 2, ma con un periodo di attesa più lungo) delle
finestre di uscita per tutte le pensioni di anzianità.
D.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252
Riordino della disciplina della previdenza complementare.
D.lgs. 6 febbraio 2006, n. 42
Introduzione dell’istituto della totalizzazione dei periodi assicurativi per il
conseguimento della pensione di vecchiaia, di anzianità, di inabilità e della
pensione ai superstiti.
Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007)
• Incremento di cinque punti percentuali della contribuzione dovuta dagli iscritti
alla gestione separata dell’Inps.
• Anticipazione al 1° gennaio 2007 della riforma della previdenza complementare
di cui al d.lgs. n. 252/2005.
Legge 24 dicembre 2007, n. 247 (seconda Riforma Prodi)
Nuovi requisiti d’accesso alla pensione (abolizione dello scalone) e introduzione
del “sistema delle quote” a partire dal 1° gennaio 2009, determinate dalla
somma dell’età (con un valore minimo crescente nel corso degli anni) e degli
anni di anzianità (minimo 35).
Tornano a essere applicate le 4 finestre trimestrali alle pensioni che decorrono
avendo maturato 40 anni di anzianità (cosiddetti “quarantisti”).
Per la prima volta vengono applicate anche alla pensione di vecchiaia le stesse
finestre (trimestrali) applicate ai “quarantisti”.
Viene bloccata completamente nel 2008 la perequazione per le pensioni di
importo superiore a 8 volte il minimo.
Si continuano a tutelare i c.d. salvaguardati, limitatamente a 5.000 lavoratori in
mobilità e prosecutori volontari.
Vengono previsti requisiti ridotti per i lavoratori addetti a mansioni usuranti.
Vengono pubblicati (con effetto da gennaio 2010) nuovi coefficienti di
trasformazione per il calcolo della quota di pensione contributiva.
Legge 3 agosto 2009 n. 102
• Età pensionabile delle donne nel pubblico impiego aumentata gradualmente fino
a 65 anni.
• Viene stabilito il principio di adeguare i requisiti anagrafici all’incremento della
speranza di vita accertato da Istat.
• Rateizzazione del trattamento di fine rapporto lavorativo
Legge 4 novembre 2010, n. 183 (Collegato Lavoro)
• Indennizzi per le aziende commerciali in crisi.
• Contribuzione figurativa per la malattia.
• Delega per il riordino della disciplina dei lavori usuranti.
Legge 30 luglio 2010, n. 122 (Riforma Sacconi)
• Aggancio di tutti i requisiti di età all’incremento della speranza di vita
corrispondente all’età di 65 anni nel triennio precedente. Il primo incremento è
fissato per il 2015 e stabilito pari a 3 mesi. Viene incrementata allo stesso modo la
componente anagrafica delle quote.
• Revisione dei requisiti legati all’incremento della speranza di vita sia prevista ogni
3 anni tranne il secondo incremento, stabilito per il 2019, al fine di renderlo
coincidente con la revisione dei coefficienti di trasformazione.
• Modifica radicale del regime delle decorrenze (finestre). Si stabilisce infatti che per
le pensioni di vecchiaia e anzianità il diritto alla decorrenza avvenga dopo 12 mesi
(18 per gli autonomi) dal raggiungimento del requisito (c.d. finestre mobili).
• Incremento dell’età di vecchiaia per le lavoratrici del settore pubblico: di un anno
per il 2010 e di 4 anni dal 2012.
• Ricongiunzioni di cui alla legge 29 del 1979 onerose a decorrere dal 1° luglio 2010.
A distanza di pochi mesi il medesimo esecutivo emana:
• il D. Lgs. 67/2011 che istituisce requisiti anticipati per i lavoratori addetti in attività
particolarmente usuranti;
• la L. 111/2011 in cui l’art. 18 dispone due norme rilevanti:
– il c. 4 anticipa dal 2015 al 2013 l’incremento dei requisiti legati alla
speranza di vita (sempre fissato in 3 mesi). In questo modo la revisione
diventa sempre triennale e in linea con quella dei coefficienti;
– il c. 22-ter stabilisce ulteriori finestre di un mese ogni anno (dal 2012 al
2014) da applicarsi a tutte le tipologie di pensioni anzianità.
Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Riforma Fornero)
Estensione del calcolo contributivo anche a coloro che erano stati esclusi dalla
riforma Dini.
Abolizione delle finestre aumentando quasi sempre il requisito nella stessa
misura.
Eliminazione delle quote e l’aumento di un anno, per i maschi, del requisito per
la pensione di anzianità, da ora denominata “anticipata”.
Estensione alle pensioni anticipate dell’aumento dei requisiti legati alla speranza
di vita. Gli aumenti diventano biennali a partire dal 2019.
Rapido aumento del requisito di età per la pensione di vecchiaia delle lavoratrici
dipendenti private e autonome con l’equiparazione a quella degli uomini a partire
dal 2018.
Blocco completo della perequazione per i redditi pensionistici superiori a tre volte
il minimo Inps, per gli anni 2012 e 2013.
Istituzione di un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati
delle gestioni speciali e del Fondo Volo, la cui misura è proporzionale agli anni di
anzianità antecedenti il 1996.
Estensione fino a 70 anni dei coefficienti di trasformazione. A partire dal 2019
anche i coefficienti vengono aggiornati ogni due anni.
Mantenimento dei requisiti previgenti per 50mila (poi portati a 65mila) lavoratori
appartenenti a categorie particolari (c.d. salvaguardati).
Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014)
• Introduzione del contributo di solidarietà sugli importi di pensione superiori a
quattordici volte il trattamento minimo INPS.
Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015)
• Introduzione di un tetto alle pensioni calcolate con il sistema misto Fornero che
ora non possono superare l’importo che risulterebbe dal calcolo interamente
retributivo.
• Abolizione, dal 2015 al 2017, delle riduzioni degli importi di pensione per coloro
che scelgono il pensionamento anticipato prima del compimento dei 62 anni di
età.
Sentenza n. 70 del 30 aprile 2015 della Corte Costituzionale
• Dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 24, comma 25, della “Riforma
Fornero”, nella parte in cui prevedeva che la rivalutazione automatica dei
trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1,
della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013,
esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre
volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100%” e conseguente
revisione del calcolo della rivalutazione.
Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016)
• Le lavoratrici che maturano 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi le
autonome) e 35 di contributi entro il 31 dicembre 2015 potranno continuare ad
esercitare l’opzione donna ed andare in pensione con il ricalcolo contributivo
dell’assegno. Anche se la decorrenza della pensione sarà successiva al 31
dicembre 2015.
.In via sperimentale per il triennio 2016-2018, i lavoratori dipendenti del settore
privato a cui manchino non più di tre anni alla pensione di vecchiaia possono
andare in part-time al 40-60%, senza che la busta paga e l’assegno pensionistico
subiscano detrazioni.
La no-tax area per i pensionati over 75 viene innalzata a 8.000 euro.
Slittamento del conguaglio di perequazione al 2017.
Viene prorogato per altri due anni, 2017 e 2018, il meccanismo di perequazione
introdotto dalla legge 147/2013.
Viene eliminata la penalizzazione (il taglio dell’1-2% per ogni anno di anticipo
della pensione rispetto all’età di 62 anni) a partire dal 1° gennaio 2016 per i
lavoratori usciti negli anni 2012-2014.in
Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017)
È stato introdotto l’anticipo pensionistico (APE), che risulta come indennità e
quindi non è considerata nelle pensioni. La misura consente di ritirarsi a 63
anni, e almeno 20 anni di contributi, con un trattamento che viene poi restituito
in rate ventennali. Esistono tre tipi di APE:
a) l’APE volontario, cui hanno diritto tutti i lavoratori, che viene erogato
dall’INPS ma è finanziato dal sistema bancario, con un complesso
meccanismo di assicurazione che copre il rischio di premorienza;
b) l’APE aziendale, cui hanno diritto lavoratori dipendenti “in esubero” a seguito
di crisi o ristrutturazioni aziendali che offrano la propria uscita dall’organico
aziendale in cambio di un trattamento pensionistico anticipato del tutto
sostenuto, in termini di costi, dall’impresa;
c) l’APE sociale, cui hanno diritto solo alcune categorie in specifiche condizioni
meritevoli di tutela:
– disoccupati con almeno 30 anni di contributi, che non percepiscano
ammortizzatori sociali (da almeno 3 mesi) e il cui rapporto di lavoro sia
cessato per licenziamento collettivo, per giusta causa o tramite
risoluzione consensuale nell’ambito di una procedura di conciliazione;
– lavoratori con almeno 30 anni di contributi, invalidi almeno al 74%;
– lavoratori con almeno 30 anni di contributi che abbiano accudito per
almeno 6 mesi un familiare disabile grave convivente;
– lavoratori con almeno 36 anni di contributi che per almeno sei anni negli
ultimi sette abbiano svolto particolari mansioni gravose (undici
categorie).
È stata allargata l’opzione Donna alle lavoratrici nate nell’ultimo trimestre
dell’anno: possono usufruire dell’opzione anche le lavoratrici che al 31 dicembre
2015 avevano compiuto 57 anni, se dipendenti, e 58 anni, se autonome, sempre
con 35 anni di anzianità contributiva.
È stata data la possibilità di cumulo contributivo gratuito tra i contributi versati
in diverse gestioni previdenziali, comprese le casse professionali, per
raggiungere sia la pensione di vecchiaia sia la pensione anticipata.
Per i lavoratori precoci è stato aperto (dal 1° maggio 2017) un canale di uscita
a 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica; tali lavoratori devono
aver lavorato prima dei 19 anni, per almeno 12 mesi in modo effettivo anche
non in modo continuativo e che risultino in possesso di anzianità contributiva al
31 dicembre 1995.
Le categorie di lavoratori addetti a mansioni gravose restano escluse
dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni nel 2019.
Sono abolite definitivamente le penalizzazioni previste dalla Riforma Fornero,
ossia la riduzione percentuale della sola quota retributiva di pensione,
proporzionata al numero di anni mancanti al raggiungimento del requisito
anagrafico di 62 anni, a tutti coloro che raggiungono il diritto alla pensione
anticipata dopo il 31 dicembre 2017. Per gli altri pensionati le penalizzazioni
erano state tolte da provvedimenti specifici.
Sono abolite le finestre mobili per i lavoratori addetti a mansioni usuranti: tali
lavoratori non dovranno più attendere 12 o 18 mesi per poter beneficiare della
pensione anticipata. Inoltre, l’adeguamento alla speranza di vita sarà bloccato
fino al 2025. Tali lavoratori dovranno aver svolto le attività usuranti in un periodo
di tempo pari ad almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa (senza
il vincolo di impiego in attività usurante nell’anno di raggiungimento del
requisito), oppure aver svolto lavori usuranti per metà dell’intera vita lavorativa.
Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018)
Per quanto riguarda il meccanismo di adeguamento all’incremento della speranza di
vita per l’accesso al pensionamento, la legge di bilancio:
modifica il meccanismo di adeguamento all’incremento della speranza di vita per
l’accesso al pensionamento, prevedendo che si dovrà fare riferimento alla media
dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento rispetto alla media
dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente; prevede inoltre che
gli adeguamenti, a decorrere dal 2021, non possano essere superiori a 3 mesi e
che eventuali variazioni negative debbano essere recuperate in occasione degli
adeguamenti successivi;
esclude dall’adeguamento all’incremento della speranza di vita (pari a 5 mesi a
decorrere dal 2019) dei requisiti generali di accesso al pensionamento di
vecchiaia e anticipato per specifiche categorie di lavoratori e precisamente:
o ai lavoratori dipendenti che siano in possesso di un’anzianità contributiva pari
ad almeno 30 anni e che svolgano da almeno 7 anni – nell’ambito dei 10 anni
precedenti il pensionamento – le professioni di cui al relativo allegato B (Operai
dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
Conciatori di pelli e di pellicce; Conduttori di convogli ferroviari e personale
viaggiante; Conduttori di mezzi pesanti e camion; Personale delle professioni
sanitarie infermieristiche ed ostetriche-ospedaliere con lavoro organizzato in
turni; Addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non
autosufficienza; Insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili
nido; Facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati; Personale non
qualificato addetto ai servizi di pulizia; Operatori ecologici e altri raccoglitori e
separatori di rifiuti; Operai dell’agricoltura, della zootecnia e pesca; Pescatori
della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di
cooperative; Lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e
lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature);
o ai lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti
(cosiddette “usuranti”), di cui all’articolo 1 del D.lgs. 67/2011, a condizione
che le attività usuranti vengano svolte al momento dell’accesso al
pensionamento, che siano state svolte per una certa durata nel corso della
carriera lavorativa e che i lavoratori siano in possesso di un’anzianità
contributiva pari a 30 anni.
Relativamente all’APE la legge di bilancio:
proroga di un anno (fino al 31 dicembre 2019) l’APE volontaria;
estende la possibilità di accesso ai lavoratori a tempo determinato a patto che
possano vantare 18 mesi di lavoro dipendente negli ultimi 36 mesi prima della
cessazione del rapporto di lavoro, abbiano finito da almeno 3 mesi di percepire la
prestazione per disoccupazione loro spettante e siano in possesso di un’anzianità
contributiva di almeno 30 anni;
estende la possibilità di accesso a chi assiste un familiare entro il 2° grado;
interviene sui requisiti contributivi richiesti per l’accesso all’APE sociale,
prevedendo una riduzione per le donne di 6 mesi per ciascun figlio, nel limite
massimo di 2 anni;
amplia di 4 categorie quelle inizialmente previste per l’accesso all’APE sociale
integrandole con quelle inserite nell’allegato B alla Legge di bilancio.
Decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 convertito con modificazioni dalla Legge 28
marzo 2019, n. 26
I principali interventi di tipo previdenziale disposti dal Decreto-legge prevedono:
• l’introduzione di un nuovo canale di uscita sperimentale per il triennio 2019-2021,
con la combinazione fissa 62 anni e 38 anni di contributi; la prima decorrenza utile
è fissata al 1° aprile 2019 (1° agosto per i lavoratori pubblici), per coloro che hanno
maturato i requisiti entro il 2018. Per chi matura i requisiti dal 2019 vengono
applicate finestre mobili trimestrali (semestrali per i pubblici). Per chi si avvale del
nuovo canale di uscita la pensione non è cumulabile con redditi da lavoro
dipendente o autonomo;
la possibilità di esercitare l’“opzione donna” (sempre con calcolo interamente
contributivo) per le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2018, avendo 35 anni di
anzianità, abbiano un’età di almeno 58 anni (59 per le autonome). La decorrenza
della pensione segue le finestre mobili (12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18
per le autonome);
• la proroga dell’APE sociale fino al 31 dicembre 2019 (misura già operativa a partire
dal 2017 con la L.232/2016;
• la sospensione degli adeguamenti alla speranza di vita della pensione anticipata
fino al 2026; Il requisito rimane così fissato in 42 anni e 10 mesi per gli uomini fino
al 2026 (41 e 10 mesi per le donne). Anche in questo caso si applicano le finestre,
trimestrali per tutti;
• la modifica della rivalutazione delle pensioni stretta all’indicizzazione delle pensioni
superiori a tre volte il minimo Inps per il triennio 2019-2021;
• l’introduzione del contributo di solidarietà sugli assegni superiori a 100mila euro
lordi annui (c.d. “pensioni d’oro”).
Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020)
La legge di bilancio 2020 conferma, per il comparto pensioni, Quota 100, Opzione
donna e Ape sociale, rivede la disciplina della perequazione automatica delle pensioni
e del riscatto dei contributi.
In particolare la manovra prevede:
• la modifica della disciplina transitoria della perequazione automatica dei
trattamenti pensionistici per gli anni 2020-2021 e l’introduzione di una nuova
disciplina a regime, a partire dal 2022. Per gli anni 2020-2021, la misura della
perequazione viene stabilita al 100% per i trattamenti pensionistici del soggetto il
cui importo complessivo sia pari o inferiore a 4 volte il suddetto trattamento
minimo INPS (anziché pari o inferiore a 3 volte, come nella norma transitoria
precedente, la quale prevedeva un’aliquota del 97% per i trattamenti pensionistici
di importo compreso tra 3 e 4 volte il minimo).
A decorrere dal 2022 la perequazione verrà applicata:
? nella misura del 100% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti
pensionistici fino a 4 volte il minimo INPS (anziché fino a 3 volte il suddetto
valore);
? nella misura del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti
pensionistici compresa tra 4 e 5 volte il predetto minimo (anziché tra 3 e 5
volte il medesimo valore);
? nella misura del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti
superiore a 5 volte il medesimo minimo.
la proroga per tutto il 2020 dell’APE sociale. Pertanto, dal 1° gennaio 2020
possono presentare domanda di riconoscimento i soggetti che, nel corso del
2020, maturano tutti i requisiti e le condizioni previste dall’articolo 1, commi
179-186, della Legge 11 dicembre 2016, n. 232.
• la conferma per il 2020 e il 2021 di Quota 100, la pensione sperimentale che
consente di lasciare il lavoro al raggiungimento di un’età anagrafica di almeno
62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni (ovvero quando la
somma dell’età e degli anni di contributi versati sia pari a 100).
• la proroga di Opzione donna per tutte le lavoratrici che abbiano maturato i
requisiti 35 anni di contributi e 58 anni di età se lavoratrici dipendenti o 59 se
autonome, entro il 31 dicembre 2019, in luogo del 31 dicembre 2018, come
previsto precedentemente. Il diritto alla decorrenza del trattamento
pensionistico (cd. finestra) si consegue trascorsi 12 mesi per le lavoratrici
dipendenti e 18 mesi per le lavoratrici autonome
Sentenza n. 152 del 23 giugno 2020 della Corte Costituzionale
Dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art.38, comma 4, della legge 28
dicembre 2001, n. 448, nella parte in cui, con riferimento agli invalidi civili totali,
dispone che gli aumenti previsti (il famoso aumento al milione di lire) sono concessi
«ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni» anziché «ai soggetti di età
superiore a diciotto anni».
Legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di bilancio 2021)
La legge di bilancio 2021 prevede nella parte relativa alle pensioni:
la proroga per tutto il 2021 dell’APE sociale. Dal 1° gennaio 2021 possono
presentare domanda di riconoscimento i soggetti che, nel corso del 2021,
maturano tutti i requisiti e le condizioni previste dall’articolo 1, commi 179186, della Legge 11 dicembre 2016, n. 232.
la proroga di Opzione donna per tutte le lavoratrici che abbiano maturato i
requisiti 35 anni di contributi e 58 anni di età se lavoratrici dipendenti o 59 se
autonome, entro il 31 dicembre 2020.
• l’introduzione della nona salvaguardia che garantisce la permanenza delle
regole di pensionamento vigenti nell’assicurazione pubblica obbligatoria prima
dell’entrata in vigore della Legge Fornero a favore di 2.400 soggetti privi di
occupazione al 2011 o che avevano siglato accordi per l’uscita dal mondo del
lavoro. Al pari di quanto previsto nelle otto precedenti salvaguardie
pensionistiche, i beneficiari della misura continuano a godere delle vecchie
disposizioni in materia di requisiti di accesso e di decorrenza anche se il diritto
al pensionamento matura dopo il 31 dicembre 2011.
• proroga fino al 2023 del periodo di permanenza nell’Isopensione, la prestazione
di accompagnamento a pensione di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 28
giugno 2012, n. 92, che era stato elevato a sette anni dall’articolo 1, comma
• proroga della sperimentazione del contratto di espansione fino alla fine del
2021 che viene esteso alle aziende con almeno 250 lavoratori.
Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di bilancio 2022)
La legge di bilancio 2022 prevede nella parte relativa alle pensioni:
la possibilità di richiedere il trattamento di pensione anticipata in Quota 102
per coloro che, nel corso del 2022, compiano almeno 64 anni di età? e maturino
almeno 38 anni di anzianità? contributiva. A condizione che la maturazione dei
requisiti avvenga nel corso dell’anno, l’accesso alla pensione è consentito anche
successivamente al 31 dicembre 2022;
la proroga di Opzione donna. In particolare, si estende la possibilità di optare
per il regime del trattamento pensionistico anticipato alle lavoratrici che
maturano i requisiti anagrafici (almeno 58 anni di età per le lavoratrici
dipendenti ed almeno 59 anni di età per lavoratrici autonome), e contributivi
(almeno 35 anni) entro il 31 dicembre 2021;
la proroga per l’anno 2022 dell’Ape sociale per la quale si prevede anche
l’ampliamento della platea degli addetti ai lavori gravosi ammessi al beneficio.
I requisiti comuni alle differenti categorie di beneficiari sono: compimento del
63° anno di età? e cessazione dell’attività? lavorativa. I requisiti di contribuzione
differiscono, invece, in base alla categoria di appartenenza: 30 anni di contributi
per i disoccupati di lungo corso, per i caregiver e gli invalidi dal 74 per cento in
poi; 36 anni per gli addetti ai lavori gravosi; 32 anni per gli operai edili, come
indicati nel Ccnl per i dipendenti delle imprese edili e affini, per i ceramisti e
per i conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta;
la proroga del contratto di espansione fino alla fine del 2023, che viene
ulteriormente esteso anche alle aziende con almeno 50 dipendenti.
LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di bilancio 2023)
La legge di bilancio 2023 prevede nella parte relativa alle pensioni:
• l’introduzione di Quota 103, anche detta “pensione anticipata flessibile”: 62 anni
mesi per i lavoratori del settore privato e di sei mesi per il settore pubblico. A
differenza delle vecchie combinazioni (Quota 100 e Quota 102) la Quota 103 è
accompagnata da un tetto alla misura del trattamento pensionistico erogabile:
cinque volte il trattamento minimo (circa 2.818 euro lordi mensili) sino al
raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni). Chi ha raggiunto i requisiti per la
Quota 100 (62 anni e 38 anni di contributi) entro il 31 dicembre 2021 o quelli per
Quota 102 (64 anni e 38 anni di contributi) entro il 31 dicembre 2022 può,
comunque, presentare domanda di pensionamento anche nel 2023.
• la proroga di Opzione donna seppur vincolata a requisiti più stringenti. Potranno
accedervi le lavoratrici con 60 anni (requisito valido sia per le dipendenti che le
autonome) e 35 anni di contributi raggiunti entro il 31 dicembre 2022 ma a
condizione di essere «caregiver», invalide non inferiore al 74% oppure licenziate o
dipendenti da aziende in crisi. È previsto uno sconto sul requisito anagrafico di un
anno per ogni figlio entro un massimo di due anni; per le licenziate o dipendenti di
aziende in crisi il requisito anagrafico è fissato a 58 anni a prescindere dal numero
dei figli.
• la proroga dell’Ape sociale con immutate sia le categorie di lavoratori che possono
accedere alla misura (disoccupati, caregivers, invalidi, addetti a mansioni gravose)
sia i relativi requisiti (63 anni e 30/36 anni di contributi a seconda dei profili di
tutela);
• l’applicazione, per gli anni 2023-2024, del meccanismo di perequazione basato
sugli aumenti sull’importo complessivo in misura secca e per scaglioni progressivi.
In particolare, i trattamenti pensionistici vengono rivalutati, nel 2023, del 100%
dell’inflazione per importi fino a 4 volte il trattamento minimo, dell’85%
dell’inflazione per importi complessivi dei trattamenti fino a 5 volte il minimo, del
53% fino a 6 volte, del 47% fino a 8, del 37% fino a 10 e del 32% oltre le 10 volte
il minimo. Sono previsti i meccanismi di salvaguardia per i trattamenti di importo
in prossimità delle differenti soglie.
nel biennio 2023-2024 per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento
minimo è riconosciuto un trattamento transitorio dell’1,5% per l’anno 2023, elevati
al 6,4% per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e del 2,7% per l’anno 2024.
Tale incremento non rileva ai fini del superamento dei limiti reddituali previsti per il
riconoscimento delle prestazioni collegate con il reddito.
LEGGE 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di bilancio 2023)
La legge di bilancio 2023 prevede nella parte relativa alle pensioni:
• l’introduzione di Quota 103, anche detta “pensione anticipata flessibile”: 62 anni
mesi per i lavoratori del settore privato e di sei mesi per il settore pubblico. A
differenza delle vecchie combinazioni (Quota 100 e Quota 102) la Quota 103 è
accompagnata da un tetto alla misura del trattamento pensionistico erogabile:
cinque volte il trattamento minimo (circa 2.818 euro lordi mensili) sino al
raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni). Chi ha raggiunto i requisiti per la
Quota 100 (62 anni e 38 anni di contributi) entro il 31 dicembre 2021 o quelli per
Quota 102 (64 anni e 38 anni di contributi) entro il 31 dicembre 2022 può,
comunque, presentare domanda di pensionamento anche nel 2023.
• la proroga di Opzione donna seppur vincolata a requisiti più stringenti. Potranno
accedervi le lavoratrici con 60 anni (requisito valido sia per le dipendenti che le
autonome) e 35 anni di contributi raggiunti entro il 31 dicembre 2022 ma a
condizione di essere «caregiver», invalide non inferiore al 74% oppure licenziate o
dipendenti da aziende in crisi. È previsto uno sconto sul requisito anagrafico di un
anno per ogni figlio entro un massimo di due anni; per le licenziate o dipendenti di
aziende in crisi il requisito anagrafico è fissato a 58 anni a prescindere dal numero
dei figli.
• la proroga dell’Ape sociale con immutate sia le categorie di lavoratori che possono
accedere alla misura (disoccupati, caregivers, invalidi, addetti a mansioni gravose)
sia i relativi requisiti (63 anni e 30/36 anni di contributi a seconda dei profili di
tutela);
• l’applicazione, per gli anni 2023-2024, del meccanismo di perequazione basato
sugli aumenti sull’importo complessivo in misura secca e per scaglioni progressivi.
In particolare, i trattamenti pensionistici vengono rivalutati, nel 2023, del 100%
dell’inflazione per importi fino a 4 volte il trattamento minimo, dell’85%
dell’inflazione per importi complessivi dei trattamenti fino a 5 volte il minimo, del
53% fino a 6 volte, del 47% fino a 8, del 37% fino a 10 e del 32% oltre le 10 volte
il minimo. Sono previsti i meccanismi di salvaguardia per i trattamenti di importo
in prossimità delle differenti soglie.
nel biennio 2023-2024 per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento
minimo è riconosciuto un trattamento transitorio dell’1,5% per l’anno 2023, elevati
al 6,4% per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni e del 2,7% per l’anno 2024.
Tale incremento non rileva ai fini del superamento dei limiti reddituali previsti per il
riconoscimento delle prestazioni collegate con il reddito.
Pensione di vecchiaia
1) Soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995
Requisito contributivo: a decorrere dal 1° gennaio 2012, i soggetti in possesso
di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 possono conseguire il diritto alla
pensione di vecchiaia esclusivamente in presenza di un’anzianità contributiva
minima pari a 20 anni, costituita da contributi versati o accreditati a qualsiasi
titolo.
Requisito anagrafico: per l’accesso alla pensione di vecchiaia è richiesto il
possesso dei seguenti requisiti anagrafici:
2014-2015
2016-2017
2019 -2026
Uomini
Donne
Lavoratrici
Dipendenti private
autonome
62 anni
63 anni e 6
62 anni e 3 mesi
63 anni e 9
63 anni e 9 mesi
64 anni e 9
65 anni e 7 mesi
66 anni e 1
66 anni e 7 mesi
66 anni e 7
67 anni
67 anni
2) Soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996
I soggetti per i quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996,
possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia:
a) in presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico di
cui al precedente punto 1), se l’importo della pensione risulta non inferiore
all’importo dell’assegno sociale;
b) al compimento dei 70 anni di età e con 5 anni di contribuzione “effettiva”
(obbligatoria, volontaria, da riscatto) – con esclusione della contribuzione
accreditata figurativamente a qualsiasi titolo – a prescindere dall’importo della
pensione. Per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita il requisito
anagrafico dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, è di 70 anni e 3 mesi, dal
1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018 è di 70 anni e 7 mesi e dal 2019 di 71
anni.
Pensione anticipata
1) Soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995
Dal 1° gennaio 2012 la pensione di anzianità non esiste più. Sarà sostituita
dalla pensione anticipata, che presenta i requisiti contributivi illustrati nel
seguente schema:
Uomini
Donne
42 anni e 1 mese
42 anni e 5 mesi
41 anni e 1 mese
41 anni e 5 mesi
2014-2015
42 anni e 6 mesi
41 anni e 6 mesi
2016-2018
42 anni e 10 mesi
41 anni e 10 mesi
2019-2026
42 anni e 10 mesi
41 anni e 10 mesi
Per i soggetti che accedono alla pensione anticipata ad un’età inferiore a 62
anni si applica, sulla quota di trattamento pensionistico relativa alle anzianità
contributive maturate al 31 dicembre 2011, una riduzione pari ad un punto
percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso alla pensione rispetto all’età
di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a due punti percentuali per ogni
anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.
dall’articolo 1, co. 113 della legge 190/2014, è stato soppresso in via definitiva,
anche dopo il 2017, dall’articolo 1, co. 194 della legge 232/2016.
2) Soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996
I soggetti il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996
possono conseguire il diritto alla pensione anticipata al ricorrere di una delle
seguenti condizioni:
a) secondo i seguenti requisiti contributivi:
Uomini
Donne
42 anni e 1 mese
42 anni e 5 mesi
41 anni e 1 mese
41 anni e 5 mesi
2014-2015
42 anni e 6 mesi
41 anni e 6 mesi
2016-2018
42 anni e 10 mesi
41 anni e 10 mesi
2019-2026
42 anni e 10 mesi
41 anni e 10 mesi
Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo è valutabile la
contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo – con esclusione di
quella derivante dalla prosecuzione volontaria – mentre quella accreditata
per periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del 18° anno di età è
moltiplicata per 1,5.
b) Al compimento di 64 anni, da adeguare agli incrementi della speranza di
vita, a condizione che risultino versati e accreditati almeno 20 anni di
contribuzione “effettiva” e che l’ammontare mensile della prima rata di
pensione risulti non inferiore ad un importo soglia mensile pari a 3 volte
l’importo mensile dell’assegno sociale (tale importo si riduce a 2,8 volte per
le donne con un figlio e a 2,6 volte per le donne con due o più figli). Il
trattamento di pensione anticipata è riconosciuto per un importo lordo
massimo non superiore a cinque volte il trattamento minimo per le mensilità
di anticipo rispetto ai requisiti di accesso previsti dalla normativa in vigore:
al raggiungimento del requisito anagrafico previsto per la pensione di
vecchiaia sarà posto in pagamento l’intero importo della pensione perequato
nel tempo. La pensione anticipata decorre trascorsi
tre mesi dalla
maturazione dei requisiti. Infine, il requisito contributivo di 20 anni sarà
adeguato alla speranza di vita calcolata dall’Istat.