(AGENPARL) – Roma, mar 27 Giu 2023 – – Nella serata del 23 giugno a Vasto si è svolto il convegno nazionale “Lupi, orsi e pubblica incolumità”. La partecipazione di pubblico molto interessato con la partecipazione da varie regioni. A mancare l’amministrazione di Vasto che ha preferito instaurare una commissione di tecnici tra cui alcuni dipendenti dell’ente Parco Maiella che non potevano fare altro che deviare sul cane cecoslovacco nonostante ci siano testimonianze dirette. Il convegno- è iniziato con una smentita al presidente del Parco della Maiella da parte del giornalista Giovanni Todaro, storico del lupo. Infatti l’arch. Zazzara aveva dichiarato in una intervista che non si avevano notizie storiche di attacchi di lupi all’uomo. Todaro invece, con documentazione ufficiale degli Archivi di Stato, ha rammentato la vicenda della cosiddetta Bestia della Maiella, che in sei mesi del 1839 uccise e divorò in parte ben 11 persone, ferendone 8. Finalmente ucciso, si rivelò un grosso lupo, come confermarono due diverse equipe di chirurghi che fecero autopsie e misurazioni. Dall’abbattimento cessarono gli attacchi. Strano che questi dati ufficiali – con nomi, cognomi, età, residenza delle vittime, autopsie, ordinanze delle autorità e altro non siano a conoscenza di chi rilascia interviste per conto di un parco…Comunque, relativamente all’Abruzzo, gli ultimi attacchi mortali di lupi antropofagi agli esseri umani si verificarono nell’inverno del 1914 in contrada Portelle presso Roccaraso (donna adulta), nel 1916 a Palena (donna adulta), nel 1923 a Rivisondoli (donna adulta) e nel gennaio 1924 a Cittaducale (uomo adulto). Cittaducale oggi fa parte del Lazio, ma fino al 1927 apparteneva alla provincia abruzzese dell’Aquila. I responsabili furono lupi sani e non rapidi, poiché quelli ammalati di idrofobia notoriamente non possono né bere né mangiare (come purtroppo avvenne per le vittime) e muoiono in pochi giorni.
Tra i tanti interventi molto interessanti quello del prof. Michele Corti, che ha evidenziato con dati e grafici il brusco incremento dal 2020 a oggi di attacchi di lupi accertati a esseri umani in Italia – e quello di Dino Rossi, presidente regionale dell’Associazione cultura rurale, organizzatrice dell’evento, che ha spiegato le troppe aree protette hanno raddoppiato il limite consentito dalla legge nazionale determinando lo spopolamento delle montagne da parte dei cittadini la riduzione della agricoltura in altura ha causato la emigrazione dei cinghiali lungo la cosa dove insistono una miriade di oasi e riserve mal gestite diventate covo di animali dannosi all’agricoltura dovuto alla massiccia presenza dei cinghiali i quali attirano i predatori anche in funzione dalla caccia di selezione fatta male che non rispecchia gli standard dei corsi conseguiti. Resta il fatto che non è giusto che gli animali difendono i loro piccoli e le persone non possono difendere i loro figli e i loro armenti e la cosa che fa rabbia che nonostante delle bambine hanno rischiato di essere mangiate dal lupo, la politica abruzzese è latitante. Con tanti politici aletti in Abruzzo questo caso doveva approdare tra i banchi di Montecitorio e poi lamentano l’astensionismo che ha superato il 50% da parte degli elettori. Prossimamente chiedessero il consenso elettorale agli animali che divorano le persone!!!
Il convegno è terminato a ora tarda, ma con il pubblico sempre attento e partecipante, con l’intervento preciso e dettagliato dell’on. Sergio Berlato, presidente nazionale della succitata Associazione cultura rurale. Berlato ha spiegato qual è la situazione attuale – del tutto anomala in Italia rispetto a quella di altre nazioni in cui legalmente, applicando le nostre stesse leggi, vengono abbattuti lupi e orsi se in sovrannumero o pericolosi. In pratica, nonostante l’abbia approvata, in Italia non si applica la normativa firmata e sancita dalla Convenzione di Washington. Secondo l’on. Berlato, e non solo per lui, ormai si è dato troppo spazio ai desideri degli animalisti, così come ai vari progetti Life che sono andati a beneficio di pochi ma che in pochi decenni sono costati alle casse pubbliche decine di milioni di euro, non raramente senza risultati concreti sul campo. Si ricorda che ormai i danni che gli allevatori e agricoltori italiani – non solo abruzzesi – subiscono sono enormi e che conseguentemente ogni anno molti imprenditori del settore sono obbligati a chiudere i battenti, con la conseguenza che i nostri millenari bagagli storici, culturali e tradizionali si perdono.