(AGENPARL) – mer 30 novembre 2022 Patologie dell’anca: dalla diagnosi al trattamento. Ne parliamo con il Dott. Riccardo Foti, Chirurgo Ortopedico e Traumatologo a Roma, Medico nello Staff della Federazione Italiana Scherma
Intervista di Marialuisa Roscino
Sono molteplici le patologie che possono colpire l’anca: dall’artrosi (primaria e secondaria), al conflitto femoro-acetabolare, alla displasia dell’anca o lussazione congenita dell’anca, associata a borsite trocanterica etc.. Come allora, è possibile curarle? Quali sono a riguardo, i trattamenti conservativi più comuni? E quando invece, si rende necessario l’intervento chirurgico?Lo abbiamo chiesto al Dott. Riccardo Foti, Chirurgo Ortopedico e Traumatologo a Roma, Medico nello Staff della Federazione Italiana Scherma.
Dott. Foti, quanto, secondo Lei, è importante riuscire ad individuare le strutture morfologiche costituzionali che predispongono a patologie dell’anca, che spesso non sono viste e che soprattutto negli atleti, se sottovalutate, possono però portare ad un artrosi precoce?
Siamo abituati a considerare le patologie dell’anca, come patologie dell’anziano, fratture da osteoporotiche e artrosi, le cui conseguenze comportavano e comportano tuttora, l’intervento chirurgico e l’impianto di una protesi, ma il problema articolare dell’anca, può altresì interessare persone di varie fasce d’età.
Come tutte le articolazioni, anche l’anca, pertanto, deve essere studiata precocemente nel caso di sintomatologia dolorosa, in quanto esistono delle attività, in particolare, alcuni sport che portano allo sviluppo di una patologia degenerativa anche nei pazienti più giovani, quando l’anatomia dell’articolazione risulta alterata anche in modo lieve.
Troppo spesso, viene sottovalutata l’importanza della prevenzione del trattamento precoce.
L’inclinazione del collo femorale, la forma dell’acetabolo, la forma della testa del femore hanno delle variabilità che possono favorire l’insorgenza di un’artrosi precoce.
Le più note e anche quelle che vengono diagnosticate più facilmente sono la displasia dell’anca, il morbo di Perthes e l’epifisiolisi.
Esistono però una serie di alterazioni meno importanti che combinate con l’intensa attività e sollecitazione dell’articolazione in alcuni sport, produce dei danni precoci alle parti legate all’articolazione dell’anca, complessivamente definite come conflitto femoro-acetabolare.
Può spiegare cosa significa nello specifico “femoro-acetabolare” ?
Il conflitto femoro-acetabolare è appunto una situazione di attrito tra l’acetabolo ovvero la parte dell’articolazione di pertinenza del bacino e il femore.
Si divide in due grandi gruppi: una conformazione dell’acetabolo eccessivamente contenitivo, cosiddetto “pincer da pinza”, per cui la testa del femore, muovendosi all’interno dell’acetabolo facilmente entra in conflitto con il bordo dello stesso e questo attrito specialmente negli sportivi, comporta uno sviluppo precoce di artrosi. Questa tipologia di conflitto femoro-acetabolare è maggiormente frequente nelle donne.
Un altro tipo di conflitto femoro-acetabolare, si ha inoltre, quando la conformazione della testa e del collo femorale determina che nei movimenti ampi e con un’elevata escursione articolare, queste strutture confliggono entrando in contatto con il bordo dell’acetabolo.
Questo tipo di conflitto femoro-acetabolare viene definito CAM ed è più frequente negli uomini.
Dott. Foti, quali sono i trattamenti conservativi più comuni?
L’esercizio fisico è sicuramente il modo migliore per preservare le articolazioni e questo vale anche per l’anca, mantenere una buona omeostasi articolare mediante l’esercizio fisico, rinforzando i muscoli che regolano l’attivazione dell’anca. Inoltre, è necessario mantenere una buona elasticità delle strutture capsulari attraverso esercizi di allungamento e stretching.
Anche i trattamenti riabilitativi nelle fasi iniziali sono di grande aiuto nella prevenzione e nel ridurre la sintomatologia dolorosa articolare, guidando ed educando i pazienti ad utilizzare nel miglior modo l’articolazione durante lo svolgimento dell’attività, correggendo anche tutti quegli atteggiamenti posturali o gesti atletici errati, che possono influire negativamente sulla salute di questa articolazione.
Altri trattamenti efficaci, sono rappresentati dalle terapia infiltrativa attualmente diventata più precisa e accurata mediante l’utilizzo dell’ecografo con sostanze come l’’acido ialuronico, che riduce l’infiammazione articolare.
Qualora, questo, non fosse sufficiente, esistono altre opportunità rappresentate dai fattori di crescita ricavati dal sangue il cosiddetto PRP e le cellule mesenchimali, frequentemente ricavate dal tessuto adiposo che all’interno dell’articolazione, sempre con guida ecografica, migliorano sensibilmente la sintomatologia dolorosa e la fluidità articolare, consentendo ai pazienti, spesso di recuperare in questo modo, la possibilità di effettuare attività quotidiane, ma anche attività sportiva senza dolore.
Quali invece i trattamenti chirurgici e protesi d’anca nello sportivo a fine carriera, ma anche, per chi vuole continuare a praticare sport, pur avendo una patologia artrosica?
Uno spazio via via crescente è occupato dall’artroscopia dell’anca, in cui attraverso una telecamera e degli strumenti posizionati all’interno delle articolazioni, mediante degli accessi chirurgici puntiformi, è possibile trattare e curare i danni della fibrocartilagine dell’acetabolo e correggere quelle caratteristiche strutturali, responsabili del conflitto femoro-acetabolare, prima che queste determinano un’artrosi grave.
Ma l’intervento più eseguito sull’articolazione dell’anca è la sua protesizzazione, ovvero la sostituzione di tutta l’articolazione danneggiata.
La tecnica chirurgica attuale permette attraverso un miglior planning preoperatorio l’utilizzo di accessi chirurgici poco invasivi che comportano un minor danno ai tessuti rispetto al passato.
L’impianto della protesi attualmente permette un recupero funzionale più rapido con meno dolore che consente di svolgere anche attività sportive, ovviamente a basso impatto, senza dolore. Questo è particolarmente importante nei soggetti giovani che devono impiantare una protesi e anche in tutti quelli meno giovani, che vogliono mantenere una buona efficienza fisica senza rinunciare allo sport.
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