
(AGENPARL) – BRUXELLES ven 01 luglio 2022
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO |
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verso un’azione comune europea in materia di assistenza e cura
Il Parlamento europeo,
– visti gli articoli 2 e 3 del trattato sull’Unione europea (TUE),
– visti gli obiettivi stabiliti dall’articolo 3 TUE, in particolare la lotta contro l’esclusione sociale e le discriminazioni, la promozione della giustizia sociale, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti dei minori, nonché la coesione economica, sociale e territoriale,
– visti l’articoli 8 sull’integrazione della dimensione di genere, che sancisce la finalità dell’UE di eliminare le ineguaglianze nonché di promuovere la parità tra uomini e donne, e la clausola sociale orizzontale di cui all’articolo 9 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE),
– visti gli obiettivi di politica sociale enunciati negli articoli 151 e 153 TFUE,
– vista la Carta sociale europea riveduta, in particolare l’articolo 15 sul diritto delle persone portatrici di handicap all’autonomia, all’integrazione sociale ed alla partecipazione alla vita della comunità e l’articolo 23 sul diritto delle persone anziane ad una protezione sociale,
– viste la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare l’articolo 25 sul diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente e l’articolo 26 sull’inserimento delle persone con disabilità, e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali di cui all’articolo 6 TUE,
– visti i principi del pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare il principio 17 sull’inclusione delle persone con disabilità e il principio 18 sul diritto all’assistenza a lungo termine,
– visti il decennio dell’invecchiamento in buona salute delle Nazioni Unite 2021-2030 e il quadro dell’OMS con cui i paesi possano conseguire un continuum integrato dell’assistenza a lungo termine[1],
– visti il piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali e i suoi obiettivi principali per il 2030,
– visti gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS), in particolare gli obiettivi n. 3 “Salute e benessere”, n. 5 “Parità di genere”, n. 8 “Lavoro dignitoso e crescita economica” e n. 10 “Riduzione delle disuguaglianze”,
– viste la relazione tematica dell’esperto indipendente delle Nazioni Unite sul godimento di tutti i diritti umani da parte delle persone anziane del 22 luglio 2020 sull’impatto della malattia da coronavirus (COVID-19) sul godimento di tutti i diritti umani da parte delle persone anziane A/75/2020[2] e la sua dichiarazione sull’autonomia e sull’assistenza delle persone anziane in occasione della trentesima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani[3],
– viste le convenzioni e le raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), in particolare la convenzione C149 sul personale infermieristico del 1977 e la raccomandazione n. 157 che l’accompagna, la convenzione C183 sulla protezione della maternità del 2000 e la raccomandazione n. 191 che l’accompagna, la convenzione C189 sui lavoratori domestici del 2011 e la raccomandazione n. 201 che l’accompagna, la convenzione C190 sulla violenza e sulle molestie del 2019 e la raccomandazione n. 206 che l’accompagna e la raccomandazione n. 202 sui sistemi nazionali di protezione sociale di base,
– vista la relazione dell’OIL del 7 marzo 2022, dal titolo “Care at work: Investing in care leave and services for a more gender equal world of work” (Assistenza sul posto di lavoro: investire nel congedo di assistenza e nei servizi per un mondo del lavoro più equo sotto il profilo di genere),
– vista la relazione dell’OIL del 19 dicembre 2019, dal titolo “The Employment Generation Impact of Meeting SDG Targets in Early Childhood Care, Education, Health and Long-Term Care in 45 Countries” (L’impatto sulla creazione di occupazione del conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile nell’assistenza per la prima infanzia, nell’istruzione, nella salute e nell’assistenza a lungo termine in 45 paesi),
– vista la risoluzione dell’OIL, adottata in occasione della 109a sessione della Conferenza internazionale del lavoro nel giugno 2021, concernente un appello mondiale all’azione per un approccio antropocentrico dalla crisi della COVID-19 che sia inclusivo, sostenibile e resiliente,
– vista la relazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro del 7 marzo 2022, dal titolo “Care at work: Investing in care leave and services for a more gender equal world of work” (Assistenza sul posto di lavoro: investire nel congedo di assistenza e nei servizi per un mondo del lavoro più equo sotto il profilo di genere),
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD),
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW),
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo,
– visti gli orientamenti politici della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen,
– visto il programma di lavoro della Commissione per il 2022,
– visto il regolamento (UE) n. 2021/1057 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2021, che istituisce il Fondo sociale europeo Plus (FSE+)[4],
– visto il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza[5],
– visto il regolamento (UE) 2020/2221 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 dicembre 2020, che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse aggiuntive e le modalità di attuazione per fornire assistenza allo scopo di promuovere il superamento degli effetti della crisi nel contesto della pandemia di COVID-19 e delle sue conseguenze sociali e preparare una ripresa verde, digitale e resiliente dell’economia (REACT-EU)[6],
– visto il regolamento (UE) 2021/522 che istituisce un programma d’azione dell’Unione in materia di salute per il periodo 2021-2027 (“programma UE per la salute”) (EU4Health),
– vista l’iniziativa congiunta dell’OCSE e della Commissione sullo stato della sanità,
– vista la direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio[7],
– vista la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica,
– vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego[8],
– vista la direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro,
– vista la raccomandazione del Consiglio (UE) 2021/1004 del 14 giugno 2021 che istituisce la garanzia europea per l’infanzia[9],
– vista la comunicazione della Commissione dal titolo “Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025” (COM(2020) 152 final), del 5 marzo 2020,
– vista la comunicazione della Commissione del 26 aprile 2017 dal titolo “Un’iniziativa per sostenere l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare di genitori e prestatori di assistenza che lavorano” (COM(2017)0252),
– visto il piano d’azione della Commissione del 9 dicembre 2021 per stimolare l’economia sociale e creare posti di lavoro,
– visto il “Libro bianco sull’invecchiamento demografico” della Commissione del 27 gennaio 2021 (COM(2021)0050),
– vista la comunicazione della Commissione del 2021 su una visione a lungo termine per le zone rurali,
– vista la dichiarazione ministeriale adottata in occasione della 4a conferenza ministeriale della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite sull’invecchiamento tenutasi a Lisbona il 22 settembre 2017 dal titolo “A Sustainable Society for all Ages: Realizing the potential of living longer” (Una società sostenibile per tutte le età: realizzare il potenziale per vivere più a lungo),
– vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi (COM(2021)0093), presentata dalla Commissione il 4 marzo 2021,
– vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea (COM(2020)682), presentata dalla Commissione il 28 ottobre 2020,
– visto il parere SOC/687-EESC-2021 del Comitato economico e sociale europeo (CESE), del 19 gennaio 2022, dal titolo “Verso un nuovo modello di assistenza per gli anziani: imparare dalla pandemia di COVID-19”,
– visto il parere SOC/535- EESC-2016 del Comitato economico e sociale europeo (CESE), del 21 settembre 2012, dal titolo “The rights of live-in care workers” (I diritti dei lavoratori conviventi prestatori di cure e assistenza),
– vista la relazione sull’assistenza a lungo termine, elaborata nel 2021 dal comitato per la protezione sociale (CPS) e dalla Commissione europea (DG EMPL), su tendenze, sfide e opportunità in una società che invecchia,
– visto il parere del gruppo di esperti sui modi efficaci di investire nella salute del 23 giugno 2021 sul sostegno alla salute mentale del personale sanitario e di altri lavoratori essenziali,
– viste le conclusioni ST/8884-21 del Consiglio EPSCO, del 14 giugno 2021, riguardanti le conseguenze socioeconomiche della COVID-19 sulla parità di genere,
– vista la sua risoluzione del 15 novembre 2018 sui servizi di assistenza nell’UE per una migliore parità di genere[10],
– vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 sulla prospettiva di genere nella crisi COVID-19 e nel periodo successivo alla crisi[11],
– vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 sulla strategia dell’UE per la parità di genere[12],
– vista la sua risoluzione del 10 marzo 2022 sul terzo piano d’azione dell’Unione europea sulla parità di genere,
– vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 sull’accesso a un alloggio dignitoso e a prezzi abbordabili per tutti[13],
– vista la raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2019 relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia[14],
– vista la sua risoluzione dell’11 marzo 2021 sui diritti dei minori alla luce della strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori[15],
– vista la sua risoluzione del 10 luglio 2020 sulla strategia dell’UE in materia di sanità pubblica dopo la crisi della COVID-19[16],
– vista la sua risoluzione del 16 febbraio 2022 su rafforzare l’Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata,
– vista la sua risoluzione del 17 dicembre 2020 su un’Europa sociale forte per transizioni giuste[17],
– vista la sua risoluzione del 7 luglio 2021 sul tema “Il Vecchio continente diventa più vecchio – possibilità e sfide della politica sull’invecchiamento post 2020”,
– vista la comunicazione della Commissione del 3 marzo 2021, dal titolo “Un’Unione dell’uguaglianza: strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030” (COM(2021)0101),
– vista la sua risoluzione del 18 giugno 2020 sulla strategia europea sulla disabilità post?2020[18],
– vista la sua risoluzione del 29 novembre 2018 sulla situazione delle donne con disabilità,
– vista la comunicazione della Commissione del 28 giugno 2021 dal titolo “Quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027 – Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione” (COM (2021)0323),
– vista la sua risoluzione del 10 marzo 2022 su un nuovo quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro post-2020 (inclusa una migliore protezione dei lavoratori contro l’esposizione a sostanze nocive, lo stress sul luogo di lavoro e le lesioni da movimenti ripetitivi)[19],
– vista la relazione dell’ETUI/FSESP sulla trasparenza delle retribuzioni e sul ruolo della valutazione e della classificazione del lavoro neutre sotto il profilo del genere nei servizi pubblici,
– vista la raccomandazione del Consiglio dell’8 novembre 2019 sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi[20],
– viste le attività dell’ELA e in particolare quella di collaborare con gli Stati membri nella lotta contro il lavoro sommerso,
– visto l’indice sull’uguaglianza di genere 2021 dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) e la sua analisi tematica sulla salute,
– visto l’articolo 54 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali e della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (A9-0189/2022),
A. considerando che i diritti sociali rientrano tra i diritti umani e i diritti costituzionali, che i diritti delle donne sono diritti umani fondamentali e che la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sottolineano che i diritti umani rientrano nello Stato di diritto; che il piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali stabilisce iniziative concrete per l’attuazione di principi essenziali per costruire un’Europa sociale più forte per una transizione e una ripresa giuste, quali parità di genere, pari opportunità, equilibrio tra attività professionale e vita familiare, assistenza all’infanzia e sostegno ai minori, inclusione delle persone con disabilità e assistenza a lungo termine; che aumentare e rafforzare il valore e i diritti del personale assistenziale sarà un presupposto per l’attuazione di tali iniziative, tra cui quelle concernenti specificamente i principi 17 e 18; che il semestre europeo e il quadro di valutazione della situazione sociale dovrebbero essere utilizzati con l’obiettivo di creare una società più equa, giusta, sostenibile e resiliente; che il godimento del più elevato livello di salute raggiungibile è un diritto fondamentale e che un livello elevato di protezione della salute deve essere garantito e attuato in tutte le politiche ed attività dell’Unione; che l’accesso a servizi pubblici di qualità è un fattore decisivo per la qualità della vita nell’ambito della strategia in materia di assistenza e di maggiori investimenti nel settore;
B. considerando che i minori rappresentano il 18,3 % della popolazione dell’UE[21]; che nel 2020 il 47,5 % delle famiglie nell’UE aveva almeno un figlio e il 14 % delle famiglie era composto da figli e un solo genitore[22], di cui la maggior parte donne;
C. considerando che la grande maggioranza dei prestatori di assistenza, formale e informale, retribuita e non retribuita, è costituita da donne; che le responsabilità di assistenza all’interno della famiglia determinano la capacità, la durata e il tipo di lavoro retribuito che le donne possono intraprendere nel corso del loro ciclo di vita lavorativa, influenzandone così la partecipazione alla vita sociale, economica, culturale e politica; che gli stereotipi che circondano le donne come migliori prestatrici di assistenza e la percezione dell’assistenza e del lavoro domestico non retribuiti come “lavoro femminile” rafforzano il modello “uomo capofamiglia – donna prestatrice di assistenza”, che continua a definire l’accesso ai diritti sociali incidendo sull’indipendenza economica delle donne e contribuendo alla sottovalutazione e all’invisibilità economica del lavoro assistenziale, in particolare del contributo dei prestatori di assistenza familiare, così come alla sottovalutazione dei prestatori di assistenza nelle istituzioni private e pubbliche;
D. considerando che l’80 % di tutta l’assistenza a lungo termine in Europa è fornita da prestatori di assistenza informale[23], in stragrande maggioranza donne, private di condizioni di lavoro eque, principalmente non retribuite e/o senza sostegno sociale adeguato, il che rende l’assistenza una questione estremamente legata al genere; che la prestazione di assistenza informale è associata alla mancanza di diritti, come il congedo per malattia e le ferie annuali, nonché la maternità, la paternità e i congedi parentali, alla riduzione dei tassi di occupazione, all’aumento dei tassi di povertà e di esclusione sociale, alla riduzione della salute mentale e all’aumento dei sentimenti di isolamento sociale e di solitudine, il che ha un impatto negativo sulla loro salute fisica e mentale, sul loro benessere e sulla loro inclusione sociale; che il contributo delle donne nel lavoro assistenziale non retribuito aggiunge ogni anno circa 11 000 miliardi di USD[24] all’economia mondiale, il che equivale al 9 % del PIL mondiale[25];
E. considerando che il 15,4 % dei giovani che non lavorano e non partecipano ad alcun ciclo di istruzione o formazione (NEET) si trova in tale situazione perché provvede a bambini o adulti non autosufficienti o ha altre responsabilità familiari; che l’88 % dei NEET è rappresentato da donne[26];
F. considerando che è necessario riconoscere che gli esseri umani dipendono tutti dall’assistenza in misura diversa a seconda, tra l’altro, dell’età, delle condizioni socioeconomiche, del capitale fisico e della storia personale, dall’infanzia fino alla vecchiaia; che l’assistenza dovrebbe essere differenziata dal sostegno alle persone con disabilità o malate; che il valore sociale ed economico del lavoro assistenziale, sia retribuito che non retribuito, non è valorizzato e riconosciuto e deve essere rivalutato e messo al centro delle politiche economiche; che l’impatto sociale, economico e sulla parità di genere di coloro che hanno responsabilità assistenziali dovrebbe essere affrontato con urgenza, in particolare in vista del cambiamento demografico;
G. considerando che tutti gli Stati membri e l’UE sono vincolati dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), compreso il suo articolo 19 che impone di adottare misure efficaci e adeguate che garantiscano lo stesso diritto di tutte le persone con disabilità di vivere in modo indipendente, di partecipare e di essere inserite nella comunità; che l’accesso equo ed efficace a servizi di sostegno e all’assistenza di qualità a prezzi accessibili è un prerequisito essenziale per una vita indipendente delle persone con disabilità, la loro partecipazione alla vita della comunità e l’inclusione sociale;
H. considerando che l’assistenza comprende tutti i servizi volti a sostenere l’autonomia e l’indipendenza delle persone che necessitano di assistenza, nonché le esigenze fisiche, psicologiche, emotive, sociali, personali e domestiche delle singole persone e dei gruppi in situazioni vulnerabili; che l’assistenza dovrebbe essere riconosciuta come un diritto che garantisce l’equo esercizio dei diritti, la dignità, l’autonomia, l’inclusione e il benessere di tutte le persone bisognose di assistenza; che l’Unione europea può integrare e sostenere l’azione degli Stati membri nel miglioramento dei servizi di assistenza, per coloro che sono assistiti e per coloro che prestano assistenza;
I. considerando che per lavoro assistenziale s’intende una varietà di servizi svolti da singole persone, famiglie, comunità, fornitori di servizi retribuiti, organizzazioni pubbliche e istituzioni statali in diversi tipi di contesti, dagli istituti alle famiglie;
J. considerando che la Commissione definisce i servizi per la persona e la famiglia una vasta gamma di attività che contribuiscono al benessere a domicilio delle famiglie e delle persone, tra cui assistenza ai bambini, assistenza a lungo termine e per le persone con disabilità, faccende domestiche, sostegno scolastico, riparazioni domestiche, giardinaggio e sostegno informatico; che i servizi per la persona e la famiglia comprendono servizi di assistenza e non, sia diretti che indiretti; che, a livello mondiale, i servizi per la persona e la famiglia sono solitamente descritti con il termine di lavoro domestico; che l’inclusione dei lavoratori domestici nel personale assistenziale riconosce pertanto che la prestazione di assistenza include non solo l’assistenza personale, ma anche l’assistenza indiretta non relazionale, che fornisce i presupposti necessari per la prestazione di assistenza personale; che nell’ambito dei servizi per la persona e la famiglia le attività di assistenza e non sono altamente intrecciate con una vasta percentuale di lavoratori che le svolgono entrambe, e che quindi appartengono al personale assistenziale;
K. considerando che l’accesso a un’assistenza di qualità e la creazione di ambienti adatti all’età sono essenziali per una vita più lunga, attiva e in buona salute; che si prevede che nell’UE il numero di persone bisognose di assistenza a lungo termine aumenterà da 30,8 milioni nel 2019 a 38,1 milioni nel 2050[27]; che diversi Stati membri già affrontano carenze di manodopera nel settore dell’assistenza a lungo termine che rischiano solo di aumentare con l’aumento della domanda di assistenza a lungo termine e che ciò richiede investimenti nella forza lavoro e nelle rispettive condizioni di occupazione e di lavoro dignitose;
L. considerando che la crisi della COVID-19 ha evidenziato il ruolo fondamentale svolto dai prestatori di servizi per la persona e la famiglia all’interno delle nostre società, dimostrando l’urgente necessità di garantire il pieno riconoscimento di tali lavoratori in tutti gli Stati membri unitamente ai diritti di contrattazione collettiva, alla sicurezza sociale e alla protezione sociale; che, a causa della persistente mancanza di un adeguato riconoscimento di tali lavoratori in diversi Stati membri, molti di loro hanno perso il lavoro durante la pandemia di COVID-19 senza poter beneficiare di regimi statali di compensazione salariale e di mantenimento del posto di lavoro; che la pandemia ha comportato la perdita dell’alloggio per molti prestatori di servizi per la persona e la famiglia, oltre ad averli esposti a violenza e molestie sul luogo di lavoro;
M. considerando che, nonostante lungo tutto l’arco della vita ciascuna persona assuma almeno una volta i ruoli di prestatore di assistenza e di destinatario dell’assistenza, esistono stigmatizzazione e stereotipi sull’interdipendenza, sulla disabilità fisica o mentale, sulla malattia e sulla fragilità e sulla necessità di cure e sostegno che si intersecano con altri motivi di discriminazione, in primis il genere, l’orientamento sessuale, l’età, la disabilità, la nazionalità, il colore della pelle, l’origine etnica e sociale, le caratteristiche genetiche, nonché il contesto economico, sociale, migratorio e altri contesti svantaggiati, aggravando il rischio di povertà o esclusione sociale;
N. considerando che la popolazione dell’UE sta invecchiando e che nel 2018 il 19 % dei cittadini dell’UE aveva un’età pari o superiore a 65 anni[28]; che la discriminazione fondata sull’età e le esigenze di assistenza non soddisfatte, non visibili e non riconosciute costituiscono ancora un problema persistente in termini di assistenza in Europa; che il numero di persone non autosufficienti o con necessità assistenziali e sanitarie a lungo termine aumenta con l’età;
O. considerando che le malattie reumatiche e muscoloscheletriche (RMD) sono tra le malattie non trasmissibili più diffuse, invalidanti e onerose del mondo, che colpiscono oltre 100 milioni di europei e rappresentano oltre il 50 % degli anni vissuti con disabilità (YLD) in Europa; che, in considerazione della loro diffusione, delle conseguenze invalidanti e dei legami con un’alta incidenza di comorbilità, le persone affette da malattie reumatiche e muscoloscheletriche sono una fonte significativa di domanda di assistenza formale e informale a lungo termine in Europa;
P. considerando che molti prestatori di assistenza e lavoratori domestici appartengono a minoranze etniche o sono migranti[29], affrontano una situazione estremamente precaria, sono soggetti a discriminazione intersezionale dovuta alla loro razza o etnia, al genere, alle condizioni socioeconomiche e alla nazionalità e lavorano come lavoratori conviventi con orari di lavoro spesso illimitati, in violazione della legislazione sugli orari di lavoro nell’economia formale e informale; che tali lavoratori sono principalmente donne senza un contratto di lavoro ufficiale, sono quindi più vulnerabili allo sfruttamento e spesso non hanno accesso ai loro diritti, in particolare al lavoro dignitoso e alla protezione sociale;
Q. considerando che in tutti gli Stati membri, comprese le regioni rurali particolarmente soggette all’invecchiamento della popolazione, si riscontra la mancanza di servizi di assistenza di elevata qualità, accessibili e a prezzi abbordabili; che il monitoraggio dell’assistenza formale e informale e della forma e dei mezzi dei servizi di assistenza esistenti è ostacolato dall’assenza di dati, inclusi dati disaggregati, dalla mancanza di indicatori di qualità, come l’indagine europea sull’uso del tempo (ETUS) concernente la valutazione e il monitoraggio dei servizi forniti, di tabelle di marcia dell’attuazione, nonché dalla mancanza di conoscenza tra gli operatori sanitari sulle malattie invalidanti temporanee;
R. considerando che uno dei diritti più importanti in materia di assistenza e sostegno è il diritto di scegliere il tipo e la posizione del servizio; che il diritto di scegliere il proprio tipo di assistenza è spesso compromesso dall’insufficiente disponibilità di assistenza personale e sostegno a domicilio; che l’assistenza personale è troppo raramente sostenuta in maniera sufficiente dagli Stati membri e rimane inaccessibile per molti; che fino al 75 % delle persone anziane che necessitano di assistenza a lungo termine riferisce che si troverebbe al di sotto della soglia di rischio di povertà se fosse costretto ad acquistare servizi di assistenza domiciliare al pieno costo di mercato[30]; che anche nella maggior parte dei paesi più sviluppati sotto il profilo economico i sistemi di protezione sociale coprono meno del 40 % dei costi totali dell’assistenza a lungo termine alle persone con esigenze moderate[31]; che gli Stati membri devono garantire la prestazione di servizi di assistenza di qualità e adeguatamente finanziati e funzionanti, sistemi di protezione sociale e una migliore integrazione di un’assistenza a lungo termine di qualità, di fondamentale importanza per migliorare l’equità sociale e contribuire all’uguaglianza di genere;
S. considerando che la pandemia di COVID-19 ha acuito e reso più visibili le disuguaglianze e le sfide esistenti che mostrano i molteplici problemi strutturali radicati nel sistema di assistenza sociale dell’Europa, vale a dire la carenza di risorse delle strutture di assistenza e dei sistemi sanitari o la mancanza di investimenti; che, in termini di accesso ai servizi domestici e di assistenza formale, comprese le cure mediche tempestive, accessibili e di alta qualità, la pandemia ha sottolineato le crisi già esistenti nel settore dell’assistenza a causa del forte aumento del carico di lavoro nel settore, della carenza di personale assistenziale, di sistemi sanitari sottofinanziati e in difficoltà, della dipendenza eccessiva dall’assistenza informale non retribuita o dal lavoro sommerso; che quanto sopra aumenta i rischi psicosociali cui devono far fronte i prestatori di assistenza che rimangono nel settore, per lo più donne; che le sfide legate alla pandemia hanno portato alla solitudine e all’isolamento sociale e hanno aumentato il rischio di abuso e di abbandono, nonché il deterioramento della salute fisica e mentale delle persone che necessitano di assistenza e del benessere generale di tutte le generazioni in tutta l’UE, in particolare negli Stati membri con livelli inferiori, prima della pandemia, di investimenti nell’assistenza[32]; che tali effetti a lungo termine sulla salute e sul benessere delle persone nonché le conseguenze sociali ed economiche devono ancora essere pienamente valutati e integrati nei pertinenti settori strategici;
T. considerando che le esigenze dei prestatori di assistenza informale sono insoddisfatte in Europa e la pandemia di COVID-19 ha fatto luce sulle difficoltà dei prestatori di assistenza informale e delle persone che ricevono assistenza informale e sulla dipendenza sproporzionata da donne e ragazze[33]; che la mancanza di riconoscimento dei prestatori di servizi per la persona e la famiglia e/o l’errata classificazione della loro situazione lavorativa ha comportato che molti di coloro che hanno perso il lavoro durante la pandemia di COVID-19 non sono stati in grado di accedere alle misure di protezione sociale;
U. considerando che la pandemia di COVID-19 ha aggravato le disuguaglianze di genere esistenti, in particolare in termini di aumento del lavoro assistenziale non retribuito e di squilibrio tra attività professionale e vita familiare, e ha comportato un duplice onere per molte donne, che hanno avuto turni di lavoro più lunghi e un’assistenza informale supplementare a casa; che prima della pandemia di COVID-19[34] il 37,5 % delle donne nell’UE si prendeva quotidianamente cura di bambini, anziani o persone con disabilità, rispetto al 24,7 % degli uomini; che la pandemia ha portato a una media di circa 13 ore aggiuntive di lavoro non retribuito a settimana per le donne[35]; che le donne che lavorano da casa, a tempo parziale o disoccupate hanno subito una pressione maggiore, dal momento che hanno continuato a occuparsi della maggior parte delle responsabilità di assistenza familiari e del lavoro domestico[36]; che tutti gli effetti della pandemia di COVID-19 non sono ancora pienamente noti e che il suo impatto socioeconomico sulle donne perdurerà;
V. considerando che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, fino a metà dei decessi legati alla COVID-19 in Europa è stata costituita dai residenti delle strutture di assistenza a lungo termine[37]; che oltre il 70 % del personale dei settori sociale e sanitario impegnato in prima linea nella lotta contro la COVID-19 era costituito da donne, molte delle quali hanno dovuto affrontare le conseguenze, anche di lunga durata, dell’infezione da COVID-19, sono state isolate e hanno affrontato livelli senza precedenti di stress, ansia, depressione, pensieri suicidi e anche disturbi da stress post-traumatico; che nel 2021 il 30 % del personale infermieristico ha lasciato la professione nell’UE[38]; che gli alti tassi di incidenza e di mortalità dovuti alla COVID-19 nelle strutture di assistenza a lungo termine, anche a causa del mancato accesso a dispositivi di protezione, sperimentazione e cure mediche, hanno evidenziato le carenze sistemiche connesse a una transizione troppo lenta dall’assistenza istituzionale ai servizi di assistenza familiare e locale, le carenze di personale derivanti dalle difficoltà di attirare e trattenere i lavoratori, le cattive condizioni di occupazione e di lavoro, la mancanza di opportunità di crescita professionale per i lavoratori nel settore dell’assistenza, le difficoltà per i prestatori di assistenza transfrontalieri, nonché la mancanza di sostegno e accesso alla sicurezza sociale per i prestatori di assistenza informale;
W. considerando che, oltre alle esigenze mediche non soddisfatte, la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto fortemente negativo sull’accesso all’istruzione, ad alloggi dignitosi e ai servizi essenziali per il benessere e lo sviluppo dei minori, generando un onere aggiuntivo nei compiti assistenziali ed educativi per tutti i genitori, soprattutto le donne e i genitori soli[39]; che le prove empiriche confermano che la riduzione dei servizi di assistenza e l’aumento del lavoro assistenziale non retribuito svolto dalle donne durante la pandemia di COVID-19 hanno ripristinato e rafforzato le disuguaglianze di genere;
X. considerando che la fornitura di un’assistenza di qualità dipende dall’esistenza di una forza lavoro sufficientemente ampia, ben formata, motivata e specializzata, dalla creazione di condizioni di lavoro interessanti e dignitose attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, retribuzioni eque e adeguate, nonché servizi integrati e da finanziamenti pubblici adeguati; che il settore dell’assistenza affronta da tempo una carenza di personale e che negli anni 2019-2020 421 000 lavoratori hanno lasciato il settore dell’assistenza residenziale[40]; che il lavoro assistenziale di qualità rappresenta un’occupazione qualificata che richiede formazione ed esperienza e che la domanda di prestatori di assistenza qualificati non potrà che aumentare nei prossimi anni; che l’occupazione e la formazione continua sul posto di lavoro attraverso la professionalizzazione del settore possono contribuire ad aumentare la qualità della prestazione dei servizi di assistenza; che, nell’ambito di percorsi terapeutici più lunghi e dell’evoluzione delle pratiche e delle tecnologie, i prestatori di assistenza stanno accumulando competenze che devono essere riconosciute; che la direttiva sui diritti acquisiti (2001/23/CE) deve essere applicata ogni volta che i contratti dei dipendenti sono trasferiti a un prestatore di assistenza acquirente;
Y. considerando che nell’Unione europea almeno 3,1 milioni di prestatori di servizi per la persona e la famiglia sono impiegati nell’economia sommersa, privi riconoscimento e dei diritti fondamentali dei lavoratori come la contrattazione collettiva, la sicurezza sociale e la protezione sociale[41]; che il lavoro sommerso porta a una minore protezione dei lavoratori, facilitando lo sfruttamento e l’abuso del lavoro, determinando anche una perdita di reddito per gli Stati membri; che le condizioni dei cittadini di paesi terzi privi di documenti che svolgono un lavoro assistenziale sono particolarmente difficili, in termini di diritti sociali e accesso a condizioni di lavoro dignitose;
Z. considerando che la piattaforma europea contro il lavoro sommerso è stata trasformata in un gruppo di lavoro permanente dell’Autorità europea del lavoro (ELA), con l’obiettivo di aumentare la cooperazione con le autorità degli Stati membri nella lotta contro il lavoro sommerso;
AA. considerando che gli studi dimostrano che oltre il 90 % degli anziani intende vivere nella propria abitazione in età avanzata; che tuttavia solo il 20 % trascorre gli ultimi anni della propria vita nel proprio alloggio privato e che molti di loro vivono in strutture di assistenza istituzionali[42]; che si riscontra l’assenza di servizi di assistenza specifici per le esigenze e le preferenze delle persone; che ciò impone[43] di trasformare le strutture di assistenza da istituzioni centralizzate a strutture di assistenza nell’ambito della famiglia o del territorio incentrate sul paziente per sostenere meglio l’autonomia delle persone che necessitano di assistenza e di sostegno, determinando benefici economici e sociali concreti e aumentando il livello di benessere dei destinatari dell’assistenza; che l’assistenza residenziale spesso non soddisfa gli standard sul sostegno all’indipendenza delle persone che utilizzano tali servizi ed è spesso associata alla fine della vita, anziché come luogo in cui vivere una vita dignitosa, prosperare e partecipare ulteriormente alla vita sociale e culturale; che tale cambiamento è stato inesistente o troppo lento e privo di risorse e deve tenere conto delle diverse esigenze e vulnerabilità delle comunità, ad esempio in termini di reddito e altre disuguaglianze; che gli Stati membri dovrebbero investire in tale direzione;
AB. considerando che è importante condurre ulteriori ricerche sugli abusi in tutti i contesti di assistenza per informare in merito ai fattori che determinano tali pratiche, promuovere la consapevolezza, la formazione, l’individuazione e la lotta contro gli abusi per tutte le professioni legate all’assistenza e creare piattaforme pubbliche per denunciare tali pratiche;
AC. considerando che il mercato del lavoro tende a essere segregato per genere e sottovaluta i settori in cui le donne rappresentano la maggior parte della forza lavoro; che nel 2020 nell’UE la retribuzione oraria lorda delle donne in media era inferiore di circa il 13,0 % rispetto a quella degli uomini[44];
AD. considerando che spesso l’assistenza continua a essere sottovalutata e riceve scarso riconoscimento e una compensazione finanziaria insufficiente e spesso inesistente per i prestatori di assistenza informale; che la sottovalutazione in termini di retribuzioni e condizioni di lavoro, nonché l’invisibilità del lavoro assistenziale e domestico sono strettamente legate ai ruoli e alle norme di genere prevalenti che vedono le donne come prestatrici di assistenza e gli uomini come capifamiglia e a un circolo vizioso di “doppia svalutazione”, in cui l’assistenza è spesso relegata ai gruppi più deboli della società a causa della sua mancanza di valore e, a sua volta, l’attività di assistenza si svaluta perché è svolta dai gruppi più deboli, nonché a causa del fatto che l’assistenza domiciliare e altri servizi di assistenza per la persona e la famiglia sono forniti a porte chiuse;
AE. considerando che la femminilizzazione del settore dell’assistenza contribuisce al divario occupazionale, retributivo e pensionistico di genere a causa della percentuale di donne che lavorano nell’assistenza formale e informale, e può portare a un aumento del rischio di povertà nonché a una riduzione delle imposte versate agli Stati membri, con una perdita annua di 370 miliardi di EUR del PIL per l’Europa[45];
AF. considerando che le donne e i migranti, in particolare i lavoratori mobili cittadini sia dell’UE che dei paesi terzi, sono prevalenti nel settore dell’assistenza e le donne rappresentano il 76 % dei 49 milioni di prestatori di assistenza documentati nell’UE[46] e oltre l’85 % dell’assistenza non retribuita in tutti gli Stati membri se si considera l’impegno sia quotidiano che settimanale[47];
AG. considerando che lavorano nel settore dell’assistenza a lungo termine 6,3 milioni di professionisti, tra i quali le donne (81 %) sono sovrarappresentate, e che il numero di lavoratori di età superiore a 50 anni, di lavoratori a tempo parziale, precari e delle piattaforme digitali e di lavoratori migranti, mobili e informali, inclusi i prestatori di assistenza conviventi (l’8 % dei lavoratori nel settore dell’assistenza è straniero), è in aumento; che nel 2020 i lavoratori migranti e mobili rappresentavano il 28 % degli addetti all’assistenza a domicilio[48]; che i deficit di assistenza in alcune regioni dell’UE sono aggravati da questa “fuga di assistenza” e dal fenomeno delle catene dell’assistenza mondiali; che ciò rende impossibile pensare all’assistenza solo lungo i confini nazionali; che sono ancora presenti ostacoli che impediscono la prestazione gratuita di servizi di assistenza nell’UE; che tali lavoratori sono essenziali per le nostre società sia in termini di salute pubblica che sul piano dell’inclusione sociale per le persone assistite, talvolta isolate;
AH. considerando che in tutti gli Stati membri la retribuzione nei settori dell’assistenza e del lavoro domestico è ben al di sotto della retribuzione media ed è inferiore alla retribuzione che i lavoratori percepiscono per lo stesso lavoro in altri settori, in particolare nel settore dell’assistenza sanitaria[49]; che ciò è dovuto al lavoro informale, a una minore copertura della contrattazione collettiva in tali settori, nonché a una svalutazione dei settori a prevalenza femminile, come l’assistenza; che i dipendenti che lavorano nei settori a scopo di lucro e non profit spesso non hanno accesso alla rappresentanza dei lavoratori e alla contrattazione collettiva; che la differenza in relazione alla retribuzione media è la più bassa negli Stati membri con accordi collettivi per alcune parti del settore[50]; che la rappresentanza dei lavoratori, compresi i sindacati, e la contrattazione collettiva sono fondamentali per la rappresentanza e la difesa dei diritti e degli interessi dei lavoratori in tutti i contesti di assistenza, nonché per aumentare e mantenere gli standard in tutto il settore dell’assistenza;
AI. considerando che la crisi della COVID-19 ha messo in evidenza diversi problemi riguardanti le condizioni di lavoro dei prestatori di assistenza a lungo termine; che i prestatori di assistenza a lungo termine presentavano un rischio ancora maggiore di contrarre la COVID-19 rispetto agli operatori sanitari negli ospedali, a causa della mancanza di dispositivi di protezione individuale e di una formazione adeguata per attuare i protocolli dell’infezione e altre attività di prevenzione;
AJ. considerando che, sebbene sia emotivamente gratificante per una grande maggioranza di prestatori di assistenza, l’assistenza spesso genera effetti negativi sulla salute fisica e mentale dei prestatori di assistenza e difficoltà nel conciliare l’assistenza con il lavoro retribuito, il che è particolarmente significativo nel caso delle prestatrici di assistenza[51]; che la salute mentale dei prestatori di assistenza formale e informale è stata colpita in modo sproporzionato durante la pandemia di COVID-19; che i problemi mentali sono aumentati durante la pandemia aumentando l’onere di assistenza; che il lavoro assistenziale è spesso associato al lavoro su turni, con breve preavviso e con lunghi orari di lavoro; che i rischi per la salute e la scarsa qualità dell’orario di lavoro sono le cause principali di un assenteismo relativamente elevato nel settore dell’assistenza a lungo termine; che il 38 % degli operatori sanitari ritiene che, a causa degli effetti negativi del loro lavoro, non saranno in grado di continuare a lavorare fino a 60 anni[52];
AK. considerando che in Europa il 33 % dei prestatori di assistenza a lungo termine è stato esposto a qualche tipo di comportamento sociale avverso (inclusi abusi verbali, minacce e comportamenti umilianti) e solo il 22 % dei prestatori di assistenza a lungo termine si sente molto soddisfatto delle proprie condizioni di lavoro[53];
AL. considerando che esistono varie forme di occupazione dei prestatori di assistenza conviventi formali, ad esempio tramite aziende del settore dell’assistenza o agenzie di lavoro interinale e intermediari;
AM. considerando che le donne rappresentano la maggioranza delle persone che ricevono assistenza e che 44 milioni di persone nell’UE forniscono assistenza informale a lungo termine a familiari, vicini o amici[54], la maggior parte dei quali sono donne, e che il 12 % delle donne e il 7 % degli uomini che forniscono assistenza informale a lungo termine lo fanno per oltre 40 ore a settimana[55]; che circa il 30 % delle persone di età superiore ai 65 anni convive con due o più malattie non trasmissibili; che le malattie non trasmissibili pongono un onere notevole e crescente su pazienti, prestatori di assistenza, società e sistemi sanitari;
AN. considerando che l’elevato numero di destinatari dell’assistenza che necessitano di assistenza informale è direttamente legato all’indisponibilità, all’inaccessibilità e all’insostenibilità economica di servizi professionali di qualità adeguati alle loro esigenze nonché alla scelta predefinita di molti Stati membri a favore dell’assistenza informale non retribuita quale principale fonte di prestazione di assistenza[56]; che la prestazione di assistenza informale dovrebbe essere una scelta e non una necessità causata della mancanza di servizi di assistenza disponibili;
AO. considerando che una quota significativa del settore dell’assistenza formale a domicilio opera nella zona grigia, il che si ripercuote negativamente sulla qualità dell’assistenza a domicilio; che mancano dati che consentano di identificare con precisione il numero di prestatori di assistenza nella zona grigia;
AP. considerando che nell’UE le donne svolgono 13 ore la settimana di lavoro domestico e assistenziale non retribuito in più rispetto agli uomini[57]; che l’accesso a servizi di assistenza formale a lungo termine, a prezzi abbordabili e di qualità, per i familiari non autosufficienti e l’iniqua distribuzione del lavoro assistenziale e domestico non retribuito tra uomini e donne costituiscono fattori fondamentali nel determinare se le donne entrano e rimangono nel mercato del lavoro e la qualità dei lavori che svolgono; che nell’UE 7,7 milioni di donne rimangono fuori dal mercato del lavoro a causa delle loro responsabilità di assistenza informale, rispetto ad appena 450 000 uomini, e che il 29 % delle donne occupate a tempo parziale fa riferimento alle mansioni assistenziali come motivo principale per accettare un lavoro a tempo parziale[58]; che solo il 6 % degli uomini afferma che il motivo principale del lavoro a tempo parziale è dovuto a responsabilità di assistenza, rispetto al 29 % delle donne, e che solo il 64 % dei padri nell’UE fornisce assistenza su base giornaliera[59];
AQ. considerando che le donne subiscono anche più interruzioni di carriera, tendono a lavorare meno ore e hanno maggiori probabilità di avere un lavoro a tempo parziale, precario o temporaneo; che la segregazione settoriale e l’iniqua distribuzione del lavoro domestico e assistenziale non retribuito rappresentano le cause fondamentali del persistere del divario occupazionale, retributivo e pensionistico, nonché del maggiore rischio di povertà e di esclusione sociale delle donne; che il divario pensionistico di genere ha raggiunto in media il 27 % nel 2020[60]; che un’equa distribuzione del lavoro assistenziale e domestico non retribuito, ovvero un equo coinvolgimento degli uomini, ha un chiaro impatto positivo sulla percentuale di donne che hanno un lavoro retribuito e sulla riduzione del divario retributivo di genere; che le responsabilità di assistenza all’infanzia sono una causa di cambiamento nell’occupazione per il 60 % delle donne rispetto al 17 % degli uomini occupati e portano a una riduzione dell’orario di lavoro per il 18 % delle donne occupate e solo per il 3 % degli uomini[61]; che la disponibilità e l’accessibilità, anche economica, di strutture di assistenza all’infanzia di alta qualità sono cruciali per consentire alle persone, in particolare alle donne con responsabilità di assistenza, di partecipare al mercato del lavoro; che le sfide per la sanità pubblica come l’emicrania sono più comuni nelle donne[62] e che una grande percentuale delle donne colpite è ancora in prima linea per l’assistenza all’infanzia e le faccende domestiche;
AR. considerando che tali discrepanze sono confermate a livello mondiale, con le donne che dedicano in media 3,2 volte più tempo (201 giorni lavorativi all’anno) degli uomini (63 giorni lavorativi) al lavoro assistenziale non retribuito, e sono più evidenti nel caso delle ragazze e delle donne che vivono in paesi a medio reddito, hanno un livello di istruzione inferiore, vivono in zone rurali e hanno figli in età scolare[63];
AS. considerando che le donne sono rappresentate in modo preponderante tra i lavoratori essenziali (4 delle altre 16 categorie professionali ritenute essenziali annoverano più del 50 % di donne nella loro forza lavoro nell’UE)[64], come gli operatori sanitari, le cui mansioni non possono essere svolte in gran parte in modalità di telelavoro, e nei settori che sono stati più duramente colpiti dalla pandemia, e sono state quindi esposte ad alti rischi di contagio, carichi di lavoro pesanti, equilibrio interrotto tra attività professionale e vita familiare e perdita del lavoro; che le condizioni di vita e di lavoro sono state particolarmente compromesse per le donne con figli piccoli che hanno un lavoro retribuito[65];
AT. considerando che l’assistenza rimane uno dei principali ambiti di riproduzione degli archetipi di genere, che sono ulteriormente rafforzati dalla mancanza di investimenti in servizi di qualità e dai pregiudizi di genere in altre politiche che colpiscono in modo sproporzionato l’autodeterminazione delle donne nella vita sociale e professionale, come il regime fiscale e previdenziale;
AU. considerando che le imprese dell’economia sociale possono avere un potenziale e un contributo significativi nell’agevolare il reinserimento dei prestatori di assistenza nel mercato del lavoro;
AV. considerando che diversi Stati membri e regioni dell’UE non riescono ancora a raggiungere l’obiettivo di fornire servizi di assistenza all’infanzia per il 90 % dei bambini di età compresa tra i tre anni e l’età dell’obbligo scolastico e per il 33 % dei bambini di età pari o inferiore ai tre anni; che la mancanza di infrastrutture sufficienti che offrano un’assistenza all’infanzia di qualità e accessibile a tutti, in particolare servizi per la prima infanzia, colpisce soprattutto i minori provenienti da famiglie svantaggiate, il che si riflette in tassi di iscrizione inferiori alla media dei minori con disabilità, dei minori appartenenti alla comunità rom e ad altre minoranze, dei minori migranti, dei minori che vivono in condizioni di povertà e minori appartenenti ad altri gruppi svantaggiati, che beneficerebbero maggiormente dei servizi per la prima infanzia[66];
AW. considerando che nel 2020 il 24,2 % dei minori nell’UE, quasi 18 milioni, era a rischio di povertà o esclusione sociale; che i minori provenienti da famiglie a basso reddito, i minori senza fissa dimora, i minori con disabilità, i minori provenienti da un contesto migratorio, i minori appartenenti a minoranze etniche, in particolare rom, i minori affidati ad istituti, i minori in situazioni familiari precarie, le famiglie monoparentali, le famiglie LGBTIQ+ e le famiglie in cui i genitori sono assenti poiché lavorano all’estero incontrano gravi difficoltà, ad esempio grave privazione abitativa o sovraffollamento abitativo, ostacoli nell’accesso ai servizi fondamentali e di base; che nell’UE i minori con disabilità hanno una probabilità sproporzionatamente più elevata di essere affidati a istituti rispetto ai minori senza disabilità ed è molto meno probabile che beneficino degli sforzi volti a consentire il passaggio dall’assistenza negli istituti a quella nell’ambito del territorio e della famiglia[67]; che la garanzia europea per l’infanzia è uno strumento dell’UE il cui obiettivo è prevenire e combattere la povertà e l’esclusione sociale garantendo ai minori bisognosi un accesso libero ed effettivo ai servizi di assistenza essenziali quali l’educazione e la cura della prima infanzia, le attività educative e scolastiche, l’assistenza sanitaria e almeno un pasto sano per ogni giorno di scuola, nonché l’accesso effettivo per tutti i minori bisognosi a un’alimentazione sana e a un alloggio adeguato[68]; che l’accessibilità di un’assistenza all’infanzia e di un’istruzione di qualità a prezzi abbordabili è fondamentale per lo sviluppo personale e il benessere dei minori; che esiste un’inequivocabile correlazione positiva tra l’accesso ai servizi di assistenza all’infanzia, da un lato, e l’occupazione e il reddito degli uomini e in particolare delle donne, dall’altro[69];
AX. considerando che l’accesso a servizi di assistenza di qualità, in particolare l’assistenza a lungo termine, è sempre più subordinato al reddito individuale e familiare, al luogo di residenza, alla disponibilità di servizi e capacità di fornitura degli stessi, alla disponibilità geografica nonché alle capacità inutilizzate dei prestatori; che si stima che due persone su tre che necessitano di assistenza non abbiano accesso ai servizi di assistenza, principalmente a causa della loro mancata disponibilità e insostenibilità economica[70]; che le famiglie a basso reddito, con livelli di istruzione inferiori, e le famiglie di migranti incontrano le maggiori difficoltà di accesso ai servizi formali di assistenza domiciliare a lungo termine; che in tutta l’UE un terzo, e in cinque Stati membri anche più della metà delle famiglie riferisce di aver bisogno di servizi professionali di assistenza a lungo termine ma di non potervi accedere per motivi finanziari[71]; che l’accesso all’assistenza sanitaria e alle cure dovrebbe essere universale ed efficace, indipendentemente dalle condizioni economiche o dalle differenti situazioni o status amministrativi o di residenza; che le persone con redditi più bassi sono anche un gruppo in cui le esigenze di assistenza sono più diffuse[72];
AY. considerando che le tecnologie digitali hanno il potenziale di sostenere i prestatori di assistenza sia formale che informale e ridurre l’onere cui devono far fronte, ad esempio nel trasporto dei pazienti ai consulti che potrebbero essere tenuti online; che un sondaggio di Eurocarers del 2021 suggerisce che il 78 % dei prestatori di assistenza informale non ha mai utilizzato le tecnologie legate all’assistenza[73]; che è necessario tenere conto della digitalizzazione e dell’Internet degli oggetti nel settore dell’assistenza, ma che non dovrebbero soppiantare completamente l’insostituibile interazione umana legata all’assistenza; che è opportuno incoraggiare progetti pilota e di ricerca al fine di provare la fattibilità e l’efficacia dei servizi digitali; che gli anziani, inclusi quelli che ricevono assistenza, hanno difficoltà di accesso ai servizi digitali; che l’accesso ai servizi digitali, compreso l’accesso all’alfabetizzazione digitale, dovrebbe essere considerato un diritto dei destinatari dell’assistenza; che il drastico passaggio al telelavoro ha rivelato la necessità di migliorare l’applicazione, la revisione e l’aggiornamento della legislazione relativa alle condizioni di lavoro nell’ambiente digitale e all’uso dell’intelligenza artificiale nella vita professionale;
AZ. considerando che le donne che fanno fronte alla discriminazione intersezionale affrontano ulteriori barriere nell’accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi sanitari e che occorre prestare un’attenzione particolare per affrontare gli effetti dei pregiudizi impliciti nell’accesso ai servizi privati e pubblici generati a causa del persistere di stereotipi e della sottorappresentanza di taluni gruppi in tali istituti;
BA. considerando che è opportuno prestare particolare attenzione alle persone molto anziane al fine di aiutare, ove necessario, coloro che hanno perso l’autonomia e di evitare che si trovino in situazioni di isolamento;
BB. considerando che l’importanza della prevenzione e della riabilitazione geriatrica per un invecchiamento dignitoso e in buona salute dovrebbe essere tenuta in debito conto;
BC. considerando che è necessario rimodellare l’assistenza infermieristica fornendo, dove possibile, assistenza infermieristica gratuita o a domicilio a prezzi abbordabili;
BD. considerando che l’aumento degli investimenti nell’economia dell’assistenza in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile porterebbe a quasi 300 milioni di posti di lavoro aggiuntivi a livello globale entro il 2035[74]; che tali investimenti sarebbero costituiti da 96 milioni di posti di lavoro diretti nell’assistenza all’infanzia, 136 milioni di posti di lavoro diretti nell’assistenza a lungo termine e 67 milioni di posti di lavoro indiretti in settori diversi dall’assistenza; che tale livello di creazione di posti di lavoro richiederebbe un investimento del 3,2 % del PIL mondiale, tenendo conto dei costi totali meno il gettito fiscale[75]; che la Commissione europea stima che 8 milioni di nuovi posti di lavoro dovrebbero essere creati nell’UE nel settore dell’assistenza entro il 2030[76];
BE. considerando che il cambiamento demografico e l’invecchiamento della popolazione che l’accompagna aumenteranno la domanda di servizi di assistenza; che è improbabile che i posti di lavoro nel settore dell’assistenza vengano sostituiti o ridotti dall’automazione; che ciò dovrebbe motivare l’UE e gli Stati membri a investire nell’economia dell’assistenza come un settore promettente per la creazione di posti di lavoro, nel quadro della transizione digitale, al fine di aumentare il numero di personale qualificato e attirare più persone in tale settore;
BF. considerando che gli standard di qualità per l’assistenza, in particolare per i servizi di assistenza sociale, rimangono assenti o inadeguati;
BG. considerando che il settore dell’assistenza ha bisogno di investimenti, risorse e riforme significativi; che nel 2018 il divario di investimenti annuo stimato nelle infrastrutture sociali in Europa si attestava a 100-150 miliardi di EUR[77]; che la relazione 2021 sull’invecchiamento prevede l’aumento della spesa pubblica necessaria per coprire i costi dell’assistenza e del sostegno a lungo termine fino al 2,9 % del PIL all’anno nel 2070, rispetto all’1,7 % del 2016, sebbene uno scenario di “invecchiamento in buona salute” possa ridurre in maniera significativa tale costo e la copertura totale delle esigenze di assistenza a lungo termine lo aumenti notevolmente;
BH. considerando che è fondamentale comprendere l’interazione tra l’assistenza formale e informale; che i servizi di assistenza formale possono fornire sostegno ai prestatori di assistenza informale, ad esempio concedendo loro la possibilità di assentarsi e offrendo loro una formazione; che la mancanza di riconoscimento ufficiale dei prestatori di assistenza informale e la relativa assenza di dati su di loro e sulle loro esigenze rappresentano un ostacolo a tale interazione;
BI. considerando che la fornitura di assistenza dipende da servizi pubblici e sistemi di protezione sociale adeguatamente finanziati e correttamente funzionanti;
BJ. considerando che esiste una notevole diversità nella popolazione dei prestatori di assistenza informale; che le loro esigenze variano in base al loro contesto socioeconomico, alla loro partecipazione al mercato del lavoro, alle esigenze dei destinatari dell’assistenza e alla quantità di tempo che dedicano all’assistenza delle persone non autosufficienti;
BK. considerando che le malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer o altre forme di demenza, continuano a essere sottodiagnosticate nella maggior parte dei paesi europei; che i dati indicano chiaramente che il numero dei casi confermati di persone con demenza, attualmente pari a 9 milioni, raddoppierà entro il 2050; che le donne continuano a essere colpite in modo sproporzionato dalla demenza[78];
BL. considerando che nel febbraio 2021 il Mediatore europeo ha avviato un’indagine di propria iniziativa sul ruolo della Commissione nel processo di deistituzionalizzazione nell’UE, concentrandosi sull’adempimento dell’obbligo della Commissione di garantire che gli Stati membri utilizzino i fondi dell’UE in modo da promuovere la transizione dagli istituti di assistenza residenziale e verso una vita indipendente e la partecipazione alla vita comunitaria;
BM. considerando che il meccanismo previsto dalla direttiva del 2001 sulla protezione temporanea è stato attivato per la prima volta in risposta all’afflusso massiccio di rifugiati, soprattutto donne con bambini e altre persone a carico, in fuga dalla guerra in Ucraina, garantendo agli sfollati parità di accesso al mercato del lavoro e agli alloggi, assistenza medica e accesso all’istruzione per i bambini; che l’attivazione del suddetto meccanismo avrà un impatto diretto significativo sul settore dell’assistenza, aumentando il numero di persone nell’UE che necessitano di servizi di assistenza completi e personalizzati, ma anche il numero di prestatori di assistenza sia informale che formale;
BN. considerando che i dati sulla qualità dei servizi di assistenza si basano quasi esclusivamente su indagini non standard sulla soddisfazione dei clienti;
BO. considerando che le difficoltà legate alla fornitura di alloggi adeguati, dignitosi e a prezzi abbordabili, soprattutto per gli anziani, le persone sole, le persone con disabilità, le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale, le famiglie con bambini piccoli e i genitori soli, ostacolano in modo significativo l’accesso a servizi di assistenza di qualità;
BP. considerando che in 11 paesi dell’OCSE i salari mediani dei prestatori di assistenza a lungo termine sono solo di 9 EUR all’ora, mentre i salari del personale ospedaliero, la maggior parte del quale è costituita da uomini, sono pari in media a 14 EUR all’ora[79];
BQ. considerando che più della metà dei prestatori di assistenza sostiene di non guadagnare abbastanza per coprire le esigenze di base come l’alloggio e l’alimentazione e che il 31 % non ha un accesso adeguato ai dispositivi di protezione individuale[80];
BR. considerando che la maggior parte dei prestatori di assistenza non riceve una retribuzione sufficiente che assicuri a loro e alle loro famiglie un livello di vita soddisfacente;
Un’Europa che si prende cura
1. osserva che è essenziale garantire dignità, indipendenza, autonomia, benessere e partecipazione alla vita sociale attraverso un’assistenza di qualità nel corso della vita, dall’assistenza alla prima infanzia e l’istruzione, ai servizi di assistenza agli anziani e al sostegno alle persone con disabilità, tenendo presente che gli esseri umani dipendono gli uni dagli altri e che chiunque potrebbe aver bisogno di assistenza ad un certo punto della propria vita;
2. sottolinea l’importanza dell’accessibilità e della disponibilità dell’assistenza pubblica, nonché della qualità, dell’accessibilità, della disponibilità, della sostenibilità economica e dell’adeguatezza dell’assistenza, e che tutte le persone bisognose di assistenza e i loro prestatori di assistenza dovrebbero avere diritto a una reale possibilità di scelta per quanto riguarda i servizi di assistenza adeguati a loro e alle loro famiglie, nonché la forma dell’assistenza (familiare, sul territorio, incentrata sul paziente, personalizzata e altre forme), il luogo e l’intensità dell’assistenza, con particolare attenzione alla prestazione e all’accesso per coloro che vivono in zone remote (433) come le zone rurali o le regioni ultraperiferiche; ritiene che gli investimenti nell’erogazione di servizi pubblici e sociali di qualità siano leve essenziali per evitare che lo svantaggio passi da una generazione all’altra;
3. osserva che l’assistenza e i suoi diversi approcci strategici devono essere sviluppati e riprogettati in base alle esigenze degli individui, riconosce che i modelli e le modalità di organizzazione dell’assistenza sono diversi negli Stati membri e sottolinea il diritto di ogni persona di scegliere i servizi di assistenza di qualità più adatti alla sua situazione individuale e la necessità di garantire tale diritto da parte degli Stati membri e dell’UE in tutte le politiche; sottolinea che, a norma del principio 18 del pilastro europeo dei diritti sociali, ogni persona ha diritto a servizi di assistenza a lungo termine di qualità e a prezzi accessibili, in particolare ai servizi di assistenza familiare e locale, e sottolinea che allo scopo di rispettare tale principio la prestazione di servizi di assistenza dovrebbe essere aumentata;
4. osserva che le donne rappresentano la maggior parte della forza lavoro (76 %) nel settore dell’assistenza formale e svolgono la parte principale del lavoro di assistenza informale, rappresentando al contempo la maggior parte dei destinatari dell’assistenza, che l’assistenza rimane sottovalutata, non riconosciuta e garantisce una compensazione finanziaria insufficiente o spesso nulla per i prestatori di assistenza e che questa sottovalutazione in termini di retribuzione, condizioni di lavoro e mancanza di visibilità è strettamente legata alla femminilizzazione del settore a causa dell’elevata percentuale di donne che lavorano nell’assistenza formale e informale; sottolinea che questo aspetto di genere deve essere preso in considerazione nel definire strategie e politiche di assistenza;
5. esprime preoccupazione per l’impatto delle limitazioni strutturali e dei vincoli finanziari nel tipo di servizi di assistenza a disposizione degli individui e riconosce che l’integrazione dell’assistenza in Europa è limitata a causa della mancanza di incentivi e strutture adeguati;
6. sottolinea l’importanza di un approccio basato sui diritti e integrato all’azione comune europea in materia di assistenza che presti pari attenzione alle esigenze fisiche, mentali, psicologiche, sociali, personali e domestiche delle persone; sottolinea l’importanza di aprire la strada a un approccio più coerente tra i sistemi sanitari e sociali, e tra l’assistenza formale e informale, e al coordinamento delle politiche locali, regionali e nazionali in materia di assistenza all’interno degli Stati membri dell’UE, insieme all’integrazione orizzontale e settoriale;
7. sottolinea la necessità di sviluppare una strategia europea in materia di assistenza ambiziosa e inclusiva che assicuri a tutti un accesso equo all’assistenza con un’attenzione particolare per le persone in situazioni vulnerabili, e che contribuisca alla giustizia sociale;
8. ritiene che la prevenzione sia fondamentale; chiede che la prevenzione primaria, la prevenzione secondaria e la prevenzione terziaria[81], che comprendono l’uso adeguato dell’istruzione e delle informazioni pertinenti, lo screening, la diagnosi precoce, la prevenzione e il follow-up adeguato delle malattie non trasmissibili, rientrino tra le componenti di una strategia olistica europea in materia di assistenza; esorta la Commissione ad adottare un approccio globale e olistico all’assistenza;
9. esorta la Commissione a rafforzare la resilienza e lo sviluppo delle capacità dell’UE in situazioni di crisi sanitarie; esorta la Commissione a promuovere la ricerca e l’innovazione, stabilendo aree prioritarie per la futura ricerca e sviluppo sulla base delle malattie attuali e future, nonché l’ulteriore sviluppo di opportunità legate al settore dell’assistenza, anche per gli attori privati;
10. sottolinea che la promozione di un modello egualitario in termini di reddito e di responsabilità di assistenza, in cui uomini e donne siano impegnati in egual misura nel lavoro retribuito nel mercato del lavoro e nel lavoro non retribuito nelle responsabilità domestiche e di assistenza, dovrebbe essere un obiettivo di tutte le azioni dell’UE nel settore dell’assistenza, dei mercati del lavoro e dei servizi sociali; ricorda l’importanza di applicare l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche;
11. invita la Commissione e gli Stati membri a investire nel settore dell’assistenza e a rafforzare e garantire investimenti e finanziamenti sostenibili, maggiori e adeguati per assicurare la parità di accesso per le persone che necessitano di assistenza a servizi di assistenza e per la famiglia di qualità a prezzi accessibili e dotati di personale adeguato, nonché un vita professionale attiva e appagante per i prestatori di assistenza con retribuzioni adeguate che offrano una vita dignitosa e opportunità di carriera nel settore tramite la certificazione e la convalida delle competenze;
12. invita la Commissione e gli Stati membri a migliorare la disponibilità di finanziamenti per tutti i tipi di servizi di assistenza e a utilizzare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei per investire nell’assistenza all’infanzia e nell’assistenza agli anziani e ad altre persone bisognose di assistenza, attraverso l’FSE+, InvestEU e altri strumenti finanziari che incoraggiano gli investimenti sociali, nonché il dispositivo per la ripresa e la resilienza, il programma EU4Health e i Fondi strutturali e di investimento europei, al fine di investire nell’assistenza garantita dallo Stato e favorire servizi accessibili e a prezzi abbordabili per tutti; invita la Commissione a misurarsi e creare sinergie con la parità di genere, l’inclusione delle persone provenienti da gruppi vulnerabili e con gli standard fissati per gli investimenti nella transizione digitale e verde, ad esempio per sostenere l’inverdimento dell’assistenza e dei progetti di assistenza e avviare un’iniziativa sull’assistenza sostenibile dal punto di vista ambientale, dato che le infrastrutture assistenziali hanno impatti ambientali negativi significativi che devono essere risolti e mitigati, nell’ambito dei principi guida; esorta la Commissione a elaborare orientamenti e una tabella di marcia per l’introduzione di norme comuni per gli Stati membri in tal senso; invita la Banca europea per gli investimenti a considerare di includere nel suo bilancio annuale lo sviluppo dell’economia e del settore dell’assistenza nell’ambito dell’attuazione della sua strategia sulla parità di genere e l’emancipazione economica delle donne;
13. chiede un pacchetto di investimenti specifici destinato a promuovere il settore dell’assistenza e l’economia dell’assistenza dell’UE, nonché per garantire un coordinamento tra i diversi programmi e iniziative verso un’attuazione efficace della strategia; chiede ancora una volta lo sviluppo di strumenti in materia di bilancio di genere nel QFP e nei programmi correlati che consentano di individuare i finanziamenti specifici stanziati per promuovere la parità di genere;
14. ricorda gli obblighi e gli impegni dell’UE e degli Stati membri per la transizione da contesti istituzionali segregati all’assistenza nell’ambito della famiglia e del territorio e la promozione di diversi modelli di sostegno e vita indipendente; invita gli Stati membri a utilizzare i fondi europei e nazionali disponibili per accelerare tale transizione e promuovere l’autonomia individuale e la vita indipendente sostenendo modi per rafforzare l’indipendenza, come l’adattamento interno delle abitazioni o l’installazione di sistemi di rilevamento digitale e di tecnologie assistive presso la propria abitazione, nel pieno rispetto delle disposizioni e degli obiettivi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità; esorta la Commissione ad adottare misure efficaci per garantire che i fondi dell’UE siano utilizzati per la transizione dall’assistenza istituzionalizzata all’assistenza nell’ambito della famiglia e del territorio, garantendo nel contempo l’assistenza familiare in tutta la sua diversità;
15. sottolinea che, al fine di ridurre il lavoro sommerso nell’assistenza formale, è importante fornire finanziamenti pubblici a coloro che realmente forniscono servizi di assistenza all’interno dei sistemi di sicurezza sociale o attraverso la spesa fiscale che renderà la fornitura di servizi di assistenza legali ed equi economicamente accessibile;
16. invita gli Stati membri a garantire la copertura sanitaria universale, aumentare gli investimenti nell’assistenza sanitaria e dare priorità ai finanziamenti a favore dell’assistenza primaria e di prossimità; invita gli Stati membri a eliminare urgentemente gli ostacoli esistenti all’assistenza sanitaria per tutti, compresi i migranti privi di documenti, con particolare attenzione alle donne che si trovano a far fronte alla discriminazione intersezionale; invita a garantire una retribuzione più alta ed equa e condizioni di lavoro dignitose per i prestatori di assistenza, gli operatori sanitari e altro personale di sostegno;
17. sottolinea che una parte sostanziale dei modelli, dei servizi e delle strutture di assistenza si basa su un modello istituzionalizzato e obsoleto al di sotto dei moderni criteri di qualità e non soddisfa i bisogni e i desideri fisici, sociali e psicologici dei destinatari dell’assistenza; sottolinea che le persone che necessitano di assistenza dovrebbero essere poste al centro dei piani di assistenza in tutte le fasi dell’elaborazione, dell’attuazione e della valutazione delle politiche e dei servizi di assistenza, tramite l’esame di soluzioni innovative, nuovi modelli e strumenti per la fornitura di assistenza, la promozione dell’inclusione sociale e la comprensione multigenerazionale dei bisogni individuali delle persone bisognose di assistenza, ponendosi come obiettivo la transizione dall’assistenza negli istituti all’assistenza nell’ambito della famiglia o del territorio e la promozione di diversi modelli di vita indipendente e di sostegno;
18. ritiene che l’assistenza incentrata sulle persone e individualizzata sia necessaria a garantire la dignità dei destinatari dell’assistenza e dei loro prestatori di assistenza, nonché la loro piena partecipazione e inclusione nella comunità; sottolinea che questo passaggio verso un approccio incentrato sulla persona richiede una maggiore integrazione dell’assistenza in percorsi terapeutici più olistici, per migliorare i benefici per i destinatari dell’assistenza nonché la qualità dell’assistenza;
19. sottolinea la necessità di utilizzare appieno le soluzioni digitali per sostenere coloro che necessitano di assistenza affinché vivano una vita indipendente e autonoma, nonché la necessità di migliorare il rispetto del loro diritto all’autodeterminazione e di sviluppare autonomia sia per gli operatori sanitari sia per i destinatari dell’assistenza, attraverso un approccio personalizzato alla progettazione e al bilancio dell’assistenza, compresa la prestazione di assistenza sanitaria mirata e incentrata sulla persona avvalendosi di strumenti adeguati, garantendo nel contempo che vi sia un contatto umano di qualità per le persone che necessitano di assistenza e sostegno;
20. crede che lo sviluppo dell’assistenza dovrebbe tenere conto di tutte le categorie di utenti e delle differenze tra essi; afferma che chi è incaricato della pianificazione, della programmazione e della prestazione di servizi di assistenza ha la responsabilità di essere a conoscenza delle esigenze, della responsabilizzazione degli utenti dei servizi e dell’importanza di un approccio basato sull’utente nell’elaborazione dei servizi, e che i servizi di assistenza destinati agli anziani e ai disabili devono essere pianificati e definiti con la partecipazione degli utenti;
21. invita gli Stati membri a scambiarsi informazioni e migliori pratiche al fine di sviluppare un quadro comune europeo di qualità per l’assistenza formale e informale, basato sui diritti all’indipendenza, all’autonomia e al benessere e ispirato, tra l’altro, dal quadro dell’OMS per sostenere i paesi che conseguono un continuum integrato di assistenza a lungo termine, che comprenda tutti i contesti di assistenza, incoraggi la convergenza sociale verso l’alto, garantisca pari diritti a tutti i cittadini e migliori la qualità della vita;
22. chiede alla Commissione di sostenere gli Stati membri a migliorare le loro infrastrutture di raccolta di dati in linea con tale quadro di qualità;
23. invita inoltre a scambiarsi le migliori pratiche su come sostenere al meglio i gruppi con particolari esigenze di assistenza (ad esempio i genitori soli, soprattutto donne, i genitori con figli affetti da gravi malattie e le persone anziane);
24. sottolinea che l’aumento delle esigenze di assistenza richiede un approccio comune dell’UE e chiede una strategia europea concreta in materia di assistenza sanitaria preventiva nell’ambito della soluzione alla crescente pressione sul sistema sanitario; osserva che i servizi di assistenza dovrebbero essere sviluppati in modo da migliorare la continuità dell’assistenza, la prevenzione sanitaria, la riabilitazione e la vita indipendente e sottolinea l’importanza di programmi per la promozione della salute e l’istruzione permanente, la prevenzione delle malattie e l’esame periodico, insieme a programmi più efficaci di assistenza sanitaria per promuovere il processo di invecchiamento in buona salute; invita la Commissione e gli Stati membri a impegnarsi attivamente nell’ambito del decennio dell’invecchiamento in buona salute dell’OMS, elaborando piani di invecchiamento in buona salute nell’UE che prevedano l’accesso ai servizi sanitari e assistenziali, nonché strategie per la prevenzione e la promozione della salute;
25. invita la Commissione ad assumere la leadership nell’ambito dell’assistenza fissando obiettivi ambiziosi a livello dell’UE in merito al finanziamento, all’accesso, alla qualità, all’efficienza e alla sostenibilità dei servizi di assistenza in consultazione con gli Stati membri e con le parti interessate, comprese le parti sociali, e a elaborare definizioni e indicatori armonizzati per valutare tali obiettivi per i minori, gli anziani e le persone con disabilità;
26. sottolinea la necessità di un quadro di valutazione per monitorare l’attuazione del diritto a un’assistenza di qualità nei contesti pubblico, privato, formale e informale;
27. ricorda che l’UE dovrebbe utilizzare il quadro delle 5 R dell’OIL per un lavoro assistenziale dignitoso (riconoscere, ridurre e ridistribuire il lavoro assistenziale non retribuito, ricompensare il lavoro assistenziale retribuito) e garantire la rappresentanza dei prestatori di assistenza, il dialogo sociale e la contrattazione collettiva;
28. ricorda che si dovrebbero compiere progressi verso un’economia dell’assistenza che adotti un approccio all’assistenza integrato, olistico, sensibile al genere e lungo tutto l’arco della vita; sottolinea che ciò dovrebbe includere misure legislative e investimenti a livello dell’UE al fine di promuovere condizioni di lavoro dignitose e l’attrattiva del lavoro nel settore dell’assistenza;
29. pone l’accento sull’importanza di sottolineare la necessità di un approccio europeo all’assistenza nelle conclusioni di follow-up della Conferenza sul futuro dell’Europa, poiché l’assistenza è un settore fondamentale per il futuro dell’Europa;
30. invita la Commissione a presentare un’ambiziosa strategia europea in materia di assistenza, solida e a prova di futuro, che si basi sul diritto di tutti a un’assistenza a prezzi sostenibili, accessibile e di alta qualità, nonché su altri principi enunciati nel pilastro europeo dei diritti sociali e nei documenti strategici dell’UE, nonché sui diritti e sulle esigenze individuali dei destinatari dell’assistenza e dei prestatori di assistenza, che comprenda l’intero arco della vita, andando incontro e rispondendo alle esigenze delle persone in periodi critici durante l’intero arco della vita, gettando le basi per la continuità dei servizi di assistenza durante l’intero arco della vita e promuovendo la solidarietà tra le generazioni;
31. sottolinea che tale strategia dovrebbe basarsi su dati affidabili, completi e comparabili, accessibili al pubblico, sulla situazione e sulle categorie sia dei prestatori di assistenza che dei destinatari dell’assistenza, disaggregati per genere, età, nazionalità, origine etnica[82], disabilità, situazione socioeconomica, disponibilità e sostenibilità economica, tipo di assistenza prestata o ricevuta e contesti di assistenza diversi (privati o pubblici, istituzionali, familiari o a livello di territorio) e includere obiettivi concreti e progressivi con un calendario e indicatori per valutare i progressi e affrontare le disuguaglianze tenendo conto delle esigenze di assistenza nelle società europee; ribadisce l’invito alla Commissione e agli Stati membri ad aggiornare il quadro statistico per la raccolta di dati affidabili, comparabili e disaggregati, garantendo nel contempo il pieno rispetto della vita privata e delle norme sui diritti fondamentali; invita la Commissione a mettere a punto indagini dettagliate sull’uso del tempo gestite a livello centrale, disaggregate in base ai suddetti parametri, per esaminare il valore del lavoro non retribuito in tutti gli Stati membri;
32. sottolinea la necessità di consultare tutti i portatori di interessi, a livello dell’UE, nazionale e locale, compresi i rappresentanti dei prestatori di assistenza informale e le organizzazioni dei pazienti, nella preparazione della strategia europea in materia di assistenza per tenere conto della diversità delle loro situazioni e delle loro esigenze e sottolinea che la strategia dovrebbe identificare i suoi gruppi destinatari;
33. invita la Commissione a includere misure complete contro la violenza e le molestie, in particolare la lotta contro tutte le forme di abuso nei confronti delle persone anziane e gli abusi contro i prestatori di assistenza, nella strategia europea in materia di assistenza, al fine di combattere fenomeni preoccupanti quali la mancanza di assistenza, l’abbandono e l’uso indebito di restrizioni fisiche o chimiche, in particolare nel settore dell’assistenza e del sostegno a lungo termine; invita gli Stati membri a sviluppare corsi di formazione per i prestatori di assistenza informale e formale al fine di prevenire, impedire e combattere la violenza e le molestie legate all’assistenza, nonché istituire meccanismi indipendenti ed efficaci per segnalarle e porvi rimedio;
34. invita gli Stati membri a garantire che gli investimenti destinati all’economia dell’assistenza siano inclusi nei piani nazionali (rivisti) per la ripresa e la resilienza, nei fondi di coesione e in tutti gli altri strumenti finanziari dell’UE pertinenti;
35. sottolinea che l'”economia d’argento” emergente potrebbe trasformarsi in uno dei principali motori economici, in particolare nelle zone rurali, e potrebbe offrire opportunità ai settori della sanità e dell’assistenza a lungo termine, erogando assistenza di alta qualità in modo più efficiente;
36. invita la Commissione europea a istituire una giornata europea per la parità delle cure, ogni 29 febbraio, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla sottovalutazione e all’invisibilità dell’assistenza e dei prestatori di assistenza nelle nostre società;
37. invita la Commissione e gli Stati membri, oltre a rispondere alle esigenze immediate di assistenza, ad adottare le politiche e le misure per affrontarne le cause, quali la povertà, l’esclusione sociale e altri ostacoli strutturali, che impediscono l’universalità e la parità di accesso a un’assistenza di qualità, in primis le sfide legate all’occupazione, all’istruzione e alla formazione, nonché a un alloggio dignitoso e a prezzi accessibili;
Assistenza di qualità per tutti i bambini
38. accoglie con favore i piani della Commissione per la revisione degli obiettivi di Barcellona nell’ambito del pacchetto sulla strategia europea per l’assistenza sanitaria; chiede di incoraggiare la convergenza verso l’alto e di investire maggiormente nell’assistenza pubblica di qualità per tutti i bambini nell’UE, tra l’altro, rivedendo gli obiettivi e aumentando in maniera significativa il livello di ambizione per l’accessibilità dei servizi di assistenza all’infanzia di qualità per tutti i bambini, anche di età inferiore ai tre anni e che affrontano la povertà, l’esclusione sociale e le forme di discriminazione intersezionali, e fissando indicatori specifici sofisticati per monitorare l’accesso ai servizi di assistenza all’infanzia per i bambini di età inferiore a un anno; invita la Commissione a integrare negli obiettivi un nuovo obiettivo per la prestazione di assistenza all’infanzia dopo l’orario scolastico; invita gli Stati membri che registrano un ritardo nel conseguimento degli obiettivi di Barcellona 2002 ad adottare tutte le misure necessarie per raggiungere quanto prima l’obiettivo di fornire servizi di assistenza all’infanzia ad almeno il 90 % dei bambini di età compresa tra i tre anni e l’età dell’obbligo scolastico e almeno il 33 % dei bambini di età inferiore ai tre anni;
39. ricorda che i fondi dell’UE (fondi strutturali e di investimento europei e in particolare il Fondo sociale europeo +, nonché il dispositivo per la ripresa e la resilienza) dovrebbero essere utilizzati per integrare gli investimenti degli Stati membri nell’assistenza all’infanzia; invita la Commissione a promuovere gli investimenti nei servizi di assistenza all’infanzia nell’uso degli strumenti finanziari dell’UE da parte degli Stati membri; sottolinea che gli investimenti pubblici e condizioni di lavoro e d’occupazione di qualità dei lavoratori nel settore dell’assistenza all’infanzia sono essenziali per la prestazione di un’assistenza all’infanzia di qualità;
40. invita gli Stati membri a elaborare in modo inclusivo e integrato politiche e misure per l’infanzia, l’istruzione, comprese le attività extrascolastiche, e altre politiche e misure a sostegno di tutti i minori e delle loro famiglie, utilizzando un approccio incentrato sul bambino, con particolare attenzione ai bambini in situazioni vulnerabili, ad esempio in condizioni o a rischio di povertà e di privazione sociale, nonché ai bambini con disabilità, migranti e appartenenti a minoranze, e in grado di sostenere l’attuazione rapida ed efficiente della garanzia europea per l’infanzia, compreso l’impegno a garantire ai minori bisognosi un’educazione e assistenza per la prima infanzia di alta qualità, gratuita ed efficace[83]; invita gli Stati membri a sviluppare servizi di assistenza personale per i bambini con disabilità e a garantire condizioni di lavoro dignitose e di qualità ai professionisti che lavorano con i bambini con disabilità;
41. evidenzia che la crisi COVID-19 e l’arrivo di rifugiati a seguito della guerra in Ucraina possono esacerbare ulteriormente la situazione dei bambini a rischio di povertà ed esclusione sociale o dei bambini che hanno necessità di accedere a servizi di assistenza di qualità; ribadisce pertanto il proprio invito[84] agli Stati membri e alla Commissione di accrescere i finanziamenti della garanzia per l’infanzia, stanziando un bilancio dedicato di almeno 20 miliardi di EUR, per contrastare la povertà che colpisce i bambini e le loro famiglie e contribuire all’obiettivo di ridurre la povertà di almeno 15 milioni entro il 2030, compresi almeno 5 milioni di bambini in tutti gli Stati membri;
42. ricorda che la protezione sociale e il sostegno alle persone e alle famiglie, con particolare attenzione ai gruppi vulnerabili, ad esempio le grandi famiglie, le famiglie monoparentali o le famiglie con un figlio con disabilità, sono essenziali e invita le autorità nazionali competenti ad assicurare sistemi di protezione sociale universali, adeguati e accessibili per tutti e sistemi integrati di protezione dei minori per non lasciare indietro nessuno, tra cui una prevenzione efficace, un intervento precoce e il sostegno alle famiglie, al fine di garantire la sicurezza dei minori privi di cure parentali o a rischio di perderle, nonché misure a sostegno del passaggio dall’assistenza negli istituti a un’assistenza di qualità nell’ambito della famiglia o del territorio; invita gli Stati membri ad aumentare gli investimenti nei sistemi di tutela dei minori e nei servizi di assistenza sociale, che costituiscono un elemento importante dell’attuazione della garanzia per l’infanzia;
43. invita gli Stati membri a fornire un sostegno olistico e integrato continuo ai genitori, compresi i diritti parentali retribuiti e per maternità e paternità, misure che si riflettano anche nei regimi pensionistici, e servizi sociali con soglie basse, ad esempio assistenza diurna, consulenza, mediazione o sostegno psicosociale, che incoraggino un ruolo più incisivo e assicurino così un’equa partecipazione degli uomini all’assistenza e alle responsabilità domestiche non retribuite, compresa l’assistenza per i bambini molto piccoli, nonché i bambini con disabilità; sottolinea l’importanza di strutture e servizi di assistenza adeguati, accessibili e a prezzi abbordabili in particolare per i genitori soli, di cui la grande maggioranza è rappresentata da donne, e le famiglie con un reddito basso e instabile, a rischio di povertà e di esclusione sociale; invita la Commissione e gli Stati membri a raccogliere dati standardizzati sull’uguaglianza, disaggregati per i motivi tutelati di cui alla direttiva 2000/43, alla direttiva 2000/78, alla direttiva 2006/54, sulla base della partecipazione volontaria, della riservatezza, dell’autoidentificazione e del consenso informato, nel rispetto dei principi e delle norme fondamentali in materia di protezione dei dati e diritti fondamentali dell’UE;
44. sottolinea l’importanza di garantire un’assistenza all’infanzia di qualità accessibile, disponibile, a prezzi contenuti e inclusiva, utilizzando un approccio incentrato sui diritti e sul bambino, che soddisfi le esigenze dei genitori durante l’orario di lavoro e le vacanze scolastiche e favorisca le pari opportunità per agevolare il rientro al lavoro dei genitori, e per raggiungere un buon equilibrio fra attività professionale e vita familiare, quale uno dei principali fattori della piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro; sottolinea che tale approccio dovrebbe allo stesso tempo essere in grado di soddisfare le esigenze specifiche dei bambini e dei loro genitori, connesse ad esempio alla disabilità, alla malattia e al lavoro in un settore specifico; ricorda che gli squilibri di genere nell’assistenza e nell’occupazione hanno conseguenze negative per tutta la vita sulla partecipazione al mercato del lavoro e sull’avanzamento di carriera di molte donne, con il risultato di un importante divario di genere in termini di pensioni e notevoli differenze nei tassi di povertà in età avanzata;
Parità di accesso a servizi di assistenza di qualità
45. invita gli Stati membri a riconoscere il diritto all’assistenza e a riformare e integrare i loro servizi sociali e sistemi di protezione in modo da garantire un accesso effettivo, completo, paritario e tempestivo ai servizi e ai trattamenti di assistenza lungo tutto l’arco della vita, integrando nei loro sistemi di protezione sociale soluzioni che consentano un approccio personalizzato e una maggiore autonomia degli utenti nella scelta dei servizi e del tipo di modello di occupazione più adatto alle esigenze, a tutela dei diritti sia dei destinatari dell’assistenza sia dei prestatori di assistenza, compresi i servizi personali per la famiglia, l’assistenza personale e altri modelli occupazionali per i servizi di assistenza domiciliare, al fine di rafforzare la continuità dell’assistenza, la prevenzione sanitaria, la riabilitazione, una migliore prevenzione, diagnosi e cura delle malattie professionali, l’autonomia, una vita indipendente e l’inclusione nella comunità; richiama l’attenzione sulla necessità di accedere ai diritti all’assistenza indipendentemente dall’ammissibilità ad altri trasferimenti sociali e di eliminare ostacoli strutturali che portano al mancato utilizzo o al rinvio dell’assistenza e di altri servizi di sostegno; sottolinea inoltre le esigenze di tutti i prestatori di assistenza, in particolare i lavoratori migranti con status diversi, che possono scontrarsi con determinati ostacoli nell’accesso all’assistenza, la discriminazione intersezionale, l’emarginazione e la povertà lavorativa;
46. osserva che l’accessibilità dell’assistenza deriva da una combinazione di fattori quali la disponibilità di uno spettro diversificato di servizi personalizzati, costi e flessibilità, ma anche da livelli di personale assistenziale adeguati, condizioni di lavoro dignitose, tempi di attesa, distanze geografiche dalla struttura di assistenza più vicina, infrastrutture pubbliche adeguate e trasporti; ritiene che, a tale proposito, dovrebbe essere disponibile, promossa, valorizzata e riconosciuta un’ampia offerta di servizi di assistenza sanitaria, in particolare che la fornitura di servizi di assistenza familiare e di prossimità debba essere potenziata e resa prioritaria ai fini del passaggio dall’assistenza negli istituti a un’assistenza nell’ambito della famiglia o del territorio; rileva i cambiamenti demografici quali fattori importanti dell’aumento delle esigenze di assistenza, che richiederanno investimenti significativi da parte dell’UE e degli Stati membri, nonché l’identificazione e l’eliminazione degli ostacoli amministrativi che impediscono un accesso tempestivo ed efficace dei destinatari dell’assistenza e delle loro famiglie a soluzioni di assistenza e sostegno adeguate;
47. sottolinea l’impatto degli ambienti verdi e l’accesso giornaliero a diverse forme di natura e ambienti esterni nelle condizioni di vita di buona qualità delle persone che necessitano di assistenza; osserva che gli studi dimostrano che l’accesso alla natura presenta notevoli benefici per la salute fisica e mentale di tutte le persone, in particolare di quelle che necessitano di assistenza e sottolinea la necessità di agevolare l’accesso alla natura e agli ambienti esterni per le persone dipendenti dalle cure, nonché di sostenere soluzioni basate sulla natura nel settore dell’assistenza;
48. osserva che le tecnologie digitali rappresentano uno sviluppo promettente nel sostegno alla prestazione di assistenza, ma solo se sono sviluppate da un punto di partenza basato sull’utente e sono modulari[85] e su misura; sottolinea a tale riguardo la necessità per la Commissione e gli Stati membri di colmare il divario di competenze digitali tra i prestatori di assistenza formale e informale, nonché tra i beneficiari dell’assistenza disponendo di programmi specifici rivolti a questi gruppi; sottolinea che ciò dovrebbe essere integrato con il miglioramento dell’accesso a Internet e, in particolare, soluzioni digitali personalizzabili e di facile utilizzo accessibili a tutti i destinatari dell’assistenza e ai prestatori di assistenza, al fine di sostenere lo sviluppo della sanità digitale e dei servizi di assistenza online, nonché il potenziale degli sviluppi tecnologici nel ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari e di assistenza e gli ostacoli alla loro fornitura transfrontaliera; invita gli Stati membri a utilizzare i finanziamenti di EU4Health ed Europa digitale per sostenere e aumentare l’alfabetizzazione digitale sia dei beneficiari che dei prestatori dell’assistenza;
49. sottolinea la necessità di garantire che l’assistenza non sia mercificata;
50. invita la Commissione e gli Stati membri a sviluppare gli strumenti necessari per la valutazione periodica dell’accessibilità, della disponibilità e della sostenibilità economica dei servizi e dei trattamenti di assistenza; sottolinea che il principio dell’accessibilità si applica allo stesso modo e dovrebbe essere applicato con vigore in tutti i servizi di assistenza e sostegno, garantendo dignità e autonomia, sia in ambito fisico che digitale; invita la Commissione e gli Stati membri a dare priorità agli indicatori basati sui risultati per l’accesso all’assistenza, ad esempio le esigenze non soddisfatte riferite per l’assistenza;
51. sottolinea l’importanza di investimenti tempestivi nelle strutture di assistenza, l’identificazione delle carenze di competenze, la valutazione del personale futuro e le esigenze di formazione a livello di singole professioni, settori e regioni, con particolare attenzione alla densità e ai bisogni di assistenza della popolazione, quale mezzo per garantire livelli di personale adeguati e sostenibili e affrontare le disuguaglianze nell’accesso ai servizi e all’assistenza; invita la Commissione e gli Stati membri a presentare una serie completa di standard e indicatori di qualità per i servizi di assistenza formale e informale, le strutture domiciliari, private e pubbliche, comprese le competenze dei prestatori di assistenza e i requisiti di formazione, nonché gli strumenti per un monitoraggio efficace della loro attuazione;
52. sottolinea che i servizi di assistenza transfrontaliera, compresa l’assistenza a domicilio, prestati sia dai lavoratori mobili all’interno dell’UE che dai lavoratori migranti di paesi terzi, sono spesso fondamentali per soddisfare le crescenti esigenze di assistenza; ricorda che la maggior parte di suddetti lavoratori migranti sono donne e sono interessati dalle catene di assistenza mondiali; sottolinea che la libera circolazione delle persone e dei lavoratori è uno dei pilastri fondamentali dell’UE, ma che permangono sfide per l’assistenza transfrontaliera; chiede la protezione dei diritti di sicurezza sociale di tutti gli operatori sanitari e dei destinatari dell’assistenza nell’ambito del diritto alla libera circolazione delle persone in questo settore, nonché la garanzia di condizioni di lavoro dignitose e l’eliminazione del lavoro sommerso; incoraggia gli Stati membri a sviluppare la formazione transfrontaliera, in particolare nelle regioni transfrontaliere, per agevolare l’assistenza transfrontaliera e condividere le migliori pratiche nel settore dell’assistenza, tra l’altro come mezzo per affrontare la fuga di assistenza e la mancanza di accesso a un’assistenza di qualità nelle regioni o nei paesi da cui provengono i prestatori di assistenza;
53. rinnova il suo appello a una definizione comune di disabilità, così come al riconoscimento reciproco della condizione di disabilità negli Stati membri in linea con le osservazioni conclusive del comitato CRPD sulla relazione iniziale dell’Unione europea, adottate nel 2015, con l’obiettivo di eliminare l’ostacolo fondamentale per la mobilità all’interno dell’UE delle persone con disabilità e consentirne l’accesso alla salute, all’assistenza e ad altri servizi che favoriscano una vita indipendente, nonché pari opportunità di istruzione e occupazione; chiede l’attuazione e l’estensione della Carta europea della disabilità a tutti gli Stati membri, preparando la strada a una definizione europea di disabilità e consentendo alle persone con disabilità di esercitare il loro diritto alla libera circolazione in un’Europa senza barriere;
54. invita a dare priorità e integrazione alla salute mentale nell’ambito delle politiche di sanità pubblica e di assistenza a livello dell’UE e degli Stati membri; invita la Commissione a presentare una strategia europea per la salute mentale, con l’obiettivo di garantire una buona salute mentale per tutti, identificando le sfide relative alla salute mentale di tutte le generazioni in tutti i contesti pertinenti, nonché combattere gli stereotipi e la stigmatizzazione associati alla salute mentale; sottolinea che ciò dovrebbe avvenire tenendo conto della prospettiva di genere, con particolare attenzione a coloro in situazioni vulnerabili e ai gruppi più svantaggiati; sottolinea l’importanza di una salute mentale e di un’assistenza di qualità lungo l’intero arco della vita, che comprenda l’età precoce, l’istruzione, il mondo del lavoro, nonché strategie per la prevenzione, l’individuazione e il rapido accesso a cure di qualità, effettivamente disponibili, sostenibili a livello economico e adeguate che contribuiscano alla qualità di vita di tutti gli adulti, comprese le persone che necessitano di assistenza a lungo termine;
55. sottolinea l’importanza dell’assistenza e del sostegno emotivi, psicologici, sociali e spirituali, nonché dei servizi di salute mentale al di là del trattamento farmacologico per migliorare la qualità della vita delle persone che ricevono cure palliative; invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a promuovere l’accesso ai servizi integrati di cure palliative per alleviare il dolore e il disagio, nonché mantenere la dignità e la qualità della vita delle persone cui è stata diagnosticata una malattia terminale, una volta che tutti i mezzi di assistenza attiva siano stati adeguatamente considerati e giudicati inefficaci, nonché per garantire un sostegno adeguato ai loro prestatori di assistenza;
56. chiede che gli infermieri abbiano un accesso più semplice ai servizi che offrono sostegno alla salute mentale e fisica;
57. invita gli Stati membri a garantire l’accesso immediato e completo delle persone che beneficiano di protezione temporanea ai servizi di assistenza di qualità, senza discriminazioni di alcun tipo e con particolare attenzione alle loro esigenze fisiche e psicologiche generate dalle situazioni di guerra e dal loro sfollamento, e a garantire, nel contempo, condizioni di lavoro e di occupazione uguali e dignitose e una retribuzione equa alle persone che beneficiano di protezione temporanea che cercheranno lavoro nel settore dell’assistenza; sottolinea che ulteriori capacità e investimenti nel settore dell’assistenza sono essenziali a tal fine;
Assistenza a lungo termine di qualità per una vita lunga e dignitosa
58. invita la Commissione a stabilire una serie completa, ambiziosa e basata sui diritti di obiettivi e indicatori corrispondenti per l’assistenza a lungo termine, meccanismi di segnalazione e strumenti per dati disaggregati e il monitoraggio dell’accessibilità, disponibilità, sostenibilità economica e qualità dei trattamenti e dei servizi di assistenza, nonché i livelli di personale, applicabili a tutti i tipi di strutture e fornitori, analogamente agli obiettivi di Barcellona per la custodia dei bambini; sottolinea la necessità di obiettivi e indicatori sulle condizioni di lavoro dignitose e sulla partecipazione continua delle donne al mercato del lavoro che orientino gli investimenti, i finanziamenti e la formazione al fine di garantire un migliore accesso a servizi di qualità per coloro che ne hanno bisogno, nonché assicurare la continua partecipazione delle donne al mercato del lavoro agevolate dalla parità in termini di responsabilità di assistenza;
59. è convinto che la Commissione dovrebbe porsi come obiettivo principale l’accesso equo e universale per tutti a servizi di assistenza a lungo termine di qualità basati sui bisogni individuali delle persone che ricevono assistenza e sostegno, prestando particolare attenzione all’eliminazione delle disuguaglianze e alle persone in situazioni di vulnerabilità, come le persone anziane, le persone con disabilità e le donne che svolgono lavori di assistenza informale e sommersa; osserva che le esigenze di assistenza a lungo termine non si limitano alle persone anziane e si estendono invece a diversi gruppi che necessitano di assistenza durante l’intero ciclo di vita, come le persone affette da malattie rare, il cui esordio avviene nella maggior parte dei casi durante l’infanzia; sottolinea che l’accesso equo, effettivo e tempestivo ai servizi di assistenza e al sostegno può essere raggiunto al meglio coinvolgendo i destinatari dell’assistenza e integrando l’assistenza a lungo termine nei sistemi nazionali di protezione sociale, come raccomandato dal comitato per la protezione sociale, che per ragioni di equità ed efficienza sono nella posizione migliore per fornire tali servizi[86];
60. sottolinea la necessità di introdurre indicatori di qualità per tutti i servizi sociali e sanitari che siano basati sui diritti delle persone bisognose di assistenza, sul mantenimento e sul rafforzamento della loro indipendenza e autonomia nonché sull’inclusione sociale e che si concentrino sulle aspirazioni dell’assistenza a lungo termine, come il miglioramento del benessere e della qualità di vita delle persone bisognose di servizi di sostegno e assistenza a lungo termine, l’evoluzione degli anni di vita in buona salute e altri indicatori che mettano al centro dell’attenzione l’intera esperienza assistenziale; chiede alla Commissione e agli Stati membri di riconoscere i benefici degli approcci di cura integrati nella prevenzione del declino fisico e cognitivo e nel prolungamento dell’autonomia dei destinatari dell’assistenza; sottolinea che l’età avanzata, la disabilità, la malattia grave o qualsiasi altra circostanza che comporta esigenze di assistenza a lungo termine non costituiscono un ostacolo alla partecipazione attiva delle persone alla società e alla vita della comunità; ricorda che l’esclusione sociale delle persone bisognose di assistenza e sostegno è soprattutto il prodotto di percezioni negative ampiamente diffuse, di immagini di sé socialmente costruite e della persistente discriminazione strutturale;
61. invita la Commissione a organizzare un vertice sull’assistenza a seguito del quale contribuire al lavoro del gruppo ad alto livello sul futuro della protezione sociale e dello Stato sociale nell’UE, per una discussione approfondita e inclusiva con tutte le parti interessate, ad esempio le parti sociali, i gruppi di interesse, le organizzazioni dei pazienti, le organizzazioni dei prestatori di assistenza, i destinatari dell’assistenza e i loro rappresentanti, le autorità pubbliche, la società civile, le organizzazioni senza scopo di lucro, i fornitori di servizi e altri esperti in materia di assistenza di prossimità adatta al 2030 al fine di creare una piattaforma permanente, allo scopo di creare soluzioni di assistenza innovative, garantire sistemi di assistenza a prova di futuro, eliminare gradualmente l’assistenza istituzionalizzata e sostituirla con l’assistenza nell’ambito della famiglia o del territorio e/o l’utilizzo di bilanci personalizzati e la progettazione personalizzata dell’assistenza; invita la Commissione a orientare gli investimenti pubblici nei servizi di assistenza a lungo termine nell’uso degli strumenti finanziari dell’UE e a presentare una direttiva quadro sull’assistenza a lungo termine, formale e informale, che stabilisca i principi fondamentali e fornisca criteri basati su elementi concreti per servizi di sostegno e assistenza a lungo termine di qualità, accessibili e integrati in tutta l’UE;
62. invita gli Stati membri a istituire registri nazionali reciprocamente riconosciuti dei fornitori di servizi di assistenza al fine di monitorare la conformità minima alle norme e ai requisiti giuridici per la fornitura dei servizi di assistenza; prende atto dei sistemi o dei meccanismi di certificazione in alcuni Stati membri che riconoscono le qualifiche e le competenze dei prestatori di assistenza a lungo termine in settori specifici dell’offerta di assistenza; insiste sul ruolo fondamentale della formazione dei prestatori di assistenza formale e informale, nonché su controlli di qualità più rigorosi e sistemi di denuncia nelle catene di assistenza a scopo di lucro e senza scopo di lucro per la fornitura di un’assistenza di qualità a lungo termine;
63. sottolinea che il rischio di non vedere soddisfatte le proprie esigenze di assistenza a lungo termine è particolarmente elevato per le donne anziane, che rappresentano la maggior parte della popolazione che necessita di assistenza a lungo termine; sottolinea che le donne incontrano anche le maggiori difficoltà nel sostenere le spese di assistenza a lungo termine a causa del persistere di divari salariali e pensionistici di genere, della povertà femminile, della segregazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro, delle maggiori interruzioni di carriera dovute al persistere di ruoli di genere tradizionali, per cui le donne continuano ad assumersi la maggior parte degli obblighi di assistenza, delle strutture del mercato del lavoro e degli stereotipi, nonché per il fatto di essere sovrarappresentate nel lavoro precario o a tempo parziale; esprime preoccupazione per il fatto che, in particolare, i destinatari dell’assistenza e i loro cari tendono a scegliere il prestatore di assistenza iniziale in un contesto di stress e segnato da vincoli finanziari e disponibilità limitata di servizi[87];
Assistenza informale
64. osserva che tra 40 e 50 milioni di persone nell’UE forniscono assistenza informale su base regolare e 44 milioni di persone forniscono assistenza a lungo termine almeno una volta a settimana[88], la maggior parte delle quali sono donne, comprese donne con disabilità, che costituiscono circa il 60 % dei prestatori di assistenza informale e forniscono assistenza informale per un numero di ore superiore rispetto agli uomini[89]; osserva che ciò funge da freno alla parità di genere e può limitare la possibilità di lavorare formalmente, in particolare per i prestatori di assistenza più giovani;
65. osserva che l’assistenza informale è spesso una conseguenza della mancanza di disponibilità e accessibilità dei servizi professionali, tra l’altro, tende a essere a lungo termine e può avere ripercussioni sul godimento dei diritti politici, civili, economici, sociali e culturali dei prestatori di assistenza informale, determinando inoltre minori opportunità di carriera o l’accettazione di posti di lavoro al di sotto del proprio livello di competenze e andando a ostacolare o impedire la partecipazione formale al mercato del lavoro; è particolarmente preoccupato per l’impatto negativo delle responsabilità assistenziali sull’indipendenza economica delle donne, nonché per l’aumento del rischio di povertà, esclusione sociale, problemi di salute mentale e fisica;
66. osserva che la prestazione di assistenza informale può portare a una perdita di reddito e aggravare la discriminazione basata sul genere, come il divario retributivo e pensionistico di genere, la povertà degli anziani e la femminilizzazione della povertà; evidenzia che tali effetti negativi sono strettamente associati all’intensità dell’assistenza fornita e sottolinea la necessità di una migliore condivisione delle mansioni assistenziali e domestiche non retribuite svolte principalmente dalle donne e di rafforzare la lotta contro gli stereotipi di genere, nonché di introdurre modalità di lavoro che rispettino l’equilibrio tra vita professionale e vita privata;
67. osserva che, delle persone anziane di età pari o superiore ai 65 anni, più di 7 milioni, ovvero l’8 %, ricevono assistenza informale nell’UE e che, delle persone di età pari o superiore a 75 anni, l’11 % fa affidamento sull’assistenza informale[90]; osserva che la maggioranza delle persone anziane bisognose di assistenza sono donne;
68. osserva che, per consentire alle persone di continuare a ricevere assistenza nelle proprie abitazioni, l’assistenza e il sostegno mobili devono essere estesi e ulteriormente sviluppati così da alleviare l’onere di assistenza a carico dei prestatori di assistenza familiare, in particolare delle donne, non solo attraverso attività di sensibilizzazione ma anche attraverso adeguato sostegno, ivi compresa una compensazione finanziaria, consentendo quindi ai parenti che prestano assistenza di esercitare la propria attività e di adoperarsi a favore della compatibilità dell’assistenza e del lavoro retribuito; sottolinea il ruolo fondamentale dei prestatori di assistenza informale e la necessità che essi siano strettamente coinvolti e sostenuti dagli operatori sanitari, ed evidenzia che occorre valutare e affrontare in modo indipendente le esigenze dei prestatori di assistenza informale, senza essere subordinati ai servizi o ai dispositivi di sostegno della persona che riceve assistenza;
69. rileva che almeno l’8 % di tutti i minori in Europa è coinvolto nella prestazione di assistenza informale a lungo termine, il che ha un impatto negativo sulla loro salute mentale e fisica, sul livello d’istruzione, sull’inclusione sociale e sulla loro futura partecipazione al mercato del lavoro[91];
70. insiste sulla necessità di elaborare una definizione minima comune europea per l’assistenza informale, un impegno degli Stati membri e raccomandazioni del Consiglio sull’assistenza informale, tra cui raccomandazioni nazionali; evidenzia che tale definizione dovrebbe sottolineare come la prestazione dell’assistenza informale debba essere una libera scelta e non dettata dalla necessità e dall’assenza di servizi di assistenza disponibili e includere il rispetto del diritto all’autodeterminazione delle persone che ricevono assistenza nella loro scelta della forma di assistenza che intendono ricevere;
71. invita la Commissione a formulare orientamenti europei comuni e a introdurre uno status e un sostegno per i prestatori di assistenza informale in quanto l’assistenza informale non è attualmente riconosciuta in maniera adeguata nella sua diversità; esorta gli Stati membri a promuovere politiche attive in materia di lavoro e occupazione volte a coloro che prestano assistenza informale non retribuita, per sostenere il loro reinserimento e il loro avanzamento nel mercato del lavoro e per riconoscere le competenze acquisite in contesti informali;
72. esorta la Commissione a presentare al Parlamento e al Consiglio un programma europeo relativo ai prestatori di assistenza e, in tale ambito, un programma europeo per i prestatori di assistenza informale accompagnato da un pacchetto di azioni a livello di UE in materia di assistenza informale e, laddove le competenze siano a livello nazionale, invita gli Stati membri a sostenere tale strategia europea con azioni ambiziose e coordinate e programmi nazionali volti a individuare e riconoscere i diversi tipi di assistenza informale forniti in Europa e identificare le diverse esigenze dei vari gruppi di prestatori di assistenza, ivi compresi i giovani prestatori o i prestatori mobili, così da agevolare l’occupazione dichiarata e garantire una copertura assicurativa e relativa alla protezione sociale, indipendentemente dalle differenti situazioni o status amministrativi o di residenza;
73. invita gli Stati membri a considerare la formalizzazione dell’assistenza informale e diverse opzioni di sostegno finanziario in base alle loro diverse esigenze e realtà, al fine di garantire ai prestatori di assistenza norme positive in materia di diritti, sostegno finanziario e protezione sociale;
74. rammenta che quanto sopra potrebbe essere conseguito attraverso, ad esempio, crediti di assistenza o pensionistici per tutelare coloro che interrompono l’attività professionale per prestare assistenza a un familiare o ad altre persone bisognose di cure, e riconoscendo il valore del lavoro svolto da tali prestatori di assistenza per la società nel suo complesso tramite altri servizi di sostegno supplementari (servizi di consulenza e di scambio tra pari), periodi di riposo chiaramente stabiliti per i prestatori di assistenza, un sano equilibrio tra vita professionale e vita privata, congedi, servizi sostitutivi in caso di malattia, servizi di assistenza diurna, servizi di reinserimento nel mondo del lavoro, servizi psicologici e di riabilitazione per i prestatori di assistenza e coloro che la ricevono, nonché l’accesso all’istruzione, alla formazione e all’apprendimento permanente, e sottolinea l’importanza del congedo parentale non trasferibile; invita, a tale riguardo, gli Stati membri a considerare e scambiare le migliori pratiche su come tenere conto dei periodi dedicati alle responsabilità di assistenza nei regimi pensionistici e a recepire rapidamente e integralmente la direttiva (UE) 2019/1158 del 20 giugno 2019 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, che introduce i congedi per i prestatori di assistenza e la possibilità di richiedere orari di lavoro flessibili, nonché una quantità minima di giorni di congedo al fine di offrire assistenza o sostegno personali a un familiare o a una persona convivente del lavoratore;
75. invita gli Stati membri a esaminare il modo migliore per formalizzare la prestazione di assistenza informale e quindi la riscossione delle entrate in tale settore[92], compresi i sistemi di detrazione fiscale e l’uso di voucher di servizio;
76. sottolinea che tale pacchetto di azioni sull’assistenza informale deve includere proposte legislative e non legislative e investimenti adeguati per riconoscere i diritti e gli obblighi dei prestatori di assistenza informale nello svolgimento del loro ruolo, rispettando nel contempo il diritto all’autodeterminazione delle persone che ricevono assistenza, e fissare determinati criteri per l’accesso dei prestatori di assistenza ai servizi di sostegno sociale e ad altri servizi di sostegno supplementari (inclusi periodi di riposo e congedi per malattia); ribadisce lo stress per la salute mentale e fisica, associato alla prestazione di assistenza, e sottolinea l’importanza di garantire l’accesso dei prestatori di assistenza alle informazioni e alla consulenza sull’assistenza e sull’equilibrio tra assistenza e vita privata; sottolinea che il pacchetto di azioni deve inoltre definire responsabilità di segnalazione per gli Stati membri, creare sportelli unici ove i prestatori di assistenza informale possano accedere al sostegno cui hanno bisogno in tutti gli Stati membri e promuovere l’interoperabilità tra i sistemi sanitari e di sicurezza sociale al fine di avvalersi dei dati esistenti e ridurre l’onere amministrativo cui fanno fronte i prestatori di assistenza informale;
77. esorta la Commissione e gli Stati membri a sostenere le organizzazioni della società civile e le parti sociali per garantire la rappresentanza dei prestatori di assistenza informale al fine di tenere conto dei loro contributi alla progettazione, all’attuazione e alla valutazione delle politiche concernenti l’assistenza informale, anche nella redazione della strategia europea in materia di assistenza;
78. sottolinea l’importanza di affrontare l’eccessiva dipendenza dall’assistenza informale attraverso la formalizzazione e il riconoscimento delle competenze dei prestatori di assistenza mediante un processo di certificazione e la promozione di regimi di convalida della formazione e delle competenze che consentano l’avanzamento, come pure l’importanza del riconoscimento reciproco delle competenze e dell’attuazione di attività mirate di miglioramento del livello delle competenze e riqualificazione; sottolinea che tali sforzi dovrebbero avvalersi, tra l’altro, dell’agenda per le competenze per l’Europa, del patto per le competenze, dell’FSE+, dell’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile, del Fondo per una transizione giusta e di EU4Health; invita gli Stati membri ad agevolare il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori che hanno usufruito di un’interruzione di carriera più lunga per fornire assistenza ai parenti;
79. invita la Commissione a riconoscere le sfide che limitano l’accesso a cure adeguate per le persone con malattie specifiche che richiedono un livello di assistenza maggiore, come le malattie reumatiche e muscoloscheletriche (RMD); sottolinea che per le persone affette da tali malattie l’ostacolo maggiore nell’accesso a cure adeguate è la mancanza di reumatologi e di formazione medica in reumatologia negli Stati membri; invita pertanto gli Stati membri a rendere la reumatologia un elemento basilare del programma di formazione medica e ad aumentare il numero di reumatologi praticanti;
Condizioni di lavoro dignitose per tutti i lavoratori nel settore dell’assistenza
80. esorta gli Stati membri a porre al centro delle loro politiche di assistenza livelli adeguati di personale e investimenti nel personale assistenziale; invita gli Stati membri a sviluppare l’attrattiva delle professioni assistenziali (AM 902, 816) garantendo il riconoscimento sociale, condizioni di lavoro dignitose e una retribuzione equa, compreso un orario di lavoro adeguato, il che di conseguenza contribuirebbe a far fronte all’attuale carenza di manodopera e a ridurre le richieste di lavoro con breve preavviso e rapidi e notevoli deflussi di forza lavoro, in particolare nelle regioni e negli Stati membri che devono affrontare sfide significative a causa della fuga di assistenza, nonché ad aumentare la resilienza dei sistemi di assistenza per il futuro, creando al contempo posti di lavoro nel settore;
81. invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere la creazione di tali posti di lavoro di qualità nel settore con, tra l’altro, percorsi professionali chiari, sostenibili e interessanti e opportunità di formazione e miglioramento delle competenze, che consentano uno sviluppo professionale e personale permanente; invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare iniziative concrete e a fornire incentivi che rendano il lavoro nel settore dell’assistenza più attraente anche per i giovani e incoraggino una distribuzione equilibrata dal punto di vista del genere delle professioni sanitarie;
82. prende atto delle ulteriori sfide legate alla crescente quota di lavoro su piattaforma nel settore dell’assistenza; sottolinea che la direttiva europea sul lavoro mediante piattaforma e la legislazione nazionale che disciplina l’economia delle piattaforme dovrebbero tenere debitamente conto della natura specifica del lavoro assistenziale, prevedendo norme minime per la qualità dei servizi e condizioni di lavoro dignitose per i lavoratori;
83. riconosce che l’assistenza viene spesso fornita in modo non dichiarato o sottodichiarato, in condizioni di sfruttamento, con un impatto sui diritti e sul benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, e sui destinatari dell’assistenza; è inoltre preoccupato per le condizioni di lavoro dei prestatori di assistenza conviventi, principalmente donne, comprese donne migranti, molte delle quali devono affrontare condizioni di retribuzione poco chiare, il rischio di isolamento sociale e la mancanza di meccanismi per un’adeguata applicazione dei loro diritti; invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare la questione del lavoro sommerso nel settore dell’assistenza e a creare un quadro giuridico chiaro per promuovere posti di lavoro di qualità con una copertura della protezione sociale per tutti i prestatori di assistenza;
84. sottolinea che il lavoro dignitoso dovrebbe essere parte integrante nella definizione delle priorità dei sistemi di assistenza sostenibili e di qualità; sottolinea che i beneficiari di sovvenzioni, prestiti e appalti pubblici dell’UE e nazionali dovrebbero rispettare il diritto del lavoro applicabile e norme rigorose;
85. esorta gli Stati membri, in quanto membri dell’OIL, che non l’hanno ancora fatto a ratificare e attuare le pertinenti convenzioni dell’OIL, in particolare le convenzioni n. 189 sul lavoro dignitoso per i lavoratori domestici, n. 190 sulla violenza e sulle molestie nel mondo del lavoro e n. 149 sul personale infermieristico;
86. è preoccupato per l’elevata percentuale di lavoratori che percepiscono il salario minimo e inferiore al minimo tra gli operatori sanitari, la maggior parte dei quali sono donne, e per il conseguente persistere del divario retributivo di genere e per le discrepanze nei livelli retributivi di specifiche professioni nel settore sanitario[93]; accoglie pertanto con favore le proposte della Commissione in merito a una direttiva su salari minimi adeguati, che migliorerebbe le condizioni di vita e di lavoro nell’UE, anche per i lavoratori che percepiscono la minore retribuzione nel settore dell’assistenza, e a una direttiva sulla trasparenza salariale, che contrasti il persistere di un’applicazione inadeguata del diritto fondamentale alla parità retributiva per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore nell’UE; sottolinea che, al fine di adeguare la bassa retribuzione nel settore dell’assistenza a forte prevalenza femminile, il valore socioeconomico del lavoro di assistenza deve essere rivalutato rispetto al valore del lavoro in altri settori spesso a predominanza maschile sulla base di criteri oggettivi attraverso strumenti di valutazione o classificazione del lavoro neutri sotto il profilo del genere, quali requisiti educativi, professionali e di formazione, competenze, impegno, responsabilità, lavoro svolto e la natura delle mansioni previste; sottolinea che un lavoratore di riferimento valido è un parametro importante per determinare se il lavoro possa essere considerato di pari valore; osserva che, nel caso in cui non esista un lavoratore di riferimento reale (come spesso accade nei settori a forte prevalenza femminile), è possibile applicare un lavoratore di riferimento ipotetico; incoraggia i fornitori di servizi di assistenza sia pubblici che privati a garantire retribuzioni dignitose e adeguate, oltre il salario minimo; sottolinea che, secondo l’OCSE, gli incrementi salariali sono associati a una maggiore assunzione di prestatori di assistenza a lungo termine, a una permanenza più lunga e a un minore avvicendamento[94]; esorta gli Stati membri a promuovere riforme volte a riconoscere i diritti dei prestatori e dei destinatari dell’assistenza e ad attuare azioni per proteggere i diritti fondamentali del lavoro e migliorare le condizioni di lavoro dei prestatori di assistenza affrontando le situazioni spesso precarie cui fanno fronte, ad esempio, tra l’altro, l’informalità, i lunghi orari di lavoro, la retribuzione inadeguata, la mancanza di formazione e politiche inadeguate in materia di salute e sicurezza sul lavoro e i casi di abuso, molestie e violenza;
87. sottolinea il ruolo centrale dell’istruzione e della formazione, nonché dei programmi di riqualificazione e di miglioramento del livello delle competenze inclusivi per la fornitura di servizi di assistenza di qualità e la professionalizzazione dell’assistenza in relazione alla continua evoluzione delle professioni e dei servizi di assistenza; sottolinea il ruolo centrale dell’istruzione retribuita e della formazione sul lavoro anche nel processo di transizione dall’assistenza residenziale all’assistenza nell’ambito del territorio e della famiglia; incoraggia vivamente gli Stati membri, con il sostegno dei fondi dell’UE (fondi strutturali e di investimento europei e in particolare il Fondo sociale europeo +, nonché il dispositivo per la ripresa e la resilienza), a fornire al personale di assistenza una formazione sui diritti delle persone bisognose di assistenza e sostegno, in particolare i diritti sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo; deplora che la direttiva dell’UE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali non stabilisca requisiti minimi armonizzati di formazione per i prestatori di assistenza a lungo termine, ostacolando il riconoscimento automatico di tali lavoratori in tutta l’Unione;
88. sottolinea che il lavoro assistenziale è un servizio essenzialmente interpersonale che richiede una serie di competenze complesse, alcune delle quali non sono riconosciute e remunerate; sottolinea che il ruolo dei prestatori di assistenza dovrebbe essere, soprattutto, quello di prestare assistenza e sostenere i destinatari dell’assistenza e ritiene pertanto necessario ridurre la burocrazia inutile ed evitare di assegnare loro inutili compiti amministrativi; evidenzia che alcuni compiti di carattere medico possono essere condivisi con altri professionisti sanitari e sottolinea i vantaggi di una più stretta cooperazione tra gli operatori e i professionisti sanitari, come una migliore distribuzione dei carichi di lavoro, più tempo per i destinatari dell’assistenza e continuità delle cure, nonché pratiche multidisciplinari e armonizzazione dei percorsi professionali;
89. invita la Commissione a istituire un’iniziativa dell’UE sulle competenze per l’assistenza al fine di sostenere gli Stati membri a migliorare le opportunità di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione degli operatori nel settore dell’assistenza, identificando le carenze e le esigenze in termini di competenze, le pratiche promettenti e le iniziative di successo, nonché a fornire un quadro per il riconoscimento e la certificazione di competenze, abilità e qualifiche acquisite attraverso l’esperienza, ad esempio attraverso il lavoro di assistenza informale, così da facilitare l’accesso all’occupazione formale nel settore; invita gli Stati membri a basarsi sull’agenda per le competenze per l’Europa per garantire l’ulteriore acquisizione di competenze e il miglioramento del livello delle competenze dei prestatori di assistenza e sostenere e fornire opportunità pubbliche a tutti i prestatori di assistenza, compresi i prestatori di assistenza informale migranti e gli operatori sanitari, per partecipare all’istruzione e alla formazione professionale e acquisire qualifiche, prestando particolare attenzione alle donne a seguito di un congedo di assistenza;
90. invita la Commissione e gli Stati membri a garantire e ad applicare condizioni di lavoro dignitose e il diritto per tutti i lavoratori di istituire un sindacato rappresentativo e aderirvi nonché di impegnarsi nella contrattazione collettiva nel settore dell’assistenza, sia formale che informale, e ad adottare norme rigorose di salute e sicurezza sul lavoro, in misura pari o superiore all’ambizione del quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027, di recente adozione; sottolinea la necessità di prestare particolare attenzione alle sfide specifiche del lavoro nel settore dell’assistenza, che prevede l’esposizione dei lavoratori a sostanze o farmaci pericolosi, il lavoro in ambienti potenzialmente infettivi, nonché i rischi mentali e psicosociali legati al lavoro emotivamente impegnativo e al contrasto di comportamenti sociali avversi (AM 848), al fine di prevenire le malattie e gli infortuni sul lavoro, determinando una riduzione dell’assenteismo, dell’avvicendamento e della salute precaria dei lavoratori;
91. invita gli Stati membri a riconoscere la COVID-19 come malattia professionale nel settore dell’assistenza; invita gli Stati membri a garantire che ogni fornitore di servizi di assistenza disponga di un programma di prevenzione e controllo delle infezioni e a condurre una formazione annuale sulle malattie infettive per tutti gli operatori sanitari, oltre a fornire ai lavoratori informazioni aggiornate sulle malattie infettive;
92. ricorda che alcuni farmaci utilizzati regolarmente dagli operatori sanitari contengono una o più sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro; rammenta, in tale contesto, la quarta revisione della suddetta direttiva e l’inclusione del lavoro che comporta l’esposizione a medicinali pericolosi; auspica la prevista pubblicazione nel 2022 degli orientamenti per la gestione di tali sostanze e lo sviluppo di una definizione e di un elenco indicativo di tali farmaci pericolosi;
93. invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere e sostenere ambienti di lavoro adatti all’età; ribadisce il suo invito alla Commissione ad aumentare il livello di ambizione e a proporre una direttiva più ampia e completa sulla prevenzione e gestione dei disturbi muscoloscheletrici e delle malattie reumatiche legate al lavoro, nonché a mitigare i rischi psicosociali e gli effetti negativi del lavoro assistenziale sul benessere dei lavoratori, particolarmente evidenti durante la pandemia;
94. sottolinea che la strategia europea in materia di assistenza dovrebbe, tra l’altro, affrontare in modo esaustivo l’impatto della digitalizzazione sulle condizioni di lavoro dei lavoratori e gli effetti del telelavoro e del lavoro a distanza sulla salute mentale, nonché sulla quantità e sulla divisione di genere non equa del lavoro domestico e assistenziale non retribuito; ribadisce il suo invito alla Commissione a proporre, in consultazione con le parti sociali, una direttiva sui rischi psicosociali e il benessere sul lavoro;
95. invita gli Stati membri a stabilire norme minime per il lavoro di assistenza a domicilio in settori quali: l’orario di lavoro, la retribuzione e l’alloggio dei prestatori di assistenza, al fine di tenere conto della specificità del loro lavoro, in particolare del fatto di vivere e lavorare in una famiglia comune con una persona che necessita di assistenza; sottolinea che è opportuno calcolare un orario medio di lavoro dal momento che i prestatori di assistenza lavorano a turni; rileva che il livello di retribuzione dipende dalle esigenze di assistenza e dalle competenze dei prestatori di assistenza; sottolinea che i prestatori di assistenza che vivono con persone non autosufficienti devono avere accesso a una stanza separata, ai servizi igienici, alla cucina e, se possibile, a Internet;
96. invita gli Stati membri a rafforzare il dialogo sociale e a promuovere la contrattazione collettiva e i contratti collettivi nel settore dell’assistenza, pubblica e privata, sia a scopo di lucro che non profit, istituzionale, familiare e locale, quali meccanismi cruciali per migliorare le condizioni di assunzione e di lavoro e per affrontare il divario retributivo di genere, nonché quali strumenti più efficaci per garantire un aumento del salario minimo e dei salari in generale;
97. invita gli Stati membri a promuovere una più ampia copertura della contrattazione collettiva e a garantire il diritto e la libertà di associazione nel settore dell’assistenza, aumentando l’accesso e le informazioni ai rappresentanti dei lavoratori e ai sindacati che cercano di rappresentare e creare adesione tra il personale assistenziale, ed eliminando tutti gli ostacoli alla creazione di sindacati, nonché gli ostacoli inutili nei luoghi di lavoro del settore pubblico, comprese le imprese private che lavorano nel settore degli appalti pubblici e che impediscono ai sindacati di organizzare i lavoratori del settore pubblico e di aumentare il numero dei loro iscritti; sottolinea che soprattutto i lavoratori mobili, che spesso lavorano come prestatori di assistenza conviventi e devono essere disponibili 24 ore al giorno, non sono sufficientemente consapevoli o informati delle condizioni di lavoro loro applicabili; sottolinea che i contratti collettivi dovrebbero, tra l’altro, garantire i diritti pensionistici per i lavoratori che hanno bisogno di ridurre il lavoro retribuito o di lasciare il lavoro per occuparsi delle persone non autosufficienti;
98. ricorda che i lavoratori mobili e migranti, compresi i lavoratori privi di documenti, svolgono un ruolo significativo nella prestazione di assistenza residenziale, familiare e locale nell’UE; ritiene che tale aspetto dovrebbe riflettersi ed essere affrontato di conseguenza nella prossima strategia europea in materia di assistenza; invita la Commissione e gli Stati membri a impegnarsi e a stabilire azioni concrete per affrontare la questione del lavoro sommerso e le forme illegali di occupazione e promuovere un lavoro dignitoso per tutti i prestatori di assistenza, indipendentemente dal loro status; sottolinea che i lavoratori migranti devono affrontare vulnerabilità e sfide specifiche, come l’accesso a un permesso di lavoro o all’occupazione formale, la copertura della protezione sociale e il rischio del lavoro sommerso; chiede la loro protezione attraverso l’applicazione, il rispetto e il monitoraggio della legislazione pertinente;
99. invita la Commissione e gli Stati membri a garantire un’equa mobilità e assunzione dei lavoratori dell’UE e dei paesi terzi, migliorando il riconoscimento reciproco delle loro qualifiche e colmando le lacune nella protezione sociale transnazionale; ribadisce la sua richiesta di un adeguato controllo e applicazione delle norme relative alla mobilità e di una migliore informazione dei lavoratori in merito ai loro diritti; sottolinea il ruolo dell’ELA nell’assistere gli Stati membri e la Commissione per quanto riguarda l’effettiva applicazione e implementazione del diritto europeo in relazione alla mobilità occupazionale e al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale all’interno dell’UE; sottolinea la necessità di prendere in considerazione la revisione del mandato dell’ELA nel contesto della valutazione prevista per il 2024, al fine di includere disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro; invita l’EU-OSHA e l’ELA a collaborare per sostenere la Commissione e gli Stati membri nel migliorare la salute e la sicurezza sul lavoro dei lavoratori mobili e migranti; sottolinea che i prestatori di assistenza conviventi sono prevalentemente organizzati attraverso una complessa catena di agenzie che distaccano i lavoratori, i quali sono pertanto disciplinati dalla direttiva sul distacco dei lavoratori[95];
100. riconosce il ruolo dei lavoratori dei servizi per la persona e la famiglia nel garantire ai cittadini dell’UE una scelta reale quando si tratta di scegliere il loro modello di assistenza preferito; invita la Commissione ad affrontare le difficili condizioni di lavoro e di occupazione di tutti i lavoratori personali e domestici, compresi i lavoratori nel settore dell’assistenza e in altri servizi per la persona e la famiglia, nella strategia europea in materia di assistenza, e a gettare le basi per il riconoscimento, la regolamentazione e la professionalizzazione dei servizi per la persona e la famiglia; invita la Commissione e gli Stati membri a contrastare efficacemente il lavoro sommerso nel settore dell’assistenza garantendo protezione sociale, condizioni di lavoro sicure e dignitose e creando nuove opportunità di lavoro nei settori dell’assistenza a domicilio; chiede una revisione mirata della direttiva 89/391/CEE per garantire l’inclusione dei lavoratori domestici nel suo ambito di applicazione; invita gli Stati membri a presentare un quadro adeguato per la dichiarazione dei servizi per la persona e la famiglia, come i sistemi di voucher di servizio, a sviluppare meccanismi e strumenti per un migliore monitoraggio del lavoro di assistenza a domicilio e a investire in servizi professionali personalizzati e di qualità per porre fine alle condizioni precarie dell’assistenza e scoraggiare il ricorso ai servizi di assistenza che determinano il lavoro sommerso;
101. esorta gli Stati membri a recepire e attuare rapidamente e appieno la direttiva sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare e li incoraggia ad andare oltre le norme minime stabilite dalla direttiva; sottolinea che solo un’equa ripartizione delle responsabilità di assistenza non retribuita tra uomini e donne attraverso periodi di congedo equi, non trasferibili e adeguatamente retribuiti consentirebbe alle donne di lavorare sempre più a tempo pieno e di raggiungere un equilibrio tra vita professionale e vita privata, nonché lo sviluppo personale e nella società; sottolinea inoltre l’importanza di promuovere un’ulteriore flessibilità delle modalità di lavoro per gruppi di lavoratori, come i genitori con figli piccoli, i genitori soli, i genitori con disabilità e i genitori di bambini con disabilità; invita gli Stati membri a rispettare una durata minima per il congedo di maternità e di paternità, indipendentemente dalla condizione della persona interessata; ricorda che le politiche relative all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare dovrebbero promuovere un’assunzione delle responsabilità assistenziali da parte degli uomini su un piano di parità rispetto alle donne e sottolinea la necessità di avanzare progressivamente verso congedi di maternità e di paternità integralmente retribuiti e di pari durata; esorta vivamente tutti gli Stati membri ad incentivare e provvedere affinché i padri siano in grado di usufruire del congedo di paternità senza timore di un comportamento avverso o discriminatorio da parte dei loro datori di lavoro, che costituisce un modo efficace per responsabilizzare gli stessi alla cura dei propri figli e della propria famiglia e che, allo stesso tempo, risulta essere un valido strumento per il raggiungimento di una effettiva parità di genere; evidenzia che ciò non solo impone, ma determinerà anche cambiamenti degli stereotipi e delle norme di genere, portando a una società più giusta e più equa sotto il profilo di genere; invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere azioni trasformative come campagne di sensibilizzazione sulla corresponsabilità dell’assistenza, sradicando l’idea stereotipata delle donne quali responsabili di tale lavoro;
102. invita gli Stati membri a sviluppare una serie di misure e incentivi globali per incoraggiare e facilitare il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori, in particolare delle donne, la cui carriera e il cui reddito sono più spesso colpiti da ruoli di genere ineguali e congedi di assistenza, compresi il reinserimento o interruzioni di carriera più lunghe, e per garantire il diritto dei lavoratori a tornare alla stessa posizione o a una posizione equivalente;
103. chiede agli Stati membri, in stretta collaborazione con le parti sociali, di sostenere i percorsi professionali al fine di facilitare la transizione tra le diverse situazioni lavorative, attraverso, in particolare, l’apprendimento e la formazione professionale permanenti, indennità di disoccupazione adeguate, la trasferibilità dei diritti sociali e politiche attive ed efficaci del mercato del lavoro; invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere e garantire una protezione efficace e la parità di retribuzione tra uomini e donne, attraverso una legislazione trasformativa sotto il profilo di genere e risposte politiche che mirino ad affrontare il lavoro precario e la sottovalutazione del lavoro di alcuni settori a prevalenza femminile come l’assistenza e a garantire percorsi professionali e un’adeguata copertura della sicurezza sociale; ribadisce che le persone in tutte le forme di impiego e i lavoratori autonomi dovrebbero essere in grado di maturare i diritti che offrono la sicurezza del reddito in situazioni quali la disoccupazione, la malattia, la vecchiaia, le interruzioni della carriera per la cura dei figli o altre forme di assistenza, o per motivi di formazione, in linea con la raccomandazione del Consiglio sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi;
104. invita la Commissione a basarsi sulla strategia europea in materia di assistenza, in particolare sulle due raccomandazioni del Consiglio in materia di assistenza all’infanzia (revisione degli obiettivi di Barcellona) e assistenza a lungo termine, e a presentare un Care Deal (patto di assistenza) per l’Europa dopo la strategia in materia di assistenza, che dovrebbe includere un insieme di politiche, programmi, raccomandazioni e investimenti a livello dell’UE, con l’obiettivo di promuovere una transizione verso un’economia dell’assistenza trasformativa sotto il profilo di genere che riconosca l’assistenza come un diritto e la consideri la spina dorsale della nostra società; sottolinea che tale patto dovrebbe adottare un approccio all’assistenza integrato, olistico e lungo l’intero arco della vita e promuovere condizioni di lavoro dignitose e salari equi, aumentare l’attrattiva del lavoro nel settore dell’assistenza e affrontare la discriminazione, le disuguaglianze di genere e la povertà nel settore;
Riconoscere e valorizzare il ruolo dell’assistenza nelle nostre società ed economie
105. sottolinea l’estrema importanza di integrare l’assistenza e le misure per l’emancipazione e lo sviluppo professionale delle donne che prestano assistenza, delle persone che necessitano di assistenza e sostegno e delle persone vulnerabili in tutte le politiche nazionali e dell’UE pertinenti, oltre a promuovere maggiori investimenti in servizi di assistenza di alta qualità accessibili e a prezzi abbordabili;
106. chiede che tali priorità si riflettano altresì nelle dimensioni esterne delle politiche dell’UE, anche nella preadesione e nell’assistenza ufficiale allo sviluppo; sottolinea che un approccio all’assistenza basato sui diritti e sul principio di non discriminazione, consentirebbe tale integrazione in tutti i pertinenti settori strategici; sottolinea la necessità di garantire un’attuazione sistematica dell’integrazione di genere e del tema dell’uguaglianza in tutte le fasi pertinenti del processo di bilancio, sia nei bilanci centrali della Commissione che nelle politiche e nei programmi sostenuti dall’UE; invita gli Stati membri e la Commissione europea a invertire l’immagine estremamente stigmatizzata delle occupazioni in campo assistenziale formale e informale e gli Stati membri ad adottare politiche e programmi efficaci per affrontare l’abilismo, l’ageismo, le discriminazioni di genere e altre forme di discriminazione che si intersecano con i pregiudizi e gli stereotipi associati all’assistenza, al paternalismo e al concetto di dipendenza; osserva che le donne sono una fonte preziosa e non sfruttata di potenziale imprenditoriale in Europa anche nel settore dell’assistenza, che possono contribuire con innovazioni quali le nuove tecnologie;
107. osserva che il contrasto delle norme e degli stereotipi di genere radicati è un primo passo per ridistribuire le responsabilità dell’assistenza non retribuita e del lavoro domestico tra uomini e donne e invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere l’immagine pubblica positiva e l’attrattiva del lavoro nel settore dell’assistenza sia per gli uomini che per le donne, pianificando campagne educative e di informazione pubblica e sostenendo progetti pilota che promuovano tale obiettivo e che mirino a portare più uomini nel settore dell’assistenza e a promuovere pari partecipazione e opportunità per donne e uomini nel mercato del lavoro nei servizi di assistenza;
108. invita la Commissione a monitorare l’attuazione dei principi del pilastro europeo dei diritti sociali e degli OSS nel quadro del semestre europeo; chiede in particolare una comunicazione regolare sull’attuazione della strategia europea in materia di assistenza nonché sugli indicatori relativi all’assistenza presi in considerazione nel semestre europeo e nelle raccomandazioni specifiche per paese; ritiene che l’economia dell’assistenza debba essere un pilastro delle economie post-pandemia e invita la Commissione e gli Stati membri a porre l’assistenza al centro della ripresa post-pandemia; ritiene fermamente che l’attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza debba includere azioni mirate per il miglioramento dell’uguaglianza di genere in tutte le sfere della vita e dell’assistenza, comprese le misure per la riduzione e la ridistribuzione dell’assistenza non retribuita e del lavoro domestico;
109. osserva che è necessario riconoscere e valutare l’assistenza nelle economie, nei bilanci e nelle statistiche europee; invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare approcci volti a misurare e valutare il contributo sociale ed economico e gli effetti prodotti dall’assistenza, in particolare l’assistenza non retribuita e il lavoro domestico, aggiungendo l’assistenza informale nella catena del valore, anche considerando l’introduzione di indicatori specifici nella prossima revisione del quadro di valutazione della situazione sociale; invita Eurostat e l’EIGE a formulare una stima del contributo economico dei prestatori di assistenza informale alle economie degli Stati membri e invita la Commissione e gli Stati membri a includere misure alternative di benessere economico e sociale nei processi di elaborazione delle politiche;
110. rileva i chiari vantaggi dei regimi di reddito minimo e di pensioni minime per un accesso tempestivo ed efficace ai servizi di assistenza e di sostegno alla luce della prossima raccomandazione della Commissione su un reddito minimo adeguato, nonché per garantire un tenore di vita dignitoso ai prestatori di assistenza, che sono principalmente donne, in particolare quelli che prestano assistenza informale non retribuita, e invita la Commissione a sottolineare l’importanza di considerare e scambiare le migliori pratiche su come tenere conto dei periodi dedicati alle responsabilità di assistenza nei regimi pensionistici;
111. invita la Commissione a collegare la prossima strategia di assistenza al piano d’azione europeo per l’economia sociale, aumentando la consapevolezza del potenziale dell’economia sociale nel migliorare le condizioni di lavoro nel settore dell’assistenza e creando opportunità per un migliore accesso delle donne a posti di lavoro di qualità e invita gli Stati membri a investire per sviluppare l’economia dell’assistenza tenendo in debito conto gli aspetti legati al fattore umano del settore;
112. riconosce e apprezza l’assistenza fornita dalla società civile e dalle organizzazioni senza scopo di lucro come ONG, organizzazioni di pazienti, enti di beneficenza e istituzioni religiose o di altro tipo;
113. invita gli Stati membri a formulare e rivedere le loro politiche di assistenza nel quadro di un dialogo sociale e civile permanente con le parti sociali, gli esperti, le ONG della società civile, le autorità pubbliche a livello nazionale e dell’UE e le organizzazioni rappresentative dei destinatari dell’assistenza e dei prestatori di assistenza formale e informale, al fine di sostenere la creazione di soluzioni efficaci di politica di assistenza sociale che si adattino alle esigenze delle persone sul campo; sottolinea l’importanza di consultare attivamente i prestatori di assistenza e i destinatari dell’assistenza e le loro organizzazioni rappresentative nello sviluppo, nell’attuazione e nel monitoraggio della prossima strategia europea in materia di assistenza; invita la Commissione e gli Stati membri ad avviare una discussione sul legame tra la tecnologia e la qualità dell’assistenza;
114. invita la Commissione europea a intraprendere ricerche per comprendere meglio l’impatto economico e sociale della prestazione inadeguata di assistenza alle persone che necessitano di assistenza e sostegno e per garantire il finanziamento, in particolare nel quadro della futura piattaforma, di progetti di ricerca sull’impatto delle malattie rare, dal punto di vista del paziente, e reti e progetti innovativi a livello dell’UE che consentono agli Stati membri di creare congiuntamente e trasferire buone pratiche e modelli di assistenza innovativi, anche con particolare attenzione alle malattie più diffuse e a quelle che causano disabilità, comprese le malattie reumatiche e muscoloscheletriche (RMD);
115. invita la Commissione a garantire che l’EIGE, Eurofound e altre agenzie competenti dispongano di risorse sufficienti per monitorare e analizzare se e in che modo le politiche apportano i miglioramenti previsti nel settore dell’assistenza, anche in termini di accesso, qualità, parità di genere, infrastrutture ed equilibrio tra vita professionale e vita privata;
116. chiede una valutazione scientifica ed etica esterna sulla gestione della pandemia di COVID-19 nel settore dell’assistenza, sulle azioni dell’Unione europea nel suo insieme e sulle azioni degli Stati membri, e una valutazione sull’attuale livello di preparazione dell’UE in relazione alle pandemie e invita gli Stati membri e la Commissione a indagare sulle cause di gran parte delle infezioni e dei decessi da COVID-19 che si sono verificati nei servizi residenziali per anziani e persone con disabilità e in altre strutture di servizi sociali, e su eventuali violazioni o trascuranze dei diritti umani e dei pazienti, al fine di trarre i necessari insegnamenti e prevenire il ripetersi di tali tragedie nelle crisi future;
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117. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
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MOTIVAZIONE |
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Due anni dall’inizio della pandemia di COVID-19, la presidente della Commissione europea, nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2021, ha annunciato che nel 2022 la Commissione presenterà una strategia europea per l’assistenza affinché “ciascun uomo e ciascuna donna possano beneficiare della migliore assistenza possibile e trovare il miglior equilibrio di vita”. Conferire priorità all’assistenza nelle politiche europee e nazionali, compresi gli investimenti necessari, è l’unica risposta praticabile e sostenibile alle sfide che da tempo caratterizzano il settore dell’assistenza e che sono state ulteriormente esacerbate dalla pandemia di COVID-19. La futura strategia europea per l’assistenza deve gettare le basi per una riforma dei sistemi di assistenza e sicurezza sociale negli Stati membri, attesa da tempo, adeguando le capacità alle esigenze e ai diritti dei cittadini, concretizzati nei principi del pilastro europeo dei diritti sociali, e rafforzando la resilienza alle crisi future.
Già oggi la mancanza di servizi di assistenza a lungo termine accessibili, abbordabili e di qualità e la carenza cronica di investimenti nell’economia dell’assistenza, settore che impiega 6,3 milioni di professionisti, si traduce nella necessità di una quota sostanziale di assistenza informale, fornita da più di 44 milioni di assistenti informali in tutta l’UE. Una parte sostanziale dei servizi di assistenza a lungo termine è obsoleta e non adatta allo scopo. Occorre procedere finalmente alla trasformazione dell’assistenza istituzionale in assistenza sul territorio. I cambiamenti demografici, l’invecchiamento della popolazione e le necessarie riforme connesse alla transizione verde e digitale in Europa amplificheranno ulteriormente la domanda di vari servizi di assistenza, eserciteranno un’ulteriore pressione sul settore dell’assistenza, che manca di risorse umane e finanziarie sufficienti, e, in assenza di risposte politiche adeguate che portino alla creazione di più posti di lavoro di qualità nel settore, graveranno ulteriormente sui prestatori di assistenza informale.
Per tutte le ragioni di cui sopra, gli Stati membri dovrebbero porre l’assistenza al centro delle loro politiche e sfruttare appieno le opportunità di finanziamento dell’UE per la ripresa dopo la pandemia, garantendo a tutte le generazioni un accesso tempestivo ed equo a servizi di assistenza di qualità, in linea con un approccio basato sui diritti e sul ciclo di vita. Un’assistenza di qualità per la prima infanzia, l’assistenza agli anziani, i servizi di prevenzione e riabilitazione, l’assistenza a lungo termine e altre forme di sostegno per le persone con disabilità e i gruppi vulnerabili richiedono che l’assistenza sia fornita in modo completo e integrato, con alti standard di servizi che soddisfino le esigenze fisiche e psicologiche delle persone, e un migliore coordinamento tra servizi sanitari, servizi sociali e altri servizi di sostegno.
Un’Europa che si prende cura è un’Europa che si prende miglior cura sia di chi riceve l’assistenza che di chi la presta. I dati confermano in particolare che il lavoro assistenziale è spesso associato a effetti negativi significativi sulla salute fisica e mentale dei prestatori di assistenza e a difficoltà nel conciliare l’assistenza con il lavoro retribuito. Una retribuzione insufficiente, che si attesta ben al di sotto della retribuzione media in tutta l’UE, condizioni di lavoro e di occupazione difficili, tra cui un elevato numero di contratti temporanei e di lavoro a tempo parziale, lavoro a turni e lunghi orari di lavoro, insieme al lavoro fisicamente e psicologicamente impegnativo in un ambiente non sicuro e all’esposizione a prodotti pericolosi, sono le cause profonde dell’assenteismo e del rapido deflusso di lavoratori. Il settore è confrontato a ulteriori sfide a causa delle nuove forme di occupazione atipiche e di gran parte del lavoro sommerso. La complessità delle questioni è aggravata dalla debolezza del dialogo sociale e dalla scarsa copertura del settore con contratti collettivi, che hanno un impatto negativo diretto sui livelli salariali e sulle condizioni di lavoro, così come sull’accessibilità e la qualità dei servizi. D’altro canto, è probabile che la salute dei prestatori di assistenza informale si deteriori e che essi siano soggetti a tensioni emotive, perdite finanziarie e perturbazioni nei loro progetti e stili di vita a causa della mancanza di misure di sostegno finanziario e di altro tipo per mitigare l’impatto negativo dei loro obblighi di assistenza.
Il fatto che le donne siano rappresentate in modo preponderante tra i destinatari dell’assistenza, nonché tra i prestatori retribuiti e non retribuiti, suggerisce che l’assistenza è un ambito economico e sociale in cui si riproducono i divari di genere nell’occupazione, nei salari e nelle pensioni, così come altre manifestazioni di una delle più persistenti disuguaglianze di genere. Questa situazione evidenzia la necessità di un cambiamento monumentale nel modo in cui le responsabilità di assistenza retribuita e soprattutto non retribuita e informale sono riconosciute, valorizzate e condivise tra uomini e donne nelle nostre società. Più di 7 milioni di persone sopra i 65 anni ricevono assistenza informale nell’UE. Tra 40 e 50 milioni di persone nell’UE forniscono assistenza informale su base regolare. L’80 % di tutta l’assistenza fornita in tutta l’UE è fornito da prestatori di assistenza non retribuiti e da altri prestatori di assistenza informale. Il 75 % di questi sono donne, il che rende ancor più l’assistenza una questione fortemente legata al genere. Poiché i prestatori di assistenza informale sono una parte essenziale delle nostre società e strutture di assistenza, è necessario un pacchetto comune e coerente di misure a livello europeo sull’assistenza informale.
Il quadro strategico europeo per l’assistenza dovrebbe includere una serie di strategie direttamente applicabili ed esempi di incentivi politici per affrontare le persistenti e persino crescenti discrepanze nel tempo dedicato all’assistenza e al lavoro domestico da parte di uomini e donne. Anche quando lavorano a tempo pieno, le donne dedicano 13 ore in più alla settimana ai lavori domestici e di assistenza non retribuiti rispetto agli uomini. Gli obblighi di assistenza tengono ben 7,7 milioni di donne nell’UE fuori dal mercato del lavoro e rendono le donne più propense a cambiare lavoro, ad accettare un lavoro part-time e a ridurre le ore di lavoro, mentre la cura dei bambini non ha quasi nessun impatto sui modelli di lavoro degli uomini.
Combattere la sovrarappresentazione delle donne nell’assistenza, attrarre un maggior numero di lavoratori di sesso maschile e più giovani nel settore dell’assistenza e garantire il riconoscimento, la riduzione e la ridistribuzione del lavoro di assistenza comporta inevitabilmente la lotta alla discriminazione di genere, ma anche all’ageismo, all’abilismo e ad altre forme intersezionali di discriminazione e ideologie di dipendenza.
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INFORMAZIONI SULL’APPROVAZIONE IN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO |
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Approvazione |
21.6.2022 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
59 12 0 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Isabella Adinolfi, Atidzhe Alieva-Veli, Christine Anderson, Marc Angel, Simona Baldassarre, Robert Biedro?, Vilija Blinkevi?i?t?, Milan Brglez, Jordi Cañas, Maria da Graça Carvalho, David Casa, Leila Chaibi, Ilan De Basso, Margarita de la Pisa Carrión, Jaros?aw Duda, Estrella Durá Ferrandis, Lucia ?uriš Nicholsonová, Loucas Fourlas, Cindy Franssen, Heléne Fritzon, Helmut Geuking, Alicia Homs Ginel, Lívia Járóka, Radan Kanev, Alice Kuhnke, Stelios Kympouropoulos, Katrin Langensiepen, Miriam Lexmann, El?bieta Katarzyna ?ukacijewska, Karen Melchior, And?elika Anna Mo?d?anowska, Max Orville, Kira Marie Peter-Hansen, Pina Picierno, Sirpa Pietikäinen, Drago? Pîslaru, Dennis Radtke, Samira Rafaela, El?bieta Rafalska, Evelyn Regner, Guido Reil, Terry Reintke, Diana Riba i Giner, Eugenia Rodríguez Palop, Daniela Rondinelli, Monica Semedo, Jessica Stegrud, Eugen Tomac, Elissavet Vozemberg-Vrionidi, Maria Walsh, Stefania Zambelli |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Carmen Avram, Romeo Franz, José Gusmão, Pierre Larrouturou, Maria-Manuel Leitão-Marques, Aušra Maldeikien?, Irène Tolleret, Anna Zalewska |
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Supplenti (art. 209, par. 7) presenti al momento della votazione finale |
Clara Aguilera, Attila Ara-Kovács, Pietro Bartolo, Karolin Braunsberger-Reinhold, Clare Daly, Andor Deli, Claude Gruffat, Petra Kammerevert, Anne-Sophie Pelletier, René Repasi, Dorien Rookmaker, Sabine Verheyen |
Fonte/Source: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2022-0189_IT.html