
(AGENPARL) – BRUXELLES ven 01 luglio 2022
![]() |
PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO |
![]() |
sulla discriminazione intersezionale nell’Unione europea: la situazione socioeconomica delle donne di origine africana, mediorientale, latinoamericana e asiatica
Il Parlamento europeo,
– visti l’articolo 2 e l’articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea (TUE),
– visti l’articolo 8, l’articolo 153, paragrafo 1, e l’articolo 208 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE),
– visto l’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
– visti gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, e in particolare l’obiettivo 5,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale,
– vista la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità,
– visti la dichiarazione e la piattaforma d’azione di Pechino, del 15 settembre 1995, e gli esiti delle relative conferenze di revisione,
– visti l’articolo 26 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e l’articolo 2 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966,
– vista la convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,
– visti la comunicazione congiunta della Commissione e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, del 25 novembre 2020, dal titolo “Piano d’azione dell’Unione europea sulla parità di genere III – un’agenda ambiziosa per la parità di genere e l’emancipazione femminile nell’azione esterna dell’UE” per il periodo 2021-2025 (JOIN(2020)0017), e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che la accompagna sugli obiettivi e gli indicatori per inquadrare l’attuazione del piano d’azione dell’Unione europea sulla parità di genere III per il periodo 2021-2025 (SWD(2020)0284),
– vista la comunicazione della Commissione, del 3 marzo 2021, dal titolo “Un’Unione dell’uguaglianza: strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030” (COM(2021)0101),
– vista la comunicazione della Commissione, del 5 marzo 2020, dal titolo “Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025” (COM(2020)0152),
– vista la comunicazione della Commissione, del 18 settembre 2020, dal titolo “Un’Unione dell’uguaglianza: il piano d’azione dell’UE contro il razzismo 2020-2025” (COM(2020)0565),
– vista la comunicazione della Commissione, del 7 ottobre 2020, dal titolo “Un’Unione dell’uguaglianza: quadro strategico dell’UE per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione dei Rom” (COM(2020)0620),
– vista la comunicazione della Commissione, del 12 ottobre 2020, dal titolo “Un’Unione dell’uguaglianza: strategia per l’uguaglianza LGBTIQ 2020-2025” (COM(2020)0698),
– vista la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica[1] (direttiva sull’uguaglianza razziale),
– vista la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro[2] (“direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione”),
– visto il Forum sulla parità di genere, tenutosi a Città del Messico dal 29 al 31 marzo 2021 e a Parigi dal 30 giugno al 2 luglio 2021,
– vista la sua risoluzione del 21 gennaio 2021 sulla prospettiva di genere nella crisi COVID-19 e nel periodo successivo alla crisi[3],
– vista la sua risoluzione del 24 giugno 2021 sulla situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’UE, nel quadro della salute delle donne[4],
– vista la sua risoluzione del 10 marzo 2022 sul terzo piano d’azione dell’Unione europea sulla parità di genere[5],
– vista la sua risoluzione del 17 settembre 2020 sull’attuazione delle strategie nazionali d’integrazione dei rom: combattere gli atteggiamenti negativi nei confronti delle persone di origine romanì in Europa[6],
– vista la sua risoluzione del 26 marzo 2019 sui diritti fondamentali delle persone di origine africana in Europa[7],
– vista la relazione dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) dal titolo “Intersecting inequalities: Gender Equality Index 2019” (Disuguaglianze intersezionali: indice sull’uguaglianza di genere 2019),
– vista la relazione della Comunità lesbica euro-centro-asiatica* (EL*C) del 29 giugno 2021 dal titolo “Resistance as a Way of Living: Lesbian lives through the COVID-19 Pandemic” (Resistenza come modalità di vita: vite di lesbiche durante la pandemia del COVID-19),
– vista la relazione dell’EL*C del 1° ottobre 2021, dal titolo “Lesbophobia: an intersectional form of violence” (Lesbofobia: una forma intersezionale di violenza),
– vista la seconda indagine LGBTI condotta dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), del 14 maggio 2020, dal titolo “A long way to go for LGBTI equality” (La lunga strada da percorrere per l’uguaglianza delle persone LGBTI),
– vista la relazione dell’EL*C del 7 febbraio 2022 dal titolo “A bitter pill to swallow: gaps and discriminations in access to healthcare for lesbians” (Un boccone amaro da mandar giù: lacune e discriminazioni nell’accesso all’assistenza sanitaria per le lesbiche),
– vista la relazione della Rete europea contro il razzismo (ENAR) del 14 settembre 2020 dal titolo “Intersectional discrimination in Europe: relevance, challenges and ways forward” (Discriminazione intersezionale in Europa: pertinenza, sfide e prospettive),
– vista la nota orientativa della Commissione sulla raccolta e l’uso di dati sull’uguaglianza basati sull’origine razziale o etnica[8],
– vista la relazione della rete europea di enti nazionali per le pari opportunità dal titolo “Collection and Use of Complaints Data by Equality Bodies” (Raccolta e uso dei dati sulle denunce da parte degli organismi per le pari opportunità)[9],
– visto il manuale europeo in materia di dati sulla parità[10],
– visti i principi guida comuni della Commissione per i piani d’azione nazionali contro il razzismo e la discriminazione razziale del marzo 2022,
– vista la relazione ombra dell’ENAR dal titolo “Racism & Discrimination in Employment in Europe 2013-2017” (Razzismo e discriminazione nel mondo del lavoro in Europa 2013-2017)[11],
– visto il Decennio internazionale delle Nazioni Unite delle persone di origine africana 2015-2024,
– vista la relazione della FRA del 4 aprile 2019 dal titolo “Second European Union Minorities and Discrimination Survey – Roma women in nine EU Member States” (Seconda indagine su minoranze e discriminazioni nell’Unione europea – Le donne rom in nove Stati membri dell’UE)[12],
– vista la relazione della FRA del 15 novembre 2019 dal titolo “Second European Union Minorities and Discrimination Survey – Being Black in the EU” (Seconda indagine su minoranze e discriminazioni nell’Unione europea – Essere di colore nell’UE)[13],
– vista la scheda informativa del Centro per la giustizia intersettoriale dell’aprile 2020 dal titolo “Intersectionality at a Glance in Europe” (Intersezionalità in sintesi in Europa)[14],
– visto il pacchetto di risorse di UN Women e del partenariato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, pubblicato nel 2021, dal titolo “Intersectionality Resources and Toolkit: An Intersectional Approach to Leave No One Behind” (Risorse e strumenti dell’intersezionalità: un approccio intersezionale per non lasciare nessuno indietro)[15],
– visto l’articolo 54 del suo regolamento,
– vista la lettera dalla commissione per la cultura e l’istruzione,
– visto il parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni,
– vista la relazione della commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere (A9-0190/2022),
A. considerando che molte donne si trovano ad affrontare disuguaglianze e discriminazioni intersezionali nell’UE; che per discriminazione intersezionale si intende una situazione nella quale intervengono diversi motivi di discriminazione che interagiscono tra loro, per esempio il genere con altri motivi di discriminazione quali razza, colore della pelle, status etnico o socioeconomico, età, orientamento sessuale, identità ed espressione di genere, caratteristiche sessuali, caratteristiche genetiche, religione o credo, nazionalità, status di residente, provenienza da un contesto migratorio o disabilità, tra gli altri, in modo tale da essere indissociabili e da produrre tipologie specifiche di discriminazione;
B. considerando che la discriminazione intersezionale differisce dalla discriminazione multipla, che ha luogo quando ciascun tipo di discriminazione può essere dimostrata e trattata in maniera indipendente; che nel caso della discriminazione intersezionale i motivi di discriminazione si intrecciano, creando una tipologia unica di discriminazione; che l’intersezionalità consente una prospettiva che tiene conto di diversi motivi che si intersecano fra loro, senza dare priorità all’uno rispetto all’altro; che un approccio intersezionale tiene conto della multidimensionalità delle esperienze e delle identità delle persone e implica un approccio dal basso verso l’alto; che l’utilizzo di un approccio intersezionale nell’analisi e nelle politiche impone di pensare in modo diverso all’identità, all’uguaglianza e agli squilibri di potere;
C. considerando che l’applicazione di un’analisi intersezionale consente di affrontare e comprendere le disuguaglianze sociali, l’esclusione e la discriminazione da una prospettiva globale, sistemica e strutturale, superando al contempo un approccio monoasse alla discriminazione; che le politiche dell’UE finora non hanno comportato un approccio intersezionale; che si sono concentrate solo sulle dimensioni individuali della discriminazione, il che ne sminuisce gli aspetti istituzionali, strutturali e storici;
D. considerando che l’impatto del razzismo e del processo di razzializzazione spesso non viene preso in considerazione come un fenomeno importante che ostacola l’uguaglianza in Europa; che le politiche intersezionali non possono essere attuate senza porre le persone vittime di discriminazione razziale al centro della discriminazione;
E. considerando che il raggiungimento della parità di genere non può realizzarsi se non quando saranno eliminati tutti i vari tipi di discriminazione, intenzionale o meno, nelle loro forme individuali, strutturali, istituzionali e storiche; che l’applicazione di un approccio intersezionale mira a esaminare le intersezioni tra razzismo/colonialismo, disuguaglianza economica e patriarcato; che le leggi tradizionali contro la discriminazione non combattono tutte le forme di discriminazione e i loro effetti negativi combinati sulle donne in questione e non tutti gli Stati membri contemplano esplicitamente la discriminazione multipla e la discriminazione intersezionale nella loro legislazione nazionale[16];
F. considerando che le donne non sono una categoria omogenea e che la comprensione della loro diversità è fondamentale per garantire che l’elaborazione delle politiche non continui a discriminare in modo diretto o indiretto e/o a rendere invisibili determinati gruppi di donne, ad esempio donne svantaggiate dal punto di vista socioeconomico di origine africana, mediorientale, latinoamericana, romanì e asiatica; che le donne, in particolare le donne disabili, le donne migranti e quelle appartenenti a minoranze etniche, le donne nere, le donne di colore, le donne rom, le donne anziane, le donne con un basso livello di istruzione, le donne con problemi di salute e le donne LGBTI+, sono più spesso soggette a forme di discriminazione multipla e intersezionale;
G. considerando che una sfida fondamentale per rendere operativa l’intersezionalità e affrontare le forme intersezionali di discriminazione è l’assenza di dati intersezionali sull’uguaglianza; che la scarsità di dati pertinenti determina gravi carenze e impedisce all’UE e agli Stati membri di monitorare attivamente la situazione di disuguaglianza e di affrontare e analizzare la portata della discriminazione intersezionale in Europa, compresa la situazione delle minoranze e dei gruppi emarginati; che alcuni Stati membri attualmente non raccolgono questo tipo di dati, lasciando così gruppi di persone invisibili nel processo di elaborazione delle politiche; che la raccolta di tali dati, in particolare su razza, etnia e disabilità, dovrebbe essere fornita su base volontaria e anonima conformemente alle norme sulla protezione dei dati e in linea con la Convenzione di Istanbul;
H. considerando che l’attuazione di una politica intersezionale implica intraprendere valutazioni d’impatto approfondite delle politiche e della legislazione, eliminare le misure dannose per i gruppi emarginati nelle intersezioni della discriminazione e garantire una partecipazione significativa delle persone colpite da disuguaglianze in tutta la loro diversità nella progettazione, adozione e attuazione di politiche e misure;
I. considerando che le donne soggette a tipi di discriminazione intersezionali incontrano molteplici ostacoli nell’accesso al mercato del lavoro formale, che le rendono vulnerabili alla discriminazione, alla povertà, allo sfruttamento economico, all’esclusione sociale e alla violenza di genere, tra cui molestie sessuali e maltrattamenti; che in tutta l’UE il 91 % delle donne di colore è sovraqualificato in rapporto al lavoro svolto, rispetto al 48 % delle donne bianche, e affronta costantemente discriminazioni e microaggressioni, con conseguenti tassi di esaurimenti nervosi più elevati; che il riconoscimento dei diplomi acquisiti all’estero può ancora rappresentare una sfida significativa;
J. considerando che quasi tre quarti (72 %) di tutte le vittime della tratta nell’UE e il 92 % delle vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale sono donne e ragazze; che le donne in situazioni precarie che devono far fronte a condizioni abitative disagiate, esclusione sociale e discriminazione sono ancora più vulnerabili;
K. considerando che nel settore dell’occupazione le donne continuano a essere sovrarappresentate nei settori precari e sottopagati, il che può portarle ad affrontare discriminazioni, molestie sessuali e maltrattamenti; che gli ostacoli per entrare e restare nel mercato del lavoro sono spesso amplificati dall’intersezione del genere con ulteriori fattori, ad esempio l’origine razziale o etnica, la religione o il credo, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale, e hanno notevoli conseguenze economiche e sociali negative per gli Stati membri; che, a causa di tali ostacoli, le donne vittime di discriminazione razziale tendono a svolgere prevalentemente lavori con un rischio più elevato di contrarre malattie professionali;
L. considerando che le donne migranti sono vittime del razzismo e della xenofobia in tutta l’UE; che tale situazione contribuisce alla povertà e all’esclusione sociale e, di conseguenza, rende difficile l’accesso alle risorse e ai servizi sociali di base, quali assistenza sanitaria, alloggio e sicurezza sociale, nonché l’accesso al mercato del lavoro, all’istruzione, alla formazione e alla promozione professionale; che quasi una donna su tre nata al di fuori dell’UE svolge lavori precari nell’UE e il 18 % delle donne migranti è a rischio di povertà;
M. considerando che le donne appartenenti ai gruppi più emarginati rappresentano la maggior parte delle posizioni meno retribuite nei servizi di assistenza, svolgendo il lavoro di cura indiretto o domestico più pesante, e spesso si trovano ad affrontare situazioni di segregazione di genere, razzismo, condizioni di lavoro e retribuzione precarie, nonché violenze e molestie al lavoro[17]; che la situazione precaria dei lavoratori domestici migranti, che sono principalmente donne vittime di discriminazione razziale, e soprattutto giovani lavoratrici, è un esempio in cui l’intersezionalità di razza, genere, status socioeconomico e nazionalità è visibile; che nella maggior parte dei paesi dell’UE, i permessi di lavoro per soggiorni di lunga durata sono spesso disponibili solo per lavori altamente qualificati e retribuiti, relegando lavoratori mediamente o scarsamente qualificati allo sfruttamento e a contratti precari in settori sottovalutati;
N. considerando che solo il 20 % delle donne con disabilità nell’UE ha un’occupazione a tempo pieno ed esse percepiscono redditi notevolmente inferiori[18]; che secondo le stime il 22 % di tali donne è a rischio di povertà o esclusione sociale; che le donne con disabilità incontrano notevoli ostacoli nel campo dell’istruzione, dal momento che il 13 % delle donne con disabilità nell’UE ha un titolo universitario rispetto al 29 % delle donne senza disabilità;
O. considerando che, in diverse occasioni, le persone intervistate nella seconda indagine LGBTI condotta dalla FRA hanno evidenziato ulteriori motivi di discriminazione e che, nello specifico, il 40 % ha riferito di essere oggetto di ulteriore discriminazione a causa dell’appartenenza a una minoranza etnica o a un contesto migratorio, il 15 % a causa del colore della pelle, il 36 % a causa di una disabilità e il 28 % per motivi religiosi; che l’afrofobia, l’islamofobia, l’antiziganismo e l’antisemitismo sono forme diffuse di razzismo nell’UE e sono spesso incoraggiati da discorsi populisti e di destra;
P. considerando che la lesbofobia deve essere intesa come violenza che comprende l’intersezione tra omofobia e misoginia, che costituisce un tipo di violenza che ha radici, modelli, modalità e conseguenze proprie formate da questa esperienza intersezionale; che una donna lesbica o bisessuale su sei (16 %) ha segnalato episodi di discriminazione nell’accesso all’assistenza sanitaria o ai servizi sociali;
Q. considerando che l’elevato tasso di disoccupazione tra le donne rom non può essere spiegato da un unico fattore, come la discriminazione a causa dell’origine etnica, del genere o del contesto socioeconomico, poiché tali motivi si rafforzano a vicenda; che solo il 16 % delle donne rom ha un’occupazione rispetto al 34 % degli uomini rom; che esse non hanno inoltre un accesso adeguato all’istruzione e più di un quarto (28 %) delle donne rom, rispetto al 6 % degli uomini rom, svolge lavori domestici non retribuiti, compresa la cura dei bambini e dei parenti, il che rafforza la difficoltà di interrompere il ciclo della povertà;
R. considerando che la prevalenza delle discriminazioni in base all’origine etnica o razziale rimane costantemente elevata, sia nel tempo che tra i diversi gruppi di popolazione nei diversi Stati membri; che i dati dell’indagine della FRA mostrano che le persone appartenenti a minoranze etniche o razziali o provenienti da contesti migratori (compresi rom, musulmani, ebrei e persone di origine africana) subiscono regolarmente livelli elevati di discriminazione in base alla loro origine etnica o razziale, nonché alla loro religione o credo in vari ambiti della loro vita; che l’islamofobia e l’antisemitismo sono forme persistenti di odio e discriminazione; che il 71 % degli ebrei evita almeno occasionalmente di portare o esporre oggetti che rivelano di essere ebrei; che più di un terzo (39 %) di tutte le donne musulmane che indossano abiti religiosi in pubblico è stato oggetto di sguardi inappropriati o gesti offensivi;
S. considerando che gli elevati livelli di pregiudizio e le conseguenti politiche in materia di esposizione di simboli religiosi e abbigliamento religioso provocano ulteriori disparità di trattamento e moltiplicano i relativi ostacoli, che hanno un impatto particolarmente negativo sulle donne musulmane, nell’accesso al mercato del lavoro e agli alloggi, escludendole dallo spazio pubblico e da ogni forma di partecipazione significativa alle decisioni e ai processi sociali, mantenendole in una situazione socioeconomica precaria;
T. considerando che la pandemia di COVID-19 ha esacerbato le esistenti disuguaglianze di genere strutturali, in particolare per le ragazze e le donne appartenenti a gruppi emarginati, e che le segnalazioni di violenze di genere dovute alle misure di confinamento sono aumentate rapidamente; che la pandemia ha avuto un effetto sproporzionato sulla stabilità del lavoro di tutte le donne, ma in particolare delle donne nere, di colore e appartenenti a minoranze etniche, e che la ripresa economica e del lavoro è in ritardo, in particolare per le donne nere rispetto alle donne bianche;
U. considerando che le donne che sono vittima di discriminazione razziale, le donne provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati, le donne con disabilità, le donne migranti e le persone LGBTIQ+ si trovano ad affrontare ulteriori ostacoli e violenze nell’accesso all’assistenza sanitaria e alle informazioni relative alla salute, compresi la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, per effetto di leggi e politiche discriminatorie, della stigmatizzazione e di stereotipi; che queste donne hanno maggiori probabilità di subire violenze ginecologiche e ostetriche durante la gravidanza e il parto e che sono colpite in modo sproporzionato dalla mancanza di un’istruzione completa e dall’indisponibilità di metodi contraccettivi; che la formazione degli operatori sanitari può essere vantaggiosa a tale riguardo, garantendo il diritto fondamentale di accesso ai servizi sanitari, che dovrebbe includere anche l’accesso a strutture di salute mentale mirate e di alta qualità;
V. considerando che le donne che sono vittima di discriminazione razziale hanno maggiori probabilità che i loro sintomi vengano ignorati dagli operatori sanitari dal momento che l’istruzione medica in molti Stati membri non affronta le malattie e i sintomi che colpiscono le donne di origine africana, mediorientale, latinoamericana e asiatica; che in alcuni paesi europei le donne nere hanno una probabilità quattro volte maggiore e le donne asiatiche il doppio delle probabilità di morire durante il parto rispetto alle donne bianche e che le donne di origine africana hanno un rischio maggiore di morire per malattie potenzialmente mortali, anche se sono meno diffuse tra loro; che il miglioramento dell’accesso all’assistenza sanitaria, nonché la prevenzione, l’eliminazione e la penalizzazione di tutte le forme di discriminazione che limitano l’accesso all’assistenza sanitaria per tutte le donne, sono essenziali al fine di rafforzare la capacità delle donne di esercitare i propri diritti fondamentali;
W. considerando che le donne rom sono ancora vittime di razzismo e discriminazione nell’accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi di sostegno in caso di violenza; che in alcuni Stati membri le donne rom sono ancora soggette a segregazione etnica nell’ambito dell’assistenza sanitaria riproduttiva, subendo forti forme di violenza e molestie verbali, fisiche e psicologiche, anche durante il parto, e sono spesso vittime della tratta e/o dello sfruttamento sessuale; che le donne rom e le donne con disabilità sono state storicamente soggette a pratiche sistematiche di sterilizzazione forzata e coercitiva nell’UE e che a molte sono stati negati rimedi efficaci;
X. considerando che le persone LGBTQI in tutta Europa subiscono ancora discriminazioni quando accedono ai servizi sanitari, con il 16 % degli intervistati che dichiara di essersi sentito discriminato dal personale sanitario o dei servizi sociali a causa della propria identità, e che le persone transgender riferiscono livelli particolarmente elevati di comportamento transfobico e irrispettoso nei loro confronti dal personale sanitario; che in diversi Stati membri le persone transgender sono soggette alla pratica della sterilizzazione forzata o della medicalizzazione, entrambe le quali violano le norme sui diritti umani;
Y. considerando che i cambiamenti sociali e giuridici, nonché la ricerca in campo medico e biologico, hanno portato al riconoscimento della diversità nella definizione di “sesso”, oltre a donne e uomini; che la discriminazione sessuale è stata interpretata nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in modo più ampio, così da includere le persone transgender che si sottopongono a transizione medica;
Z. considerando che i tipi di discriminazione intersezionali possono avere gravi ripercussioni sulla vita delle vittime di violenza di genere, come la mutilazione genitale femminile o intersessuale, ad esempio limitando o ostacolando il loro accesso ai servizi di prevenzione, sostegno e protezione di cui hanno bisogno per via di una combinazione di diverse forme di discriminazione e barriere culturali e linguistiche, portando a un maggiore rischio di complicazioni o a un impatto negativo sulla loro salute mentale; che i professionisti che entrano in contatto con le vittime della violenza di genere spesso mancano di formazione, anche per quanto riguarda l’intersezionalità; che la violenza di genere è sia la conseguenza che una delle cause del persistere delle disuguaglianze di genere;
AA. considerando che una persona transgender su tre è vittima di discriminazione nella ricerca di un’occupazione, e questo numero sale a una donna transgender su due; che il 26 % delle donne transgender nell’UE ha sperimentato la condizione di essere senza fissa dimora in un certo momento della sua vita e il 25 % afferma di essere in grado di arrivare a fine mese solo con difficoltà o grandi difficoltà; che le donne transgender che sono vittima di discriminazione razziale nell’UE subiscono una discriminazione strutturale e istituzionale unica e straordinaria che incide sul loro accesso all’istruzione, al lavoro, all’assistenza sanitaria e all’alloggio, nonché sulle loro capacità di rimanere fuori dalla povertà e dall’esclusione sociale;
AB. considerando che la qualità degli alloggi è spesso peggiore per i gruppi emarginati, il che determina una maggiore esposizione a effetti ambientali dannosi che provocano malattie per loro e per i loro figli; che l’attuale aumento dei prezzi dell’energia avrà un impatto maggiore sulle donne provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati;
AC. considerando che le donne con disabilità hanno probabilità dieci volte maggiori di subire aggressioni fisiche o sessuali rispetto alle donne senza disabilità; che le donne transgender e le persone intersessuali subiscono maggiori violenze fisiche e aggressioni sessuali rispetto ad altre categorie LGBTQ+; che il 27 % delle donne musulmane di origine africana che hanno indicato di aver indossato abiti religiosi in pubblico riferisce di essere stato oggetto di sguardi inappropriati o gesti offensivi, il 15 % ha subito insulti verbali o commenti offensivi e il 2 % è stato aggredito fisicamente;
AD. considerando che troppe donne e in particolare le donne migranti e quelle appartenenti a minoranze etniche, le donne nere e di colore e le donne LGBTIQ+ continuano a subire molestie sessuali negli spazi pubblici e sul posto di lavoro a causa del persistere degli stereotipi e sono maggiormente a rischio di sfruttamento economico e sessuale;
AE. considerando che l’incitamento all’odio e i reati generati dall’odio nei confronti di persone di origine asiatica, in particolare membri di comunità cinesi o persone percepite come aventi origine asiatica, sono aumentati durante la pandemia di COVID-19, includendo attacchi e percosse razzisti, bullismo violento, minacce, abusi razzisti e violenze online;
AF. considerando che i sistemi di giustizia penale e le forze dell’ordine dovrebbero tenere conto di un approccio intersezionale come concetto giuridico nelle loro pratiche e decisioni onde evitare di acuire la discriminazione, la povertà e l’esclusione, che potrebbero avere un impatto negativo, in particolare sulle donne in tutta la loro diversità appartenenti a gruppi vulnerabili;
AG. considerando che il livello insufficiente di denuncia e di registrazione dei reati generati dall’odio, delle violenze e degli abusi verbali continua a rappresentare una sfida, a causa della mancanza di fiducia nelle autorità pubbliche e di ostacoli strutturali; che ciò comporta il rischio che i governi non ne vedano la diffusione, e che quindi non vedano il problema come strutturale, portandoli a non agire; che l’88 % degli attacchi fisici motivati dall’odio nei confronti di persone rom non viene denunciato, insieme al 79 % degli episodi più gravi di molestie antisemite e all’80 % dei casi di violenza fisica o sessuale nei confronti delle persone LGBTIQ+; che tale impunità non solo pone il rischio di ripetere e aggravare la violenza, ma anche il rischio che le vittime si sentano ignorate e dimenticate dalla società;
AH. considerando che i bambini LGBTIQ+ e quelli appartenenti a minoranze razziali o etniche sono oggetto di discriminazioni, il che ostacola loro l’accesso a servizi fondamentali come l’istruzione; che in tutti gli Stati membri dell’Unione l’80 % delle persone appartenenti alla comunità LGBTIQ+ ha subito atti di bullismo a scuola a causa del proprio orientamento sessuale reale o percepito e che i bambini rom e i bambini con disabilità sono spesso esclusi dall’istruzione inclusiva generale; che i bambini delle famiglie arcobaleno sono spesso stigmatizzati, il che li rende oggetto di discriminazione e bullismo che incidono sul loro rendimento scolastico e sulle loro prospettive occupazionali, sulla loro vita quotidiana e sul loro benessere personale e familiare;
AI. considerando che, agendo fin dall’inizio, un’istruzione di alta qualità, inclusiva, completa e adeguata in materia di uguaglianza, rispetto e tolleranza è lo strumento migliore per affrontare il razzismo e la discriminazione su molteplici basi e per costruire società inclusive[19];
AJ. considerando che le donne che subiscono discriminazioni intersezionali corrono un rischio maggiore che i loro figli vengano presi in custodia statale e che venga loro negato un sostegno finanziario adeguato per crescere i propri figli;
AK. considerando che i pregiudizi sociali e le disuguaglianze strutturali potrebbero essere incorporati nelle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, e questo è motivo di preoccupazione;
AL. considerando che, nonostante l’eliminazione dei matrimoni infantili sia considerata una priorità nel piano d’azione per i diritti umani e la democrazia 2015-2019, nel piano d’azione dell’UE sulla parità di genere per il 2016-2020 e nell’impegno strategico dell’UE per la parità di genere 2016-2019, esso si verifica ancora in alcuni Stati membri; che questo problema è diffuso nelle comunità emarginate, afflitte da bassi livelli di istruzione e alti tassi di povertà; che, sebbene la Convenzione di Istanbul chieda di criminalizzare l’atto di costringere un minore a contrarre matrimonio, alcuni Stati membri continuano a rifiutarsi di ratificarla e nella loro legislazione consentono i matrimoni infantili;
AM. considerando che le ONG di donne e le loro reti contribuiscono in modo considerevole alla difesa dei diritti delle donne e alla lotta contro la discriminazione nei confronti delle donne;
Elaborazione di politiche con un approccio intersezionale relative alla discriminazione
1. sottolinea la necessità che l’elaborazione delle politiche dell’UE affronti ed elimini le forme intersezionali di discriminazione, anche attraverso normative e politiche dell’UE in materia di lotta alla discriminazione e uguaglianza di genere; chiede che siano rafforzate, migliorate ed adattate, se necessario, le politiche e le azioni nell’ambito dell’Unione dell’uguaglianza e che sia promosso un quadro dell’Unione sulla discriminazione intersezionale dotato di obiettivi e misure trasversali; riconosce la necessità di integrare l’uguaglianza e la parità di genere nelle politiche dell’UE e creare soluzioni inclusive che proteggano le persone più emarginate e coloro che subiscono discriminazioni intersezionali nelle nostre comunità;
2. chiede che sia istituito un meccanismo di integrazione per la cooperazione e il coordinamento delle politiche nazionali e dell’UE in materia di uguaglianza, tale da assicurare che tutti i tipi di discriminazione, in particolare quelli tra cui vi è intersezione, siano presi in considerazione nella revisione e nell’adozione delle politiche, anche attraverso valutazioni sistematiche dell’impatto in termini di genere e di uguaglianza; incoraggia gli Stati membri ad adottare o rafforzare leggi penali e civili che vietino la discriminazione sia intersezionale che multipla e chiede lo sviluppo di orientamenti dell’UE, compreso lo scambio di buone prassi sull’adozione di un approccio intersezionale nell’elaborazione di politiche;
3. invita le future presidenze dell’UE e gli Stati membri che attualmente abbracciano posizioni ostruzioniste a fare della parità di trattamento e della lotta contro la discriminazione in tutte le sue forme una priorità fondamentale così da sbloccare la situazione e adottare senza indugio la direttiva antidiscriminazione al fine di ottenere una protezione armonizzata per tutte le persone all’interno dell’UE nei settori della protezione sociale, tra cui la sicurezza sociale e l’assistenza sanitaria, i vantaggi sociali, l’istruzione e la fornitura di beni e servizi nonché l’accesso agli stessi, compresi gli alloggi; chiede l’adozione di misure atte a garantire che tale direttiva sia in grado di affrontare la discriminazione intersezionale, non contemplata nell’attuale quadro legislativo, e assicurare l’inclusione e la protezione di tutte le donne vittime di discriminazione razziale;
4. esorta la Commissione e gli Stati membri a garantire l’applicazione della vigente legislazione dell’UE contro la discriminazione e a favore della parità di genere e ad avviare procedure di infrazione se gli Stati membri non recepiscono o attuano pienamente tale legislazione;
5. invita la Commissione e gli Stati membri, sulla base della partecipazione volontaria, della riservatezza, dell’anonimato, dell’autoidentificazione e del consenso informato, ad adottare misure per la raccolta di dati affidabili e comparabili sull’uguaglianza, compresi dati disaggregati per genere, origine razziale ed etnica (come definita dalla direttiva dell’UE sull’uguaglianza razziale), orientamento e identità sessuale, nel rispetto dei principi e delle norme chiave della protezione dei dati dell’UE e dei diritti fondamentali, allo scopo di identificare le cause profonde, combattere il razzismo e la discriminazione e misurarne la portata in conformità dei quadri giuridici nazionali pertinenti e adoperarsi per utilizzare tali dati al fine di orientare l’elaborazione delle politiche; osserva che i dati sull’uguaglianza sono uno strumento essenziale per comprendere, svelare e combattere ogni tipo e forma di discriminazione, in particolare quelle intersezionali, strutturali e istituzionali; esorta l’UE a incoraggiare la raccolta di tali dati e a fornire supporto tecnico per attuare gli orientamenti esistenti della Commissione in materia e promuovere la partecipazione delle comunità colpite al processo;
6. prende atto della revisione in corso delle statistiche europee sulla popolazione; invita la Commissione a garantire che questa revisione comprenda il maggior numero possibile di motivazioni esplicite di discriminazione, in modo da garantire la raccolta di dati affidabili sull’uguaglianza;
7. si compiace della nomina di una commissaria per l’Uguaglianza, di una coordinatrice dell’UE per la lotta contro il razzismo e di una coordinatrice dell’UE per la lotta contro l’antisemitismo e la promozione della vita ebraica nonché dell’istituzione di un coordinatore sul contrasto all’odio anti-musulmano; chiede l’immediata nomina del coordinatore sul contrasto all’odio anti-musulmano, la cui posizione è rimasta vacante per un anno; sottolinea che, al fine di istituzionalizzare un approccio che tenga conto dell’intersezionalità, la Commissione dovrebbe nominare coordinatori in linea con tutte le singole strategie per l’uguaglianza e attuare sempre un approccio di integrazione di genere che crei politiche per le donne in tutta la loro diversità; ritiene che il lavoro collettivo di tali coordinatori aiuterà a istituzionalizzare l’intersezionalità, a contribuire all’importante lavoro della commissaria per l’Uguaglianza e a rafforzare l’attuazione di ciascuna strategia;
8. chiede che il ruolo e la cooperazione della task force della Commissione sull’uguaglianza siano rafforzati e che la sua cooperazione con altri organismi sia intensificata, in modo da garantire che tutte le misure politiche includano una prospettiva intersezionale basata sulle valutazioni d’impatto delle politiche e della legislazione; osserva che il mandato di questa task force deve essere istituzionalizzato, più trasparente e lavorare in stretta collaborazione con i gruppi interessati dalla discriminazione intersezionale; invita la Commissione a riflettere ulteriormente su come sfruttare al meglio il potenziale strategico di tale iniziativa; osserva che il ruolo della commissaria per l’Uguaglianza deve essere rafforzato per svolgere e supervisionare l’integrazione di genere e uguaglianza in modo efficace;
9. ritiene che la piattaforma sulla disabilità della Commissione sia un’iniziativa faro con un potenziale strategico; invita la Commissione a creare strutture simili per garantire la piena attuazione di tutte le strategie nell’ambito dell’Unione dell’uguaglianza;
10. accoglie con favore le diverse strategie adottate di recente dalla Commissione in materia, in particolare la strategia dell’UE per l’uguaglianza LGBTIQ+ 2020-2025[20] e la strategia dell’UE per la parità di genere 2020-2025[21], che prevedono entrambe un approccio intersezionale; invita la Commissione e gli Stati membri a integrare una prospettiva di intersezionalità e a garantire che le politiche e le normative esistenti non abbiano effetti negativi indiretti e indesiderati, come l’ulteriore emarginazione di determinati gruppi, in particolare delle donne che sono vittime di discriminazione razziale; deplora profondamente, a tale riguardo, la mancanza di una dimensione intersezionale nel nuovo patto dell’UE sulla migrazione e l’asilo[22];
11. accoglie con favore la crescente menzione dell’intersezionalità nei documenti dell’UE, inclusa la proposta di direttiva sulla trasparenza retributiva, ma si rammarica della mancanza di una definizione chiara di obiettivi, indicatori e azioni per attuarla;
12. sottolinea che negli ultimi anni la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha rispecchiato in una certa misura un approccio intersezionale, basato su un’interpretazione ampia di alcuni dei motivi esistenti nell’ambito della legislazione dell’UE contro la discriminazione, ispirandosi al modello della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) e della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) che considerano rispettivamente le donne e le persone con disabilità come vittime di intersezioni di svantaggio; sostiene pienamente l’ulteriore sviluppo e facilitazione di tale approccio ove possibile, anche alla luce delle flessibilità di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
13. ricorda che il principio della parità di trattamento tra uomini e donne non può limitarsi al divieto di discriminazione basata sul sesso di una persona e che si applica anche alla discriminazione derivante dall’identità di genere di una persona; ricorda che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha interpretato la discriminazione sessuale nell’ambito del principio della parità di trattamento come comprendente le persone transgender che hanno subito una transizione medica, tuttavia osserva che non sono state emesse sentenze di questo tipo in merito a persone non binarie o intersessuali, mettendo in dubbio l’utilità e la capacità della legislazione dell’UE in materia di non discriminazione per la numerosa popolazione transgender in Europa che non può o non vuole accedere all’assistenza sanitaria per l’affermazione di genere o per le persone intersessuali; ricorda che tali individui, se dovessero subire discriminazioni, non saranno riconosciuti nello stesso modo di coloro che hanno alterato fisicamente il proprio corpo; ricorda la necessità che l’antidiscriminazione dell’UE vada oltre il binarismo di genere e riconosca la discriminazione di genere; invita la Commissione a presentare una proposta legislativa che eviti qualsiasi rischio di incertezza giuridica in materia;
14. sottolinea la necessità di una direttiva globale sulla violenza di genere con un approccio intersezionale, in cui siano contemplate tutte le donne e le ragazze in tutta la loro diversità e le persone LGBTIQ+ sulla base dell’identità di genere, dell’espressione di genere o delle caratteristiche sessuali; sottolinea che la proposta di direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica menziona l’approccio intersezionale, ma si rammarica che questo non sia stato adeguatamente integrato;
15. sottolinea la necessità di riconoscere come le donne vittime di discriminazione razziale siano maggiormente a rischio di violenza e che le forme intersezionali di discriminazione aggravano le conseguenze della violenza di genere, anche a causa dei persistenti pregiudizi e stereotipi prevalenti nelle politiche e negli organi delle forze dell’ordine e della rivittimizzazione di persone emarginate; invita gli Stati membri a garantire che i casi di violenza di genere siano adeguatamente indagati, perseguiti e sanzionati e che i servizi di assistenza alle vittime siano sufficientemente completi da affrontare tutte le forme di violenza con un approccio incentrato sulla vittima, in particolare le violenze risultanti dalla discriminazione intersezionale;
16. invita tutte le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’UE e gli Stati membri a intensificare la loro risposta al fenomeno delle molestie nei confronti delle donne; invita la Commissione e gli Stati membri a contrastare le molestie online che colpiscono in modo sproporzionato le ragazze e le donne, in particolare quelle che partecipano alla vita pubblica e politica;
17. invita la Commissione a mettere in pratica il concetto di intersezionalità nella prossima direttiva, per rafforzare il ruolo e l’indipendenza degli organismi per la parità, e a includere la prospettiva dell’intersezionalità nei criteri di valutazione e di attuazione della direttiva sui diritti delle vittime e della direttiva anti-tratta valutando l’impatto sui gruppi più emarginati, in particolare le donne vittime di discriminazione razziale, garantendo la consultazione con una varietà di parti interessate e richiedendo la raccolta di dati disaggregati sull’uguaglianza; sottolinea che si tratta di passi importanti verso la definizione e il rafforzamento di tutele giuridiche forti ed efficaci a livello dell’UE contro tutte le forme di discriminazione in tutta l’Unione;
18. sottolinea che il motto europeo “Unita nella diversità” non si applica solo all’Unione e ai suoi Stati membri europei, ma anche alla diversità che si trova all’interno delle popolazioni di ciascuno degli Stati membri e dovrebbe essere promosso congiuntamente come forza e risorsa;
19. chiede un’apposita formazione del Consiglio dedicata all’uguaglianza e alla parità di genere;
20. ricorda che le nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, possono esacerbare e aggravare le disuguaglianze e le discriminazioni esistenti; ricorda inoltre i potenziali rischi di tali tecnologie per le donne, in tutta la loro diversità, che devono far fronte a discriminazioni intersezionali, in particolare le donne che sono vittime di discriminazione razziale; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che i sistemi di intelligenza artificiale siano guidati dai principi di trasparenza, spiegabilità, equità e responsabilità e che siano messe in atto misure, tra cui controlli indipendenti, per impedire a tali sistemi di esacerbare la discriminazione, il razzismo, l’esclusione e la povertà;
21. pone in rilievo l’importanza di disporre di politiche sensibili alla disabilità con un approccio intersezionale;
Potere e rappresentanza
22. accoglie con favore l’impegno della Commissione di raggiungere la parità di genere a tutti i livelli, ma si rammarica della mancanza di obiettivi in materia di diversità e della scarsa diversità generale nelle istituzioni dell’UE; sottolinea a tale riguardo l’importante funzione di ruolo guida delle istituzioni e dei servizi pubblici;
23. chiede una maggiore presenza delle donne in tutta la loro diversità in posizioni di alto livello e decisionali e misure di azione positiva, come quote temporanee, meccanismi di incentivazione e tutoraggio, affinché le donne che subiscono discriminazioni intersezionali possano ricoprire posizioni nelle istituzioni pubbliche, comprese le istituzioni dell’UE, per garantire un’equa rappresentazione della diversità della società nel processo decisionale; osserva che le sole quote non sono sufficienti per affrontare la discriminazione strutturale in modo olistico;
24. invita gli Stati membri a elaborare e adottare piani d’azione nazionali contro il razzismo e la discriminazione razziale, contro la discriminazione dei rom e a promuovere l’uguaglianza LGBTIQ+ conformemente ai quadri strategici; osserva che ciò dovrebbe avvenire in stretta collaborazione con le organizzazioni della società civile, comprese le donne vittime di discriminazione razziale e le persone non binarie; invita la Commissione a garantire che la valutazione globale del quadro giuridico, come delineato nel piano d’azione contro il razzismo, sia attuata con un approccio intersezionale e consideri esplicitamente l’impatto delle donne soggette a forme intersezionali di discriminazione, come le donne vittime di discriminazione razziale;
25. invita gli Stati membri e l’UE a fornire corsi di formazione sui pregiudizi impliciti e corsi di sensibilizzazione, nonché campagne al riguardo, all’interno delle loro istituzioni, comprese le istituzioni giudiziarie, i centri di trattamento e di accoglienza in materia di asilo, e nell’istruzione, come pure alla polizia, agli operatori sanitari e ad altri funzionari pubblici, e ad affrontare gli effetti dei pregiudizi impliciti sulle decisioni, sulle azioni e sulle interazioni derivanti dal persistere degli stereotipi, nonché la sottorappresentanza di alcuni gruppi in tali settori, e sottolinea che questi pregiudizi costituiscono un terreno fertile per la discriminazione e l’esclusione;
26. invita la Commissione a destinare finanziamenti a titolo del programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori alle organizzazioni di base della società civile guidate da donne e che si occupano di donne vittime di discriminazione intersezionale, nonché a progettare sovvenzioni specifiche per i progetti intesi a combattere la discriminazione intersezionale nell’UE;
27. invita gli Stati membri a elaborare politiche mirate e a massimizzare l’uso dei finanziamenti dell’UE dal quadro finanziario pluriennale e dal dispositivo per la ripresa e la resilienza per sostenere le donne vittime di discriminazione intersezionale;
28. invita la Commissione a garantire che il bilancio dell’UE destinato alla ristrutturazione nei settori dell’edilizia abitativa e dell’energia sostenga specificamente le famiglie a basso reddito, che spesso sono quelle di donne di origine africana, mediorientale, latinoamericana e asiatica;
29. prende atto dell’importanza di raggiungere le giovani donne delle diaspore e dei gruppi emarginati, molte delle quali lavorano nei servizi di assistenza e che spesso subiscono discriminazioni sul mercato del lavoro e sono spesso troppo qualificate e sottoccupate nei lavori che svolgono;
30. invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere le madri sole di origine africana, mediorientale, latinoamericana e asiatica al fine di garantire la loro piena partecipazione alla società;
31. sottolinea l’importanza di una varietà di prospettive nei settori dei media e degli audiovisivi e il loro ruolo come formatori di opinione; invita pertanto la Commissione e gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per promuovere la visibilità dei contributi delle donne delle diaspore e la loro presenza a tutti i livelli, in particolare nei ruoli decisionali, e per contrastare la discriminazione e le molestie; insiste sul valore della sensibilizzazione circa la discriminazione e i pregiudizi inconsci ricorrendo a una varietà di mezzi, compresa la formazione di giornalisti e altri professionisti dei media;
32. sottolinea il ruolo degli sport di base nell’inclusione sociale e in stili di vita sani e quindi l’impatto negativo dei minori tassi di partecipazione delle ragazze e delle donne delle diaspore; esorta pertanto la Commissione e gli Stati membri nonché gli organismi di governo e i portatori di interessi internazionali, europei e nazionali responsabili per lo sport a mettere in atto misure volte a contrastare le culture organizzative che impediscono alle donne delle diaspore di aderire ad associazioni sportive e di partecipare a sport di base e professionali e di raggiungere posizioni apicali nello sport, come la scarsa visibilità nella copertura mediatica nonché le disparità in termini di salari, retribuzioni e riconoscimenti; insiste su un impegno costante per contrastare tutte le forme di violenza, molestie e stereotipi;
Garantire parità di accesso e pari diritti
33. invita gli Stati membri a garantire che la decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia13, la direttiva sull’uguaglianza razziale, la direttiva sui diritti delle vittime e la direttiva sulla parità in materia di occupazione siano attuate in modo coerente; invita la Commissione a monitorare e valutare regolarmente la realizzazione della parità di trattamento tenendo conto dei pareri dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali e dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere e ad adottare azioni pertinenti, ivi compreso l’avvio di procedimenti di infrazione contro quegli Stati membri che non eliminano le pratiche di segregazione;
34. chiede una sensibilizzazione attraverso una varietà di mezzi, comprese campagne mirate e corsi di formazione per combattere la discriminazione, i pregiudizi inconsci, la segregazione di genere e di diversità nel mercato del lavoro, al fine di contrastare i pregiudizi prevalenti, come testimoniato dagli ostacoli strutturali cui devono far fronte, tra gli altri, le donne rom e musulmane, i migranti transgender, i richiedenti asilo e le donne con disabilità;
35. sottolinea l’importanza di combattere gli stereotipi e la discriminazione fin dalla più giovane età e chiede pertanto di analizzare i pregiudizi, le rappresentazioni stereotipate o le rappresentazioni mancanti nei materiali didattici, la loro potenziale revisione e un’istruzione priva di pregiudizi; invita gli Stati membri, e li incoraggia in tal senso, a garantire un’educazione ai diritti umani e a elaborare campagne di sensibilizzazione rivolte ai giovani al fine di combattere la discriminazione intersezionale, contrastare il razzismo e promuovere l’uguaglianza e la non discriminazione nell’istruzione a tutti i livelli scolastici fin dalla più giovane età; riconosce il ruolo delle scuole e degli insegnanti nel promuovere l’uguaglianza, la parità di genere, il rispetto, la sensibilizzazione e la non discriminazione e l’importanza di una maggiore sensibilità interculturale tra il personale scolastico e di sistemi educativi più inclusivi negli Stati membri;
36. invita a garantire l’accesso a un’istruzione inclusiva e di qualità, a corsi di formazione, allo sviluppo di competenze e a un’occupazione dignitosa per le ragazze e le giovani donne emarginate in tutta la loro diversità e invita la Commissione a sostenere gli Stati membri con progetti Erasmus+ mirati, anche per le materie STEAM e dando loro un’adeguata visibilità nei libri di testo e in altri materiali didattici, il che potrebbe anche fungere da strumento per emancipare tali ragazze e donne e facilitare la loro transizione verso il mercato del lavoro; sottolinea l’intricato impatto dell’istruzione infantile sugli sforzi professionali e personali delle donne e ricorda la necessità che tutti i bambini abbiano effettivamente accesso all’istruzione gratuita, come previsto dal diritto dell’UE; invita gli Stati membri ad applicare un approccio intersezionale, affrontando le esigenze specifiche dei bambini nei gruppi emarginati, attuando la raccomandazione di una garanzia europea per l’infanzia;
37. invita gli Stati membri e la Commissione a creare programmi di istruzione più inclusivi per le persone con disabilità, al fine di affrontare il divario in materia di istruzione e il conseguente divario occupazionale, poiché il continuo alto tasso di giovani con disabilità che abbandonano presto la scuola potrebbe indicare difficoltà nell’accesso a programmi educativi adeguati;
38. sottolinea l’elevato potenziale e l’importanza del multilinguismo per le nostre società e sottolinea che ogni lingua deve essere valutata allo stesso modo e che una gerarchia teorica delle lingue si basa su pregiudizi e stereotipi;
39. chiede che sia prestata un’attenzione particolare, soprattutto nel settore dell’assistenza, che consentirebbe un’efficace prevenzione dello sfruttamento lavorativo, della violenza di genere e di altre forme di maltrattamento e faciliterebbe l’esercizio dei diritti dei lavoratori e dei diritti delle potenziali vittime dello sfruttamento, la maggioranza delle quali sono donne, anche tra i gruppi più emarginati e di diversa provenienza, la cui rappresentanza è sproporzionatamente alta nel settore dell’assistenza;
40. invita gli Stati membri a sostenere la creazione di nuove misure, inclusi percorsi legali in tutti i settori, secondo il contesto nazionale, e anche per i lavoratori mediamente e scarsamente qualificati, che promuovano l’autonomia, il lavoro dignitoso, i diritti fondamentali dei lavoratori e l’inclusione sociale tra le donne, comprese le donne provenienti dai gruppi più emarginati o donne delle diaspore; chiede una valutazione intersezionale nell’ambito dell’attuale revisione delle politiche dell’UE in materia di asilo e migrazione e politiche che concedano alle persone lo status di migrante indipendentemente dal coniuge, partner o datore di lavoro, al fine di eliminare i legami che limitano le opzioni, le opportunità e la sicurezza;
41. sottolinea che le donne migranti sono spesso vittime della tratta e di altre forme di violenza come la violenza di genere, i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali, che ancora troppo spesso non sono riconosciute nelle procedure di asilo; sottolinea l’importanza di prendere in considerazione l’esperienza specifica delle donne vittime di discriminazione intersezionale nell’elaborazione, attuazione e valutazione di politiche in materia di asilo, migrazione e integrazione;
42. osserva che le donne sono perseguite penalmente in maniera sproporzionata per la loro situazione o il loro status e non possono accedere alla giustizia in modo equo a causa degli stereotipi di genere, delle leggi discriminatorie, della discriminazione trasversale o composta e dei requisiti e delle pratiche procedurali e probatorie; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che l’accesso alla giustizia sia fisicamente, economicamente, socialmente e culturalmente disponibile a tutte le donne;
43. invita gli Stati membri ad applicare un approccio globale e intersezionale a tutte le fasi del sistema di giustizia penale e a garantire l’accesso alla giustizia per le donne, in tutta la loro diversità, che subiscono discriminazioni intersezionali, compreso l’accesso a un’assistenza giuridica di qualità e in un linguaggio che possano comprendere;
44. chiede approcci olistici, multidisciplinari, basati sui diritti e incentrati sulla persona, ai servizi di protezione e supporto (inclusi la violenza di genere e la tratta), che affrontino i fattori istituzionali che spingono le donne in situazioni di dipendenza e abuso, e opportunità reali di permessi di soggiorno e di lavoro dignitosi e stabili nonché un accesso non discriminatorio ai servizi, al sostegno e ai rimedi;
45. osserva che, a causa della mancanza di ricchezza generazionale, le donne di origine africana, mediorientale, latinoamericana e asiatica spesso hanno difficoltà a finanziare le piccole imprese e sottolinea che la promozione dell’imprenditorialità tra questi gruppi può offrire grandi opportunità per favorire la loro indipendenza economica e la loro emancipazione;
46. invita gli Stati membri a sviluppare misure specifiche per garantire l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, in modo da consentire alle donne più emarginate di conciliare il lavoro, l’istruzione e l’avanzamento professionale con i loro obblighi familiari, e per contrastare la discriminazione e i pregiudizi che continuano a colpirle sul mercato del lavoro, nell’istruzione e nella loro vita quotidiana;
47. osserva che l’accesso all’assistenza sanitaria può essere compromesso dall’effetto combinato della discriminazione intersezionale; invita gli Stati membri a garantire una copertura sanitaria universale e accessibile, tra cui servizi specializzati di salute mentale, e a rimuovere urgentemente gli ostacoli che si frappongono all’assistenza sanitaria per tutti, compresi i migranti in una situazione amministrativa irregolare e con un’attenzione specifica alle donne in tutta la loro diversità; sottolinea che l’accesso all’assistenza sanitaria non dovrebbe mai essere compromesso da ignoranza, pregiudizi o stigma; sottolinea l’importanza degli operatori sanitari nel fornire assistenza in modo umano, non discriminatorio e non giudicante, rispettando il consenso libero, preventivo e informato e i diritti dei pazienti; osserva che vi è una sostanziale mancanza di dati sulle donne appartenenti a gruppi emarginati e sulle donne migranti che accedono ai servizi sanitari, in particolare ai servizi di salute mentale;
48. invita gli Stati membri a prendere atto dell’effetto combinato della discriminazione intersezionale sulla diagnosi di accesso all’assistenza sanitaria, in particolare per quanto riguarda la salute riproduttiva e nello specifico per le donne nere, le donne di colore e quelle appartenenti a una minoranza; ricorda che la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti rappresentano diritti umani fondamentali cui tutte le persone, nella loro diversità, dovrebbero aver accesso in modo sicuro e legale;
49. invita gli Stati membri ad adottare e ad attuare strategie, politiche e programmi volti a promuovere la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti dei gruppi emarginati di donne e a eliminare gli ostacoli sistemici, finanziari, giuridici, pratici e sociali cui tali gruppi devono far fronte e garantire che la salute e i diritti sessuali e riproduttivi siano protetti e rispettati in tutti gli Stati membri; invita gli Stati membri a promuovere la pianificazione familiare e un’educazione sessuale completa adeguata all’età, ad aiutare le donne in situazioni vulnerabili o precarie ad accedere alla contraccezione gratuita in tutte le sue diverse forme, e a garantire che non debbano affrontare pratiche discriminatorie nell’accesso ai servizi sanitari;
50. incoraggia gli Stati membri a garantire procedure di riconoscimento giuridico del genere accessibili e trasparenti nonché basate sull’autodeterminazione e in linea con l’ICD-11 dell’Organizzazione mondiale della sanità, a riconoscere giuridicamente le persone transgender, non binarie e intersessuali, e ad abolire alcuni ostacoli quali gli interventi chirurgici obbligatori o la consulenza psicologica obbligatoria; esorta gli Stati membri a vietare le mutilazioni genitali a persone intersessuali e a garantire che i bambini intersessuali non siano sottoposti a cure mediche o chirurgiche non vitali durante la prima infanzia o l’infanzia;
51. invita gli Stati membri a porre fine alla pratica della sterilizzazione forzata, all’aborto forzato e alla contraccezione forzata, compresi su donne con disabilità e donne rom, e alla medicalizzazione delle persone transgender, e a rispettarne l’integrità fisica e corporea; invita gli Stati membri a garantire rimedi efficaci e tempestivi a tutte coloro che sono sopravvissute alla sterilizzazione forzata e coercitiva e al divorzio forzato, anche attraverso l’istituzione di regimi di risarcimento efficaci;
52. ricorda che le donne in tutta la loro diversità, in particolare quelle che affrontano forme intersezionali di discriminazione, in situazioni di emarginazione e in contesti di conflitto, sono colpite in modo sproporzionato dai cambiamenti climatici e dalle loro conseguenze; invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che tutta l’azione per il clima preveda una prospettiva intersezionale, includendo genere e razza, e che siano attuati fondi e misure mirati a tale scopo e per garantire l’equa partecipazione delle donne in tutta la loro diversità negli organi decisionali a livello internazionale, europeo, nazionale e locale;
53. esorta gli Stati membri ad adottare un’azione rapida, efficace e coordinata per proteggere i diritti umani e affrontare le esigenze di salute sessuale e riproduttiva di donne e ragazze, e delle popolazioni emarginate colpite dal conflitto in Ucraina;
°
° °
54. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.
Fonte/Source: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2022-0190_IT.html