
Due esposti. Più di novanta giorni di attesa. E il silenzio assordante di un’istituzione che sembra essersi dimenticata della sua missione. È quanto ha vissuto un cittadino romano che, rispettando le regole e confidando nello Stato di diritto, ha presentato due segnalazioni formali al Commissariato Sezionale di Polizia Flaminio Nuovo. Lo ha fatto ai sensi dell’art. 1 del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, ovvero il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.), che prevede tra le funzioni della Polizia anche l’assistenza nella risoluzione bonaria di dissidi tra privati.
Una richiesta semplice, fondata, legittima: aiutare due parti a trovare una soluzione pacifica a un contrasto privato. Ma da Flaminio Nuovo, niente. Nessuna riscontro, nessuna parola. Solo il nulla.
Dopo tre mesi di attesa, il cittadino decide di inviare una PEC di sollecito. Il tono è rispettoso, ma chiaro: richiamo ai doveri di trasparenza, certezza del diritto, e rispetto dei tempi amministrativi. Solo allora, finalmente, qualcosa si muove. O meglio, viene trasmesso.
Uno dei due esposti viene infatti dirottato al Commissariato di Fidene, territorialmente competente. Ed è qui che si materializza, netta, la differenza tra chi timbra e chi serve. Fidene riceve l’atto, lo prende in carico e, in meno di due giorni, lo gestisce. Non lo archivia, non lo rimanda indietro, non lo dimentica. Lo risolve. Con prontezza, professionalità e senso civico.
Un esempio virtuoso, che mostra ciò che ogni cittadino spera quando si rivolge alle istituzioni: che la legge sia un ponte, non un labirinto. Che l’uniforme rappresenti una garanzia, non un ostacolo.
È importante sottolinearlo: si trattava di una semplice conciliazione bonaria tra privati, una procedura prevista dalla legge che può prevenire escalation e tutelare relazioni civili. Eppure, ci sono voluti tre mesi e l’intervento di un altro commissariato per far partire un meccanismo che avrebbe dovuto attivarsi al primo segnale.
E mentre da Fidene arriva una lezione di efficienza amministrativa e senso civico, resta l’ombra pesante sul Commissariato Flaminio Nuovo: perché due esposti sono rimasti fermi tre mesi prima di essere smistati? Perché non è stato dato alcun riscontro? E soprattutto: è compatibile con i doveri dell’amministrazione ignorare un cittadino che esercita i suoi diritti?
Alla luce di questa vicenda, non solo è doveroso chiedere un plauso pubblico al Commissariato di Fidene, ma anche interrogarsi sul comportamento di quei funzionari che, nella stessa città, operano con modalità tanto diverse. La domanda è semplice: come può un cittadino continuare ad avere fiducia nello Stato, se lo Stato non si comporta ovunque allo stesso modo?
La domanda è inevitabile: perché il Commissariato Flaminio Nuovo ha ignorato due esposti per tre mesi? Perché nessun riscontro, nessuna comunicazione, nessun passo? È accettabile, in uno Stato che si definisce di diritto, che i diritti dei cittadini si perdano nei cassetti dell’indifferenza?
In questa vicenda, il plauso va senza dubbio al Commissariato di Fidene, che ha dato un esempio concreto di efficienza e responsabilità. Ma resta il nodo più inquietante: come può un cittadino avere fiducia nello Stato, se lo Stato cambia volto da un ufficio all’altro, da una scrivania all’altra?
La risposta, forse, dovrebbero darla i vertici della Polizia di Stato. E magari anche gli ispettori del Ministero dell’Interno.