
Il presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha duramente criticato Igor Stojanović, vicepresidente della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, in un post pubblicato sul suo profilo ufficiale su “X” (ex Twitter), definendolo “il paradigma del popolare che ha venduto la propria fede in cambio di una cena”.
Nel suo messaggio, Dodik ha accusato Stojanović, serbo di nascita, di aver rinunciato alla propria identità nazionale e religiosa per assecondare una narrativa politica filo-bosniaca, contraria – a suo dire – agli interessi dei serbi e della Republika Srpska.
“Quanto insignificante deve essere per te il compito di rinunciare alla fede e alla patria e di diventare servo di coloro che vorrebbero distruggere sia il nome serbo che la fede ortodossa”, ha scritto Dodik.
Secondo il leader serbo-bosniaco, Stojanović non ha reagito alle dichiarazioni controverse di leader politici come Bakir Izetbegović, che avrebbe definito i serbi “bogomili”, o Sefer Halilović, che ha parlato dei serbi e croati come “inquilini” in Bosnia-Erzegovina. Inoltre, ha criticato l’assenza di condanna da parte di Stojanović nei confronti di dichiarazioni che inciterebbero alla violenza contro la polizia della Republika Srpska.
“Silenzio complice”
Per Dodik, il comportamento di Stojanović è rappresentativo di una strategia bosniaca più ampia: promuovere figure politiche serbe o croate solo se disposte ad accettare una narrazione falsificata della storia e della realtà politica del Paese.
“Chi si presenta come membro della Presidenza della Federazione tra i serbi, e non ha nessun serbo alle spalle, vede una spina nell’occhio serbo, ma non vede una trave nell’occhio bosniaco”, ha proseguito Dodik.
In chiusura del suo intervento su X, il presidente della Republika Srpska ha ribadito la sua convinzione che “i tribunali e la persecuzione politica” in Bosnia-Erzegovina siano mirati esclusivamente contro chi difende gli interessi del proprio popolo, in particolare i rappresentanti serbi.
L’attacco di Dodik segna l’ennesimo scontro istituzionale e retorico tra i leader delle entità bosniache e alimenta ulteriormente il già fragile clima politico in Bosnia-Erzegovina.