
In occasione del 30º anniversario del pogrom di 15.000 serbi della Slavonia occidentale durante l’operazione croata “Flash”, commemorato oggi a Gradiška, il presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha lanciato un appello alla memoria collettiva e alla vigilanza nazionale, dichiarando con fermezza: “Non ci sarà un nuovo Flash. Non siamo più ingenui”.
Nel suo intervento, Dodik ha ricordato che l’operazione “Flash”, condotta dalle forze armate croate il 1° e 2 maggio 1995, provocò la morte di almeno 283 serbi, inclusi 12 bambini, e l’espulsione di 15.000 civili serbi, sottolineando che i tragici eventi sono avvenuti con la complicità passiva – e talvolta attiva – delle Nazioni Unite. “Nella Slavonia occidentale credevamo nelle Nazioni Unite, che poi si schierarono con la Croazia. È stato un errore che non dobbiamo ripetere”, ha detto.
Dodik ha parlato con tono allarmato delle attuali pressioni politiche e ideologiche, accusando i partiti bosniaci di voler eliminare la Republika Srpska e di promuovere una visione unitaria dello Stato. “Tutti i partiti bosniaci, di destra o di sinistra, condividono un obiettivo: l’abolizione della Republika Srpska”, ha affermato, citando le dichiarazioni del primo ministro della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, Nermin Nikšić.
Il presidente ha inoltre ribadito il suo impegno per la difesa dell’identità serba in Bosnia-Erzegovina, affermando: “Restituiteci il Dayton originale e resteremo, altrimenti lasceremo la Bosnia-Erzegovina. In caso contrario, i nostri discendenti non avranno alcuna possibilità di vivere pacificamente”.
Dodik ha anche denunciato un presunto piano occidentale per “ripulire” la presenza serba nei Balcani, affermando che dietro questi tentativi vi sarebbe un’azione sistematica condotta negli ultimi trent’anni. “Non è un caso che oggi vogliano eliminare me, Radovan Višković e Nenad Stevandić”, ha aggiunto, avvertendo che la minaccia è ancora attuale e concreta.
La cerimonia commemorativa è stata segnata da un forte richiamo alla memoria storica. Il presidente dell’Associazione dei serbi espulsi dalla Slavonia occidentale, Krsto Žarković, ha ricordato che l’attacco fu lanciato nelle prime ore del mattino con l’appoggio delle forze ONU, che permisero il passaggio delle truppe croate attraverso i loro posti di blocco.
Il sindaco di Gradiška, Zoran Adžić, ha sottolineato il dovere della memoria: “Il ricordo delle vittime non può svanire. La strada verso la libertà sul ponte del fiume Sava si è trasformata in una strada verso la morte. È nostro dovere trasmettere alle nuove generazioni la verità su quanto accaduto”.
Durante la commemorazione, sono state deposte corone di fiori al monumento dedicato ai caduti. Oltre al presidente Dodik, erano presenti il presidente dell’Assemblea nazionale Nenad Stevandić, la rappresentante di Željka Cvijanović, membri del governo della Republika Srpska, rappresentanti dell’esercito, dell’associazione dei veterani e dell’ambasciata della Serbia.
L’operazione “Flash”, secondo i dati del Centro “Veritas”, vide la partecipazione di oltre 16.000 soldati croati contro circa 4.000 militari serbi della regione, allora parte della Repubblica della Krajina serba e sotto protezione ONU. Ad oggi, 109 persone risultano ancora disperse, e nessuno è stato ritenuto penalmente responsabile per i crimini commessi.
“Le nostre vittime non devono essere dimenticate e non devono essere state sacrificate invano”, ha concluso Dodik, trasformando la commemorazione in un appello politico e morale alla coesione nazionale.