
(AGENPARL) – gio 06 marzo 2025 Alla cortese attenzione delle/i
Consigliere/i, delle/gli Assessore/i
della Vicesindaca e del Sindaco
della Città di Milano
Appello all’esigibilità del diritto di residenza per tutte le persone che abitano a
Milano
La residenza è un diritto soggettivo riconosciuto a ogni singola persona che abita stabilmente
in un comune o vi stabilisce il centro dei suoi affari e interessi, come previsto dalla Costituzione
della Repubblica Italiana e dalla legge n. 1228/1954, il cui art. 1 sancisce che «nell’anagrafe,
della popolazione residente sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle
famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel Comune la residenza, nonché le posizioni
relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio»,
e il cui art. 2 chiarisce che «la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel
Comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo, nel Comune di nascita».
Come organizzazioni coinvolte nell’esercizio di attività di opera e di lavoro sociale siamo
impegnate direttamente a fianco delle persone marginalizzate che vivono a Milano e abbiamo
contezza di quanto l’iscrizione anagrafica sia uno strumento basilare in grado di rendere
esigibili alcuni dei diritti fondamentali per le/i cittadine/i. Nel nostro quotidiano, riscontriamo
come questi diritti, i servizi e le prestazioni ad essi correlate vengano spesso preclusi alle
persone non iscritte all’anagrafe. L’assenza di iscrizione anagrafica infatti impedisce o per lo
meno ostacola l’iscrizione al sistema sanitario nazionale (SSN) e ai centri per l’impiego, il
diritto alla previdenza sociale, la partecipazione ai bandi per l’assegnazione degli alloggi di
edilizia popolare, il diritto all’assistenza sociale, la richiesta di patrocinio a spese dello stato, il
diritto all’elettorato attivo, l’accesso ai servizi territoriali pubblici e privati di welfare. Inoltre, per
le persone straniere che vivono in città, che non hanno la residenza o sono iscritte come senza
dimora, si registra l’impossibilità o la difficoltà di conseguire il rilascio o il rinnovo del permesso
di soggiorno.
Dal nostro osservatorio privilegiato, verifichiamo come a Milano ci siano persone, che, a causa
di sopravvenute difficoltà economiche e/o di discriminazioni nell’accesso al mercato
immobiliare regolare, sono costrette o indotte (non per scelta) a vivere in contesti abitativi
informali o con modalità illegittimamente ritenute non idonee ai fini della registrazione
anagrafica: si pensi a chi vive con affitti a nero, con contratti non formalizzati o non registrati,
in subaffitto, in alloggi non abitabili o non accatastati come abitazioni (soffitte, garage,
magazzini), a chi vive ospite di conoscenti e a chi vive in occupazioni abitative.
Queste persone sono presenti in città, spesso lavorano e hanno figli/e, ma sono escluse di
fatto da diritti, servizi e prestazioni di welfare perché restano “invisibili” all’amministrazione
comunale e alle politiche cittadine sotto qualsiasi ambito (dalla gestione della raccolta
differenziata all’asilo nido per i figli). Per questi soggetti “invisibili” e precari, l’esclusione
dall’accesso ai servizi connessi alla residenza instaura il più delle volte un circolo vizioso: chi
viene escluso dall’anagrafe in relazione al proprio status sociale ed economico si trova
condannato, di fatto, a rimanere nella stessa posizione e allo stesso modo la mancata
iscrizione anagrafica comporta un sensibile peggioramento delle condizioni oggettive di vita.
Constatiamo inoltre che a Milano, così come in altre città, l’entrata in vigore del decreto legge
47/2014, il cui art. 5 ha introdotto il divieto di iscrizione anagrafica per chi «occupa
abusivamente», ha aperto la strada a una prassi molto discutibile: gli uffici anagrafici rifiutano
la registrazione della residenza in tutti quei casi in cui non sia allegata specifica
documentazione che ne attesti il titolo di godimento (ad es. il contratto di locazione o la
dichiarazione di autorizzazione da parte del/la proprietario/a) o la dichiarazione di idoneità.
Questa prassi è controversa perché nessuna normativa vigente, anche dopo le modifiche
introdotte nel 2014 dall’art. 5, stabilisce che la dichiarazione di dimora abituale non sia
registrabile nel caso in cui non sia allegato il titolo di godimento dell’immobile. Al contrario,
risulta del tutto legittimo l’utilizzo della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui
all’art. 46 del D.P.R. 445/2000, secondo il quale la persona dichiarante può autocertificare le
informazioni richieste, dettagliando specificazioni di suo pugno.
Inoltre, a breve distanza dall’emanazione del decreto legge 47/2014, il Ministero dell’interno
ha diffuso una circolare (n.14/2014) volta a specificare che obiettivo del legislatore è
consentire «il ripristino delle situazioni di legalità compromesse dalla sussistenza di fatti
penalmente rilevanti». In sostanza, il provvedimento mirerebbe a colpire soltanto le
occupazioni abusive, vale a dire che avvengono contro la volontà di chi ne detiene la proprietà:
dal punto di vista strettamente giuridico, un’occupazione non può essere considerata abusiva
fino a che la/il proprietaria/o dell’immobile – pubblico o privato che sia – non decide di
esercitare pienamente ed esplicitamente il suo diritto a rivendicarne la disponibilità, vale a dire
prendendo provvedimenti esecutivi o avviando un iter giudiziario. Insomma, come confermato
anche nelle Linee guida sul diritto alla residenza dei richiedenti e beneficiari di protezione
internazionale, elaborate dal Servizio Centrale SPRAR (ora SAI), UNHCR e ASGI Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione e ANUSCA e pubblicate sul sito del
Ministero dell’Interno, non è possibile alcun automatismo: l’applicazione del comma 1 dell’art.
5 è legittima solo nei casi in cui il carattere «abusivo» del possesso sia accertato in via
giudiziale.
Eppure, la prassi adottata dal Comune di Milano, così come da altri comuni, fa sì che chi abita
in condizioni informali ma legittime si veda rifiutare l’iscrizione.
Da comportamenti istituzionali di questo tipo deriva la mancata registrazione di molte persone
presenti stabilmente sul territorio e comporta un aumento delle persone iscritte come senza
fissa dimora nonostante abbiano effettivamente una dimora abituale. L’esclusione dalla
residenza di chi occupa un immobile o risulta «senza titolo» rappresenta una frattura rispetto
all’idea che i registri anagrafici siano rappresentativi, nel complesso, della popolazione
effettiva presente sul territorio, oltre a impedire di progettare politiche di inclusione socioeconomiche.
Alla luce di quanto descritto, come organizzazioni che operano a Milano, firmatarie del
presente appello, chiediamo all’Amministrazione Comunale di Milano di provvedere a:
1) rivedere le prassi di esclusione dall’iscrizione anagrafica che colpiscono tutte le
persone costrette o indotte a vivere in contesti abitativi informali, con modalità ritenute
non idonee, permettendo loro di dimostrare la presenza abitativa stabile sul territorio
in modo da ottenere l’iscrizione anagrafica;
2) applicare la possibilità di deroga (prevista dall’art.5, al comma 1-quater del decreto
legge 47/2014) all’esclusione dall’iscrizione anagrafica per tutte quelle persone che
vivono in occupazioni abusive e risultano senza titolo e restringere l’applicazione del
divieto di iscrizione anagrafica ai solo casi di pronuncia giudiziale sull’illegittimità
dell’occupazione;
3) rendere le procedure per l’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora
coerenti con il contenuto della normativa, in maniera tale che l’iscrizione per
domiciliazione avvenga, come previsto dalla legge, direttamente agli uffici anagrafe;
4) interloquire con gli attori pubblici e privati che erogano servizi al fine di superare le
prassi non conformi alla normativa che impediscono o rendono difficile l’accesso ai
servizi a tutte quelle persone che dimorano in città senza vedersi riconosciuta la
residenza o che risultano iscritte all’anagrafe come senza fissa dimora;
5) permettere alle persone straniere regolarmente presenti sul territorio nazionale di aver
accesso all’iscrizione anagrafica con pari diritti rispetto a chi possiede la cittadinanza
italiana, effettuando l’iscrizione anche quando dispongono esclusivamente di
documentazione provvisoria (come ad es. appuntamento in Questura o permesso
provvisorio) la cui validità può essere confermata dalla Questura competente.
Milano, febbraio 2025
Sottoscrivono l’appello le seguenti organizzazioni: